Quercegrossa (Ricordi e memorie)

CAPITOLO XI - COSE D'ALTRI TEMPI

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Impedimenti
Era compito del sacerdote e della Chiesa accertarsi, e le pubblicazioni servivano a questo scopo, che nessun impedimento ed ostacolo gravasse su due giovani che intendevano sposarsi, e ne inficiasse di conseguenza il matrimonio. Erano gli impedimenti di varia natura e il maggiore per importanza era rappresentato dall’aver contratto un precedente matrimonio, ma costituiva un grosso ostacolo anche la consanguineità, ossia la parentela stretta tra gli sposi che di fatto necessitava di una dispensa del Vescovo e nei casi di matrimonio tra cugini “buoni” occorreva la straordinaria dispensa pontificia. Quest’ultima condizione, con pochissimi esempi nel passato, ne ha però uno a Quercegrossa e riguarda la famiglia Ticci, i proprietari dell’osteria e possidenti di terre. Essendosi innamorati perdutamente Rosa e Arturo Ticci, figli rispettivamente di Luigi e di Giuseppe, fratelli figli d’Antonio e Agnese Lamioni, imposero alle due famiglie, dapprima riluttanti, la loro volontà di sposarsi Lo fecero quando la Chiesa ebbe concesso il nulla osta. Certamente fu un caso che suscitò polemiche e malumori tra le famiglie e nella stessa Chiesa fin dal 24 giugno 1891, quando i due giovani manifestarono ad un sacerdote per la prima volta il loro rapporto affettivo e il desiderio di sposarsi rilevando al contempo certe difficoltà familiari soprattutto di Arturo, orfano di madre. Dopo aver espletato tutte le pratiche, il 28 aprile 1892 giungeva da Roma al Cancelliere della Curia Lusini un telegramma spedito alle 13,45 da Roma e comunicante l’approvazione alla richiesta Ticci e la seguente spedizione del Breve pontificio di Leone XIII che consentiva il matrimonio tra Rosa Ticci di anni 16, abitante nella parrocchia di S. Leonino, e Arturo Ticci della parrocchia di Quercegrossa.

Il fascicolo relativo al matrimonio fra i cugini Arturo e Rosa Ticci contiene allegato, per una più precisa conoscenza, la riproduzione dell’albero genealogico della famiglia che delinea chiaramente la parentela tra i due fidanzati e poi sposi.

Due giorni dopo il vicario generale di Siena mons. Ballotti con un decreto confermava la dispensa usando parole esprimenti una certa contrarietà all’evento “... in seguito alle prece da essi avanzate alla S. Sede per essere dispensati dall’impedimento di consanguineita di 2° grado di linea collaterale fra essi esistente all’oggetto di potersi unire insieme in S. Matrimonio e ciò per certi ragionevoli motivi esposti alla S. Sede veduta la documentazione e ... vedute cose da vedersi e considerate quelle da considerarsi ... e nonostante un tale impedimento sia contrario ... è loro lecito e permesso di congiungersi pubblicamente in matrimonio, quello solennizzare in faccia della chiesa, osservata la forma prescritta dal sacrosanto Concilio di Trento, ed in esso poi liberamente e lecitamente rimanere denunziando Noi legittima la prole nascitura dal matrimonio stesso”.
Il 23 aprile 1892 il Vescovo di Colle concedeva di celebrare il matrimonio nella chiesa parrocchiale di Quercegrossa, essendo Rosa della parrocchia di S. Leonino e abitando a Pomona, ma in realtà non vi venne celebrato e non si sa dove i due fidanzati si scambiarono gli anelli, ma probabilmente lo fecero a S. Leonino.
Inoltre il 25 aprile si chiede la dispensa dalle tre proclame per la stretta parentela sia ancora per urgente sistemazione di famiglia. Dopo un anno di pratiche burocratiche, interrogatori e tanti viaggi a Siena e a Colle di Val d’Elsa Arturo e Rosa coronarono il loro sogno e si sistemarono nella casa di Quercegrossa insieme all’anziano padre Giuseppe. Esattamente due anni dopo la manifestazione della loro volontà, il 14 luglio 1893 nasceva Alessandra.

