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Cronaca del Palio del 2 luglio 1955



Il mortaretto che al terzo giro sanziona il successo del barbero passato primo al bandierino ha continuato sabato sera, a scoppiare ripetutamente quasi che non fosse mai sazio di sottolineare una così tanto attesa vittoria.
Ha vinto il Bruco, la Nobil Contrada di Pian d’Ovile, di Via degli Orti e del Comune, e le bandiere giallo e verdi hanno sfrecciato al cielo in una cornice multicolore fornita dalle alleate ed amiche e, timidamente, anche da qualche avversaria, soddisfatta di veder chiuso un periodo sfortunato, troppo ingiusto per la esuberante generosità di uno dei popoli più Vivi della città.
"Non c'è al mondo vittoria alcuna che sappia dare più forsennata ebbrezza, nè calice più amaro di quello della sconfitta". Così ebbe a dire del Palio un carissimo collega di Vicenza e così è stato in questo Palio di Luglio, maggiormente in questo Palio per l’ebbrezza dei brucaioli e l’amarezza, la stizza, di chi, puntando alla vittoria, si è viste tarpate le ali dalla irresistibile conquista del Bruco.

La tratta dei cavalli

Non è stato un Palio polemico, anche se ogni vittoria lascia inevitabilmente taluno a bocca amara, anche se la polemica ebbe ad affiorare nel primo atto, quello della tratta dei cavalli effettuatasi il 29 Giugno.
All’entrone, in ritardo per la pioggia, si presentarono 17 cavalli dei quali alcuni già segnalati dalle polemiche della vigilia come "puri sangue", e quindi da non ammettere alla giostra sia per i risultati discutibili offerti in corse precedenti, per i più facili infortuni, per i voti già espressi dal Rettore del Magistrato delle Contrade, personalmente ed in rappresentanza del Magistrato stesso.
E’ superfluo chiarire che noi stiamo esponendo la cronaca degli avvenimenti e non la nostra presa di posizione. In verità siamo un po' perplessi dal timore della rarefazione dei mezzo sangue, ma fino a che una disponibilità esiste riteniamo che il mezzo sangue, maremmano o sardo, sia il soggetto più adatto per il Palio che è giostra e non corsa di velocità.
Un pensiero soggettivo, personale che può essere (com’è) contrastato nella stessa nostra direzione. Figuriamoci, quindi, nel vasto campo dei contradaioli!
Unica cosa importante è che una decisione chiara sia presa, non per una sola corsa, onde i "cavallai" sappiano come regolarsi.
La mattina del 29 giugno i Capitani si decisero per l’ostracismo ai puri sangue e così avvenne che i più veloci subirono l’onta dello "scarto" trascinando nella stessa sorte Gaudenzia che, con le sue tre vittorie dello scorso anno, si era conquistata la fama di imbattibile e la corona di Regina della Piazza.
Bordate di fischi si ebbero quando gli "scartati " uscirono dall'entrone ma, nel contrasto delle diverse opinioni, non fu possibile qualificare se la maggior quantità dei fischi era diretta agli "scarti" od a chi il provvedimento aveva deliberato.
Niente di nuovo sotto il sole, anche in questo caso, poichè non molti anni sono trascorsi da quando Folco e Ruello, dominatori incontrastati, vennero rimandati a casa per ridonare al Palio la sua splendida incertezza.
Ed incertezza è stata in questo Palio ed ancor maggiore si sarebbe delineata se il Bruco, gettando sulla bilancia tutti i coefficienti a suo favore, non avesse decisamente volto a proprio favore ogni possibilità.

