La Chiesa dei SS. Fabiano e Sebastiano a Larginano
La chiesa intitolata ai SS. Fabiano e Sebastiano è ubicata a Larginano, a meno di un chilometro dall'attuale chiesa parrocchiale. Il titolo ricorda due santi dei primi tempi della Chiesa: Fabiano, Papa dal 236 al 250, martire, e il più famoso Sebastiano, quello trafitto dalle frecce. Il culto di questi due santi accomunati risulta già nel IV secolo.
Di antichissima istituzione, della quale ho tracciato la primitiva storia nel capitolo “Storia Civica”, questa chiesa deve esser divenuta centro di culto per le popolazioni limitrofe, in un territorio esteso da Quercegrossa a Macialla, e confinava con le parrocchie di Petroio, di S. Stefano alla Ripa, e con la pieve di Lornano nella quale si trovava. E’ rammentata, infatti, con altre chiese, nel 1317 dal già ricordato pievano ser Bernardino di Lornano, come parrocchiale dipendente dalla sua plebania.
Agli inizi del Trecento si ha la prova delle funzioni parrocchiali svolte da questa chiesa dagli annali che tramandano i nomi di due rettori: nel 1311 misser Duccio di Ciampolo e nel 1333, al 1 luglio, misser fra Ambrogio. Il patronato delle monache della Madonna al pari di quelle di Petroio non riuscì però a salvare questa chiesa dal decadimento, avviato certamente dopo la grande peste del 1348 e divenuto irreversibile nel Quattrocento tanto da costringere il Vescovo di Siena ad annetterla definitivamente alla Chiesa di Basciano nel 1474; Chiesa che già mezzo secolo prima aveva incorporato anche la comunità di S. Stefano alla Ripa sempre per i soliti motivi di rendite insufficienti al mantenimento di un rettore.
L'ambito di influenza territoriale, in un primo momento limitato alle proprietà delle monache risalente alla donazione del 1106, si stabilizzò poi su un ben definito comprensorio comprendente verso S. Stefano, il Castellare e Macialla, e ai confini con Petroio a nord-est, Gaggiola e il Casino. Diversamente tutta quella zona oggi detta di Passeggeri era territorio di S. Stefano alla Ripa e della chiesa di Coschine. Quando poi, a causa delle guerre, perse d'importanza la chiesa di S. Maria nel Castello, anche la parte di Quercegrossa fronteggiante l'osteria entrò nelle competenze dirette di Larginano essendo quelle terre già state di proprietà delle monache di Montecellese o del rettore di S. Stefano e cedute al Comune per le opere di difesa (1214). Per questi motivi rientrarono sotto l’influenza di Larginano, sfuggendo così al controllo diretto del pievano di Lornano sotto la cui giurisdizione rimasero invece il Castello e l’Osteria.
Da queste acquisizioni di Larginano si consoliderà quella frammentazione del territorio di Quercegrossa in più parrocchie che si trascinerà fino al 1884, malgrado i tentativi fatti nel tempo per unificarli in un unico centro religioso, cioè quello della nuova parrocchia di Quercegrossa eretta nel 1653. Si spiega così quella divisione che penalizzò tante famiglie costrette per secoli a servirsi dei rettori di Basciano, della sua chiesa e del suo cimitero.
Persa ogni importanza ritroviamo nel 1575 la chiesa di Larginano ridotta a cappellania e beneficio semplice sotto il titolo di SS. Fabiano e Sebastiano, dipendente sempre dalle stesse monache come riporta il verbale della visita del cardinale Bossi. Anche l'ambiente oratoriale, composto da una sola stanza, e custodito da Matteo di Domenico Granai, lavoratore del detto monastero, pur essendo ordinato con altare e pietra sacra e dotato di quanto serviva per la celebrazione, cominciava a manifestare i danni del tempo e doveva esser ridotto al meglio, come pure riparare il campanile e la campana entro sei mesi sotto pena dell'arbitrio. Il Vicario ordinò di allargare l'altare ritenuto inadatto e restaurare o togliere l'antica immagine del crocifisso ivi esistente.
Come viene ricordato nella successiva visita del 1584, questa chiesa era un beneficio della cura di S. Stefano annesso di Basciano e ne era cappellano don Antonio Manenti parroco di Basciano, e per gli uffizi qui celebrati riceveva una rendita dalle patrocinanti monache del monastero della Madonna delle Sperandie dette ora delle Trafisse.
