
Pronostici nel Palio non hanno diritto di cittadinanza ed anche questo
del 2 Luglio, il cinquecentoquarantasettesimo della serie, non ha
tradita questa sua caratteristica tradizionale.
Palio piano si era detto sin dalla estrazione delle tre contrade che
completavano il lotto; palio senza contrasti caldi e battaglieri si era
confermato quando alla tratta la sorte aveva escluso, almeno sulla
carta, dalla conquista del successo le più ansiose di Vittoria
concedendo possibililà di primo piano ad altre, tutte fresche di
brillanti affermazioni.
Le prove, il muoversi di stati maggiori impegnati a dimostrare la
furbizia di piani strategici e raccogliere i frutti di azioni combinate,
debutto di cavalli e fantini nuovi, inesperienze giovani degli uni e
degli altri, tutto, una somma di coefficenti imprevedibili ed
inponderabili ha fatto sì che, contrariamente ai facili disegni, il
Palio dedicato ad Alessandro III si sia rivelato ed offerto, abbia
vissuto momenti di intensa drammaticità , risolvendosi con la vittoria
di una Contrada candidata sì, ma secondo i facili giudizi, con
possibilità minori per il problematico adattamento in pista, i un
cavallo irruento nella sua scapigliata forza, condotto da un fantino,
abile, ma fino ad ieri sfortunato, quasi in rassegnato omaggio al suo
nomignolo di Tristezza.
Il sorriso, che è stato sotto il largo cerotto sul naso, quasi una
smorfia di gioioso dolore, nerbo alzato e due, tre lunghezze a favore
di Salomè de Mores, al terzo passaggio del bandierino, hanno infranto
ogni dubbio concedendo al giubbetto giallo-oro della Nobil Contrada
dell'Aquila il trionfo della sua ventitreesima vittoria sottoscritta
da Rosario Pecoraro, Tristezza (di nome e non di fatto) alla guida di
una nuova Salomè, volitiva e generosa come quella di un tempo dalle
gesta ormai leggendarie, entrambe gloria di una scuderia paliesca dai
numerosi trionfi, quella di Alfredo Pianigiani.
Tutto qui, in breve ,la premessa e l'epilogo, ma da quella a questo le
ore sono state lunghe e movimentate, gli episodi hanno cancellato gli
episodi, si sono sovrapposti, cancellati.
Un mossiere è scomparso dalla scena, quasi silenziosamente come vi era
entrato, con felice ed intelligente scelta di tempo per cui gratitudine
e doveroso omaggio ancor più per il sacrificio della propria personalità
a favore dello spettacolo più che a condiscendenza dei veri colpevoli,
i senesi debbono esprimere. Ed un mossiere nuovo è salito alla ribalta
dell'attenzione e delle discussioni di un pubblico folto e fazioso, per
amore e passione di causa, calda ed emotiva, quindi difficilmente giusta
e serena.
Cavalli infortunati, fantini sbalzati di sella, cadute alla partenza e
cadute alle curve paurose di San Martino e del Casato, uomini saggi che
riassestano possibilità ippiche pregiudicate, furbi manipolatori che
sulla bilancia gettano l'alchimia di dosate ricette e le circostanze,
il tempo, l'imponderabile che tutto sovvertono spalancando le porte del
successo al cavallo più forte, al fantino, calcolatore freddo nel
facile compito di facile responsabilità, alla Contrada cui l'ansia
annosa di Vittoria già imparò, or sono due anni, la via del
successo.
La Giostra
Quello che è mancato, anche in questo palio, è stato la giostra;
l'astuto manovrare di uomini in lotta su cavalli nudi, l'ardente e
furibonda battaglia di nerbate, parate, allargamenti e rinserrate.
Tutto si è svolto, nel breve volgere di appena ottantacinque secondi,
senza contrasti. Corsa veloce, entusiastica variazione di comando,
frequenti superamenti nelle posizioni successive, ma chi ha allargato
lo ha fatto a suo danno e chi è caduto ad avversario la colpa e merito
non può rovesciare, tutti impacciati con un nerbo di bue in mano che al
solo Tristezza ha servito per manifestare il suo interno giubilo a
centomila occhi che guardavano il suo giubbetto e la sua meravigliosa
cavallina.
