Quercegrossa (Ricordi e memorie)

CAPITOLO XI - COSE D'ALTRI TEMPI

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Cinema
Molti narrano che mio nonno Raffello, abitando a Vignale poco prima di trasferirsi a Quercegrossa nel 1916, usasse proiettare il cinema muto a Castellina in Chianti utilizzando le sue macchine per generare corrente necessaria, mentre la giovane figlia Dina, di 12 anni, fungeva da bigliettaia per far pagare qualche lira ai castellinesi. Questo è il ricordo più antico che abbiamo di quello che doveva diventare lo spettacolo per eccellenza fino a quando sarà soppiantato dalla televisione.
A Quercegrossa le prime proiezioni si fecero nel giardino dei Mori, davanti al forno dove veniva attaccato un grande lenzuolo bianco che serviva da schermo. Poi diversi film vennero proiettati nel Dopolavoro. Nei ricordi di Giuseppe Fusi di Basciano rimasero impresse le grandi stragi fatte dai feroci cosacchi nel film "Taras Bulba" del 1936. Sospese negli anni di guerra, le proiezioni ripresero subito dopo ancora nel giardino dei Mori e continuarono anche quando venne aperta nel 1951 la nuova sala cinematografica del Circolo Acli. Si proiettò ancora, saltuariamente, per qualche anno: d’estate davanti al forno e d'inverno nell'officina in mezzo ai trattori con le donne che portavano lo scaldino. Era operatore un giovane di Castellina il quale “girava” con una macchina da 32 mm che rendeva una eccellente qualità di immagine. La pellicola veniva da Firenze e la portava il Mariani, poi i Mori provvedevano a rispedirla a Firenze con la SITA. Nei miei ricordi infantili c'è questo lenzuolo ondeggiante alla leggera brezza serale, il fascio bruscoloso di luce accecante del proiettore, posto sul tavolo a 10/12 metri dallo schermo, con le sue grandi bobine che giravano lentamente e molte persone sedute su sedie e panche a seguire attentamente le trame accompagnate da un sonoro non molto efficace diffuso da un altoparlante sul muro.
Il primo film a colori visto a Quercegrossa fu con l’interpretazione del famoso Errol Flynn nelle parti di uno spadaccino: dovrebbe essere "Il Conte di Essex" girato nel 1939.
Prima della guerra vigevano proiezioni di propaganda e di miti che il cinema del regime contribuiva ad alimentare, mentre successivamente il film di azione e di commedia acquistò grande interesse. Si crearono nuovi divi con l’invasione di quelli americani, ammirati da folle di fans affamati di novità.
Con l'intraprendenza di don Ottorino si costruì la prima sala cinematografica a Quercegrossa nel 1950, nata appositamente per questo genere di spettacolo e da allora, a cadenza settimanale, furono proposti centinaia di titoli fino al 1965/66. Altre proiezioni furono occasionalmente organizzate dal Circolo Enal in Società con prevalenza di argomenti squisitamente propagandistici che non ebbero in verità molto successo in quanto gli appassionati preferivano il cinema parrocchiale.
Per organizzare le prime proiezioni nelle festività natalizie tra il 1950 e il 1951 don Ottorino si avvalse dell'aiuto di un operatore di Siena. Venne poi coadiuvato da Franco Starnini e Pierugo Buti alla macchina, con Silvano Socci alla biglietteria. Non tutto però filò liscio nei primi tempi perchè si presentarono difficoltà tecniche. Don Ottorino le superò brillantemente investendo ulteriori somme di denaro per rendere la proiezione senza inconvenienti. Aveva inizialmente una macchina 16 mm, non molto luminosa per via della grande distanza obbiettivo - schermo, che peggiorava con il grandangolo. Il tentato uso di lampade più forti faceva bruciare la pellicola e capitava all'improvviso, "non dico spesso, ma quasi", di vedere un grosso buco che si allargava sullo schermo. L'altro inconveniente derivava dal sonoro che non si sincronizzava bene e per aver la giusta rifrazione del suono fu realizzato il soffitto ad arte con cartoni e altro materiale e rivestite le pareti con scialbo irregolare. Rimediati questi difetti il cinema prese il via e rimase attivo per quindici anni rispettando sempre la cadenza della proiezione settimanale. Le pellicole erano fornite dalla San Paolo film, con sede in Via di Città a Siena. Lì si ritiravano e si riportavano, ma il mezzo più usato era ancora la spedizione con la SITA.

