Il 22 novembre 1641 il principe Mattias de’ Medici, governatore di Siena dal 1629 al 1667, emana un editto in base al quale stabilisce che le forche destinate alle pubbliche esecuzioni, che dal 1425 si trovavano fuori porta Camollia sulla destra dell’Antiporto, siano spostate a porta Fontebranda.
Il principe, infatti, amava passeggiare nel “Prato di Camollia” con dame e cavalieri e lo “spettacolo” dei condannati a morte che pendevano dalle forche doveva risultargli particolarmente fastidioso.
Neppure gli abitanti di Fontebranda, però, gradiscono la decisione, ed in particolare una certa “donna Francesca”, amica del principe, si oppone al decreto argomentando che non si poteva impiantare patiboli nei luoghi in cui era nata e vissuta Santa Caterina.
La motivazione deve essere apparsa convincente tanto che le forche vengono ricostruite fuori porta San Marco, in cima alla strada del Giuggiolo, dove rimangono fino alla riforma della Legislazione Criminale varata da Pietro Leopoldo nel novembre del 1786, riforma con la quale vengono abolite la tortura e la pena capitale.

Mattias de'Medici.
Con la "Riforma della legislazione criminale toscana", meglio nota come "Codice Leopoldino" o "Leopoldina", il Granducato di Toscana diventa il primo Stato moderno dove la tortura e la pena di morte sono abolite.
Nel "Giornale Sanese" Pietro Pecci annota che nella mattina del 14 dicembre 1786 anche a Siena viene affisso "il nuovo codice criminale pieno di vera umanità, in seguito del quale sono state buttate giù le forche dove si giustiziava e l’antenna dove si dava la corda, che era affissa al palazzo de l’Auditor Fiscale".
Pecci ricorda la data esatta della eliminazione delle forche fuori San Marco: l’11 gennaio 1787.
L’abolizione della pena di morte, però, dura solo 4 anni: parzialmente ripristinata dallo stesso Granduca nel 1790, il figlio Ferdinando III la reintroduce nel 1795.