Le opere d'arte della chiesa
L'interno della pieve di Marmoraia, si presenta
attualmente privo di opere d'arte.
Lo spopolamento delle campagne, che qui ebbe una
particolare rilevanza a causa anche della scarsa redditività
dei terreni collinari, consigliò, negli anni sessanta, di
trasferire altrove per motivi di sicurezza, i pochi oggetti
di culto ancora rimasti.
Sulla consistenza degli arredi sacri nelle epoche
passate, è possibile avere alcune notizie tramite la
consultazione di antichi inventari e le descrizioni più o
meno sommarie che venivano redatte soprattutto in occasione
delle visite pastorali.
Sappiamo intanto che nel 1604, sull'altar maggiore
c'era un semplice crocifisso di legno (1). Tale immagine la
troviamo ancora sul posto circa un secolo dopo, sormontata
però da un baldacchino che, insieme al ciborio, costituiva
tutto l'intero arredo dell'altare stesso (2). Lo
sportelletto, con la figura di Cristo Risorto, fu purtroppo
trafugato molti anni fa. Era un'opera piacevole, pur se
modesta, del XVIII secolo.
Il crocifisso originale dell'altar maggiore non è
giunto fino a noi ed è andato perduto in epoca imprecisata:
quello attualmente visibile è recente e di nessun valore
artistico.
Da un registro di atti relativi alla pieve, sappiamo
che l'altare della navata destra era quello della Compagnia
laicale intitolata alla Madonna del Carmelo (3). L'esistenza
di tale Compagnia a Marmoraia, era stata resa nota per la
verità dal Gherardini nel 1676, ma non se ne conosceva il
titolo (4).
Nel 1731 questo altare aveva già assunto il suo
aspetto attuale, perchè in un inventario di quell'anno,
veniva così descritto: "di stucco con colonnette similmente
di stucco e nel mezzo una nicchia dove sta l'immagine di
rilievo della S.ma Vergine del Carmelo"(5).
Questa Madonna è
giunta fino a noi e si trova attualmente conservata altrove,
insieme agli altri arredi sacri. E' una scultura lignea, più
volte grossolanamente ridipinta anche in epoche recenti ed è
parzialmente mutila per i gravissimi attacchi di insetti
xilofagi. Opera piuttosto popolaresca e di scarso valore
artistico, è da ascriversi al XVIII secolo.
Il dipinto che si trovava sull'altare della navata
sinistra, merita invece alcune riflessioni più attente,
soprattutto alla luce di quanto è emerso dalla nostra
ricerca, che ha permesso di ricostruire in maniera
sufficientemente precisa, le vicende storiche di quest'opera
d'arte.
Come riportato in diverse fonti (a partire dal già
citato Gherardini), sappiamo che questo altare aveva dignità
di "Cappella" ed era intitolato ai santi martiri Gervasio e
Protasio. Questa "Cappella", oltre ad avere una propria
identità devozionale, era dotata anche di rendite fondiarie
derivanti dal possesso di case, campi, boschi, ecc., ed
aveva quindi amministrazione autonoma rispetto ai beni della
pieve. Questo comportava perciò la tenuta di registri
amministrativi, inventari, verbali di adunanze e conseguenti
deliberazioni.
Uno di questi registri in particolare, ci è stato di
notevole aiuto per chiarire una questione che, come vedremo
in seguito, si era presentata riguardo all'iconografia del
dipinto (6). Infatti, prima che dalla pieve fossero rimossi
tutti gli arredi sacri superstiti, su questo altare era
visibile una tela, alquanto mal ridotta e sporca, sulla
quale si potevano a malapena decifrare le sagome incerte di
due santi, da sempre venerati nella parrocchia, come
S.Gervasio e S.Protasio.
Il Brogi stesso, nel suo famoso inventario, così la
descrisse: "S.S. Gervasio e Protasio. Dipinto a olio su
tela. Scuola fiorentina. Copia"(7).
Nel 1988, in occasione della mostra di opere d'arte
del territorio del Comune di Casole d'Elsa, la tela fu
finalmente sottoposta a restauro. A seguito della rimozione
di intere zone ridipinte, si pervenne inaspettatamente ad un
totale cambiamento dell'iconografia dei santi raffigurati,
poichè i due
personaggi ritenuti da sempre come
i titolari della
"Cappella", tornarono ad essere
quelli che erano
in origine e cioè:
S.Michele Arcangelo e S.Ignazio
di Antiochia,
quest'ultimo riconoscibile per il
cuore che tiene
nella mano destra.
Infatti la
leggenda narra,
come dopo il
martirio, gli
fosse estratto il
cuore sul quale
era inciso il
monogramma di
Cristo (8).
Inoltre, la
presenza contempoporanea dei due
santi affiancati e
la loro posizione
rivolta verso
sinistra, lasciavano giustamente
pensare che la
tela fosse solo
quanto restava di
un dipinto, ben
più grande e poi smembrato, del quale dovevano costituire la parte destra.
Il restauro ha così permesso di apprezzare in tutta la
sua bellezza, questa pittura di qualità davvero notevole. La
paternità è stata attribuita al viterbese Bartolomeo
Cavarozzi (ca.1590-1652) che dimostra qui di avere
assimilato il naturalismo caravaggesco, con ancora qualche
accento tardo-cinquecentesco.

