Amatissimo dal popolo, snobbato dai fantini, generoso, aggressivo e sfortunato.
Si può riassumere così la vita del roano Quebel, castrone mezzosangue sardo, che in piazza vinse tre volte, due delle quali da scosso.
Pupillo dei fratelli Savelli arrivò in piazza nel 1974: debutto nelle prove con Camillo e quindi il Palio (il primo degli undici corsi consecutivamente), per i colori dell’Istrice con l’ormai anziano Lazzaro.
Per il suo temperamento focoso, non ebbe mai l’attenzione delle più celebri monte, basti pensare che in undici Palii corsi, fu portato alla Mossa da ben nove fantini diversi.
Erano gli anni in cui i gioielli di Canapino II: Panezio, Rimini e Urbino facevano faville, pertanto Quebel veniva considerato inferiore non soltanto a questi tre cavalli, ma anche ai veloci Saputello e Utrillo che in Piazza, però, regalarono solo delusioni.
La sua prima vittoria giunse nel caotico Palio del luglio 1976: un’inedita ed evitabile replica delle antiche carriere con gli scossi.
Già al secondo San Martino erano tutti caduti con il solo Aceto a trotterellare, su una pista ridotta a pantano, distanziato dal branco degli scossi.
Valente, pur cadendo alla prima curva, ebbe il grande merito di far scappare Quebel come una fucilata. Dietro rimase soltanto Rucola, mentre gli altri fantini rimasti a bordo-pista, incitavano i propri cavalli lanciando loro zolle di tufo.
Una vittoria inattesa per la Chiocciola, conquistata con una potenza impressionante da parte di Quebel, cosa che però non fu sufficiente per mettere il roano in primo piano.
Non a caso, nel Palio successivo venne affidato dalla Selva all’inesperto Monaco che dopo essere caduto al primo Casato, si produsse in una precipitosa e rocambolesca fuga.
Nel luglio 1977 Quebel toccò al Montone che montò il debuttante Randa dopo che Aceto vi aveva corso la prima prova per poi preferire Torquato Tasso nel Drago.
Randa partì imbottigliato, riuscendo comunque a recuperare posizioni fino alla spettacolare caduta al secondo San Martino, le cui immagini hanno fatto il giro del mondo grazie alla perizia di fotografi ed operatori piazzati sul vecchio palco dietro i materassi.
Il fantino cadendo finì, dopo una capriola mozzafiato, tra le zampe degli altri cavalli, rannicchiato sul tufo con le sue All Stars .
ed i pantaloni squarciati:
“…Randa è già in terra a mordere il tufo e Quebel, il roano, raccolto come un pugno di nervi e muscoli ad inseguire Rimini…”
Davanti l’Aquila con Camillo su Rimini, dietro Quebel scosso esaltato in una rimonta costante: Spillo, al terzo San Martino, pressato ed intimorito, si sbilanciò battendo nel colonnino e lasciò il passo a Quebel, il cavallo che spesso allenava. Una vera beffa per il fantino, la sua più grande occasione per vincere sfumava nel modo più crudele.
Un’altra vittoria inattesa, un altro trionfo da scosso per Quebel il “capo branco” e pure il record, eguagliato dodici anni dopo da Benito, di due successi ottenuti senza fantino.
Ma, nonostante le vittorie, l’etichetta di cavallo ombroso e difficile restava la caratteristica principale di Quebel.
Del resto il suo carattere aggressivo si palesava in molte occasioni: solo pochi eletti, tra cui un paio di ragazzi della Torre che l’allenavano con passione, potevano avvicinarsi al suo box: le presenze sgradite, uomini o cavalli che fossero, venivano puntualmente scacciate a morsi.
Nelle regolari, corse senza grande fortuna, le gabbie lo irritavano e lo rendevano ancora più irrequieto.
Anche in piazza Quebel si faceva rispettare: in occasione di un Palio corso nel Montone, fece ritardare l’ingresso della contrada per una prova mattutina, in quanto si rifiutava di uscire dalla stalla e mise “all’angolo” chiunque gli si avvicinasse.
Con questo “curriculum” anche nei Palii successivi per Quebel non vi furono monte di grande rilievo, se si eccettua l’incolore parentesi con Canapino nella Tartuca.
In occasione della terza ed ultima vittoria, toccò al giovane sardo Francesco Congiu, subentrato al Manzi alla quarta prova, cimentarsi con il focoso roano.
Era il Palio del 4 luglio 1979, tanto drammatico quanto emozionante, con Quebel a spuntarla dopo un’altalena di colpi di scena ed una vorticosa volata finale di cinque contrade in un fazzoletto di tufo, diede gioia irrefrenabile alla Civetta.
Fu il suo primo Palio vinto con un fantino in groppa, una vittoria paradossalmente meno netta delle altre due praticamente dominate da scosso.
Nell’agosto successivo Quebel tornò per la quarta volta nel Castellare, praticamente la sua seconda casa dopo la scuderia di Mario e Loris Savelli nei pressi di Pian delle Fornaci.
Dopo Liscio, Marasma e Tremoto a montarlo arrivò il Manzi, fantino giovane e dotato di una tecnica eccelsa. Per la Civetta la speranza del terzo cappotto era più che mai concreta.
Nonostante una mossa estenuante Quebel ed il Manzi partirono benissimo e rimasero al comando fino al secondo San Martino dove il roano si infortunò irrimediabilmente pur senza cadere.
Finiva nel modo più tragico, con il riecheggiare di uno sparo, la storia di un talento incompreso, quella del “capo branco” Quebel, tra il dolore di tutti i contradaioli provati da un anno davvero drammatico.
A Quebel…
A testa bassa, a sfidare il vento
Aggredendo il tufo, pennellando curve
Col peso leggero della spennacchiera
A correr da solo contro Rimini od Urbino
Sconfitto nel Campo solo dal destino.
Articolo tratto da "Il Carroccio" a firma di Roberto Filiani

Da la Gazzetta di Siena del 17 agosto 1979