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Il 31 maggio 1398 il Comune di Siena, a seguito delle pressanti lamentele dei lanaioli e dei mugnai per la carenza di acqua in Fontebranda ("senza acqua le manifatture si fermano; senza acqua i mulini non macinano; senza acqua non si lavora; senza acqua non si guadagna"), delibera di addurre in Fontebranda l'acqua della vena di Mazzafonda, una derivazione dello Staggia.

Le trattative erano durate anni, con grave danno per i bottini che si erano progressivamente deteriorati a causa, principalmente, delle attività dell'Arte dei calzolai e cuoiai, che avevano danneggiato le strutture e inquinato le acque (non pochi sono i contenziosi con il Comune per questo nel corso del tempo e i relativi risarcimenti pagati dalla detta Arte). Finalmente l'accordo viene stipulato e la derivazione dell'acqua di Mazzafonda viene affidata a maestro Barna di Turino, detto Dera, operaio generale delle fonti urbane ed extra urbane. La spesa totale dei lavori fu stimata tra i 600 e i 900 fiorini d'oro: 300 a carico dell'Arte della Lana, 300 spettavano ai mugnai proprietari dei mulini (ma solo i "mulini utenti fino all'entrar dell'acqua di fonte Branda in Arbia") e i rimanenti 300 fiorini, se necessari, sarebbero usciti dalle casse comunali.

Il Comune pretese, però, che tali pagamenti venissero fatti "in contanti" e non "in dette", cioè in titoli di credito o partite di giro, ma da parte loro i lanaioli e i mugnai pretesero che Barna di Turino presentasse periodicamente un resoconto dettagliato dello stato di avanzamento dei lavori e delle spese sostenute.

Purtroppo anche questa compartecipazione sortì pochi effetti: già l'anno successivo i mugnai chiedevano di deviare in Fontebranda parte dell'acqua del trabocco del Campo (utilizzata al momento solo da Francesco di Tuccio, tintore e da Luca di Palmiero, spadaio, siamo nel Borgo di Santa Maria, e dalla fonte di San Maurizio) "perché - si legge nella petizione del 25 giugno 1399 - se la detta acqua venisse ad Fontebranda si ne macinerebbero otto mulina che al presente non macinano ed avrebbesi per la città più macinato el perché sarebbe con grande utile a la città e a' povari huomini". Del resto nel 1429, quindi a trent'anni di distanza dalla delibera, i lavori erano ancora fermi all'altezza di Fontebecci.
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