A far grande la fama di Aceto è stato il Palio di Siena, corsa nella quale il fantino sardo ha colto ben 14 vittorie (solo 1 in meno rispetto al record detenuto ex aequo da Bastiancino e dal Gobbo Saragiolo) su 58 partecipazioni.
Trasferitosi giovanissimo in Toscana, Andrea Degortes si mise in luce nelle corse di cavalli disputate nei centri della provincia di Siena, naturali "trampolini di lancio" verso la grande rassegna senese. Qui l'esordio avvenne assai presto, quando Degortes aveva solo 21 anni: per il palio del 2 luglio 1964 fu infatti chiamato dal Bruco, contrada che aveva ben poche pretese per quella carriera, avendo ricevuto in sorte il cavallo esordiente Olimpico. Andrea Degortes (segnato in comune con il soprannome di "Penna Nera") non vinse, ma il coraggio, la sicurezza e la determinazione del giovane fantino non passarono inosservate. E infatti il Bruco lo confermò per il palio dell'Assunta dello stesso anno, a montare Topolone, uno dei più forti cavalli di ogni tempo. Fu in questo Palio che Andrea Degortes scelse definitivamente come proprio soprannome "Aceto", il nome di battaglia che lo accompagnò per tutta la sua carriera paliesca.
Ad un anno esatto dall'esordio, il 2 luglio 1965, Aceto colse la prima vittoria. Chiamato infatti dall'Aquila a montare proprio Topolone, Aceto vinse un palio stupendo, nonostante la presenza della rivale Pantera, decisa ad ostacolare il binomio aquilino.
Due anni dopo avvenne l'incontro con quella che sarebbe stata la sua storica contrada, l'Oca. Aceto esordì coi colori di Fontebranda il 16 agosto 1967 su Danubio, per poi vincere il suo secondo palio (il primo con l'Oca) un anno esatto dopo, montando la cavalla Livietta in una carriera quanto mai rocambolesca. Partita in testa, infatti, Livietta rischiò di compromettere gli sforzi di Aceto al secondo San Martino, quando la cavalla andò a dritto, favorendo così il passaggio di ben sei contrade. La corsa pareva arridere al Leocorno che condusse fino all'ultimo Casato, quando una caduta generale riportò clamorosamente l'Oca in testa. Aceto era peraltro ignaro di aver vinto (aveva tagliato il bandierino superando un monturato lecaiolo in festa) e quando fu raggiunto dagli ocaioli cercò di spiegare l'errore al secondo San Martino, non sapendo che essi volevano portarlo in trionfo.
Il legame con l'Oca si era ormai fatto ben saldo e Aceto divenne il fantino della contrada di Fontebranda. Ciò significava che Aceto era contrattualmente legato solo all'Oca, che poi, in determinate carriere, avrebbe potuto prestarlo ("girarlo" nel linguaggio paliesco) a qualche consorella. Ciò accadde nei due palii ordinari del 1969, quando Aceto corse a luglio con la Lupa (all'epoca alleata dell'Oca) e ad agosto con il Valdimontone. Il fantino tornò a correre per Fontebranda il 21 settembre 1969, in occasione del "Palio della Luna" (la carriera straordinaria indetta per celebrare lo sbarco dell'uomo sulla Luna avvenuto il 20 luglio dello stesso anno). La sorte assegnò all'Oca il grande Topolone e Aceto, come da pronostico, vinse senza problemi il terzo palio della sua carriera.