I protagonisti della corsa

I dieci cavalli prescelti furono:

1) Rondella di Fontani - 2) Ravi di Giachetti - 3) Velka della Scuderia Decoba - 4) Sturla di Pianigiani - 5) Vermiglia di Leoni - 6) Roburrina di Bianchini-Nannini - 7) Archetta di Celli - 8) Rondinella di Celli-Malatesta 9) Manfiche di Fontani - 10) Stella di Fontani.
Ed il sorteggio determinò poi gli accoppiamenti che sembrarono favorire Selva, Aquila e Bruco ed anche Onda e Pantera. Previsioni dubbie data la poca conoscenza dei soggetti nuovi cui la pista fu fatale come per Rondella andata alla Pantera e Menfiche toccato all’Oca o difficile come a Sturla del Bruco.
Ma Sturla, affidata dalla seconda prova a Gentili, migliorò di prova in prova, giungendo perfettamente adattata nel giorno del Palio che fu invece non corso da Menfiche, impedito da un infortunio.
Pochi i cambi dei fantini durante le prove: Gentili dopo aver debuttato nell’Oca passò al Bruco, mentre nel Leocorno si alternarono Imolo e Mezz’etto.
Per il Palio cavalli e fantini furono così iscritti e così corsero, ad eccezione dell’Oca che fu appunto la "grande assente":
Oca: cavalla Menfiche - fantino Remo Antonietti detto Rompighiaccio; Nicchio: Vermiglia - Vittorino Terni detto Razzo; Pantera: Rondella - Saro Pecoraro detto Tristezza; Chiocciola: Roburrina - Ivan Magnani detto Il terribile; Selva: Ravi - Primo Arzilli detto Trecciolo; Lecorno: Stella - Imolo Naldi detto Falchetto; Bruco: Sturla - Giuseppe Gentili detto Ciancone; Aquila: Archetta - Albano Nucciotti detto Ranco; Onda: Velka - Donato Tamburelli detto Rondone; Tartuca: Rondinella - Lazzaro Beligni detto Giove.

Il corteo delle meraviglie - una corsa indimenticabile

Largo è stato il concorso degli spettatori sin dalle prove svoltesi senza troppo accanimento. Immensa la folla nel giorno del Palio, una folla curiosa che ha sciamato in tutti i rioni alla ricerca delle prime sensazioni per la uscita delle Comparse con i nuovi costumi, una folla entusiasta che ha gremito il Campo applaudendo con calore e convinzione.
Una breve apparizione ha fatto pure S. E. Segni richiamato d’urgenza a Roma mentre erano presenti S. E. Pella, l’ambasciatore inglese e quello giapponese presso la Santa Sede, l’Ambasciatore d’Etiopia presso il Quirinale, il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, il comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, i Prefetti di Grosseto, Arezzo e Pisa, le Autorità della città di Aquila, il vice Sindaco di Firenze.
E numerose pure le personalità del mondo cinematografico da Frederich March, Tyron Power e Silvana Pampanini, applauditissima.
Il corteo è stato veramente fastoso, un corteo da "mille ed una notte", da fiaba delle meraviglie per la ricchezza dei costumi sui quali ci riserviamo di parlare a parte in un prossimo articolo.
Costumi tutti nuovi, di valore incalcolabile, eseguiti con ricercatezza e precisione che hanno suscitato commenti benevoli seppure un tantino contrastanti. Ma forse siamo noi gli incontentabili, sempre supercritici.
Perchè, in generale, viva è stata l’ammirazione ed il plauso dei turisti indigeni e stranieri.
Quando, terminata la sfilata, il Palio è andato sul Palco dei Giudici la tensione del pubblico si è fatta più viva e tutte le facce si sono rivolte verso il Palazzo Comunale, in attesa dell’uscita dei cavalli.
E’ stata una esplosione di grida, di invocazioni di incitamenti.
Superata la prima difficoltà dell’ingresso fra i due canapi del riottoso cavallo del Leocorno, fortunatamente destinato dalla sorte al primo posto, gli altri si sono susseguiti con una certa celerità. Poi qualche attimo di indecisione all’ingresso dell’Aquila, Onda alle quali seguiva il Nicchio di «rincorsa».
Vittorino, ormai aduso a tanta fortuna, scattato in piena velocità ha presto impanciato e superato il Bruco che era partito primo portando via il canape con il petto. Fra la mossa e San Martino, in lotta serrata, cavalli e fantini hanno cercato di guadagnare la posizione pur senza far sfoggio di nerbo.
Con il Nicchio si è fatta avanti la Pantera ed i due cavalli, più svelti, sono voltati per primi creando le prime difficoltà al Bruco mentre Selva ed Aquila, altre due pretendenti alla vittoria, partite in ritardo, stavano cercando di riguadagnare le posizioni.
Beppe Gentili, calcolatore freddo, ragionatore senza pari, superata la difficoltà della prima curva incitava fortemente il suo cavallo ed in breve riguadagnava la prima posizione sulla quale aveva puntato fin dalla partenza.
Tagliata dal priamo posto e provata dallo scatto iniziale la Pantera retrocedeva andando alla ricerca dell'avversaria, l'Aquila, con la quale ingaggiava una bella battaglia a suon di nerbate. Anche il Nicchio non reggeva l’andatura e cedeva alla Selva il cui cavallo assumeva il suo vero ruolo di diretto antagonista del vincitore.
Cadeva, indisturbato, il Leocorno e le posizioni rimanevano alternate mentre si compiva il terzo giro fra le grida frenetiche della folla: appassionatasi al successo della Contrada giallo-verde. Drammatico il duello fra Selva e Bruco nell’ultimo tratto, ma Ciancone, con accorta condotta di gara, rimettendo alla frusta la cavalla risparmiata passava, indisturbato e nettamente primo, il bandierino della vittoria. La Selva era seconda, poi la Chiocciola, Pantera, Onda, Nicchio, il cavallo scosso del Leocorno, Aquila e Tartura.

