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L’8 luglio 1753 viene ufficialmente riaperto il Teatro degli Intronati, oggi detto "dei Rinnovati". Il teatro veniva riaperto dopo l’incendio divampato il 31 luglio 1751, durante la rappresentazione dell’Antigone, quando era andato distrutto il palcoscenico e parte dei palchetti.
Al tempo gli incendi a teatro erano davvero frequenti a causa, soprattutto, dell’illuminazione a candele impiegate in gran numero per gli effetti scenici e per illuminare. Bastava un soffio di vento, quindi, per dar vita alle fiamme.
Il teatro aveva ripreso le sua funzione solo l’anno precedente dopo un primo, e anche più distruttivo, incendio avvenuto il 7 settembre 1742. Già reperire i fondi per la prima ricostruzione era stata un’impresa ardua e, dopo questo secondo dramma, nel maggio del 1752 il Granduca concesse il permesso di rifabbricare il teatro e un contributo di 2.500 scudi per ricostruire il tetto.

Pianta del primo piano del teatro e del piano sovrastante
A sinistra si nota la pianta delle carceri
Archivio di Stato di Firenze
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Nel motuproprio granducale oltre alla concessione in denaro si affida il lavoro alla direzione dell’architetto Ruggieri che, nel progetto, pone al soffitto due vasche d’acqua per evitare futuri disastri. Il progetto fece discutere e gli Archintronati non approvarono la difficile soluzione, ma, per la verità, si opposero anche ad altri aspetti del progetto dell’architetto fiorentino che, però, non rinunciò all’incarico affidatogli dal Granduca. Nel luglio del 1752 si pensò anche a ricostruire l’interno e le sue decorazioni: l’incarico venne affidato al celebre architetto teatrale Antonio Galli detto il Bibiena, certamente gradito al Granduca per il quale in questi stessi anni, realizzò il teatro dei Varii di Colle Val d’Elsa, il teatro di Pistoia e la decorazione del teatro La Pergola di Firenze.

La rappresentazione con cui si inaugura la serata dell’8 luglio è il “Tito Manlio” di Salvi e quando si apre il sipario, scrive il Pecci, “si vedè alluminato il sontuoso proscenio tutto, che cagionò nei riguardanti stupore e meraviglia non solo per l’alluminazione, ma molto più per l’architettura e prospettiva di quattordici mutazioni di scena per le quali dimostrazioni il celebre Antonio Galli Bibiena, pittore e architetto bolognese, si è fatto un indicibile onore”. Nonostante il teatro abbia subito danni pesanti a seguito del terremoto del 1798, il suo impianto odierno, almeno nelle linee essenziali, è ancora quello pensato da Bibiena: caratteristica soprattutto la pianta a campana studiata per migliorare l’acustica e dare maggiore visibilità agli spettatori laterali.
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