Matrimonio francese
Le forti innovazioni legislative imposte dal governo francese alla Toscana, improntate allo spirito laicista del tempo e nel tentativo di dare alle Comunità funzionali uffici anagrafici, modificarono profondamente per alcuni anni il significato e le normative che regolavano il matrimonio. Infatti, col Codice napoleonico del 1809, ma già da precedenti disposizioni legislative del 1807, entrarono in vigore nuove regole che costrinsero i cittadini a rivedere le loro consuetudini nuziali e del diritto familiare. Le riforme fondamentali furono l’imposizione del matrimonio civile, da celebrarsi davanti ad un funzionario dello stato, come unico atto valido per sposarsi, e l’introduzione del divorzio, peraltro facilmente ottenibile.
Naturalmente le coppie del tempo continuarono a celebrare il loro matrimonio anche in chiesa, ma dopo quello civile: alcuni il giorno dopo, altri una settimana dopo. Il ricorso al divorzio fu una cosa rarissima dovuta anche alla breve stagione dei francesi che nel 1814 furono definitivamente sconfitti e si ritornò alle antiche leggi granducali sul diritto di famiglia accolte con soddisfazione da tutti e specialmente dai parroci come ben appare da quelle righe tracciate ai margini di un registro matrimoniale: “Finalmente tutto come prima”.
In verità si cercò di attenuare l’impatto sulla società delle nuove regole pensando fra le tante anche di attribuire valore civile al matrimonio religioso celebrato in chiesa, dando così per il momento continuità a questo ufficio tenuto dai parroci, ma la possibilità del divorzio rendeva incompatibile la norma essendo impossibile risposarsi per la seconda volta in chiesa. Rimase fondamentale però nel nuovo codice la dipendenza dei giovani dai genitori e dal loro consenso, e delle mogli dal marito come appare nelle norme seguenti della Legge, norme che tradirono in parte il proclamato spirito progressista francese, ma probabilmente i legislatori si resero conto che i tempi non erano maturi per una radicale modifica della società. Infatti, tra i numerosi Capi e articoli si legge:
144. L’uomo prima che abbia compiuti gli anni diciotto, la donna prima degli anni quindici pure compiuti, non possono contrarre matrimonio.
146. Non vi è matrimonio ove non vi è consenso.
147. Non si può contrarre un secondo matrimonio avanti lo scioglimento del primo.
148. Il figlio che non è giunto all’età di venticinque anni compiti, la figlia che non ha compiti gli anni ventuno, non possono contrarre matrimonio senza il consenso del padre e della madre: in caso che siano discordi, il consenso del padre è sufficiente. 151. I figlj di famiglia giunti alla maggiore età determinata dall’articolo 148, sono tenuti, prima di contrarre matrimonio, a chiedere, con un atto rispettoso e formale, il consiglio del padre e della madre loro, e quello dell’avo e dell’avola, qualora il padre e la madre fossero mancati di vita, o si trovassero nella impossibilità di manifestare la propria volontà.
152. Dopo la maggiore età determinata dall’articolo 148, fino all’età dei trent’anni compiti pei maschi, e degli anni venticinque compiti per le femmine, l’atto rispettoso prescritto dall’articolo precedente, se non sarà susseguito dal consenso pel matrimonio, dovrà rinnovarsi altre due volte di mese in mese, e scaduto un mese dopo il terzo atto, si potrà passare alla celebrazione del matrimonio.
Delle formalità relative alla celebrazione del Matrimonio.
165. Il matrimonio sarà celebrato pubblicamente alla presenza dell’ufficiale civile del domicilio dell’uno e dell’altro dei contraenti.
166. Le due pubblicazioni ordinate dall’articolo 63 del titolo degli Atti dello stato civile, saranno fatte alla municipalità del luogo ove ciascuno dei contraenti avrà il suo domicilio.
Delle obbligazioni che nascono dal matrimonio.
203. I conjugi col solo fatto del matrimonio contraggono unitamente l’obbligazione di nutrire, mantenere ed educare i loro figli. Dei diritti e dei rispettivi doveri dei conjugi.
212. I conjugi hanno il dovere di reciproca fedeltà, soccorso, assistenza.
213. Il marito è in dovere di proteggere la moglie, la moglie di obbedire al marito.v 214. La moglie è obbligata ad abitar col marito, ed a seguitarlo ovunque egli crede opportuno di stabilire la sua residenza: il marito è obbligato a riceverla presso di sè, ed a somministrarle tutto ciò, ch’è necessario ai bisogni della vita, in proporzione delle sue sostanze e del suo stato.
215. La moglie non può stare in giudizio senza l’autorizzazione del marito, quand’anche ella esercitasse pubblicamente la mercatura, o non fosse in comunione, o fosse separata di beni.
Dello scioglimento del Matrimonio.
227. Il matrimonio si discioglie,
1mo. Per la morte di uno de’ conjugi;
2do. Pel divorzio legalmente pronunziato;
Delle seconde nozze.
228. La donna non può contrarre un nuovo matrimonio se non sono trascorsi dieci mesi dopo lo scioglimento dell’antecedente.
Delle cause del Divorzio
229. Potrà il marito domandare il divorzio per causa d’adulterio della moglie.
230. Potrà la moglie domandare il divorzio per causa d’adulterio del marito, allorchè egli avrà tenuta la sua concubina nella casa comune.
231. I conjugi potranno domandare reciprocamente il divorzio per eccessi, sevizie o ingiurie gravi dell’uno verso dell’altro (in questo caso erano previsti alimenti definiti “pensione alimentaria proporzionata alle di lui sostanze” alla moglie qualora non fosse in grado di vivere con mezzi propri).
Del Divorzio per reciproco consenso.
275. Il reciproco consenso de’ conjugi non sarà ammesso, se il marito è minore di venticinque anni, o se la moglie è minore di anni ventuno.
276. Non sarà ammesso il reciproco consenso se non dopo due anni di matrimonio.
277. Parimente non si ammetterà il divorzio per reciproco consenso dopo venti anni di matrimonio, nè quando la moglie sarà nell’età d’anni 45.
295. I conjugi che faranno divorzio per qualunque causa, non potranno più ricongiungersi.
308. La moglie contro cui sarà pronunziata la separazione personale a causa d’adulterio, verrà condannata colla medesima sentenza, e ad istanza del ministero pubblico, alla reclusione in una casa di correzione per un tempo determinato non minore di mesi tre, nè maggiore di anni due.

