Fra i faldoni delle cause criminali dell'Archivio Arcivescovile di Siena si trova un processo che riguarda un tumulto scoppiato al termine del Palio alla lunga del 15 agosto 1691.
Questa corsa alla quale non partecipavano le Contrade, si svolgeva con cavalli sciolti che dovevano raggiungere un traguardo posto in piazza del Duomo.
Colui che riusciva a prendere le briglie del cavallo vittorioso, aveva diritto ad una mancia. Quel giorno fu Domenico, figlio di Giovanni Facchino di Dogana, il più abile ad afferrare il morso del cavallo arrivato primo.
Bisognava essere determinati, perchè il compenso, se pur modesto, era appetibile a tanti giovani.
Fu per tal motivo che Domenico iniziò a menar le mani per cercare di mantenere la presa, fin quando non intervennero i gendarmi incolpandolo di aver dato inizio alla rissa.
Gli sbirri usarono le maniere forti, malmenando il giovane e dimostrando di non avere remore a puntare gli archibugi verso la folla che non aveva gradito il loro duro intervento.
Come accennato, la causa venne dibattuta dal Tribunale Ecclesiastico in quanto a detta di numerosi testimoni la cattura sembra che fosse avvenuta all'interno del perimetro della Cattedrale, che ancor oggi è riconoscibile per il colore chiaro delle pietre del selciato.
All'interno di questa delimitata area, i gendarmi non avrebbero dovuto operare perché territorio e quindi giurisdizione della Chiesa.

Più o meno gli stessi episodi si ripeterono il 15 agosto 1723, allorché alcuni popolani accalcatisi per fermare i cavalli incominciarono a litigare fra loro.
Il duro intervento degli sbirri, atto a riportare la calma, sortì l'effetto opposto e per ripristinare l'ordine dovette intervenire la Guardia Svizzera che era di stanza nel Palazzo Granducale.
La folla venne così invitata ad andare ad assistere alla consueta Prova Generale del Palio in Piazza del Campo. Il caso volle però che uno sbirro riconoscesse fra la folla presente all'interno della Piazza uno dei contadini che avevano dato inizio alla rissa davanti al Duomo.
Il malcapitato venne subito arrestato e violentemente malmenato, scatenando di nuovo l'ira dei popolani, tanto da costringere i gendarmi a rifugiarsi nel proprio corpo di guardia.
Due di questi, attardatisi a rientrare, trovarono il portone sbarrato e presi dal panico ricorsero all'uso delle armi.
Vi furono dei feriti e pure un morto. La situazione si fece ingovernabile e vane risultarono le mediazioni dei nobili e dei governanti della città, tantoché per riportare la calma si dovette ricorrere alle truppe presenti nella Fortezza che posizionarono in Piazza alcuni cannoni puntandoli sui rivoltosi.
Per questi motivi, legati alla sicurezza, il Palio che si sarebbe dovuto correre il giorno successivo non mai venne disputato.
