LE TEORIE SULLA PROVENIENZA
Fino adesso ci siamo interessati dei Papei del Lazio,
d'ora in avanti prenderemo in considerazione il ben
più numeroso gruppo dei toscani.
Noi che risiediamo a Siena, siamo stati favoriti dalla
vicinanza e dall'accessibilità agli archivi civili ed
ecclesiastici, ove è stato possibile raccogliere i
fondamenti o quant'altro fosse utile per effettuare
un'analisi accurata sul nostro ceppo.
Tutto questo ci ha posto dei quesiti, tra cui il
predominante è stato quello di stabilire da dove traessero
origine i Papei.
Naturalmente, attraverso la lettura di libri e
manoscritti e dal confronto di episodi e avvenimenti
storici, ci siamo fatti delle idee che ora cercheremo di
illustrarvi.
La prima di queste teorie, che è pure la più ardita,
si prefigge di spiegare i motivi che spinsero parte dei
Papei a emigrare dal sud della Toscana verso il vicino
Lazio.
Per far ciò, è necessario porre l'attenzione sugli
eventi storici legati alle vicende di due grandi famiglie
del passato: gli Aldobrandeschi e gli Sforza del ramo di
Santa Fiora.
Il dominio degli Aldobrandeschi nei secoli IX-X si
estendeva soprattutto nei territori di Roselle, Sovana,
Populonia e, per quanto riguardava la Diocesi di Volterra,
nella zona del medio corso del fiume Elsa, da dove
probabilmente questa nobile famiglia era giunta nel
territorio che ci interessa.
Proprio a loro si deve il mutamento radicale del
quadro insediativo: i conti Aldobrandeschi, che prima erano
attivi in altre zone della Toscana, intorno alla metà del
XII secolo ripresero con vigore a curarsi dei propri
interessi in questa parte della provincia di Siena e,
attraverso una politica mirata, divennero proprietari di
molti terreni e castelli: cosicchè riorganizzando e
concentrando i loro possessi, nel corso di alcuni decenni
fecero trasferire le popolazioni (per persuasione o con la
forza), nei nuovi castelli di Radicondoli e Belforte,
danneggiandone i precedenti insediamenti.
Questo accentramento di persone, determinò la nascita
di due centri abitati consistenti, che pertanto vennero ad
avere un maggior peso politico ed economico in ambito
locale.
Nel secolo successivo, le vicende del territorio e dei
castelli di Radicondoli e Belforte si intrecciarono
strettamente con quelle dell'espansionismo senese, tantochè
il 2 ottobre 1221 venne stipulato un patto impegnativo di
"perpetua societas et amicitia" con il comune di Siena, che
obbligava i castelli suddetti, che contavano
approssimativamente 1.000 abitanti ciascuno, a corrispondere
un censuo annuo di 25 marche d'argento.
Ma fu nel dicembre 1274, che si verificò il primo
fatto che ci interessa da vicino: la grande divisione del
comitato aldobrandesco, fra Ildebrandino di Bonifacio, conte
di Santa Fiora e Ildebrandino di Guglielmo, conte di Sovana.
In quell'anno Radicondoli e Belforte vennero assegnati
al primo, assieme ai castelli di Monteguidi e di Sillano
della diocesi volterrana.
Infine nel 1286, a seguito della
transazione svolta tra il conte Guido di Monfort, subentrato
nei possessi del ramo di Sovana e i figli di Ildebrandino di
Santa Fiora, venne stabilito che il primo avrebbe ricevuto
Radicondoli e Monteguidi, mentre Belforte e Sillano
sarebbero andati al ramo di Santa Fiora.
- GLI SFORZA CONTI DI SANTA FIORA -
La storica casa Sforza che ebbe sei duchi di Milano
(1430-1535), ebbe per stipite Muzio
Attendolo, vissuto nel 1326. Da Muzio nacque Giovanni e da
questi Muzio, al quale fu dato il soprannome di Sforza per suo grande vigore. Alla morte di
Muzio, tale soprannome fu
sostituito al cognome di Attendolo, restando ereditario in
tutta la sua discendenza. Fra
gli svariati rami cadetti, si ricorda quello di Santa Fiora.

BOSIO (capostipite del ramo toscano)
Nato nel 1441 a Montegiove, in territorio senese, apprese il
mestier dell'armi nella
scuola del padre e del fratello Francesco I, duca di Milano.
Papa Martino V, affezionato
agli Sforzeschi, nel 1470 lo fece governatore di Orvieto e
divenne anche generale della
Repubblica di Siena. Sposò nel 1439 Cecilia Aldobrandeschi che
gli portò in dote la
sovranità di Santa Fiora, Pitigliano e Campagnatico.
GUIDO (figlio di Bosio)
Fu un ottimo governante. Per allontanare dal suo piccolo stato
ogni pericolo di guerra,
strinse amicizia con i senesi, che gli erano confinanti, con
i signori di Pesaro (leggi di
Baldassarre Papei, Agente di Piandimeleto) e con i duchi di
Milano. Sua figlia sposò
Pietro Paolo Conti, Signore di Valmontone.
