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Il 3 maggio 1667, i contradaioli dell’Oca, riuniti in assemblea, deliberano di fornire un apporto concreto agli amici del Bruco che, nell'impresa di edificare il proprio oratorio (l’8 maggio del 1666 l’Arcivescovo aveva concesso loro di erigere un oratorio oppure una cappella sotto il titolo del Santissimo Nome di Gesù, nella Parrocchia di San Pietro a Ovile) si trovarono ad affrontare spese superiori alle preventivate.
La Contrada del Bruco, probabilmente, aveva chiesto un sostegno alle Consorelle e, come si legge nel secondo libro delle deliberazioni della Contrada dell’Oca, il 20 maggio l’alfiere dell’Oca, con un certo Cini, si recò alla fornace del Petrucci fuori Fontebranda, fece caricare di mattoni quante più bestie poteva e si mise a capo del convoglio, preceduto addirittura da un’oca viva, dirigendosi verso la sede del Bruco.
Furono fatti due viaggi per 81 some di mattoni e “restò ammirata tutta la città, che tutti dicevano viva l’Ocha”. Nel 1670 l’oratorio del Bruco era già aperto al culto.
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