(Rancani) 5/27 Nato a Monteroni d'Arbia (SI) l'11 ottobre 1887 (vedi battesimo) Morto a Cavriglia (AR) l'11 settembre 1939 (vedi atto di morte) Emigrato il 30 novembre 1920 da Siena (via Peruzzi 28) a Cavriglia
1 Palio a sorpresa. Da ragazzino a cavallo era un fenomeno, un vero predestinato e non a caso la carriera di Arturo Bocci, passato alla storia come Rancani, iniziò ancor prima del dovuto. Nell'agosto 1904, infatti, non ancora diciassettenne la Chiocciola, con qualche sotterfugio, lo montò per le prime due prove. L'imberbe ragazzino di Monteroni si misurò senza timori con dei mostri sacri della piazza quali Tabarre ed i fratelli Menichetti per poi essere sostituito dal già blasonato Angelo Meloni che, proprio come lui, aveva debuttato nel 1897 falsificando i documenti. Nel Palio successivo, ancora in barba al vigente regolamento, la Chiocciola si ripresentò col minorenne Bocci su uno dei migliori cavalli del lotto, la cosa non andò giù ai fantini più esperti che protestarono chiedendo che Rancani fosse smontato. Un infortunio "diplomatico" dopo la Provaccia fu il pretesto necessario per smontare il giovanotto di Monteroni a cui subentrò il compaesano Angiolo Volpi detto "Bellino" che lottò per la vittoria fino agli ultimi metri. Otto prove corse da minorenne erano, quindi, state sufficienti per lanciare Arturo Bocci nell'affascinante ed insidioso teatro di Piazza del Campo. Alla prima occasione utile, infatti, la Selva si assicurò le prestazioni del "finalmente" diciottenne talento di Monteroni che nonostante una brutta caduta al Casato, durante la prima prova, arrivò al tanto sospirato debutto. Nel Palio successivo Rancani pur correndo quattro prove in tre contrade diverse rimase a piedi scalzato da fantini più esperti, ma ormai la strada era stata tracciata e nel luglio del 1907 arrivò, puntuale, il primo appuntamento con la gloria. L'esperta Ida, con due vittorie all'attivo, toccò alla Giraffa che subito si affidò a Rancani, le speranze di vittoria, tuttavia, sembravano compromesse da subito in quanto il barbero, uscito malconcio dalla tratta, fu esentato dalle prime tre prove. Rancani non perse le speranze e riuscendo a farsi rispettare tra i canapi partì nel gruppo di testa e dopo la rovinosa caduta dell'Istrice al primo San Martino si delineò il duello decisivo tra Giraffa e Montone. Lavorando magistralmente di nerbo, seppur con Ida in evidente difficoltà, Rancani riuscì a tenere a distanza il rivale Chiccone conquistando di prepotenza la sua prima vittoria. Rimasto nell'orbita giraffina anche negli anni seguenti e dopo il secondo posto dell'agosto 1908 nel luglio successivo Rancani tornò nella Chiocciola per montare la promettente Calabresella. Dopo una prima mossa annullata partirono al comando la Civetta, con Testina e la Chiocciola che, sfruttando le tante cadute nelle retrovie, crearono il vuoto in poche falcate. In un infuocato scambio di nerbate Testina prese un leggero vantaggio su Rancani e sembrava in grado di portare il cencio alla Civetta ma, al terzo giro davanti al Palco delle Comparse, avvenne un fatto grave i cui dettagli non furono mai chiariti del tutto. Martellino, fantino della Torre, rimasto indietro di un giro, iniziò a nerbate con inaudita violenza Testina fermandolo inesorabilmente ad un passo dalla vittoria. Nell'enorme confusione anche Rancani rimase coinvolto nell'ostacolo, l'esperto Scansino fu, invece, lesto a divincolarsi da quel groviglio di nerbi, uomini e cavalli portando alla Lupa una vittoria assolutamente insperata. Nel frattempo dalla piazza molti chiocciolini scesero in pista, mal interpretando quella situazione caotica, con l'intento di punire Rancani il quale, impaurito e deluso, non si fermò allo scoppio del mortaretto e tentò una maldestra fuga entrando in piazza a cavallo e ferendo due ignari ed incolpevoli ragazzini. Le sanzioni del Comune furono, ovviamente, molto severe: Martellino subì l'ineccepibile squalifica a vita, Rancani fu squalificato per ben cinque anni, provvedimento in seguito ridotto a tre anni. Per questi gravi episodi la carriera di Rancani sembrava compromessa ma, a squalifica scontata, nell'agosto 1912, fu sempre la Giraffa a concedere una possibilità al giovane fantino il quale lottò di nerbo ancora una volta con Testina nella Chiocciola probabilmente