Il brigante Magrini
E' noto che nel secolo scorso, dopo l'unificazione
d'Italia, vari territori della neonata nazione, conobbero il
flagello del banditismo. E' così che il ricordo di
personaggi come Tiburzi, Gnicche, l'Orcino, Baicche e tanti
altri, contribuì a riempire le veglie dei nostri nonni nelle
lunghe sere d'inverno.
Anche la Montagnola, per la natura selvaggia e
solitaria del suo territorio, conobbe le gesta di un
brigante, il cui ricordo anche se un po' sbiadito dal tempo,
rimane ancor oggi vivo nei racconti degli anziani.
Stiamo parlando di Antonio Magrini detto "Basilocco".
Nato a Monticiano il 13 Marzo 1876 da Ulderigo e da
Annunziata Zani, poco più che decenne venne mandato a fare
il pastore presso alcuni contadini. Attraverso questo
mestiere, che richiedeva un continuo girovagare alla ricerca
di nuovi pascoli, acquisì una conoscenza minuziosa sia del
territorio grossetano che di quello senese.
Finito che ebbe di fare il pastore, dopo aver anche
scontato una lieve condanna, per un non precisato "errore di
gioventù", si guadagnò per qualche anno la vita lavorando
onestamente nelle miniere di Campiglia, fino al giorno che,
insieme ad altri operai, venne licenziato. La perdita del
posto di lavoro, fu attribuita, non sappiamo se con ragione
o meno, alla volontà di un sorvegliante. Quindi, deciso a
vendicare lo sgarbo, il Magrini si appostò lungo una strada,
e quando quest'uomo passò a cavallo, gli tirò una fucilata
che lo uccise.
Alcuni abitanti di Monticiano, narravano che
Basilocco non avesse sparato per difendere il proprio posto
di lavoro, ma quello di un altro operaio che aveva
cinque figli. Inoltre non sarebbe stata sua
intenzione di uccidere, ma solo di intimorire il
sorvegliante, affichè annullasse il licenziamento.
Fatto sta che il Magrini aveva ammazzato un uomo e, se
catturato, avrebbe passato il resto dei suoi giorni in
carcere. L'unica soluzione era quella di darsi alla macchia
cercando rifugio nei boschi e vivere con i proventi del
brigantaggio. E fu proprio questa la strada che Basilocco
decise di imboccare.
Comunque, pur non essendo questa la sede idonea per
narrare l'intera storia del brigante, ci soffermeremo su due
fatti che lo videro protagonista a danno di alcuni fattori
della Montagnola.
Era l'8 Giugno 1903 quando l'agente agrario Vittorio
Pagnini si stava recando al podere Cipollano, nella tenuta
di Palazzo al Piano, di proprietà del Conte Chigi Saracini,
per acquistare una coppia di buoi, accompagnato da due
contadini e dal sotto-fattore della tenuta.
Mentre percorrevano un tratto di strada remoto e
boschivo, si trovarono ad un tratto aggrediti da uno
sconosciuto che a fucile spianato e pronto a far fuoco
intimava loro l'"alto", e ingiungeva di depositare i
portafogli. Il fattore aveva 115 lire,
l'altro sole 10, che si dice
venissero rifiutate.
In compenso, al sotto
fattore, veniva imposto di recarsi
immediatamente alla fattoria e
portare lire mille.
Il Pagnini doveva in questo
frattempo restare in ostaggio,
minacciato nella vita.
L'aggressore comandò al suo
prigioniero di togliere dal
portafoglio i danari che conteneva
e porli sotto un sasso, perchè il
vento non li trasportasse, serbando
pure il portafoglio che poteva
contenere appunti e documenti di
amministrazione.
Gentilmente gli accordava il
permesso di andare ad assidersi
sotto ad un vicino albero, per
porsi al riparo dal sole, e lo
confortava a non aver paura,
dicendo che non gli avrebbe fatto
alcun male... salvo circostanze
eccezionali.
Finalmente tornò accompagnato
da alcuni contadini, il sotto
fattore di Palazzo al Piano recando
non mille, ma chi dice due, chi
trecento lire, delle quali pare che
il brigante si accontentasse da
vero gentiluomo di macchia, e si
accomiatò cortesemente, dichiarando
che appena finita la modica somma
di cui era venuto in possesso,
invece di cimentarsi in aggressioni
pericolose, avrebbe imposto una
tassa fissa di L.15 mensili a tutte
le fattorie del suo territorio
d'azione.
Inutile dire che tutte le
stazioni e le squadre mobili dei
carabinieri sono in moto. Ma lo
prenderanno? In generale se ne
dubita, perchè....... la paura è
una gran brutta bestia!
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L'altro episodio apparso il
10 febbraio 1904 sempre su "La
Vedetta Senese", di cui
riportiamo integralmente la
colonna, si riferisce a quando,
durante una rapina, il brigante
sparò una fucilata a bruciapelo al
piccolo, ma risoluto fattore di
Lucerena Gregorio Moretti, detto Goro, perchè non aveva
accondisceso ad una richiesta avanzata dal Magrini, alcuni
giorni prima.
Era la prima volta che il Magrini si comportava così e
da allora, anche i giornali, che come abbiamo visto, lo
dipingevano come una sorta di bandito gentiluomo, cambiarono
atteggiamento nei suoi confronti.
