IL PALIO "ALLA TONDA"
testo ripreso da libro: "Siena, il Palio" di Giulio Pepi, edito dall'Azienda Autonoma del Turismo
Intanto, mentre al "corteo dei ceri", una volta perduti i connotati
politici, rimanevano solo quelli religiosi, il Palio con i cavalli si
stemperava in una corsa ippica di interesse ludico che indubbiamente
destava attrazione e curiosità, ma era in fase calante anche se si
conservò parallelamente per tutto il XVII, XVIII e parte del XIX
secolo. Poi terminò, dopo pause di interruzione sempre più lunghe,
addirittura nel 1874. Il percorso si era standardizzato dal Convento
del Santuccio, poco dentro Porta Romana, al Duomo.
Nel 1581, il 15 agosto, si offrì l'occasione alle Contrade di
parteciparvi. Lo sappiamo da una minuziosa descrizione del conte
Federigo Barbolani di Monteauto, governatore della città per conto dei
Medici. Fu la Contrada dell'Aquila ad organizzarlo, e vi parteciparono
l'Elefante, l'Onda, il Montone, la Giraffa, l'Oca, la Lupa e il
Drago. Fece stupore la partecipazione di una donna di 14 anni, di nome
Virginia, che arrivò seconda per i colori del Drago, dietro all'Onda
vittoriosa. Fu la sola donna a correre il Palio fino al 16 agosto 1957
quando un'altra coraggiosa amazzone, Rosanna Bonelli detta "Diavola",
indossò il giubbetto dell'Aquila e lo difese bravamente (stavolta
in Piazza del Campo e non lungo le strade della città). Notizie recenti
riportano un primo Palio corso dalle Contrade, addirittura nel maggio
1581 e vinto dalla Civetta. Nel 1597 (ma i documenti sono imprecisi)
sembra sia stato corso un Palio in Piazza del Campo: sarebbe il primo
della storia. Ne seguì un altro, certo, nel 1605, un terzo, probabile,
nel 1611 e un quarto nel 1633 (quest'ultimo riprodotto in una stampa
di Bernardino Capitelli), vinto dalla Tartuca che ebbe per premio il
"drappo di broccato" da cui ricavò un "paramento" per la Chiesa.
L'iniziativa si andava stabilizzando tantoché, quando fu corsa l'ultima
"Bufalata" nel 1650, le Contrade erano già impegnate nel Palio con i
cavalli che venne qualificato "alla tonda" per distinguerlo dall'altro,
quello originario per le strade, cioè "alla lunga" .
Ma ciò che ebbe a determinare nuovo impulso di simbolo alla
manifestazione, fu la singolare rivelazione della Madonna di
Provenzano.
Era una statuetta, posta sopra un tabernacolo nel quartiere che
popolarmente veniva indicato con il nome del condottiero Provenzano
Salvani, che guidò i senesi alla vittoria di Montaperti e che in
quella zona aveva il palazzo.
La tradizione afferma che, il 2 luglio 1594, un soldato del presidio
mediceo, forse in preda a una sonora sbornia o forse per sacrilega
ostentazione, puntò il suo archibugio sull'immagine e sparò. La pesante
palla raggiunse il piccolo busto provocando una fessura ma, nello
stesso istante, scoppiò l'archibugio uccidendo impietosamente il
vandalo blasfemo. Siena ne fu profondamente scossa e lo dichiarò un
prodigio. Ciò che era accaduto, fu interpretato come un segno con il
quale la Vergine riconfermava la sua protezione e predilezione alla
città.
Verso quel luogo iniziarono i pellegrinaggi. Il popolo sostava
lungamente in preghiera. Le Contrade con bandiere e tamburi, vennero
a porgere omaggio. Il sommo pontefice Clemente VII, con bolla del 28
dicembre 1594, decretò il culto.
Un fervore religioso, forse senza precedenti, invase la collettività
e perdurò nel tempo senza il minimo indizio di attenuazione. Molte
vecchie case vennero abbattute per far posto a un tempio. Nel 1602 lo
stesso Granduca Ferdinando I fu presente alla posa della prima
pietra. Il 23 ottobre 1611 la grande chiesa accolse l'Immagine in
terracotta, ridotta a un "mutilo avanzo", che fu collocata sull'altare
maggiore.
Sotto questa data e in onore, appunto, di Maria SS. in Provenzano,
sembra sia stato corso un Palio in Piazza vinto dalla Contrada della
Selva.
Molte altre corse si registrarono, ma fu solo nel 1656 che i tre
Deputati ai Festeggiamenti della Madonna rivelata, chiesero di
effettuare un Palio, il 2 luglio, giorno dedicato alla Visitazione di
Maria Vergine (e giorno del leggendario miracolo), chiamandovi le
Contrade a parteciparvi.
Tre anni dopo, l'Ufficio di Biccherna del Comune ne prendeva la
"direzione esecutiva".
Nel 1657, per la prima volta, apparve la sacra Immagine dipinta sul
drappellone, quasi in un rilancio politico-religioso di tutti i valori
antichi della celebrazione.