Le diciannove erano già trascorse da oltre quindici minuti quando,
terminata la sbandierata collettiva e recato il drappellone al
Palco dei Giudici, il mortaretto è esploso simultaneamente al lacerante
urlo della folla.
La eco è rimbalzata di strada in strada, di vicolo in vicolo raggiungendo t a
ogni punto anche il più lontano della Città. Nelle campagne anche i
contadini, al lavoro dei campi nella giornata feriale, impegnata
all'ammucchiare dei covoni di grano, hanno sostato mirando alla torre
lontana che aveva cessato il solenne rintoccar di Sunto già in
accompagnamento al battito dei cuori nella lunga passeggiata: a Siena
si sta correndo il Palio.
Uno, ad uno il nome delle Contrade è scandito, gridato mentre appaiono
dalla porta dell'Entrone. Una breve sosta nel saluto alle autorità
mentre mani tremanti, sul palco dei giudici, in uno spazio riservato e
chiuso ad ogni occhio indiscreto, dissuggellano il tubo della prima
mossa.
Cavalli e fantini, preceduti dal Direttore di Polizia e dal Comandante
dei Vigili urbani sono ormai vicini al canape. Dal Palco dei Giudici
le buste chiuse al mossiere ed al Direttore di Polizia sono recapitate:
rapida l'operazione e poi l'appello ha inizio.
La Mossa
Primo a fare il suo ingresso fra i due canapi è il Leocorno (Tanaquilla
montata da Castiglionesi Umberto detto Biba), poi Aquila (Salomè de
Mores con Rosario Pecoraro detto Tristezza), Onda (Dorico con Antonio
Trinetti detto Canapetta), Oca (Rosetta con Gentili Giuseppe detto
Ciancone), Civetta (Nottolina con Lazzero Beligni detto Giove), Pantera
(Velka con Donato Tamburelli detto Rondone), Istrice (Gaudenzia con
Giuseppe Vischetti detto Menghino), Tartuca (Briosa con Ivan Magnani
detto Il Terribile), Nicchio (Metallina con Giorgio Terni detto
Vittorino), e Chiocciola di rincorsa con Uberta de Mores e fantino
Vincenzo Graziano detto Solitario.
L'ordine di ingresso non è però così spedito come l'abbiamo riferito. Già
dopo che erano entrati solo quattro cavalli il fantino dell'Onda era
scavalcato e subito era rimontato causando un certo movimento. Il
mossiere Fagnani ha richiamato Leocorno, Aquila ed Onda a miglior
ordinamento e tranquillità. Poi l'ingresso è stato senza interruzioni
fino il nono cavallo che era quello del Nicchio.
Movimenti di Velka al centro, posizione obliqua della Tartuca e del
Nicchio hanno provocato altri richiami alquanto inutili del mossiere
Fagnani. Frattanto verso lo steccato l'Onda, sospinta o fiancando, ha
avuto di nuovo il fantino sbalzato, questa volta oltre il canape si che
il mossiere ha fatto scattare l'ordigno.
Frazioni di secondo: la Chiocciola che si era avvicinata è partita
infilandosi fra Tartuca ed Istrice, seguita da quest'ultima e dal
Nicchio che aveva rilevato la partenza di Solitario. Indecisione degli
altri, impreparati, poi anche quelli si sono lanciati in corsa fatta
eccezione dell'Onda il cui fantino era caduto, dell'Oca, Leocorno,
Civetta, rimaste ferme per la evidente invalidità della partenza.
Abbracciata con lo sguardo la situazione, visto che i cavalli partiti
continuavano la corsa, il mossiere ha agitata la bandierina verde ed
il mortaretto è scoppiato, secondo notizie non ufficiali, venticinque
secondi dopo la partenza quando i cavalli, in velocità, erano fra S.Martino
ed il Casato. In testa la Chiocciola seguita dall'Istrice e dal
Nicchio, più lontane le altre partite in ritardo.