Ma ormai le gesta di questo fuorilegge, stavano
giungendo al termine: la sera del 15 febbraio 1904,
stranamente non si recò "alla consueta grotta dove il suo
confidente gli lasciava la bolgetta con dei viveri e
cognac", ma si presentò invece a casa del colono Gildo
Pecorini, abitante al podere Ferratina nei pressi di
Roccatederighi, chiedendo di mangiare.
Non essendoci nulla, il Magrini incaricò il contadino
di andare ad acquistargli un pollo.
Poichè sul bandito pendeva una taglia di ben 5.000
lire (equivalenti ad oltre 15.000 euro attuali), "il Pecorini
andò per il pollo, ma strada facendo trovò modo di avvertire
anche i carabinieri".
Quando i gendarmi giunsero sul luogo, il brigante
stava in piedi in cucina, tranquillamante parlando, "in
attesa che il pollo cuocesse".
Alle ore 20,36 i brigadieri Malevolti e Paoletti e il
carabiniere Gori, avendo veduto aperta la porta della casa,
penetrarono improvvisamente entro l'abitazione, mentre altri
tre carabinieri sorvegliavano le finestre. Il Magrini
impugnò la rivoltella con grande prontezza d'animo,
riuscendo a sparare tre colpi che andarono a vuoto perchè il
brigadiere Malevolti si slanciò addosso, riuscendo subito ad
afferrargli la mano, in cui teneva la rivoltella, e a far
deviare i colpi.
Contemporaneamente, con scatto fulmineo, i tre militi
fecero fuoco contro il Magrini che fu ferito alla faccia con
due colpi di rivoltella, pure alla faccia con un colpo di
fucile caricato a pallini e al petto da un colpo di
moschetto a mitraglia.
Il latitante stramazzò a terra senza aver mai
profferito una parola".
Non aveva ancora compiuto 28 anni!
Era ben vestito, armato di una pistola col cordone
nero, di un pugnale nichelato con manico di corno, di un
fucile a due canne, di 73 cartucce per rivoltella e 34 per
fucile, di un canocchiale e di tre portafogli contenenti
complessivamente 300 lire, riconosciuti di proprietà dei tre
fattori recentemente depredati.
In varie parti del corpo si scorgevano segni di
tatuaggio: due cuori trafitti da un pugnale e una figura di
donna. Inoltre in un braccio era disegnata la figura di un
bandito con la rivoltella in pugno, puntata verso le
iniziali M.D.C.T., che volevano significare: "Morte al
Dottor Callaini Tito", nemico giurato del Magrini.
ANCORA DELLE GESTA
DEL MAGRINI
Il sig. Ranieri Senesi,
proprietario della tenuta
di Lucerena, e padrone per
conseguenza del fattore
Gregorio Moretti che il 5
corrente venne aggredito e
ferito dal brigante Magrini
presso Scorgiano, ci dirige
una lettera con la quale ci
fornisce altri particolari
sulla triplice aggressione.
Reduci dalla fiera di
Colle, circa le ore 15, in
due barroccini, vicini
pochi metri l'uno
dall'altro, si trovavano
nel primo il fattore
Turillazzi della Suvera del
conte Borghesi che era solo
e nel secondo i due fattori
Moretti e Mantovani.
Oltrepassato di pochi
metri il Ponte detto delle
Cerrete, videro un
individuo che mezzo
nascosto da una querce
puntava verso loro un
fucile e che immediatamente
intimò al fattore della
Suvera, che si trovava
avanti, di gettare il
portafogli, quindi gli
ingiunse di proseguire e
disse agli altri due che
erano indietro, venite
avanti. Ripetè
l'intimazione di gettare i
portafogli, il che fecero,
e dimandò all'agente di
Celsa chi fosse e quanto
conteneva il portafoglio
giù gettato a terra.
Rispose il Mantovani dando
le proprie generalità e
dicendo che il portafogli
conteneva circa 50 lire.
Saputo questo, il
Magrini gli ordinò di
proseguire ed al fattore di
Lucerena disse di
discendere dal barroccino.
Appena disceso, il Magrini
disse: Ti rammenti quando a
Lucerena invece di L.25 che
ti avevo chiesto me ne
dasti 10? e subito, alla
distanza di circa sette
metri, senza aspettare
risposta alcuna, sparò un
colpo di fucile colpendolo
alla spalla destra.
Il Moretti quantunque
ferito, rimase in piedi e
corse subito a raggiungere
il barroccino che era a
pochi metri di distanza con
il quale fu condotto a
Scorgiano, dove dopo essere
stato spogliato ed
esaminata la ferita,
rimontò in barroccino ad
onta delle preghiere
rivoltegli dal personale
dell'amministrazione di
Scorgiano che lo pregava a
rimanere volle proseguire
per Lucerena, dove arrivò
circa le ore quattro
pomeridiane. Poco dopo
arrivò il dott. Cappelli di
Colle il quale gli estrasse
una palla rotonda del
calibro 12 che si era
fermata in prossimità di
una costola, essendogli
stato tirato dall'alto in
basso.
trascritto da: La Vedetta Senese del
10 febbraio 1904
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