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- 11 aprile -

1978: attentati incendiari all'Upim e a una Coop







  
I vigili del fuoco lo classificarono come incendio di categoria A, il più alto grado di pericolosità.
Il magazzino Upim di Piazza della Posta cominciò a bruciare alle ore 21 circa dell'11 aprile 1978.
Nella caserma dei Pompieri di viale Cavour si accese immediatamente l'allarme.
In pochi minuti i Vigili del Fuoco accorsero sul luogo: dovettero impegare ben tre autobotti per domare le fiamme intervenendo anche nel vicolo della Palla a Corda dove si trovano ancora oggi le uscite di servizio.
La lotta con il fuoco apparve subito difficile. A prendere fuoco furono alcuni carrelli che contenevano biancheria al piano superiore.
Poi l'incendio si propagò agli arredi in legno e plastica. Intorno alle 23 sembrò che il fuoco fosse stato domato, ma alcune esplosioni provemienti dal piano inferire fecero temere il peggio: a scoppiare si pensò in un primo momento sarebbero state state le bombolette di deodoranti, i barattoli di vernice, ma già qualcuno cominciò a sospettare che le esplosioni fossero state provocate da ordigni incendiari.




Le colonne di fumo denso e nero sbuffavano intense dagli ingressi chiusi delle saracinesche e dalle vetrine infrante, con una inaudita potenza.
Ad un certo momento i Vigili del Fuoco furono costretti ad indietreggiare assaliti dal denso fumo, mentre l'aria si faceva sempre più irrespirabile anche nella piazza.
Nel vicolo della Palla a Corda, i Vigili del Fuoco lavorarono ininterrottamente con i volti arrossati e le fronti madide di sudore dal gran calore, trasportando nel vicolo ceste e contenitori con materiale carbonizzato.
Intanto in Piazza Matteotti si cominciò a fare le prime ipotesi sulle origini dell'incendio.
Sul posto erano giunti i vertici cittadini delle forze dell'ordine e il Sindaco di Siena, Canzio Vannini.
Fu escluso quasi subito il corto circuito. Un mozzicone di sigaretta lasciato da qualcuno? All'interno del magazzino era vietato fumare e poi i focolai furono individuati in più luoghi.
Nel frattempo giunse la notizia di un principio d'incendio presso il magazzino Coop in viale Mameli.
Una notte d'inferno, comunque, per i Vigili del Fuoco, Polizia e Carabinieri. Persino i Vigili Urbani furono mobilitati per l'occasione.
Spento l'incendio al magazzino Coop iniziò un accurato sopralluogo che portò al ritrovamento di un rudimentale ordigno incendiario che era stato sistemato vicino a flaconi di alcool denaturato.




L'ordigno, un sacco di plastica legato con uno spago, conteneva una polvere bianca e una pallina da ping pong riempita con del liquido. Le analisi stabilirono che la polvere era potassio e il liquido era acido solforico, due sostanze che, venendo a contatto, prendono fuoco.
L'ipotesi dell'attentato si fece così sempre più attendibile, anche per l'incendio dell'Upim.
Nel frattempo le famiglie che abitavano nel palazzo furono evacuate, mentre nei giorni successivi anche il vicino Cinema Metropolitan fu costretto a sospendere la proiezione dei film in programmazione.
L'incendio provocò molti danni: circa 500 milioni di lire fu stimato il valore della merce andata in fumo, a cui aggiungere anche i danni strutturali.
I 56 lavoratori del grande magazzino restarono fermi per molto tempo.




Le origini dolose dell'incendio ormai erano più che comprovate e quell'episodio scatenò, come era prevedibile, immediate reazioni da parte del mondo politico cittadino, delle organizzazioni sindacali, della società civile. Il Consiglio Comunale fu convocato in seduta straordinaria il giorno dopo e molte furono le ipotesi intorno agli autori dell'atto che non fu difficile allora identificare come terroristico.
I responsabili non sono mai stati individuati, certo è che quell'episodio si inserì appieno nel novero dei tanti momenti di tensione che caratterizzarono quegli anni di vita politica italiana e Siena in qualche modo ne fu toccata.
Si era nel pieno di quegli "anni di piombo" che sarenbbero poi culminati con il rapimento e l'uccisione di Aldo Moro, due anni più tardi.


testo trascritto da Augustorie n.1 del 26.9.2019
articolo firmato da Paolo Corbini