Quercegrossa (Ricordi e memorie)

CAPITOLO VIII - STORIA RELIGIOSA

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Indice Storia religiosa


La Chiesa di S. Michele Arcangelo a Petroio
Abbiamo visto nel capitolo Storia civica come nell’antico abitato di Petroio sorgesse un oratorio dedicato a S. Michele Arcangelo sottoposto nel secolo XII al patrocinio della Badia fiorentina alla quale appartenevano per donazione. La rinuncia dei monaci dopo la definizione del confine tra Siena e Firenze (1203), porta la chiesa di Petroio nell’orbita senese e alla conseguente nomina da parte del Vescovo di un rettore che appare già nel 1205 col nome di Pietro, e ricordato ancora nel 1219.
Le funzioni di parrocchia, già consolidate probabilmente da tempo anche sotto i monaci fiorentini, erano rivolte alle popolazioni del comunello di Quetole e Mucenni e ai luoghi di Pietralta, Petroio, Belvedere, Casalino e Sornano; un piccolo territorio scarsamente popolato che formava l’altro comunello di Petroio. La parrocchia confinava con la chiesa di S. Maria a Frassi, lungo la Staggia, la pieve di Lornano, ossia la chiesa di S. Maria a Quercegrossa prima della distruzione, forse la pieve di S. Leonino nella parte più a nord, la chiesa di Larginano, quella di Coschine nella parte di Passeggeri e la chiesa di Vagliagli.
L'elenco dei rettori è incompleto, ma continua con Palmerio verso il 1230, con Messer Borghese da Fonterutoli nel 1293 e prosegue nel 1296 con Benincasa da Siena. Sappiamo poi che nel 1317 il giuspatronato viene attribuito al Priore della Canonica a Cerreto perché un certo Ser Alberto da Siena, rettore di Petroio, asserì essere stato presentato e confermato dal Priore con atto notarile rogato da Ser Guido di Bonaventura, notaro di Monteluco.
In questo stesso 1317, dalla Tavola delle Possessioni, ricaviamo che la chiesa di Petroio possiede come beneficio una casa (per un lavoratore) con vigna e numerosi, piccoli e sparsi pezzi di terra, certamente affittati dal rettore per ricavarvi un utile.
Si rammenta questa parrocchia di Petroio anche nel testamento di Tavena di Biagio del 1348, il quale gli lascia due doppieri di cera di otto libbre ad onore del Corpo di Gesù Cristo.
Da documenti del 1358 si ha rettore di Petroio Ser Ambrogio del fu Francesco di Siena, titolare anche del beneficio di S Quirico in Castelvecchio, e un decennio dopo, nel 1369, anche canonico a Pieve a Sciata e quindi pievano fino al novembre dell'anno successivo, quando morì. Intanto, nel 1364, era stato nominato a Petroio Misser Bindo con l'interessante particolare che al momento della nomina non era ancora sacerdote. Solo in quell'anno ottenne il permesso per essere ordinato. Del 1376 è invece l'investitura a Misser Matteo di Cola e Misser Antonio suo cappellano. Da sottolineare che nel Trecento con la crisi derivata dalla peste e dalle guerre, si vive un periodo di miseria generalizzata e spopolamento delle campagne, e questo si riflette anche nella gestione delle parrocchie ormai in gran numero non più in grado di mantenere un rettore, e col tempo alcune saranno soppresse. Diventa quindi consuetudine il fenomeno di affidare più benefici allo stesso prete, ossia dandogli più parrocchie per garantirgli un minimo di reddito. In questa ottica dunque, nel 1358 Petroio era stato unito a S. Quirico di Siena e sarà uno dei tanti tentativi fatti dalla Chiesa senese per garantire un rettore a Petroio. A questo motivo di disagio si univa quello principale della mancanza di una canonica o abitazione per il rettore; problema mai affrontato o risolto dai rettori e nemmeno dalle monache patrone, e ciò sarà una delle cause della scomparsa dell'antica parrocchia di Petroio.

