Per quanto concerne l’identità di due dei tre personaggi sopra citati la ricerca archivistica che è stata condotta nel 1999 ha confermato che si tratta veramente del rettore Salimbene Capacci, morto nel 1497, e della moglie, Margherita Sozzini, che gli sopravvisse di quattordici anni.
In un documento datato 1678 è tramandato il ricordo della scoperta di due corpi mummificati durante alcuni lavori di ristrutturazione del pavimento effettuati all’interno della chiesa.
La loro descrizione risulta perfettamente rispondente a due delle tre mummie ritrovate nel 1999, ed è particolareggiata tanto negli abiti quanto nel luogo di sepoltura il quale, tutt’oggi, conserva incise sulle pareti le date relative all’anno di morte sia di Salimbene Capacci che della moglie.
La ricerca documentaria ha dimostrato inoltre che il terzo corpo non può essere quello di Lorenzo di Pietro detto “il Vecchietta”.
Una testimonianza di inizio Settecento sostiene che le sue ossa vennero ritrovate in occasione di alcune opere di ristrutturazione avvenute nella chiesa della SS. Annunziata e poste in uno degli ossari comuni, forse nella tomba dei Rettori.
Del resto durante le operazioni di svestizione eseguite in laboratorio, sono state rinvenute sul corpo della terza mummia alcune medaglie che sembrano risalire al XVII secolo.
Tale prova coinciderebbe con il contenuto del documento del 1678, il quale attesta la presenza di sole due mummie all’interno del sepolcro.
Tutto ciò, quindi, fa dedurre che il terzo personaggio potrebbe esservi stato sepolto successivamente, forse per sua stessa volontà.
In base a tali considerazioni l’ipotesi di identificazione ha portato a ritenere che i resti mortali del terzo personaggio potessero essere quelli di Girolamo Macchi, Scrittore Maggiore del Santa Maria della Scala dalla fine del ‘600 fino ai primi decenni del secolo successivo.
Macchi, infatti, nel suo testamento, redatto nel 1730, chiedeva in maniera esplicita di essere sepolto presso l’altare di Santa Francesca Romana, come due secoli prima aveva fatto lo stesso Salimbene Capacci, “dove è una piccola pietra”, che poteva essere la pietra sepolcrale posta sopra la tomba del rettore.
Dagli studi effettuati nei laboratori dell’Università di Pisa dal prof. Francesco Mallegni è emerso che il corpo del personaggio privo di identità appartiene ad un uomo molto anziano affetto da una grave forma di arteriosclerosi e Girolamo Macchi al momento della morte aveva circa ottantasei anni, inoltre aveva indosso medaglie risalenti al XVIII secolo.
Il lavoro del Mallegni e del suo staff è giunto fino ad eseguire la ricostruzione facciale dei tre personaggi che così hanno un volto (il volto di Macchi è perfettamente somigliante ad un suo ritratto custodito al Santa Maria della Scala).
Il rammarico è che i corpi mummificati siano di nuovo nascosti sotto il pavimento della chiesa, mentre gli abiti del tempo, i monili, medaglie e le monete ritrovate loro addosso non sappiamo ad oggi dove siano, né se siano mai stati restaurati; il rammarico è che questa eccezionale scoperta non abbia portato ad una esposizione, ad una mostra che sarebbe stata unica e certo avrebbe attratto migliaia di senesi e turisti. Peccato davvero che anche questa scoperta sia finita nel dimenticatoio.