per il rancore verso San Marco dopo i fatti del 1909. Per il definito rilancio serviva, come il pane, la seconda vittoria che Rancani sfiorò nel luglio 1913, ancora nella Giraffa, dopo uno spettacolare e sfortunato duello col grande Picino nell'Istrice. Dopo questa delusione nell'agosto seguente Rancani fu montato dal Montone in un Palio incertissimo sin dalla vigilia per la presenza di un lotto particolarmente equilibrato. Partito terzo il Montone prese la testa al primo San Martino dove le battistrada Drago e Nicchio si ostacolarono reciprocamente, per Arturo Bocci sembrava già fatta ma delle retrovie sbucò come un forsennato il modesto Rombois che nel Leocorno stava disputando il Palio della vita, ci volle tutta la forza del nerbo e la potenza dello storno del Paolini per concretizzare il ritorno al successo atteso dal 1907 e tanto agognato dopo la pesante squalifica del 1909. L'immediata conferma e definitiva consacrazione giunse nel luglio 1914 quando Rancani montò per l'Istrice il miglior soggetto presente in quel Palio, un veloce storno del noto cavallaio Menotti Busisi, agevolato in ciò dalla raffica di squalifiche seguite allo straordinario del 1913, in primis quella del Meloni. La Contrada di Camollia, pur avendo vinto appena un anno prima, non risparmiò sforzi e risorse spianando la strada al proprio fantino che vinse nettamente sfruttando anche l'appoggio dell'istriciaiolo Bubbolo che giunse secondo nel Drago. Nel Palio successivo, non a caso, Rancani sostituì Bubbolo nel Nicchio favorendo la vittoria del collega nella Tartuca con un lavoro "oscuro" tra i canapi ai danni di Picino nell'Oca. Alla ripresa del Palio dopo la guerra le tre carriere del 1919 furono avare di soddisfazioni per Rancani, lungo preludio allo storico cappotto dell'anno seguente. Nel luglio 1920, nell'orbita nicchiaiola da qualche anno, Rancani montò la veloce Scodata, una baia oscura del vecchio fantino Pirrino già vittoriosa nel Palio a sorpresa del 1919. Il Nicchio, a digiuno dal 1901, preparò al meglio quella carriera che aprì lo strepitoso ciclo vittorioso del Capitano Guido Rocchi, Rancani non ebbe nessuna difficoltà a portare il cencio nei Pispini rimanendo al comando dall'inizio alla fine. D'agosto il Nicchio dirottò Rancani nel Leocorno, contrada che aveva vinto con Cispa il primo Palio corso dopo la guerra lasciando a bocca asciutta le consorelle più grandi e gran parte dei fantini più famosi. Rancani, ormai navigato, capì che pur potendo contare sulla veloce e precisa Esperta non avrebbe goduto di nessun appoggio da parte dei colleghi e quindi cercò di accordarsi con il Meloni che rivestiva il ruolo di favorito assoluto nell'Istrice. Il progetto di Rancani però non piacque affatto ad un nutrito gruppo nicchiaioli che, armati di bastone, "motivarono" a dovere il fantino durante le ultime fasi del Corteo Storico. Dalla mossa Picino uscì primo seguito come un'ombra da Rancani, il vecchio marpione della piazza, presumibilmente, sottovalutò il fantino del Leocorno sicuro che gli accordi presi venissero comunque rispettati. All'ultimo Casato, infatti, quando ormai l'Istrice sembrava con la vittoria in tasca il Leocorno si infilò in un varco interno andando a precedere di un soffio l'infuriato Picino. Nel dopo Palio ai tanti che domandarono a Rancani come mai non avesse rispettato i patti con l'Istrice lo stesso rispose con enfasi: "I quattrini prima poi li avrei spesi mentre il mio nome sotto questo Palio rimarrà per sempre". Probabilmente le motivazioni che spinsero Rancani alla vittoria, come visto, furono ben altre, ma comunque queste sue dichiarazioni lo fecero passare alla storia come un eroe senza macchia e senza paura. Il cappotto fu, tuttavia, l'ultima perla della carriera di Rancani che, certamente, pagò negli anni successivi lo sgarbo fatto al potentissimo Meloni. Negli ultimi anni in piazza Rancani non lottò più per vincere incrociando spesso il nerbo di oscuri ed inaspettati avversari, nonostante i fatti del 1920 l'Istrice continuò ad essere la sua contrada di riferimento e nell'agosto 1928, per i colori di Camollia, disputò il suo ventisettesimo ed ultimo Palio. Finiva così la carriera dell'orgoglioso "fantino bambino", una vita spesa per il Palio tra vittorie, nerbate e mancati tradimenti... La Nazione, 2 settembre 1927 |