Palio di Siena

Cronache dei Palii del 1903


2 LUGLIO 1903


Con una giornata splendida, davvero non prevedibile se si consideri l'atteggiamento burascoso e stravagante del tempo nei giorni passati, ebbe luogo ieri il palio in piazza V. Emanuele.
Ma, diremo subito che l'elettricità scomparsa dalle nubi sembrava trasfusa in alcuni cavalli partecipanti alla corsa e che per poco non fecero accadere un vero macello alla mossa.
Soltanto la prontezza di spirito ed il colpo d'occhio sicuro del bravo mossiere sig. Leonildo Fabbrini, valse a scongiurarlo.
La sfilata del corteo storico cominciò alle ore 18,30 anzichè delle 17,30 come era stato annunziato nei pubblici manifesti e questo ritardo giovò ai palchettisti ed ai venditori di posti di ringhiera che riempirono ogni più piccolo posticino; il mezzo della piazza era letteralmente stipato di gente.
Nell'interno della piazza, presso la la Fonte Gaia, la banda della R. Società Filarmonica, diretta dal bravo maestro Petreni, eseguì uno scelto programma musicale.
Lo sfilamento del corteo proseguì con migliore ordine di quello che si ebbe a lamentare nell'anno scorso ed un alfiere della contrada del Drago, certo Forni detto Mastuchino, provocava da ogni parte applausi, giuocando con vera maestria e facendo con essa il così detto salto del fiocco come costumava anticamente.
Il palio si corse così dopo le ore 19.
Entrate fra i due canapi soltanto quattro o cinque contrade, i cavalli di esse cominciarono ad agitarsi in modo che minacciavano di rovinarsi andando contro al canapo, e per evitare disgrazie il mossiere Fabbrini lo fece scattare proprio nel momento che due dei cavalli stavano per cadere, brandendo al tempo stesso la bandiera verde per indicare che la mossa non era buona, giacchè gli altri cavalli non erano potuti entrare fra i due canapi.
Tre o quattro cavalli partirono però e malgrado i fischi e le urla di tutti, fecero un giro di piazza come se la mossa fosse stata buona; in questa girata la Giraffa cadde alla Fonte ed il fantino che era rimasto impigliato con un piede nella briglia, ebbe la grande fortuna che il cavallo si fermò sul colpo, altrimenti chissà quale scempio sarebbe successo di lui.
Rialzato da terra non intendeva più di correre, ma pregato da molti, tornò nella Corte del Potestà, insieme agli altri per attendere il segnale della seconda mossa.
Nel ritornare i cavalli alla mossa, si vide che mancava dapprincipio quello del Nicchio, eppoi si vide ricomparire zoppicante mentre alla prima mossa non lo era.
Il Nicchio era fra quelle contrade che avevano già fatto una girata.
La seconda mossa andò bene per quanto si fosse lì, lì per vedere la maggior parte dei cavalli cadere con i fantini in un sol mucchio per l'irrequietezza, l'elettricità, che tuttora li dominava.
Ma, come abbiamo detto, la mossa andò bene mercè la prontezza ed avvedutezza del mossiere e non si ebbe a lamentare che un solo inconveniente: nella foga della partenza, mentre tutti i petti dei cavalli si pigiavano contro il canapo facendogli fare un'arco, il cavallo del Drago, lanciandosi, andò addosso a quello della Civetta che cadde a sette od otto passi dalla mossa.
Fu un momento di vera apprensione per quel povero fantino che si vide fra le zampe dl tutti quei cavalli, ma, secondo il solito, si vide quasi subito rialzarsi e ripararsi nei palchi.
I cavalli del Montone, del Nicchio, del Drago, della Torre, e del Leocorno partirono formando un compatto gruppo e delineandosi mano a mano nel primo momento nel modo già indicato.
La lotta che avvenne fra queste contrade fu bellissima e gli amatori delle sante nerbate ne devono essere rimasti più che soddisfatti.
Alla pianata il Drago si vide primo ed al Casato fu passato dal Montone, ma alla pianata il Drago riconquistò a forza dl nerbate il primo posto e vi rimase fino alla vincita.
Nel frattempo che il Drago aveva riconquistato il primo posto assicurandosi la vittoria, la Torre raggiunse il Montone e cominciò fra loro una lotta accanita di nerbate che continuò per un bel pezzo.
La Selva cadde alla pianata durante la seconda girata.
Dato il segnale della vincita tutte le contrade spiegarono le loro bandiere per salutare la vittoria del Drago, mentre i dragaioli, pazzi dalla gioia, ricevevano il palio dalle mani dei giudici e se n'andarono via da piazza V. E. portando in trionfo il loro fantino e cavallo, e seguiti dalle bandiere di tutte le altre contrade.
Dopo essere stati nella chiesa di Provenzano per il rituale ringraziamento, si recarono nella chiesa del Drago, in piazza Pianigiani, che era già stata illuminata mentre le campane suonavano a festa.
In un momento s'improvvisò una di quelle feste popolari che non si possono descrivere, ma che sono indimenticabili per quanti le vedono.
Il corteo dei dragaioli e delle altre contrade, preceduto dalla banda Filarmonica, si recò pure nella chiesa di S.Domenico.
Nella piazza Pianigiani e nei locali della Società di Camporegio fra i nativi della contrada del Drago si dispensò tanto di quel vino che parecchi ne fecero un bel deposito nel proprio ventre; ed era impossibile passare da piazza Pianigiani senza essere costretti a bevere, tanta era la cortesia di quei bravi popolani.
Venne anche improvvisata una illuminazione e vennero lanciati del razzi e fuochi d'artifizio.
L'allegria dei bravi dragaioli è continuata fino a tarda ora della notte.