MARIO I (nipote di Guido)
Morto a Roma il 15 novembre 1611, combattè contro i fratelli
Sforza e Paolo per difendere
Siena che era minacciata della sua indipendenza da Cosimo I e
difese Montalcino. Fu
nominato dal re di Francia suo colonnello ed ebbe dai senesi il
governo di Casole d'Elsa.
Caduta la gloriosa Repubblica di Siena, passò al servizio di
Cosimo I. Sposò Fulvia Conti,
dell'illustre casata di Innocenzo III, erede dei vicariati di
Segni e Valmontone.
SFORZA (fratello di Mario I)
Fu governatore di Parma e Piacenza, capitano generale della
cavalleria pontificia e
governatore di Siena.
MARIO II (bisnipote di Mario I)
Nato a Firenze nel 1594, a causa dei debiti che fece in gioventù
e per le continue liti
interne alla sua famiglia, fu costretto a cedere parte
dell'ingente patrimonio. Il 9
dicembre 1633 vendette la sovranità di Santa Fiora e, un anno
dopo, Valmontone con
Plumbinaria e Lugnano.
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Successivamente Santa Fiora divenne feudo degli Sforza
per un sessantennio: dal 1575 al dicembre 1633, quando Mario
II, figlio di Alessandro e nipote di Federico, vendè il
dominio di queste terre ai Barberini per 427.500 scudi.
Gli Sforza, che ebbero molti interessi con la
Repubblica di Siena, entrarono in possesso di queste terre
montane dell'Amiata per l'eredità lasciata loro da Giovan
Battista Conti, Signore di Valmontone.
Nel testamento che
egli dettò, rogato, strana coincidenza, da Theopilus Papeus
nel 1574, si stabiliva infatti che la successione del suo
feudo, non avendo egli eredi maschi, fosse trasferita al
nipote Federico, figlio dell'unica figlia Fulvia e di Mario
Sforza.
Questo fatto ci indurrebbe pertanto a supporre che i
Papei fossero legati, seppur marginalmente, a queste Nobili
Casate e a concludere che una parte della famiglia, dopo
aver seguito gli Aldobrandeschi a Santa Fiora, si fosse
spostata con gli Sforza nel Lazio.
A dimostrazione di ciò, ci sarebbe piaciuto verificare
la presenza dei Papei nei secoli XV e XVI nell'area
amiatina, ma per il momento questo è impossibile, perchè
gli Archivi Vescovili che dovrebbero racchiudere
le eventuali prove della nostra teoria, non sono agibili al
pubblico.

Santa Fiora vista dalla pittrice Graziella Battigalli
L'altra teoria è assai più semplice della precedente,
perchè nega l'esistenza di un qualsiasi vincolo di parentela
fra il gruppo laziale e quello toscano.
A sostegno di questo punto di vista, si potrebbe
ipotizzare che il cognome dei tiburtini e valmontonesi sia
derivato da "Papaeus" che era uno dei Santi Apostolici vissuti a Roma nel III Secolo.
Tale accostamento diventa oltremodo possibile, considerando che la regione dove
vivevano questi Papei faceva parte dello Stato Pontificio.
Parallelamente per i "Toscani" si potrebbe ritenere
invece che possano aver tratto il loro nome dall'etimo "Papeo",
inteso come papiro, stoppino, foglio di carta, oppure da uno
dei quattro toponimi: Papeo, Poggio Papeo, Casa Papea e Le
Papee. Gli ultimi due ci inducono a porre particolare
attenzione: "Poggio Papeo" in quanto poco distante da Massa
Marittima e "Le Papee" che sono vicine a Belforte; è infatti
documentato che in antico abitassero in entrambe le
località delle famiglie Papei.
Come avremo modo di leggere, i nostri primi antenati
di cui abbiamo notizie precise, vissero nel '600, un secolo
che nelle campagne senesi è ricordato soprattutto per le
carestie e le epidemie come la peste che seguirono la caduta
della "Repubblica".
Nel caso che vi fosse stato un legame di parentela,
non sappiamo in che maniera questi eventi abbiano influito
nel creare quella spiccata diversità tra i due gruppi:
benestanti e colti i laziali che annoveravano tra loro
notai, podestà, giuristi di Curia, ecc.; mentre erano analfabeti e quasi
al limite della sussistenza i toscani, che tra l'altro erano
di estrazione contadina come lo era la maggioranza della
popolazione di allora.
Pertanto, concludendo, si può soltanto affermare che
la prima teoria, pur essendo suffragata da alcuni eventi
storici, non trova un vero e proprio riscontro nei
personaggi che fino a oggi siamo riusciti a scovare e anche
la seconda, vuoi per la pochezza di notizie in nostro
possesso, non ci consente di giungere a delle certezze.
Preferiamo quindi lasciare al lettore la facoltà di
scegliere l'ipotesi che gli sembrerà più verosimile...
Noi ci siamo solo limitati a considerare i fatti e le
circostanze che sono realmente accaduti.
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