Il secondo Palio straordinario del secolo si corre alla presenza dei Reali d'Italia. La sorte pone in primo piano la Lupa con Stornino, l'Oca con Ida, l'Onda con Lella e soprattutto l'Istrice con un velocissimo baio del vecchio fantino Lorenzo Franci detto "Pirrino".
L'incerto tempo di aprile fa saltare tre prove, le tre corse sono dominate dall'Istrice. Pochi i cambi di monta, il Montone prova Picino e Massimino per poi scegliere Scansino, lasciato libero dall'Onda. Nel Leocorno arriva Picino al posto di Nello Magnelli.
La superiorità del cavallo dell'Istrice si scontra con la voglia di Palio dell'Oca che riesce a comprare molti fantini, compreso Popo.
La vittoria ocaiola sembra certa, ma alla vigilia della carriera avviene un fatto nuovo strettamente legato alla presenza del Re.
Un mangino della Chiocciola, avverso all'Oca, mette in giro la voce che il fantino vittorioso verrà lautamente ricompensato dal Sovrano.
La notizia, fatta circolare nell'Entrone, è falsa, ma serve per motivare tutti i fantini. Dalla mossa esce primo il Leocorno, seguito da Oca ed Onda, l'Istrice, partito di rincorsa, resta nel gruppo.
Picino, in un primo momento venduto all'Oca, è allettato dal premio regale, spinge al massimo Primetta e fa il vuoto.
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Al secondo giro cade l'Oca, impegnata in un disperato tentativo di rimonta. Popo, senza l'Oca, non ha più motivo di trattenere il suo cavallo e si lancia, con l'Onda, all'inseguimento del Leocorno. Ma ormai Picino è irraggiungibile e porta in Pantaneto la vittoria attesa per ventuno anni.
Subito dopo la carriera Popo si salva a stento dalle ire degli istriciaioli, mentre Picino scopre con grande delusione che i soldi del Re non esistono e si rende conto che incasserà dal Leocorno molto meno di quanto gli era stato promesso dall'Oca.
(Da "Daccelo!" di Roberto Filiani)
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