1773: uno spregiudicato truffatore Napoletano
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"A querela di Giuseppe Maria Giannini Bargello della Piazza di Siena, e per le
replicate doglianze fatte per parte di Maria moglie di Pietro Baccioni, abitante nella
contrada di S.Salvadore, ha proceduto questo Tribunale di Giustizia contro Giulio di Domenico Volpe
napoletano, perchè come persona vagabonda, senza alcun mestiere, e solita a vivere a spese altrui, essendo egli su' primi
del passato mese di Decembre 1772
comparso in questa città col finto nome, e cognome di Francesco Zona, dopo essersi
trattenuto alcuni giorni in questa Osteria del Rè, tornasse a stare a Locanda in casa
di detta Baccioni, e spacciandosi tanto a lei che in questa città per nipote del medico del Rè di Spagna
falsamente supponesse, che dal detto suo zio gli venivano rimesse mensulamente scudi venti per mezzo di lettera cambiale,
e che
di più doveva venirgli in breve dalla città di Pisa il suo equipaggio con un baulle, e diverse gioje e con tale
finto pretesto, sebbene sia persona miserabile, e senza alcuno assegnamento, le riescisse non solo farsi mantenere dalla
detta
Baccioni alle di lei spese dal dì 10 di detto mese di Decembre fino
al trenta del mese di Gennajo successivo, ma di più farsi somministrare dalla medesima diverse
somme di denaro, col quale facendosi splendido per la città, facesse delle copiose elemosine a' poveri, provvedesse ancora
quantità di cera
parte della quale regalasse poi ai Conventi dei Padri di S.Agostino, e dei Servi, parte alla Chiesa di Provenzano, e
parte ancora al
Monastero delle Monache d'Ogni Santi per accendersi alle loro rispettive Immagini della Vergine, che si conservano
in dette Chiese,
facendo ancora in alcuna di esse celebrare delle Messe, ed essendosi con tali apparenti vistosità acquistata detto inquisito
in Siena
l'opinione di uomo devoto, e onesto, ingannasse in tal forma non solo detta Baccioni,
dalla quale si facesse in più volte somministrare con la promessa d'indennizarla con la suddetta suppostagli pensione mensuale,
la somma di circa scudi cento, quanto ancora Gaspero Fineschi Orefice, col quale avendo contratta corrispondenza, e fattosi
fare dal medesimo Compare, per la futura di lui prole, si facesse dal medesimo Fineschi prestare la somma di lire centotrentadue,
soldi tredici, e denari quattro, e di più comprasse ancora da lui a credenza due anelli d'oro per il prezzo concordato di lire
settentasei, spacciandosi anche ad esso per nipote del medico del Rè di Spagna e che dal medesimo gli veniva rimessa la detta
mensuale pensione di scudi venti; Giovan Battista Lamberti sarto, dal quale si facesse fare pure a credenza un'abito di tutta gala,
provvedersi di spada, cappello, e calze; roba del valore in tutto di lire trecento novanta quattro, soldi otto, e denari quattro, della a qual somma
detto inquisito ne pagasse al medesimo Lamberti a conto solamente zecchini tredici col denaro somministratogli, come sopra dalla detta Baccioni,
e dal detto Fineschi; Andrea Gravier, dal quale comprasse un'orologio d'argento pagandolo in parte col baratto di altro orologio inferiore,
e parte col denaro di detta Baccioni, e del resto per la valuta concordata in somma di scudi, anzi zecchini tre, di più se ne facesse debitore
verso detto Gravier col respiro al pagamento a tutto il passato mese di Gennajo; e finalmente
Aurelio Fineschi Ministro del Puccioni cerajolo al Chiasso largo, dal quale si facesse somministrare a credenza libbre dieci e once una cera veneziana
di valuta lire venti, soldi tre, e denari quattro, dando anche ad esso ad intendere di essere nipote del detto medico del Rè di Spagna e venirgli
ogni mese pagata dal medesimo la detta pensione di scudi venti e con tali mezzi illeciti, e delittousi
truffasse dette somme giocandone in parte al gioco del lotto..."
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crediti: Archivio di Stato di Siena, Capitano di Giustizia 701, causa 36, 7 aprile 1773

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