La flora e la fauna
La Montagnola, come dice il nome, è un insieme di
dolci colline alternate a spianate, che misura circa 150
Kmq. Da diverso tempo si sta progettando di renderla parco
protetto, in modo da non esser in nessun modo deturpata da
costruzioni arbitrarie, come è successo in molte altre
campagne. Per ora esiste soltanto un vincolo, spesso non
rispettato, a non abbattere alberi senza il permesso della
forestale.
Il paesaggio ha la tipica bellezza di quello toscano,
con boschi di lecci e di castagni che celano la vista dei
pochi campi coltivati a frumento e a foraggio. Solo vicino
alle rare case coloniche ci sono radure opera dell'uomo, che
del resto le ha abbandonate già da diverso tempo, sia per le
disagiate condizioni di vita sui fondi agricoli, nei quali
vigeva la mezzadria, sia per la mancanza d'acqua e per un
terreno in verità poco fertile.
Le case ora ristrutturate, sono adibite ad
agriturismo, molto gradite agli ospiti stranieri e a coloro
che vi soggiornano saltuariamente (i "villeggianti" come li
definiva don Mario Goretti nelle sue omelie).
In questo contesto, la flora e la fauna sono
preponderanti.
Nel sottobosco abbondano i cistus rosa, bianchi e
gialli, le orchidee selvatiche, gli iris, le ginestre, le
rose canine rosate o bianche, la rampicante vitalba, le
eriche vinate, i cespugli di prunus dalle bacche viola e il
rovo che s'impiglia dappertutto.
Nei boschi, che occupano oltre la metà della
superficie del territorio, predominano: il leccio, il
castagno, il cerro, la roverella, il cipresso (vari
esemplari), il carpine bianco e nero, la farnia, il pioppo,
il ginepro rosso e nero dalle belle bacche di color
violaceo, l'avorniello, la robinia pseudo acacia (sorgente
di polline per le numerose api), il nocciòlo, il noce, il
sorbo degli uccellatori, l'olmo, l'acero campestre
(testucchio), l'acero minore (le cui foglie si accendono di
rosso intenso in autunno), il ciavardello (dai bianchi fiori
a ombrello, seguiti da mazzetti di bacche marroni), il
corbezzolo che porta allo stesso tempo bacche rosse con
grappoli di piccoli fiori bianchi penduli e i cornioli dalle
bacche rosse lucenti.
Nelle annate favorevoli, specie durante la stagione
autunnale, i cercatori di funghi invadono i castagneti e i
boschi per raccogliere: porcini, cantarellus cibarius
(galletti), giallarelle, puppole, pinarelli, ordinali,
leccini, paonazzi (lardaioli) e qualche ovulo ormai raro.
Abbiamo citato di proposito i castagni perchè
desideriamo, se pure ve ne fosse bisogno, ricordare la
grande importanza che tale pianta ebbe fino al dopo guerra
ed oltre. Non è possibile aver dimenticato i suoi dolci
frutti: le castagne che venivano utilizzate al raccolto
oppure dopo essere state seccate e ridotte in farina,
costituivano nell'inverno l'alimento principale sia per le
popolazioni che per l'allevamento dei suini.
La presenza del
castagno, per l'economia dell'area da noi considerata, era
indispensabile: sia per il suo impiego (ottima la qualità
del legno) nella costruzione di mobili per la casa, sia
nell'uso di travi e correnti per l'edilizia. Era inoltre
adoperato anche per le botti del vino, i tini ed i pali
delle viti.
Oggi questa pianta molto bella e utile, è stata
decimata dalla malattia (cancro), ed i castagneti e
marroneti superstiti, ormai lasciati nel più completo
abbandono, dimostrano la grande trascuratezza e l'incuria
perenne degli uomini, che hanno preferito mettere a dimora,
negli ultimi anni, anche molte aghiformi quali pini, sia
marittimi che neri, cedri e abeti bianchi e rossi e altri
alberi a foglia caduca tipo ippocastani, tigli, platani,
ecc., per la verità estranei all'ecosistema.
Fra le piante
naturalizzate, ricordiamo i ciliegi, i meli, i peri, i
susini e i peschi, che si trovano sia allo stato selvatico
che domestico.
La Montagnola, pur avendo la stessa altitudine delle
colline del Chianti, per una diversa composizione del
terreno, non permette all'olivo e specialmente alla vite, di
ben prosperare. L'uva trova difficoltà a raggiungere una
completa maturazione e così il vino che se ne ricava non ha
un gusto gradevole.
Molta parte del territorio è inoltre ancora sfruttata
per il pascolo degli ovini e fino a pochi anni or sono, non
era difficile imbattersi in numerosi maiali che pascolavano
liberamente nei boschi, contribuendo così a tenere bassa la
presenza delle vipere. Oltre a queste, vi sono: colubri,
orbettini, bisce, ramarri e lucertole.
Un altro suide oggi predominante è il cinghiale,
perchè alimentato dagli stessi cacciatori e che reca seri
danni alle coltivazioni. Pochi daini, caprioli (un tempo
numerosi), lepri, volpi, tassi, faine, puzzole, istrici
(protetti), donnole, scoiattoli e ghiri.
Tra i volatili, molte ghiandaie, merli, passeri,
corvi, fagiani (allevati per essere cacciati), gazze cucùli,
sparvieri, poiane, pettirossi, ballerine grigie,
cinciallegre, fringuelli, cardellini, capinere, pettirossi,
usignoli (rari), storni, allodole, rigogoli, picchi verdi e
rossi, tortore e upupe (protette). Vi sono inoltre anche
varie specie di uccelli notturni quali civette, allocchi,
barbagianni e anche pipistrelli, che popolano i naturali
anfratti e quella sessantina di grotte della Montagnola,
tutte esplorate.
Nel momento del loro passo, anche storni e colombi,
che vengono attesi dai cacciatori appostati in capanni. Una
volta erano frequenti anche quaglie, beccaccie, starne e
pernici, specie ora quasi sterminate anche a causa della
caccia indiscriminata.
Ritorniamo infine col pensiero al progetto che da
molti anni riguarda la costituzione del "Parco della
Montagnola", che è la più logica soluzione per la
salvaguardia e la conservazione di una delle più
caratteristiche zone della campagna toscana.
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