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- 28 giugno -

1799: il “Viva Maria” entra a Siena






   La sera del 28 giugno 1799 entrano a Siena le bande armate del “Viva Maria”, il movimento popolare antifrancese che si era formato ad Arezzo, soprattutto in area clericale.
Il Capitano Giovanni Natti, con una ventina di cavalieri, dirige le operazioni, coadiuvato da don Antonio Massi e dal Capitano don Giuseppe Romanelli.
Giunti inaspettatamente nei pressi delle mura cittadine si dividono in due drappelli e attaccano Porta Romana e Porta Tufi.
I custodi si affrettarono a chiudere le porte, ma, si dice, alcuni popolani con i soldati della Truppa Nazionale che erano di guardia, le riaprono.
Da qui la storia diventa cruenta. I fatti ci raccontano che oltre a dare la caccia ai francesi, asserragliati nella Fortezza Medicea, viene assaltato con ferocia il ghetto degli Ebrei, considerati amici delle truppe d’Oltralpe, e la sinagoga saccheggiata.
Tredici, tra uomini e donne, vengono prelevati e uccisi. Tre di loro, addirittura, condotti in Piazza del Campo e arsi insieme all’albero della libertà, simbolo della Rivoluzione francese. Le cronache dell’epoca riportano l’atrocità dell’azione, attestando di un uomo a cui furono “troncate braccia e gambe” prima di essere bruciato.



I francesi caduti negli scontri furono una trentina, altri ebrei furono trucidati sul sagrato di Provenzano e nelle scale di San Martino.
A massacro finito, fu portata in processione la Madonna del Conforto, protettrice di Arezzo e sul rogo ormai spento fu innalzata una croce.
Negli anni le ricerche storiografiche sono andate in due direzioni opposte dato che i revisionisti, soprattutto gli storici aretini, hanno cercato di dimostrare come questa tragedia antisemita, che di fatto offuscò la rivolta civile toscana, non sia da imputare alle truppe di Arezzo (viste solo come liberatrici di Siena dal francese oppressore), ma sia stata attuata dagli stessi senesi.
Certo è che di esempi di episodi antiebraici a carico delle bande del “Viva Maria” ce ne sono altri oltre a quello senese: a Monte San Savino, ad esempio, viene bruciata la sinagoga, mentre a Pitigliano la guardia cittadina, allertata dai notabili locali, blocca sul nascere il sacco della parte ebraica della città.
Ad Arezzo stessa, una piazza intitolata all’insurrezione del “Viva Maria”, dopo molte polemiche, ha cambiato intitolazione e oggi si chiama “Piazza Madonna del Conforto”, che è comunque l’immagine che il “Viva Maria” aveva issato sulle proprie bandiere, ma la dedicazione non è più diretta al movimento che ha dato adito a tante ombre sul suo operato.


questa pagina è stata curata da Maura Martellucci e Roberto Cresti