Sono trascorsi nove anni dall'ultima visita, ma, nonostante il perentorio ordine, il crocifisso di legno è ancora al suo posto perché il Visitatore trovò la tavola, il crocifisso e l'antichissima icona in pessime condizioni e ordinò di bruciarle. Vide diverse casule, una di seta di diversi colori e altra di stoffa fiorita con i loro ornamenti, il calice ornato e un nuovo messale. Ordinò di rifare l'icona maggiore di cui era privo l'altare, di imbiancare la chiesa di ristrutturare il tetto e di rifare il solaio. Disse il De profundis e se ne partì.
Pochi accenni alle offiziature e messe di quei tempi: sappiamo soltanto di una ventina di celebrazioni matrimoniali nei primi due decenni del Seicento e di messe saltuarie nel 1627, e che l'altare era dotato di un baldacchino. Nel 1640 le monache Trafisse vi tengono un cappellano il quale vi celebra una volta al mese e al presente era don Giuseppe (il rettore di Basciano era Giovanni Cerchi). Il Vicario visitatore rilevò e comandò in quella occasione di dorare il calice e la patena entro due mesi, e provvedere per due pianete, verdi o di altri colori, del velo per proteggere il calice, dei candelieri, della croce e del crocifisso ligneo dipinto e decise di inviare il decreto alle monache. La definì nel suo verbale di visita “chiesa rurale”, e appare chiaro sia ormai un semplice oratorio sopravvissuto soltanto grazie alla tradizione popolare, e in questi tempi deve essere già stato incorporato nella parte est del fabbricato della fattoria se mai ne fosse stato disgiunta in passato.
Nel 1663 vi si celebra una volta al mese e vi si tiene come consuetudine la festa di S. Sebastiano. Come modesta cappella la ritroviamo poi nel 1807 al tempo del vescovo Zondadari e le monache della Madonna ne hanno mantenuto la proprietà ininterrottamente per sette secoli. Si deve a loro la nuova dedicazione a S. Caterina da Siena abbinata a S. Sebastiano. Per la devozione hanno dotato la cappella di un dipinto e forse già da allora di una testa in ceramica della Santa, oggi andata persa, ma presente ancora alla metà del Novecento. L'ambiente della cappella è descritto come posto nella casa colona ed è a un solo altare, ma, essendo pericolante, è appuntellata nel mezzo da una base armata sostenente il tetto, va quindi rimossa come ordina il Vescovo. Comanda altresì di restaurare le gronde, in cattivo stato, e di riattare tutto il complesso.
Con la vendita di Larginano l'anno successivo a privati si deve aver avuto quel consolidamento richiesto e fatti i necessari restauri in particolar modo da Galgano Diddi, il quale si prese a cuore il recupero dello stabile e del culto, dopo che l'Arcivescovo di Siena mons. Giuseppe Mancini vi aveva sospeso in via cautelare le celebrazioni e successivamente incaricato il parroco di Quercegrossa di visitare la chiesa per constatarne l'agibilità e la dignità e farne relazione al lui stesso.
Don Pratesi dopo accurata ispezione, il 16 gennaio 1853 rispose all'Arcivescovo in modo positivo sulle condizioni della "cappella Diddi" e sollecitò il presule a concedere il nulla osta per la ripresa della liturgia appressandosi la festa di S. Sebastiano ed essendo rimaste in sospeso le messe dell'anno precedente,
"Anche il signor Diddi desidera ferventemente che siano terminate le messe da celebrarvi e fatta la prenominata festa". Da aggiungere che il Diddi ha già venduto Larginano al Sig. Mario Ricci nel 1850. Allegato alla suddetta lettera vi era il verbale di visita, scritto di pugno da don Pratesi, nel quale riportava di aver riscontrato detta cappella restaurata di recente con muro a mattonelle nella parte sinistra,
“che da prima era alquanto deteriorata nell'intonaco, ed è ora in buono e pulitissimo stato”. Aggiunge, nella verifica degli arredi sacri, di averne trovati a sufficienza, e tali da poter servire sufficientemente ai Sacrifizi della S. Messe ivi celebrate, e di esser corredata di una buona muta di candelieri con la loro croce e carte gloria e di fiori artefatti ben mantenuti e di un reliquiario dorato per esporre alla venerazione le reliquie autenticate di S. Sebastiano Martire, titolo della cappella del quale è collocata una buona immagine in tela sulla fronte dell'altare e di S. Caterina da Siena contitolare della medesima. Termina dicendo che ha il suo calice ed è sufficientemente munita di purificatoi, palle, corporali, tovaglie e messale: il tutto in buono stato. Ha osservato inoltre che è provveduta con proprietà di paramenti tra cui tre pregiate pianete con i loro annessi di vari colori e bella stoffa, e una di color nero di pari qualità ornata con intessuto di vaghissimi fiori. Sistemato bene appare anche l'altare, coperto da una tovaglia lavorata arricchita da bellissima trina. Tutti gli arredi e paramenti sacri poi si conservano parte nella casa patronale e parte in un chiuso armadietto laterale all'altare. 18 novembre 1852.