La chiesa di S. Michele Arcangelo a Petroio, sede di parrocchia fino al 1653. Posta a stretto contatto con la fattoria di Petroio, è stata di recente restaurata dalla famiglia Lenzi che la tiene attualmente in comodato.
L’edificio rettangolare a forma di capanna, soggetto nei secoli a numerosi interventi di restauro come ci ricordano le cronache e come sono ben evidenti oggi, presenta esternamente una muratura irregolare con una frattura di stile ben visibile nella facciata nord, quella nella foto, con una zona molto antica in filaretto di alberese e l’altra in blocchi irregolari e pietrame misto a testimonianza dei tanti interventi apportati per rimediare a distruzioni o frane stante le incursioni fiorentine e la scarsa attenzione che ha sempre contraddistinto la storia di questa chiesa rurale.
Il tetto in cotto culmina nella parte est con un semplice campanile a vela a una sola e piccola monofora, mentre una croce astile svetta sul colmo del tetto a ovest. L’ingresso alla chiesa situato a ovest, in una semplice facciata, è disegnato da una porta a due ante sovrastata da una massiccia’architrave in pietra con lunetta racchiusa da un arco a tutto sesto di conci in pietra alberese. La lunetta, leggermente incassata, recava tracce di un dipinto rappresentante forse S. Michele Arcangelo, ma ormai illeggibile si è preferito dipengervi un calice con l’Ostia consacrata su un fondo a tinta blu. Il sottogronda in mattoni con modanatura è l’altro rilievo artistico della facciata. Due semplici finestrelle, una per lato danno luce all’interno.


L’interno della chiesa di S. Michele Arcangelo a Petroio dopo il perfetto e sapiente restauro del 2003/04. Aula rettangolare senza dipinti o affreschi, con soffitto a capriate e correnti a vista imbiancati che in sintonia con le false colonne grigie aggettanti sulle pareti e i rilievi geometrici della base e sullo sfondo a ovest, uniti alla tonalità del giallo, riempiono il tempio di una luce soffusa dandogli insieme un aspetto estetico solenne. L’altare alla romana, posto su un rialzato presbiterio, presenta tratti di originalità nella forma delle mensole murate e abbellite da decorazione in finto marmo. Il pavimento è in cotto. L’altare in primo piano, ricoperto da una tovaglia bianca, è posticcio e oggi usato per l’ occasionale liturgia.

Particolare della lunetta dipinta sopra l’ingresso della chiesa di Petroio.

Continuando l'altalena delle investiture e rinunce, ritroviamo ancora la parrocchia di Petroio vacante nel 1415 perchè "le rendite di questa allora vacante parrocchia non erano sufficienti al mantenimento dell'onesto vivere di un sacerdote destinato allo spiritual servizio della sua popolazione". Fortuna volle si trovasse nella medesima situazione anche la parrocchia di S. Bartolommeo in Camollia e il rettore Ser Giovanni di Antonio non ritraesse da essa mezzi per la propria sussistenza. Si risolse con un decreto del 25 settembre per riunire le due parrocchie, vita natural durante del rettore Ser Giovanni.
A quel periodo e a quel parroco risale il primo inventario dei beni della parrocchia di Petroio compilato dal medesimo rettore Giovanni il 26 luglio del 1416 per la Curia a seguito del decreto emanato dal vescovo Antonio Casini nel 1409 per constatare lo stato patrimoniale delle chiese e la conservazione degli immobili. Decreto che seguì quello della visita alle parrocchie, visita però non effettuata alla chiesa di Petroio. L'inventario riporta cinque voci di possessi, ma non la loro ubicazione. Si tratta di una casa "Domus una" e quattro piccoli pezzi di terra dei quali uno a vigna (quattro staia) e una a bosco (due staia). Gli altri due "Petium unum terre" assommavano sedici staia di superficie. Il valore dello staio di superficie nel senese corrispondeva a circa 1250 mq, abbiamo quindi una modesta proprietà di poco meno tre ettari che doveva restituire un reddito da affitto non bastante per viverci una persona. Molti dei numerosi pezzi di terra che risultavano nel 1317 sono stati senz’altro sottratti da privati approfittando dello stato di anarchia che negli anni del dopo peste ha investito le campagne.
religiosa_8 Deve esser vissuto per poco più il rettore Giovanni se dieci anni più tardi, nel 1426, si assiste ad una nuova nomina. Il contenuto del Decreto riveste particolare importanza perché ci dà la conferma che in quegli anni la nomina e il diritto di presentare i rettori spettava al Vescovo di Siena escludendo ogni patronato. Il decreto, infatti è emanato da mons. Pietro da S. Pietro, canonico pisano e Vicario generale del cardinale Antonio Casini, Vescovo di Siena, e conferì Petroio a Ser Guido di Giovanni, rettore di Marciano, il quale lo deve aver tenuto per qualche decennio. A questo rettore successe Ser Lorenzo di Senso. Di lui sappiamo che rinunciò nel 1465, e questa volta non per la scarsità delle rendite, ma perché la pericolante chiesa minacciava di franare. In questa precaria situazione sembrava impossibile trovare un nuovo sacerdote per la cura spirituale di quelle genti.
religiosa_9 La semplice acquasantiera e uno storico cimelio: un lanternone da processione della chiesa di Petroio.