Nella foga della corsa i tre di testa hanno fermato dopo compiuto il
giro pur avendo "frenato" sin dallo scoppio del mortaretto.
Opportuna è stata la decisione di riportare tutti all'entrone e dare
l'avvio ad una seconda mossa seppur la prima, non intenzionale ma
forzata dalle circostanze, doveva ritenersi come non data.
Decisione opportuna perché la pista si è subito "ripulita" ed il
richiamo ai dieci fantini, opportuno, si è potuto svolgere in sede
adatta e con la fermezza necessaria del momento.
Questo è stato il punto cruciale della giornata, un momento drammatico
che è stato felicemente superato per la ferma serenità e tranquillità
del mossiere. Tornati al canape cavalli e fantini sono entrati
rapidamente osservando un ordine più aderente alle necessità e
circostanza. Unica "ballerina" Welka che comunque non ha danneggiato le
altre ed all'inizio un pò nervosa Uberta il cui fantino, richiamato, ha
ripreso padronanza sui nervi scattando poi al momento giusto.
L'ordine della seconda mossa è stato il seguente: Aquila, Chiocciola,
Pantera, Istrice, Oca, Tartuca, Civetta, Unicorno, Onda, Nicchio, di
rincorsa.
Al segnale, tutti pronti, un pò meno come
abbiamo già detto la Pantera, sono partiti quasi simuntaneamente. Oca e
Chiocciola sono le prime a farsi luce ma la Chiocciola copre subito
l'avversaria girando in prima posizione a San Martino seguita da Oca,
Aquila, Nicchio, Istrice e le altre tutte a ridosso. Frattanto l'Aquila
si portava in seconda posizione superando l'Oca che poi era passata
anche dal Nicchio. Terminato il primo giro mentre la Chiocciola,
inspiegabilmente, girava largo, Salomè de Mores allo steccato la superava
assumendo il comando della corsa fra il clamore della folla. Superata
anche dal Nicchio, alla curva del Casato la Chiocchiola sbatteva nei
palchi e il suo fantino cadeva a terra. Uberta, liberatasi dal fantino,
riprendeva la sua corsa e si portava all'altezza del Nicchio senza
superarlo, ma in parte danneggiandolo. Frattanto nelle retrovie la Pantera
si era fatta luce nel vano tentativo di inseguire la rivale che, ormai
certa del successo, conduceva senza forzare.
Al bandierino Pecoraro ha alzato il nerbo in segno di vittoria. Egli era
seguito al secondo posto dal Nicchio, poi dal cavallo scosso della
Chiocciola, dalla Pantera, Oca, Istrice, Leocorno, Tartuca, Onda.
Un fatto curioso, eccezionale, è accaduto al fantino dell'Onda che
scivolato a San Martino, ha compiuto il percorso San Martino-Casato
ancora aggrappato al cavallo a "capo sotto". Poi al Casato è rimontato
terminando la corsa sia pure in ultima posizione. Il suo gesto gli
procurerà il trionfo da parte dei contradaioli mentre l'Aquila, in un
tripudio di bandiere delle contrade amiche ed alleate, si fa "ciondolare"
il drappellone dal Palco dei Giudici. Nel mucchio dei contradaioli,
ubriachi di entusiasmo, Mario Masoni, il Capitano, attorniato da Nanni
Soldatini e dagli altri collaboratori, sorride beato. Da un palco
vicino, per altro verso, rosso nel viso dalla gioia e commozione, anche
Dedo Pianigiani sorride asciugandosi una lacrima. Gli sono attorno,
grati, i suoi contradaioli che suoneranno poi le campane per il
"purgante" del Nicchio, secondo arrivato, così come, a sera, un festoso
corteo di tartuchini percorrerà le vie cittadine dileggiando
l'avversaria Chiocciola, caduta e delusa.
In quel momento, da una radio vicina, la voce di Silvio Gigli conclude
la sua trasmissione con il consueto atto di fede: in un tripudio di
bandiere Siena trionfa ....ancora una volta....immortale.
Mario Celli
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