Dopo pochi minuti dalla fine della Carriera dell'Assunta, mentre la Civetta festeggia, il popolo contradaiolo chiede a gran voce la disputa di un terzo Palio per festeggiare la Pace.
Il Sindaco Ciampolini non è d'accordo ma è costretto a cedere perché le richieste di correre sono molto pressanti, fra i contradaioli più attivi per lo straordinario il grande barbaresco del Drago, Lorenzo Fabbri detto "Pappio". In poco tempo si organizza tutto, vengono estratte le Contrade e si disputano due prove.
I big, Folco e Mughetto, toccano rispettivamente al Drago e al Bruco, alla Torre tocca Piero un barbero di proprietà dell'Istituto Sieroterapico Sclavo, arrivato all'ultimo istante per completare il lotto dei cavalli.
Il Bruco, a digiuno dal 1922, è disposto a tutto per vincere, i suoi dirigenti non lesinano sforzi, tutto sembra perfetto tanto che già dalla vigilia la vittoria brucaiola è data quasi per certa da tutti. L'unica preoccupazione viene dal giovane Rubacuori che sul vecchio Folco può essere una mina vagante.
Anche i fantini più esperti hanno fiutato il pericolo rappresentato dall'accoppiata del Drago, ma il Capitano del Bruco non vuole assolutamente cambiare strategie, nonostante le insistenze di Pietrino che teme di perdere tutti i soldi promessi in caso di successo brucaiolo.
Si arriva al Palio, il mossiere Pini annulla due mosse, apparse valide, che vedono la Tartuca uscire nettamente prima dai canapi con il Bruco fermo.
Si scatena il caos, il tartuchino Silvio Gigli scende in pista e schiaffeggia il mossiere, la Tartuca si ritira e non prende parte alla Carriera, per solidarietà le alleate Oca e Onda ritirano la comparsa, anche molti giraffini lasciano la Piazza.
Pare che nella decisione tartuchina siano state determinanti anche alcune minacce ricevute da parte brucaioli nei giorni della vigilia.
Si cambia busta, si torna fra i canapi con il Bruco ancora allo steccato, la situazione è molto tesa, dalla mossa partono primi Istrice, Drago, Nicchio e Bruco. Pietrino gira primo a San Martino e vista la rimonta del Drago lo ostacola per favorire il Bruco che infatti passa in testa.
Il Biondo resta al comando, ma il giovane Rubacuori, liberatosi dalle grinfie di Pietrino, continua a tallonare il Bruco.
Si accende fra i due un breve ma intenso scambio di nerbate, il fantino del Drago punto nell'orgoglio si impegna al massimo e non rispetta i patti, vuole andare a vincere, contro tutto e tutti.
In un attimo il Drago passa il Bruco, Mughetto si ferma all'ultimo San Martino, la rimonta della Torre è tanto tardiva quanto inutile.
La rabbia dei brucaioli è irrefrenabile, Rubacuori si salva a stento dal linciaggio, gli scontri si fanno subito cruenti, il drappellone, appena abbozzato da Dino Rofi per il poco tempo a disposizione, viene calato fra la folla e ridotto a brandelli. Paradossalmente per questi episodi il Palio della Pace entra nella storia come fra i più violenti e turbolenti di sempre.
Il cencio, ridipinto a spese del Bruco, verrà consegnato al Drago qualche tempo dopo, con tanto di scorta per il corteo.
Le dure sanzioni prese in un primo momento contro il Bruco e Tartuca saranno poi condonate fra mille polemiche.
(Da "Daccelo!" di Roberto Filiani)

















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