Ma ancora una volta venne in soccorso un rettore di una vicina parrocchia, trovandosi nelle stesse difficili condizioni: Ser Pietro Viva rettore della vicina S. Stefano alla Ripa. Egli richiese l'amministrazione di Petroio per aumentare il suo reddito. Gli venne concessa e in più riunita in perpetuo a S. Stefano alla Ripa con decreto del 19 luglio 1465. Sembrava questo accorpamento dei due territori confinanti la soluzione definitiva, ma l’unione rimase per poco tempo. Infatti, soltanto tre anni dopo per volere dell'Arcivescovo di Siena, cardinale Francesco Piccolomini, la chiesa di Petroio fu unita alla parrocchia di S. Lorenzo del Santo al Colle (Colle Ciupi). Questa unione però, si rivelò disagevole per il popolo di Petroio che di malavoglia accettò il parroco di S. Lorenzo. Avvenne, allora, con decreto del 24 settembre 1468 l’unione perpetua con la più vicina chiesa di S. Bartolommeo di Coschine, anch'essa povera di rendite, il cui rettore Ser Antonio del fu Michele da Siena poteva facilmente disimpegnare gli uffizi delle due parrocchie, traendo inoltre beneficio delle rendite di entrambe.
Seguirono nei successivi decenni un Misser Domenico di Santi da Asciano, rinunciatario nel 1491; Misser Vittorio di Nanni da Siena, deceduto nel 1496, detentore dei benefici parrocchiali di Montecodano, S. Maria in Tressa, Coschine e Petroio e della chiesa degli Angioli di Busseto.
Dal 3 agosto 1496 troviamo rettore della chiesa di Petroio Antonio di Giovanni del Gratta e il 21 luglio 1504 viene registrato un decreto emanato da Giacomo, vicario generale del cardinale Giovanni Piccolomini, Arcivescovo di Siena, che riunisce a Petroio, per la durata della vita di Ser Antonio, la parrocchia dei SS. Simone e Giuda di Colle Malamerenda, rinunciata dal suo curato per la scarsità delle rendite. Si stabilisce che i due benefici rimangano separati.
religiosa_10 L’angelo in legno dorato recante un cero, collocato fino a non molto tempo fa nella chiesa parrocchiale di S. Giacomo a Quercegrossa.