Nelle due foto veduta interna della sala cinematografica parrocchiale. Due soli spettatori alla televisione: Dino e Raffaella Mori. Sulla parete sottostante si notano le bocchette della cabina di proiezione.



Il film domenicale veniva pubblicizzato attaccando i fogli, cioè i manifesti e le locandine, su un grosso quadrato fatto di tavole. I primi tempi era appoggiato al muro della canonica e successivamente a fianco della bottega in piazza dove era più visibile.

Le foto in questa pagina mostrano la disposizione dei cartelli pubblicitari a Quercegrossa in epoche diverse con, in alto, Armando Losi e Pierugo Buti ai quali fa da sfondo il manifesto di “Maria di Scozia” di John Ford con Catharine Hepburn attaccato alla porta del chiostro parrocchiale.

Cose Cose

























Con le partenze di Franco e Pierugo divenne macchinista il giovane Enzo Stazzoni che rimase a lungo fino alla chiusura del cinema. Come bigliettaio gli ultimi due anni il sottoscritto sostituì Silvano; ricordo il prezzo del biglietto d’ingresso a 100 lire e la metà per i ridotti. Pochi gli spettatori negli ultimi anni: spesso si proiettava per dieci persone. Ciò rese inevitabile la chiusura definitiva del cinema i cui bilanci in rosso cominciavano a pesare troppo sulle magre casse parrocchiali. Rimasero indimenticabili gli anni d'oro con la gente in piedi accalcata alle pareti come quando si proiettò in contemporanea con la sala di Castellina il film del momento "Ivanhoe", un eroe alla Robin Hood. Di rilievo fu anche la prima senese del film "Io Caterina", girato a Siena e San Gimignano, proposto a Quercegrossa sembra a causa del fallimento del distributore, dopo la prima romana del 10 marzo 1957. Insieme alle comparse che vennero a vedersi c'era anche un giornalista della Nazione; nel suo resoconto scrisse: "Proiettato …. in uno stanzone freddo come una capanna". Infatti, la stufa di ceramica, accesa nella sala, era come se non ci fosse.
Non tutti i film “girati” nella sala parrocchiale erano di prima scelta anzi, tra i titoli se ne trovarono alcuni scadentissimi obbligati dalla San Paolo; non meritavano nemmeno il prezzo del biglietto. Il peggiore mai visto, che ci costrinse tutti ad abbandonare la sala del cinema anzitempo, fu un film ambientato nel Risorgimento la cui vicenda si svolgeva interamente dentro una stanza. Andavano di moda, con grande richiamo, i film di Stanlio e Ollio, Totò, Don Camillo, Rascel, la Lollobrigida di “Pane amore e fantasia”, e altri simili. Per i tempi che correvano e con la fornitrice San Paolo era difficile vedere un film appena “spinto”: solo sfuggevoli baci di qualche diva americana di Hollywood. Altri memorabili film furono “La Cieca di Sorrento” con Antonella Lualdi, “La corona di ferro” con Gino Cervi, “Un Garibaldino al convento”, “L'assedio di Fort Apaches”. Alcuni di essi eccitavano particolarmente la nostra fantasia tanto da emularne gli eroi nei nostri giochi.
La domenica sera “andare al cinema” era un rito piacevole. Si viveva un sereno e familiare ambiente tra il bar, le noccioline, le grandi tende delle scale scese mille volte, e la sala dove sulle sue poltroncine abbiamo vissuto da ragazzi tante emozioni insieme alle lacrimose massaie per i film di Nazzari e le grasse risate di Marcello con Stanlio e Ollio.

