Qualche volta capita. Ma è difficile che quella specie di matrimonio d’amore fra cavallo e proprietario si protragga fino alla chiusura della carriera, del primo, ovviamente. La storia di “Tanaquilla”, potente barbero baio oscuro, alto, lucido, andò proprio così. Ezio Papi che quelli dell’Istrice avevano affettuosamente soprannominato “Il Lungo” perchè era davvero alto in tempi nei quali il basket non era ancora pane quotidiano. Ristoratore nei pressi dell’Antiporto di Camollia, “Barbaresco” dell’Istrice per tanto tempo, cominciò da allora la “cotta” per i cavalli.
Da principio subdola, sopportabile, come un’aspirazione un po’ confusa, come qualcosa che non si realizzerà mai. Ma la questione da superare era quella che otto cavalli su dieci si innamoravano di lui (se femmine) o divenivano amici per la pelle (se erano maschi, castrati o meno).
Come poter resistere alle “capatine”, al muso delicatamente appoggiato sulle spalle, a qualche leccatina di rincalzo? Ezio Papi non ce la fece più.
Attrezzò alla meglio una stalla nel podere di sua proprietà, che poi si dilatò alquanto trasformandosi in tre o quattro box, fece un piazzale davanti, ammassò sotto una tettoia fieno, paglia, biada con un cesto di carote ed altre erbe piene di vitamina, acconciò il serpeggiante tratturo perchè reggesse le galoppate, e
comprò, con il consiglio del sor Ettore Fontani, la prima cavallina che si chiamava “Auriola”.
La portò in Piazza il 13 agosto 1946, ma fu scartata. A cui seguì una arrabbiatura di
Ezio che urlò parole irripetibili, sbuffò, gesticolò, finché fece venire le nuvole in cielo. Ma era divenuto, con tutti i crismi un “cavallaio” del Palio: era il premio più importante.
Infatti non si scoraggiò, fece sbollire la sua rabbia in sette anni, e presentò il 13 agosto 1953 “Fontegiusta” che corse per il Leocorno con Pietro De Angelis detto “Pietrino”.
Ma fu “Tanaquilla”, la leggendaria regina etrusca, che per cinque anni costruì un periodo d’oro.
Scartata il 13 agosto 1955, corse per il Leocorno il 2 luglio 1956 con “Pietrino”.
Il 16 agosto dello stesso anno, “Vittorino” nel Nicchio la portò al terzo posto dimostrando alla piazza il valore di questa baia, veloce, scattante, fedele (il che è di poche cavalle) al suo padrone e alle speranze che riponeva in lei. Fu “Vittorino” nella Chiocciola che la portò prima al bandierino il 2 luglio 1957.
D'agosto successivo per una serie di circostanze sfavorevoli giunse soltanto terza nella Torre con Saro Pecoraro detto “Tristezza”. Il 29 giugno del 1958 fu scartata “per manifesta superiorità” e il 16 agosto nella Pantera con il celebre “Ciancone” in groppa, arrivò seconda. Il 2 luglio 1959 fu nel Leocorno con Umberto Castiglionesi detto “Biba”, ma il 16 agosto vinse con “Ciancone” un Palio nell’Oca da iscriversi fra i memorabili. Si ripetè il 2 luglio 1960 nella Selva con “Tristezza”, ma il 16 agosto non ce la fece nel Leocorno (che l’aveva ricevuta per la terza volta) e “Mezzetto” arrivò solo secondo. Concluse la sua carriera con il Palio straordinario del 4 settembre nell’Aquila, con Lazzaro Beligni detto “Giove”.
Articolo tratto da "c'era una volta il Palio" edizione 1995, a firma di Giulio Pepi