L’inventario delle suppellettili e dei beni della chiesa di Petroio fatto dal rettore Antonio di Giovanni del Gratta, in data 3 maggio 1498, se da una parte ci mostra una estrema povertà negli arredi, del tutto insufficienti per la liturgia, per l'altra ci fornisce un quadro piuttosto positivo delle proprietà della chiesa che assommano in tutto a 19 ettari di terra anche se una decina sono di bosco e soltanto 7/8 sono lavorativi a vigna o seminato. E' evidente che nei decenni precedenti, in consonanza alla migliorata situazione economica generale, si sono avute donazioni e lasciti al patrimonio del beneficio con il fine di avere una continuità nel servizio sacerdotale, dotando la chiesa di discrete rendite autonome tanto da unirgli la più misera chiesa di Colle Malamerenda. I pezzi di terra descritti con cura nell'inventario sono in tutto venti e distribuiti nel circondario di Petroio. Alcuni sono contigui alla chiesa, altri si trovano distanti nelle terre di Vignale, Mocenni, Racole, Coschine e persino tra il Molino e le Gallozzole in territorio di Lornano.
Inventario degli arredi della chiesa:
In primo un altare ovè una tavola ovè una Nostra Dona uno santo Michelangiolo
una pietra sacrata
quattro asciugatoi fra grandi e piccoli
una cassetta
una pianeta overo uno camice fornita
uno stagiuolo
una campana di lire
(libbre) cento in circa (33 kg ca.)
Senz’altro il rettore, quando deve celebrare porta con sè l’occorrente, come ad esempio il calice e la patena e il Santissimo, per non lasciarlo incustodito in balia dei ladri.
Inventario dei beni:
un pezzo di terra posta a Mucenni e chiamato vigna magio di staia dodici confina da ogni lato Ghino Saracini
Un pezzo di terra detta l'erta di staia due ed ha per confine ghino saracini
Un pezzo di terra di staia due allo oppiaccio lavorativa da tre lati ghino saracini e da l'altro beco borselli.
Un pezzo di terra lavorativa di staia tre posta al cemeterio ha per confine da due lati ghino saracini e da l'altro le eredi di paulo credi e di beco borselli
Un pezzo di terra soda e laborativa di staia cinque chiamata Pietra alta per confino da due lati la via a da l'altro le eredi di paolo credi.
Un pezzo di terra laborativa di staia due circa posta a Vignale contado di Firenze per confino da ogni lato Piero Squarcalupi.
Un pezzo di terra boscata di staia tre nel luogo sopradetto per confino beco borselli e nipoti da un lato e da l'altro Pietro Squarcialupi.
Un pezzo di terra di staia nove parte soda e parte lavorativa posta al pozo ... per confino da piedi la stagia e da capo la via e da due parti l'eredi di Paolo Credi.
Un pezzo di terra lavorativa di staia sei in luogo detto il piano al colle da uno lato la via e da l'altra li eredi di Paulo Credi e da l'altro Beco Borselli e nipoti.
Uno pezzo di terra lavorativa di staia quattro in luogo sopradetto ha per confino la via da capo e da li altri li eredi di Paulo Credi
Un pezzo di terra boscata di staia dieci posta in luogo detto il poggio del prete overo il querceto del prete ha per confino beco Borselli da un lato e da l'altro il fossato all'oppio di madonna Caterina da capo Ghino Saracini e da piedi li erede di Pavolo Credi
Un pezzo di terra boscata di staia sei posta a capo alli sopra detti ha per confino Ghino Saracini e da piedi le predetta chiesa
Un pezzo di terra boscato laborativa di staia trenta in circa posta in luogo detto ... per confine da piedi il Bozone e da tre lati l'erede di Pavolo Credi
Un pezzo di terra lavorativa di staia cinque circa da tre lati la via e da l'altra l'erede di Pavolo Credi
Un pezzo di terra lavorativa di staia dodici posto innanzi alla chiesa ha per confino da due lati la via dalli altri li eredi di Pavolo Credi
Un pezzo di terra di staia sette in circa in luogo detto la biondaia overo al pian del lupo per confino da capo la via e da piedi la stagia e da uno lato li eredi di Pavolo Credi e la l'altro Vincenti di Serafino
Un pezzo di terra boscata di staia tre posta il luogo sopra detto ha per confino da tre lati Vincenti di Serafino e da capo la via
Un pezzo di terra posta all'aiaccia in verso al solatio di staia quattro ha per confino da capo la via e dall'altro Bernardino Bellanti e da piedi il fossato e da l'altro Ghino Saracini
Un pezzo di terra boscata di staia quattro circa posto nello piano alle Racole per confino da uno lato Antonio Porcello e da l'altro Domenico di Rochi e dalli altri lati li eredi di Pavolo Credi
Un pezzo di terra boscata di staia diciotto in circa posta in luogo detto il Termine ha per confino da uno lato la strada e da laltro Bernardino Brunetti citadino di Firenze e dalli altri Frosino di Pasquino da Cagliano
3 maggio 1498.

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L’antico confessionale di Petroio in attesa di essere restaurato.
In basso: un gruppo di fedeli assiste alla Santa Messa nella giornata dell’Ascensione sullo spiazzo dove sorgeva il cimitero.
La Festa di Petroio, antica di due secoli, era stata soppressa da don Pierino Carlini, ma di recente riproposta dal prof. Lenzi dopo i lavori di ristrutturazione all’edificio.
La Festa dell’Ascensione era un appuntamento da non mancare per i popoli di Quercia e Petroio: in quell’atmosfera festiva vivevano in amicia e gioia momenti di liturgia, ricreazione e ballo. Oggi si vive soprattutto come occasione di incontro per ritrovarsi con i vecchi abitanti con una punta di nostalgia per i tempi passati. Si tenta di recuperarne il primitivo significato essendo rimasto intatto l’affetto di tutti per la chiesina di Petroio.





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