Radio
Dal 1896, l'anno dei famosi esperimenti di Marconi, il progresso tecnologico delle trasmissioni via etere fece passi da gigante e in poco più di un decennio divenne realtà. Per avere la diffusione su scala nazionale si deve però attendere gli anni venti con la realizzazione di potenti emittenti nelle principali città italiane. L'EIAR fu la nuova società del Regime che assorbì la precedente URI la quale aveva 26.000 abbonati nel 1926 e 62.000 nel 1928 in un anno di grande sviluppo.
Ma l'elevato costo dei ricevitori impediva la popolare diffusione della radio: nel 1930 il prezzo medio era di 2.000 lire quando il reddito medio annue era inferiore a lire 3.000. Occorsero ancora 6/7 anni per avere ricevitori a un prezzo di circa 1000 lire. A questo punto fece la sua comparsa anche a Quercegrossa e il primo apparecchio fu ascoltato da don Luigi Grandi, noto appassionato di tecnica, che lo installò nella canonica. Lo mise nella sua sala da pranzo ed aveva una lunga antenna che girava per tutte le stanze. Poi fu la volta del Brogi in bottega, "quella ufficiale" che serviva per tutta la popolazione. Successivamente anche il Buti all'Appalto si munì dell'apparecchio e a questo seguì quello della scuola fornito dalle autorità durante la guerra.
Don Luigi metteva all'esterno la sua radio in occasione di importanti comunicazioni del Regime e soprattutto per i famosi discorsi di Mussolini, naturalmente ascoltati anche dal Brogi. Grazie a questo potente strumento si vissero in diretta le grandi illusioni e le grandi tragedie di quegli anni disperati.
Le Radio nel tempo di guerra erano "bollate" per impedire di sentire le stazioni straniere. Per trovare un apparecchio radiofonico in casa di un privato (escluso il senatore Sarrocchi che da prima della guerra ne possedeva uno a Passeggeri) si deve attendere il dopoguerra e non poteva che essere l'elettricista Giovanni Bandini a possederlo. Fu l'inizio di un lento propagarsi per la Radio e nel 1949/50 altre famiglie l’acquistarono: in casa Oretti entrò nel 1949. Furono anni di punta per l'ascolto tra le accese vicende politiche e le memorabili imprese sportive che andavano dalle partite del "Grande Torino" e della nazionale col mitico Niccolò Carosio ai più importanti eventi del ciclismo legati al duello tra Bartali e Coppi. Il luogo di ascolto per tutti fu la stanzina nella bottega del Brogi. Egli solitamente teneva la Radio nel bar, ma per gli avvenimenti sportivi la spostava nell'ambiente dietro la cucina che si riempiva di tifosi; ascoltavano in silenzio per poi esplodere in urla e grida di gioia o polemici commenti. Anche le ascoltatrici femminili con l'inizio del festival di Sanremo ebbero i loro momenti forti e appassionati con Nilla Pizzi e Carla Boni. Dopo il trionfo della Tv, la Radio rimase fedele compagna e amica per tante casalinghe, sarte ecc. nelle lunghe ore di lavoro.
Per noi giovani e per gli sportivi degli anni Sessanta rimase un solo appuntamento, atteso con ansia: la radiocronaca del secondo tempo delle partite di "Tutto il calcio minuto per minuto" con i familiari nomi dei cronisti Ameri, Martellini e Ciotti che dal gennaio 1960 iniziarono la fortunata trasmissione.
Uno strumento molto più primitivo per l'ascolto dei canali Radio fu la "Galena". All'aspetto si presentava semplicemente come una scatola con dei fili dentro e un meccanismo per la sintonia, collegata a una cuffia per l'ascolto. Era posseduta da chi non si poteva permettere il più costoso apparecchio radio e nel dopoguerra si trovavano modelli in casa di contadini come al Casalino dai Pistolesi, ai quali venne sequestrata dalla Finanza e sigillata come ricorda Rolando. Udivi un filo di voce che sembrava provenire da lontano e sempre della stessa intensità in quanto non aveva la regolazione del volume.