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L’oratorio dell’Arginano, incorporato nella struttura poderale, con il piccolo oculo ovale sulla porta d’ingresso e architrave in mattoni. Si notano antichi frammenti marmorei sparsi e la croce in alto a destra.
Siamo di fronte ad una cappella ben tenuta dalla premura del proprietario e ben dotata di arredi per celebrarvi senza ulteriori difficoltà ancora per decenni. Anche il Merlotti in quegli anni la vedeva come
"un moderno oratorio dedicato ai predetti SS. Fabiano Sebastiano, dove nel giorno 20 gennaio si fa dal proprietario della villa una piccola festa coll'onere di farvi celebrare una Messa in giorno feriale in ciascun mese dell'anno". Don Gaetano Pratesi vi celebrava regolarmente ed è a quell’altare che, il 29 novembre 1867, mentre diceva la Messa ebbe una sincope e perse conoscenza. Trasportato nella vicina villa vi morì quasi venti giorni dopo, il 17 dicembre.
Nella più solenne visita del vescovo Enrico Bindi compiuta nell'anno 1875 a Quercegrossa con bella presenza di popolo e di parroci della vicaria, alcuni di essi su comando del Vescovo, accompagnati dal pievano di Basciano Ferdinando Taddei, dal quale ancora dipendeva, visitarono nel pomeriggio del 22 febbraio la cappellina di Larginano e ne rilasciarono un verbale molto interessante: "
...la cappella detta di Larginano dedicata a S. Sebastiano Mart. e di proprietà del Sig. Mario Ricci. In questa sono anche delle sepolture. Gli arredi sacri, i vasi, la biancheria ecc., è in buona regola; solo è ordinato di restaurare il manipolo e il sopracalice della pianeta giornaliera. Anche all'esterno di questa cappella deve apporsi una croce per indicare che v'è un oratorio. In essa è l'obbligo della celebrazione d'una messa al mese; ed è stata firmata la relativa vacchetta che si conserva presso il parroco di Quercegrossa. Vi si fanno pure due feste, la prima per S. Sebastiano il 20 gennaio, e l'altra di S. Caterina il 29 aprile: ambedue con oblazioni del popolo. I convisitatori tornano alla parrocchia di Quercegrossa da dove insieme con Mons. Arciv. partono alle 4 1/2 per tornare a Siena".
Nuovo proprietario, e tutto è in buona regola con la novità delle tombe all'interno.
Nove anni dopo, a seguito della modifica dei confini, Larginano e la sua cappella passeranno sotto la giurisdizione della cura di Quercegrossa e del suo parroco.
Col nuovo secolo la storia dell'oratorio si può raccontare attingendo alla memoria delle persone che vi hanno vissuto e recitato rosari fino agli anni Cinquanta del Novecento sotto la nuova e ultima proprietà Bindi, prima di essere definitivamente abbandonato come luogo di culto e decadere a magazzino e rimessa di attrezzi agricoli.
Da quella ricordata vacchetta conservata in parrocchia a Quercegrossa, ricaviamo gli obblighi annuali che il curato di Basciano era tenuto a soddisfarvi fin dal 1822: vi doveva celebrare due feste all'anno e dire una messa al mese. Nei giorni di ricorrenza delle festività di S. Sebastiano e S. Caterina venivano dette cinque messe (quattro per S. Caterina), compresa quella cantata.
Le ultime registrazioni fatte da don Rigatti sul finire dell’Ottocento ci dicono che si mantenevano ancora gli obblighi del 1822. Successivamente lo stesso parroco attraverso gli appunti nelle vacchette ci informa delle celebrazioni continuate fino al 1906, anche se in modo discontinuo per recuperare o anticipare le messe dell'obbligo. Con l'avvento di don Luigi Grandi l'impegno si ridusse ad una sola messa al mese con i paramenti portati a mano da Quercegrossa, e alla recita del rosario nel mese di maggio da parte delle famiglie dei contadini. Poi, don Ottorino Bucalossi fu l'ultimo parroco a celebrare nella quasi millenaria chiesa di Larginano.
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