Il trionfo del Bruco

Non era ancora terminata la corsa che da ogni parte i brucaioli sciamavano affollandosi sotto il palco dei giudici al fatidico grido di "daccelo!".
Bandiere e bandiere da ogni parte, scoppi di mortaretto, tamburi e scene di entusiasmo ridanciano e commosso, abbracci e baci a non finire.
Il drappellone, ondeggiante fra tanta folla, ha traversato la Piazza fra una fiumana di popolo fino a Provenzano e quindi nel rione di Barbicone ove le campanine della Chiesa già suonavano a distesa.
E’ corso il vino a rivoli e fiumi, sono saltati a centinaia i tappi dello spumante euforico mentre canti e stornelli si sono diffusi a squarciagola fino a che l’alba, ordinando lo spegnimento delle luci non ha ricordato che il Palio doveva esser condotto a giro per la Città, nelle onoranze ai Protettori e nell’omaggio alle contrade amiche ed alleate.
Trentatre anni di digiuno hanno valso una notte di lunga durata aprendo il ciclo ai trentatre giorni di baldoria, alle trentatre cene per la fuga del malocchio.
E la dimostrazione della domenica, il grande corteo imponente, senza possibilità di raffronto, ha coronato il luminoso successo facendo sventolare cento e cento bandiere in un corteo di varie migliaia di persone, fra le quali, satiricamente acconciata e assisa in un carretto siciliano, la Lully, fantina senza cavallo e senza contrada, è stato il numero di attrazione per la simpatia del pubblico.
Un vero trionfo, un trionfo degli artefici della vittoria, dei quali ricordiamo uno per tutti a riconoscimento di tutti i suoi collaboratori: il capitano e Rettore Ing. Luigi Socini Guelfi.
A Lui, ai suoi tenenti, ai membri del Seggio i nostri rallegramenti e gli auguri più fervidi vadano a tutto il popolo della bella Contrada.


Testi tratti da "Il Campo di Siena" del 9 luglio 1955, ricerche e scritti del sig. Mauro Marzucchi, foto dei drappelloni da "Pallium"