Televisione
Nel 1954 apparve in Italia uno strumento che col tempo si sarebbe rivelato deleterio per tutte le attività ricreative tradizionali, abbandonate progressivamente per questa nuova forma di intrattenimento, anche se occorse un decennio e più prima che entrasse in tutte le famiglie: la televisione.
Ricordo di aver visto con una televisione posta nel mio giardino all'ingresso della sala, portata da chi non so, la trasmissione sperimentale della corsa del Palio del 1954 che, se rammento bene, fu vinta dall’Onda con un cavallo bianco che con grandi falcate staccò tutti. Seppi poi che era Gaudenzia montata da Vittorino. Per anni ho dubitato di averlo visto; ho anche pensato di averlo sognato, ma proprio in questi ultimi tempi è venuta la conferma che quel palio andò in onda davvero e io fui uno dei pochi a vederlo in TV. Forse era la nuova televisione di don Ottorino acquistata nel 1954 e fu anche la prima televisione di Quercegrossa. L'acquisto fu a una cifra astronomica per quel tempo, si dice di 650.000 lire. Fu comprata a Poggibonsi ed era di marca Silvania. Per breve tempo fu tenuta in casa di don Ottorino al piano superiore, nella stanza adibita a sala. L'antenna era sul campanile, ma era uno scandalo e la gente si lamentò, prima dell'antenna sul campanile poi del pavimento dell'interno che non era sicuro; allora fu portata nel salone dove vi furono viste le prime puntate di “Lascia o Raddoppia". Questo programma televisivo si rivelò di grande interesse e unito alla curiosità per il nuovo apparecchio portò il giovedì sera decine di persone ad assistere alla trasmissione. Divennero famosi alcuni personaggi come Mariannini, la Bolognani, esperta di calcio, il Regoli e tanti altri per i quali la gente stava in ansia e trepidava per le risposte. Presero il via le prime dirette sportive e richiamarono folle di spettatori. La prima per il pugilato avvenne il 26 novembre 1955 con l'incontro di quel grande campione che era Duilio Loi contro il francese Ferrer. Venne poi "Il Musichiere" con Mario Riva, una sfida a base di canzoni che confermò il successo della televisione che da allora è sempre andato in crescendo.
Di grande interesse e utilità la trasmissione “Non è mai troppo tardi” che iniziò nel 1960 e chiuse nel 1968. Aiutò 1 milione e mezzo di italiani a prendere la licenza elementare e fu copiata in 72 paesi.
Don Ottorino, nei primi mesi della televisione e prima di “Lascia o Raddoppia”, accendeva l'apparecchio solo all’ora del telegiornale e questa tendenza a limitare la visione di alcuni programmi gli rimase per sempre. Ad esempio la domenica pomeriggio al tempo delle Funzioni entrava nel Bar e spengeva inesorabilmente la Tv, chiunque ci fosse, mentre magari stavi guardando una corsa di moto, corse allora molto trasmesse, o la Tv dei ragazzi. Le trasmissioni iniziavano verso le 17 con la famosa sigla e, fin dai primi tempi, furono molto comuni gli intervalli fra una trasmissione e l'altra; nell'attesa si vedevano amene scene di campi con greggi di pecore.
Messa la Tv al Circolo della Chiesa, dopo 5/6 mesi anche in Società si acquistò un televisore. Ma, stante la ristrettezza di cassa, venne aperta una sottoscrizione fra tutti i soci del Circolo che ne consentì l'acquisto. La novità fu che era un televisore a gettoni e per vederlo dovevi pagare: infatti funzionava se introducevi una moneta da 100 lire per un'ora di trasmissione.

Non pago
Mariano Bussagli di Pietralta tutte le sere andava a Quercia in bicicletta. Entrava nella Società e posteggiava all'interno, in quella stanza di destra, nello stesso posto dove poi fu messa la televisione. Per l'acquisto del televisore nel 1955 tutti i soci del circolo si erano tassati, forse 1000 lire a famiglia, ma lui non volle dare niente perché la cosa non gli interessava, come ebbe a ripetere, ma tutti intesero bene che non voleva spendere. Allora gli fu detto che la bicicletta dava noia ed era meglio se la lasciava fuori.
Così fece subito, senza discutere. Ma una sera distrattamente la ripose dentro, proprio sotto la televisione prima che iniziassero le trasmissioni. Poi, come capitava sempre in quei primi anni della televisione, la stanza si riempì di spettatori che seguivano la trasmissione serale. Lui verso le 23 intendeva rincasare e doveva riprendersi la bicicletta, ma non voleva entrare nella stanza con la televisione accesa per non farsi dire che guardava la televisione senza pagare, e aspettò fuori. Attese testardo fin oltre la mezzanotte e quando l'ultimo assonnato spettatore spense la TV lui, alla zitta, dalla porta laterale, riprese la sua bici e tornò a Pietralta. Non pagò mai e non guardò mai la televisione a gettone.
Effetto benefico
Con l’arrivo della televisione in Società, Gosto del Sequi si rivelò subito come uno dei più assidui e appassionati spettatori. Lì per lì questo interesse meravigliò un po’ tutti, conoscendo i gusti di Gosto, ma fu lui stesso a svelare il mistero quando lodò la grande invenzione della televisione: tutti gli spettatori stavano zitti, mentre col biliardo e le carte i giocatori facevano un chiasso indiavolato che non si poteva dormire.



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