Durante la consultazione di un inventario della
"Cappella" del 25 marzo 1641, l'ipotesi avanzata che i due
santi fossero i soli superstiti di una tela più grande,
sembrava venir confermata, perchè descrivendo l'altare si
diceva: "Una pittura nuova rappresentante la B. V. con il
Bambino Giesù et i S.Gervasio e Protasio, con sue cornici
nere indorate"(9).
Riflettendo però più attentamente, siamo giunti invece
alla conclusione che quello citato nell'inventario del 1641,
non potesse essere il dipinto sottoposto a restauro per i
seguenti motivi:
La tela è definita come "nuova" e quindi non è
pensabile che sulla stessa siano stati
raffigurati S.Michele e S.Ignazio, per poi
essere quasi subito trasformati in S.Gervasio
e S.Protasio, come ce li descrive l'estensore
dell'inventario.
L'esistenza di questi ultimi due santi insieme
alla Madonna (tutti e tre guarda caso
compatroni della pieve), farebbe pensare ad
una committenza diretta da parte della
"Cappella". Ciò renderebbe ancor più difficile
spiegare la presenza degli altri due martiri.
L'iconografia deve essere stata con ogni
probabilità quella tradizionale ed usuale:
cioè con la Madonna in posizione centrale ed
ai lati, uno per parte, i due santi.
Nell'opera del Cavarozzi invece, come abbiamo
visto, i due personaggi sono entrambi sullo
stesso lato.
Si tratta quindi, a nostro parere, di due dipinti
diversi. E' interessante del resto considerare che la tela
dell'inventario del 1641, dopo appena un secolo dalla sua
realizzazione si trovava già in condizioni precarie, come ci
viene rivelato da un altro inventario del 15 luglio 1736 che
dice: "...il suo quadro grande e cornici nere filettato di
oro e colle immagini della SS. Vergine con Gesù Bambino in
collo, e dei S.Martiri Gervasio e Protasio, in parte
deturpato e rotto"(10).
Non solo, ma a distanza di soli cinque anni e cioè il
15 settembre 1741, la figura della Vergine era addirittura
scomparsa: "un quadro grande dipintevi le immagini dei
S.S.M.M. Gervasio e Protasio alquanto rotto"(11).
Questa è l'ultima notizia che abbiamo sulla tela. Il
seguito ce lo possiamo solo immaginare, ipotizzando che a
breve distanza da quest'ultima data, ciò che ancora restava
del primitivo dipinto sia stato rimosso e distrutto.
Non disponendo forse dei fondi necessari per
commissionare una nuova opera, sarà stata portata a
Marmoraia (non sappiamo per ora da dove) un'altra tela,
anch'essa mutilata, sulla quale erano raffigurati però
S.Michele Arcangelo e S.Ignazio di Antiochia (12).
A questo
punto è pressochè certo che un modesto pittore, provvide
frettolosamente a modificare le figure dei due santi, con
quelle dei titolari della "Cappella", permettendo così ai
semplici e poco esigenti parrocchiani di poter continuare
nel loro culto.
Con questa decisione, i promotori dell'iniziativa non
potevano certamente immaginare che avrebbero tramandato fino
a noi questa preziosa opera d'arte, rimasta a lungo celata
sotto una rozza ridipintura.
Oggi la tela è conservata ed esposta all'ammirazione
del pubblico nel Museo Civico e Diocesiano di Colle val
d'Elsa, dove la sua presenza merita da sola, un'interessante
e piacevole visita.
N O T E
(1) - Archivio Vescovile di Colle val d'Elsa (da ora in avanti: A.V.C.V.E.) - Sante Visite, Visita
Pastorale del 5 maggio 1604.
(2) - A.V.C.V.E.- Sante Visite, Visita Pastorale del 13 settembre 1729.
(3) - A.V.C.V.E.- Atti della pieve di S.Maria a Marmoraia dal 1593 al 1755 (collocazione n°1074).
(4) - Archivio di Stato di Siena - Bartolomeo Gherardini, Visita fatta nell'anno 1676 alle Città,
Terre, Castella, Comuni e Comunelli dello Stato della città di Siena.
(5) - A.V.C.V.E.- Atti della pieve di S.Maria a Marmoraia, op. già cit. a nota n°3.
(6) - A.V.C.V.E.- Atti della Cappella dei SS. Gervasio e Protasio a Marmoraia dal 1594 al 1761
(collocazione n° 1076).
(7) - Francesco Brogi, Inventario generale degli oggetti d'arte della Provincia di Siena, compilato
nel 1862-1865.
(8) - Casole d'Elsa e il suo territorio, Guida-Catalogo della mostra di opere e fotografie a cura
di L.Cimino, E.Giffi Ponzi, V.Passeri, 1988, Studium Editrice.
(9) - A.V.C.V.E.- Atti della Cappella dei SS. Gervasio e Protasio, op. già cit. a nota n°6.
(10) - A.V.C.V.E.- Atti della Cappella dei SS. Gervasio e Protasio, op. già cit. a nota n°6.
(11) - A.V.C.V.E.- Atti della Cappella dei SS. Gervasio e Protasio, op. già cit. a nota n°6.
(12) - Un'ipotesi potrebbe essere quella che la tela provenga dalla redistribuzione di molte opere
d'arte, che fu fatta a seguito delle riforme leopoldine del 1783-85, per la soppressione
delle Compagnie laicali.
Per leggere l'inventario della chiesa del 1750
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