Il Palio, così come attualmente si svolge, salvo modifiche e
miglioramenti, si era ormai solidificato. Il corteo che lo precedeva,
composto da carri allegorici ogni volta diversi, costruiti a cura delle
Contrade, era più armonioso e compiuto di quello in uso in occasione
delle "Bufalate".
Per la Contrada vittoriosa, oltre al drappellone, c'erano 60 talleri
(uso che anche oggi permane con l'attribuzione di 70 riproduzioni in
argento, equivalenti nel peso a 60 talleri, dello "Scudo d'oro del
sole" emesso dalla Repubblica di Siena dal 1536 al 1542 per il 2
luglio, e di 50 riproduzioni in argento del "Giulio da 40 quattrini"
emesso dalla Repubblica dal 1526 al 1533, per il Palio del 16 agosto,
pari all'argento contenuto in 40 talleri).
I cavalli erano di buona razza e un apporto considerevole lo dette il
Principe Mattias dei Medici, governatore della città e del suo Stato
(anche allora così si chiamava), dal 1629 al 1667. Amante dei "barberi",
nome con il quale si designavano i veloci cavalli arabi provenienti
dalla "Barberia", cioè dalle coste mediterranee dell'Africa,
(appellativo che anche oggi rimane ai cavalli del Palio), il Principe
concedeva ogni volta l'uso dei propri soggetti alle Contrade, le cui
vicende in Piazza seguiva con grande fervore.
Se un tempo erano ambascerie e inviati diplomatici, accompagnati dal
seguito, da suonatori di pifferi, tamburi e trombe, ad arrivare a Siena
per la Festa, in segno di rinnovata amicizia, ed eminenti personalità
assistevano alla corsa, anche nel secolo XVII e più ancora nel
settecento, fra gli spettatori, quasi sempre presi dalle spire
dell'entusiasmo e qualche volta dell'infatuazione, emergevano il fior
fiore delle Case regnanti, alti prelati, illustri letterati o
artisti.
Nel 1699 venne deciso che i cavalli non potevano essere più scelti
dalle Contrade, ma assegnati per "tratta", cioè per sorteggio. Un
cambiamento importante, un'arma in più per la fortuna, imperscrutabile
e inesorabile rapace nei destini del Palio (e non solo del Palio).
I fantini, come i loro antichissimi predecessori, cavalcavano "a pelo",
erano armati di "sovatto" (un corto legno al quale erano attaccate
lunghe strisce di pelle terminanti con palle di piombo) con il quale
si potevano ostacolare e perfino trascinarsi in terra. Uso conservato
fino al 1701, quando i sovatti furono sostituiti dai nerbi. Era
(e rimase) "giostra", più che corsa, con tutte le asperità e i
pericoli.
I fantini più rinomati, che si presentavano fin dal medioevo con
soprannomi a volte simpaticamente curiosi (Mucciafadiga, Sperandio,
Ranocchio, Pipistrello, Strega), erano motivo di ambiziosa prelazione
o ingaggio.
La felicità per la vittoria dava luogo a feste grandiose, per lo più
affidate a spettacoli di fuochi artificiali elaboratissimi, il cui
costo superava i "talleri" del premio, del resto poco più che
simbolico.
Incidenti fra Contrade si verificavano sporadicamente e davano luogo a
tumulti, che solo l'intervento dei gendarmi o addirittura dell'esercito
riusciva a sedare. Ancestrali inimicizie riaffioravano, altre si
formavano: ne erano causa dispute di confini, infortuni nel Palio,
occasionali contrasti.
Ma dall'eccitazione meravigliata che simili episodi di violenza
creavano negli stessi cronisti, si capisce che furono sempre
circoscritti, marginali. Che, insomma, non esisteva odio fra Contrade
anche quando certi scontri furono molto gravi (come quelli fra
Chiocciola e Tartuca nel 1686, fra l'Onda e Oca subito rappacificate
nel 1693, fra Torre e Onda nel 1713, fra Nicchio e Selva, casuale, nel
1730). Le zuffe lasciavano tracce, ma prevaleva sempre la "senesità "a
dirimere la discordia quando era eccessiva. In antitesi infatti, si
strinsero "aggregazioni" o "alleanze", veri e propri patti di amicizia
a volte con lontane origini.
Nel 1689 avvenne un fatto molto importante nella storia del Palio.
L'Istrice, che aveva vinto il 2 luglio, fece ricorrere un Palio nello
stesso giorno in segno di giubilo. Dodici anni dopo, nel 1701, l'Oca
riprese l'iniziativa e, per festeggiare la vittoria del 2 luglio,
organizzò un Palio per il 16 agosto. Il Palio "alla lunga" si correva
il 15.
Il principio dei vasi comunicanti faceva tornare, alla sua naturale e
cronologica ubicazione, anche il Palio. Restava il primo, del 2 luglio,
in onore del miracoloso rinnuovo di dedizione e protezione della
Madonna a Siena, e si ricreava la degna appendice della Festa di
Mezz'agosto, che non soffrì di stasi - furono eccezioni - e che ebbe
la sua definitiva consacrazione nel 1802 con approvazione del Re
Ludovico d'Etruria. |
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