Una nota dolorosa

Appena terminata la corsa successe un tafferuglio fra la Fonte Gaia ed il palazzo Sansedoni, dove rimase ferito alla faccia, da arma da taglio, il fantino del Montone, Angelo Meloni di anni 23; che all'ospedale giudicarono guaribile in 8 giorni.
La P. S. sta ora ricercando il feritore che si dice sia già stato identificato.



16 AGOSTO 1903


La piazza, gremita di gente, presentava il solito aspetto incantevole.
Alle ore 18, sgombrata la pista, il corteo percorse la piazza, tra i rintocchi festanti del campanone e la bellissima marcia dei cav. Formichi, eseguita con le trombe a squillo.
Lo sfilamento del corteo riuscì ordinato e abbastanza spedito; ma per poco un incidente non guastò del tutto la festa.
Come d' uso, dopo che le rappresenze delle contrade ebbero preso posto nel palco, eretto dinanzi al palazzo municipale, fu lasciata passare alla via di S.Martino la gente ch'era rimasta addensata dietro il cordone delle guardie e che è solita riversarsi nel mezzo della piazza.
Si trattava d'una vera folla che lentamente trovava sfogo, attraverso l'apertura del cancello in faccia al palazzo del marchese senatore Chigi-Zondadari.
Quando ancora rimaneva sulla pista parecchia gente, fu sparato il mortaretto, dopo il quale i cavalli si recano alla mossa. Fu un momento d' ansia inenarrabile per tutti coloro che videro e compresero il pericolo di quell'inconsulto ordine. Dai palchi e dalle finestre s'incominciò a gridare che si lasciasse libero adito alle persone che aspettavano d'entrare in Piazza.
Si videro correre carabinieri e funzionari per affrettare lo sgombro; ma questo non potè essere effettuato completamente a tempo debito. provvidenzialmente i cavalli si recarono al canapo con straordinaria lentezza e riuscì pure molto lenta la chiama dei cavalli. Inoltre il mossiere fu costretto ad abbassare il canapo per non far succedere disgrazie, dal momento che i primi cavalli entrati si spingevano contro il canapo teso, facendogli fare un mezz'arco. Così avvenne che cadde soltanto il cavallo della Civetta e che soli tre cavalli partirono, cioè quelli dell' Oca, della Chiocciola e del Montone. Questi tre cavalli passarono, quando ancora il cancello non era stato richiuso del tutto dietro all'ultima mandata di gente, venuta da S.Martino. Se le operazioni della mossa fossero state più sollecite e fossero passati dieci cavalli, invece di tre, sarebbe accaduto un disastro.
E tutto questo perchè chi ordina e comanda non pensa che d'agosto le giornate sono più brevi che di luglio e che per conseguenza l'orario delle prove e del palio doveva essere anticipato! Fu un bel criterio davvero quello di guadagnar poi tempo, facendo partire i cavalli prima che fosse sgombrata la pista interamente!
Ritornando alla cronaca del palio, aggiungiamo che il fantino della Civetta, cadendo col cavallo, rimase sul terreno come privo di sensi. Poco dopo però si rianimò ed a stento potè mettersi ti cavalcioni sui cancelli, accennando a non voler più correre, ma fu preso in mezzo dalle guardie e ricondotto coli tutti gli altri fantini nella Corte del Podestà, per prepararsi alla seconda mossa.
La seconda mossa riuscì benissimo. Ancora una volta l'Oca scappò prima seguita subito dal Montone, dal Drago, dalla Chiocciola, dal Bruco e dalla Civetta. Alla voltata di S.Martino il cavallo dell'Oca aveva messo una bella distanza fra sè e gli altri cavalli, ma alla pianata il Bruco riuscì a passare secondo, lasciando dietro la Civetta e la Chiocciola, e tanto si avvicinò all'Oca, che a momenti sembrava dovesse sorpassarla.
Alla terza girata però, alla voltata del Casato, il fantino del Bruco cadde da cavallo proprio quando sembrava stesse per passare primo e la vittoria rimase così all'Oca. Ridire della. contentezza degli ocaioli sarebbe cosa impossibile, giacchè sembravano impazziti dalla gioia. Essi portarono in trionfo, sulle spalle, il fantino fino al loro rione, ove fu improvvisata una festa entusiastica.
Furono vuotati barili di vino; vennero subito illuminate, le vie ed aperta la, chiesa e le sale della contrada, dove intervennero tutte le notabilità cittadine e tutti i rappresentanti delle altre contrade e dove fu pure servito uno squisito rinfresco a quanti vi si recarono.
Il palio fu messo in fondo alla chiesa, alla sinistra della grandiosa statua di S.Caterina, e tutti facevano a gara di andare a vederlo e a baciarlo, gridando:
Viva il paperone.
L'allegria di quei bravi popolani è continuata fin oltre le due di stamattina, e quanti vi si recarono non poterono esimersi dall'accettare un buon bicchiere di vino che con tanta cortese insistenza veniva offerto a tutti.
Oggi la comparsa della contrada con il palio, il cavallo ed il fantino ha fatto il giro della città, distribuendo un geniale ed umoristico sonetto di circostanza in onore dell'Oca e del fantino Angelo Montechiari vincitore della corsa.


Testi tratti da "La Vedetta Senese" del 3 luglio e del 17 agosto 1903, foto dei drappelloni da "Pallium"