IL RAMO GENOVESE
Due anni dopo la morte del
padre Giulio, il ventitreenne
Augusto, (nato il 29 luglio 1889
in Valli, allora comune delle
Masse di Siena*), con la speranza
di trovare altrove un lavoro,
emigrò nel quartiere di S.Eusebio
a Genova, nella Salita della
Madonnina.
* Il 2 giugno 1777, con la promulgazione di due regolamenti, il
Granduca Pietro Leopoldo, dette una
precisa e nuova configurazione istituzionale autonoma al
territorio immediatamente circostante le
mura della città di Siena. Vennero così create due distinte
comunità: la prima delle Masse del Terzo
di Città, l'altra del Terzo di S.Martino. In seguito, il 17
marzo 1869, con un Regio Decreto, i due Comuni suburbani furono riuniti sotto la denominazione di
"Comune delle Masse di Siena".
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Nella città marinara, due
settimane dopo esser divenuto
padre di Giuseppina, e
precisamente il 13 luglio 1922,
Augusto (ritratto in una foto
dell'epoca) sposò Carmela
Giacchino, che aveva cinque anni
più di lui. L'unione non durò a
lungo per la prematura scomparsa
della consorte, avvenuta nel
dicembre del 1926.
Augusto Papei
Nel 1927, sposatosi di
nuovo con Teresa Silvestri, ebbe
da lei ben quattro figli e due di questi: Ettore e Antonio,
decisero di intraprendere la via del mare.
Ettore, che nacque a Genova nel 1928, fu il primo dei
Papei che iniziò a navigare. Nel 1955 decise di imbarcarsi,
anche se per soli 13 giorni, come mozzo su una piccola
motonave di 80 tonnellate, allo scopo di ottenere il "Libretto di
Navigazione", una specie di "passaporto", indispensabile per
iniziare la vita di marittimo.
Da allora e per circa tre anni, abbandonò l'italia,
per solcare i turbolenti mari della Cina, dove fece il
tirocinio trasportando petrolio grezzo da Formosa alla
Repubblica Popolare Cinese, con la motonave "Las Pintadas"
di 30.000 tonnellate. Ritornato in Europa, ad Oslo, riuscì
ad ottenere gli stessi diritti dei marittimi norvegesi e,
divenuto "nostromo", navigò per alcuni anni, partendo dai
principali porti del Nord Europa. Dal 1960 al 1967, in
qualità di "giovanotto" ossia addetto a lavori di camera e
coperta, si imbarcò sulla "Las Minas", battente bandiera
panamense. Questa nave partiva dal Canada per raggiungere la
Penisola di Kola, trasportando, quando i mari non erano
ghiacciati, cereali all'andata e petrolio grezzo al ritorno.
In seguito, Ettore cominciò a imbarcarsi su svariate
navi per le più disparate rotte, toccando porti di Stati che
la maggior parte di noi ha solo potuto conoscere, sfogliando
le pagine di un atlante geografico: Canada, Alaska, Penisola
di Kola, Australia, Cape Town, Centro e Sud America e poi
fece navigazioni attraverso i canali di Suez e di Panama, il
Mar del Giappone, gli Oceani indiano e Pacifico...
In tutti questi anni trascorsi in mare, Ettore ebbe
persino la spiacevole esperienza di subire un incidente e
addirittura un naufragio: il primo accadde il 21 aprile
1968, quando all'interno della "S.Cristina I", ormeggiata in
riparazione nei cantieri Schiedam di Rotterdam, vi fu
un'esplosione dovuta ai gas residui rimasti nella stiva.
Ci furono alcuni morti tra i tecnici del cantiere, ma
la fortuna volle che Ettore, che in quel periodo era
tankista, non fosse a bordo al momento dello scoppio.
Fu invece un vero naufragio
quello che gli accadde il 29 giugno
1981 a largo de La Spezia sulla
motonave Polluce. Fortunatamente tutto
si risolse con un grande spavento e
non vi furono vittime.
NAVE IN FIAMME NEL TIRRENO
SALVI I 29 DELL'EQUIPAGGIO
Violento incendio nelle stive
di una petroliera, vuota di
greggio, ma satura di gas
residui. Soccorsi anche da
Livorno.
GENOVA, 30 - Si è conclusa
felicemente nel porto di
Genova la brutta avventura
vissuta nell'Alto Tirreno dai
ventinove marittimi italiani
della petroliera Polluce di
12.250 tonnellate di stazza
lorda, nelle cui stive ieri,
mentre l'unità si trovava in
navigazione al largo di Capo
Corso, è scoppiato un violento
incendio che per alcune ore ha
fatto tenere il fiato sospeso
a tutte le capitanerie di
porto della zona tirrenica.
Tutto l'equipaggio è giunto
sano e salvo ieri sera nello
scalo genovese a bordo della
motonave Aurelia che per prima
si è portata vicino all'unità
in fiamme. La drammatica
vicenda della piccola
petroliera è iniziata poco
dopo le nove. In una delle
stive dell'unità è scoppiato
un incendio. Gli uomini
dell'equipaggio si sono
immediatamente prodigati
nell'opera di spegnimento, ma
invano. Dopo alcune ore,
infatti, le fiamme anzichè
attenuarsi hanno cominciato ad
aumentare d'intensità facendo
temere un'improvvisa
esplosione poichè le tanke
della nave cisterna erano
vuote di greggio, ma
semisature di gas residui.
Dopo le 13, il comandante,
visti i vani tentativi, ha
lanciato l'S.O.S. Sul posto
sono giunti un elicottero, la
motonave Aurelia (sulla quale
sono stati trasbordati i
marittimi) e un rimorchiatore
d'alto mare provenienti dal
porto di Livorno. La Polluce,
che era partita domenica
scorsa dal porto petrolifero
di Augusta, in Sicilia, era
diretta a Genova.
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Tratto da "La Nazione"
di martedì 30 giugno 1981
Meno rischiosa e forse più
gradevole fu invece la vita marinara
di Antonio, tipografo di bordo di
lussuose navi da crociera, come la
"Victoria", con la quale salpava
periodicamente da New York.
Anch'egli ebbe quindi l'opportunità di girovagare per tutti i
continenti, toccando per cinque anni
le mete preferite dai ricchi turisti e
in special modo: Haiti, Portorico,
Giamaica, La Martinica, Guadalupe, e
le altre isole delle Antille.
In seguito, nel settembre del
1965, Antonio si trasferì in Norvegia
da un amico pescatore che aveva
conosciuto durante una crociera del
"Sole di mezzanotte". Lì vi rimase per
circa sei mesi, per poi tornare
definitivamente in Italia e mettere
fine alla sua breve, ma intensa,
attività di navigante.
Sempre ad Antonio, si deve per
così dire, la "scoperta" di un'
isoletta dal nome singolare: Papey,
che si trova in prossimità della costa
orientale dell'Islanda. Tale nome, che
non ha niente a che vedere con la
nostra famiglia, deriva perchè dei
monaci irlandesi andavano in quello
sperduto "scoglio", probabilmente già
nei secoli VIII e IX, alla ricerca di
una vita contemplativa.
Esistono anche altri toponomi con la radice PAP
(Papòs, Papafell, ecc.) riferiti a isole a nord della
Scozia. infatti anticamente il termine PAP era indicativo di
persona religiosa, mentre EY (abbreviazione di eyja) ha
ancor oggi il significato di isola.
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