Tre anni dopo, il 2 luglio 1972, Aceto colse una nuova vittoria, stavolta per la Tartuca con la cavalla Mirabella. Ad agosto però giunse la prima grossa delusione. Con il solito giubbetto dell'Oca, Aceto montava l'ottima Rosella, che portò rapidamente in testa. Sembrava ormai fatta, ma all'ultimo San Martino Aceto prese male la curva e cadde, favorendo così il passaggio dell'Onda che vinse il Palio. Il riscatto avvenne un mese dopo (il 17 settembre), nel Palio straordinario indetto per celebrare il quinto centenario della fondazione del Monte dei Paschi di Siena. L'Oca girò Aceto all'Istrice (scatenando peraltro le reazioni della rivale di quest'ultima, la Lupa, che ruppe l'alleanza con la contrada di Fontebranda), cui era toccata in sorte Mirabella, e vinse, sfruttando una caduta della battistrada Torre al secondo San Martino.
Dopo un periodo sfortunato (beffarda la sconfitta con l'Oca il 2 luglio 1974, quando Aceto su Tatiana fu passato all'ultima curva del Casato dal Valdimontone), si aprirono gli "anni d'oro" per Aceto, durante i quali il fantino mostrò inequivocabilmente la propria classe, grazie anche a fortissimi cavalli di cui gli venne affidata la monta. Dal 1974 al 1976 vinse tre Palii dell'Assunta consecutivi con Selva, Chiocciola e Civetta, in tutti e 3 i casi montando il grande Panezio (che con Folco, cavallo della prima metà del novecento, fu il più vittorioso barbero del XX secolo con 8 vittorie). Ad agosto 1977 tornò alla vittoria con l'Oca, montando il forte barbero Rimini. Nel 1979 vinse di nuovo per l'Aquila (su Urbino), poi il 17 agosto 1980 riportò alla vittoria la "nonna" dell'epoca, il Leocorno (senza successi da 26 anni), spingendo alla grande Uana, nonostante l'insidia di alcuni oggetti (tra cui una sedia) lanciatigli contro da delle persone in Piazza.
Passarono quindi 4 anni prima di tornare alla vittoria: il dodicesimo sigillo giunse infatti il 2 luglio 1984, quando, per i colori dell'Oca, Aceto vinse montando il barbero Bayardo. Un anno esatto dopo Aceto centrò di nuovo il successo per Fontebranda, stavolta con l'amatissimo barbero Brandano.
Ma da questo momento il fantino entrò in una fase calante, dovuta all'ascesa di nuovi promettenti colleghi (specie Salvatore Ladu detto Cianchino e Giuseppe Pes detto Il Pesse) e ad una crisi societaria dell'Oca. La contrada di Fontebranda infatti, abituata a vincere assai spesso (non a caso è ad oggi la contrada con più vittorie ufficiali, ben 62), non riusciva più a conquistare successi e sul finire degli anni '80 prese addirittura la decisione di "scaricare" Aceto. L'esito fu clamoroso: Andrea Degortes infatti, dopo 19 palii (di cui 5 vinti) con l'Oca, accettò la chiamata dell'acerrima rivale, la Torre. La contrada di Salicotto, che aveva già tentato ai tempi del compianto capitano Artemio Franchi, di ingaggiare Aceto, si affidò stavolta a colui che diverse volte l'aveva "purgata", per rompere un lungo digiuno che durava dal 1961. Il barbero da montare era uno dei migliori del lotto, Uberto, ma la sfortuna che perseguitava la Torre da più di trent'anni non mollò la presa neanche stavolta e Aceto cadde già al primo San Martino.
