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- COME ERA SIENA IN CARTOLINA -

San Prospero: ovvero il "villaggio giardino"


       



Dopo la prima guerra mondiale, si venne a creare una forte penuria di alloggi e a siena questo era aggravato dal fatto che le case che c’erano non corrispondevano più alle esigenze igieniche della popolazione; pertanto fu riesumato un vecchio progetto risalente al 1889, che individuava la collina di San Prospero come zona di espansione per le nuove abitazioni da costruire.

La collina di S.Prospero vista dal Fosso di S.Ansano nel 1902
La collina di S.Prospero vista dal Fosso di S.Ansano nel 1902


Nonostante l’intenzione primaria fosse quella di costruire case per trasferirci gli abitanti che vivevano nella zona di Salicotto, evacuati per il risanamento degli edifici del loro rione, si fece avanti l’idea del “villaggio giardino”, come lo definì il Sindaco dell’epoca (1923) Fabio Bargagli Petrucci.
L’idea di villaggio giardino si rifaceva a progetti provenienti dall’Inghilterra, dove l’impiego di operai nella grande industria, fece sì che valenti architetti facessero dei progetti per le abitazioni di questi lavoratori, tenendo conto della qualità della vita degli operai stessi e facendo sì che le case a loro destinate fossero dotate almeno di un bagno e di un giardino circostante. Questa idea fu ripresa anche per la costruzione de Il Milanino, quartiere operaio sorto a circa dieci chilometri da Milano, che accoglieva gli operai, sempre più numerosi, delle industrie della zona limitrofa alla metropoli lombarda.
In realtà a siena, le caratteristiche imposte per le costruzioni del quartiere di San Prospero fecero sì che questo quartiere diventasse subito l’habitat ideale per la media borghesia impiegatizia della città. Il progetto che dava il via ai lavori, venne approvato dal Consiglio Comunale, all’unanimità, il 22 dicembre 1919. Il Comune si mise così in cerca dei finanziamenti necessari ed ottenne un mutuo senza interessi di 880.000 lire dalla Cassa Depositi e Prestiti. Nel maggio del 1920 anche la Deputazione del Monte dei Paschi deliberò lo stanziamento di un contributo di 140.000 lire. Fu così che con una cerimonia piuttosto sfarzosa, il 16 maggio 1920, il Sindaco Emanuello Pannocchieschi D’Elci dette inizio ufficiale ai lavori.

Le mura di S.Prospero prima dell'abbattimento
Le mura di S.Prospero alla fine dell'Ottocento viste dall'esterno

Tiro al piccione (1904). Sullo sfondo le mura poi abbattute
Tiro al piccione (1904). Sullo sfondo le mura interne poi abbattute


Al progetto iniziale non mancarono critiche anche da parte di importanti Istituzioni cittadine, come ad esempio da parte della Soprintendenza di siena, apportando delle modifiche proposte dal Ministero dell’Istruzione. Pure la Deputazione del Monte dei Paschi fece sentire la sua voce, raccomandando che fosse curata il più possibile l’armonia con la città e la campagna circostante.
Questa è la parte di San Prospero costruita fra le due guerre mondiali, fino al viale XXIV Maggio compreso. L’armonia con la città medievale e la campagna circostante, che stava tanto a cuore alle Amministrazioni succedutesi fra il 1920 e il 1945, non è certo stata l’idea caratterizzante delle Amministrazioni succedutesi dagli anni cinquanta ad oggi.

La conca del Rastrello durante i lavori nel 1933
La conca del Rastrello durante i lavori nel 1933


Le case che si stavano costruendo dovevano essere dotate di acqua potabile e fognature e proprio in riferimento alla città giardino, ogni abitazione doveva essere isolata da ogni lato dalle altre costruzioni ed essere circondata da un po’ di terreno e le facciate dovevano distare almeno quattro metri dalla strada.
Per la costruzione di queste nuove abitazioni, scesero in campo i più estrosi architetti progettisti, per i quali la musa ispiratrice doveva essere siena “con la sua serena dolcezza, la vivace policromia, la gentile eleganza delle sue linee”.


Viale Enrico Toti 17 agosto 1924
Viale Enrico Toti il 17 agosto 1924