1809
Era già avanti di tre mesi la gravidanza di Assunta e le due famiglie decisero concordemente di far sposare i due giovani al più presto. In ottemperanza alle nuove leggi avevano già svolto le pratiche, e le proclame del matrimonio civile erano state affisse al portone al Palazzo municipale di Siena il 1 novembre e il 12 dello stesso mese. Contemporaneamente avevano svolto tutte quelle pratiche per il matrimonio religioso e le proclame erano state fatte dal parroco don Fanciulli durante la messa nelle prime tre domeniche di novembre nella chiesa di Basciano, parrocchia dei due giovani. Un doppio faccendio accettato per forza, ma probabilmente mal digerito dalle famiglie che vi vedevano soltanto una perdita di tempo e di denaro.
Assunta Fusi si trovava nell’età di 20 anni e abitava nel podere Casagrande di Quercegrossa, mentre lo sposo Giovanni Lazzeri ne aveva 27 e stava dirimpetto a lei nel Palazzaccio, l’altro podere Andreucci in Quercegrossa. Il primo dicembre 1809 era programmato il matrimonio davanti all’ufficiale di stato civile in Siena. La piccola carovana di cinque persone vestite con gli abiti della festa con pastrano e cappotto, per la rigidità di quei giorni, si ritrovarono di buon ora in piazza e presero posto nella carrozza del vetturale che avevano ingaggiato e raggiunsero Piazza del Campo di Siena. Giovanni era con il padre Antonio di 51 anni, vedovo di Maria Domenica da ben 19 anni, mentre la sposa era accompagnata dai genitori Francesco e Angela. Entrarono un po’ spaesati negli storici uffici dello stato civile nel Palazzo comunale e attesero il loro turno, mentre arrivavano uno alla volta anche i testimoni: il sig. Filippo Nini possidente di Siena di 28 anni; il sig. Francesco Rocchigiani, possidente anch’esso; il falegname Francesco Nencini. A questi nominati si aggiunse il presente Francesco Romboli, usciere del tribunale. Una breve anticamera poi vennero chiamati dall’usciere e fatti entrare davanti all’Aggiunto del Maire, Persio Martelli, Ufficiale di Stato civile. Rimasero in piedi di fronte a lui, il quale da dietro la scrivania, dopo i soliti convenevoli e riconoscimento delle persone, assunse l’aria seria dell’ufficiale in servizio, e con una sbrigativa cerimonia esaudì la pratica. Riferì che in merito all’istanza “di procedere alla celebrazione del matrimonio progettato tra loro” non c’era nessun impedimento e quindi si poteva procedere negli atti. Lesse loro dapprima tutti i documenti allegati al matrimonio e gli articoli principali del Codice sui doveri e diritti degli sposi poi chiese ai due giovani se volevano prendersi per marito e moglie. Ascoltò la loro affermazione data separatamente e in conseguenza di ciò “dichiariamo in norma della Legge che il Giovine Giovanni Lazzeri, e la Ragazza M. Assunta Fusi sono uniti in matrimonio. Di tutto ciò abbiamo steso l'atto alla presenza del Sig. Filippo ecc. i quali dopo che anche è stati loro letto l’atto l’hanno firmato con noi, e col padre della sposa e con le altre parti contraenti che dissero di non saper scrivere”.

La parte finale del documento matrimoniale con le firme dei testimoni e del padre dello sposo Antonio Lazzeri che sapeva scrivere.

Il giorno seguente 2 dicembre, i due sposini, e non sappiamo se c’era l’usanza di attendere la cerimonia religiosa per festeggiare e per consumare il matrimonio, accompagnati da qualche parente si recarono a piedi verso Basciano e raggiunsero la villa Sansedoni nella cui cappella di S. Ansano trovarono il parroco don Fanciulli e i testimoni tra cui il contadino Francesco Bogi e tre persone senesi forse tutte legate all’attività della fattoria. Nella celebrazione della S. Messa espressero il loro consenso e furono per la seconda volta uniti in matrimonio scambiandosi gli anelli e forse soltanto ora si sentirono veramente marito e moglie.
Le seguenti pagine ci illustrano attraverso numerose fotografie alcuni tra i più significativi momenti di un matrimonio. Si va dall’entrata in chiesa della sposa accompagnata dal genitore, alla cerimonia religiosa e alle foto di tanti sposi del nostro popolo ripresi nel giorno delle loro nozze da soli o insieme ai parenti.



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