La carriera del grande fantino pareva finita, ma ancora non si erano fatti i conti con l'intramontabile classe di Aceto. Due anni dopo, il 3 luglio 1992, il vecchio "re della Piazza" tornò a correre il Palio: a chiamarlo fu l'Aquila, che nutriva ambizioni di vittoria avendo ricevuto in sorte il forte cavallo Galleggiante. La carriera che andò in scena fu epica e consacrò definitivamente il mito di Aceto nella storia del Palio di Siena. Il desiderio di vittoria dell'Aquila era infatti ostacolato dalla rivale Pantera: questa si affidò a Sebastiano Deledda detto Legno, cui fu assegnato il preciso compito di fare di tutto per impedire la vittoria aquilina. Legno prese alla lettera le indicazioni ricevute e già durante il "tondino" prima della mossa provocò aspramente Aceto. I due passarono in breve dalle parole ai gesti e volarono pesanti nerbate reciproche: era la prima volta, per lo meno nelle edizioni recenti del Palio, che due fantini si nerbassero prima della mossa (anche perché proibito, a differenza che in gara, dal Regolamento). Alla mossa l'ostacolo di Legno si ripeté: Aceto partì ultimo, mentre Legno, assicuratosi del grosso ritardo del rivale, riuscì a recuperare diverse posizioni, prendendo addirittura la testa della carriera. Ma fu qui che la classe di Aceto si fece vedere: approfittando della caduta di Nicchio e Montone e spingendo al massimo Galleggiante, Aceto si portò in seconda posizione già al Casato, lanciandosi in un furioso inseguimento della Pantera. Probabilmente l'accorgersi che il rivale si era rifatto sotto fece crollare la sicurezza di Legno, il quale, al secondo giro, cadde clamorosamente al passaggio di fronte a Palazzo Sansedoni (tra la Fonte Gaia e la curva di San Martino), punto non difficile, nel quale le cadute sono assai rare. Aceto ne approfittò, prendendo il comando e cogliendo un trionfo strepitoso, il quattordicesimo e ultimo della sua carriera.
Purtroppo per lui, la vittoria con l'Aquila fu il suo "canto del cigno". Ad agosto infatti fallì nuovamente nel tentativo di scuffiare la Torre (montando ancora il barbero Uberto). Nel 1993 non corse nessuno dei due Palii per squalifica, a causa delle nerbate dell'anno prima con Legno (che dal canto suo fu punito con ben 4 Palii di squalifica). Poi, dopo altri due palii persi (il 2 luglio 1994 con l'Aquila e il 2 luglio 1996 con la Torre), decise di abbandonare la carriera di fantino.
Aceto vive oggi ad Asciano (SI), dove gestisce un allevamento di cavalli.
Le sue 14 vittorie gli sono valse l'appellativo di "re della piazza". In effetti Aceto è stato il fantino più vittorioso del XX secolo (superando nel computo dei successi Angelo Meloni detto Picino, che nella prima metà del novecento ne colse 13) e, nel computo delle vittorie nella storia del Palio di Siena è secondo solo a Bastiancino e al Gobbo Saragiolo, che rispettivamente nel XVIII e nel XIX secolo vinsero 15 volte ciascuno.
Oltre alle 5 vittorie con l'Oca, Aceto ha vinto 3 volte per l'Aquila e 1 volta ciascuna per Tartuca, Istrice, Selva, Chiocciola, Civetta e Leocorno.
Nelle sue 58 partecipazioni al Palio ha corso almeno una volta per tutte le Contrade, eccezion fatta per Giraffa, Onda e Nicchio.
Biografia tratta da wikipedia
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Luca Luchini - ACETO, RE DEL PALIO - CRAM Monteriggioni – Siena, Ed. Al.Sa.Ba., 1992
Bellissima e ricchissima biografia di Andrea de Gortes detto Aceto. Un libro accattivante pagina dopo pagina. La vita del fantino analizzata sin dalla difficile infanzia in Sardegna e degli anni durissimi da artiere negli ippodromi di Roma. Poi l'arrivo a Siena, le prime vittorie, il successo, le delusioni, il declino, la rinascita e tanto altro. Emergono moltissimi spunti interessanti e a volte misteriosi su molte carriere di cui Aceto è stato protagonista nel bene o nel male.
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Piero Colle - ACETO, FINO ALL'ULTIMO PALIO - Prato, Giunti Industrie Grafiche, 1996
Biografia tascabile di Andrea Degortes detto "Aceto", uno dei fantini che hanno fatto la storia del Palio. Il percorso paliesco dell'uomo più odiato o amato ed ambito dai contradaioli.
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