E' una storia infinita quella fra Oca e Torre l'inimicizia forse più sentita a Siena, di sicuro quella più anomala, essendo l'unica fra contrade non confinanti. Secoli di lotte, ripicche ed incidenti si sono tramandati di generazione in generazione, quasi esclusivamente per tradizione orale, infatti, la documentazione sulle origini di questa rivalità è alquanto confusa e scarna. Il tutto potrebbe essere nato nella notte dei tempi per pure questioni di interesse economico-commerciale. Nella Torre infatti si producevano tradizionalmente degli ottimi salumi, attività molto fiorente e remunerativa, anche in Fontebranda vi era questa abitudine e da questo potrebbe essere nato il "seme dell'odio". A questo c'è da aggiungere un'altra tradizionale e naturale contrapposizione fra i macelli di Fontebranda e la pescheria in Salicotto. Va sottolineato come le due contrade, entrambe a forte matrice popolare, abbiano sempre cercato di prevalere l'una sull'altra un po' in tutti i campi della vita cittadina, ovviamente ponendo in primo piano il Palio. Un primo riferimento agli scontri fra i due popoli risale al 26 luglio 1671. Per l'insediamento dell'Arcivescovo Clelio Piccolomini venne organizzata una grande processione che ebbe termine al Duomo. In quell'epoca era uso contendersi i preziosi tessuti che costituivano il tendaggio cerimoniale, all'ingresso del Duomo scoppiò una rissa violentissima fra Oca e Torre, i cui contradaioli si affrontarono a colpi di bastone per aggiudicarsi l'ambito baldacchino, sembra scontato che, considerando la violenza dello scontro, già in precedenza le due contrade avevano avuto degli screzi. La tensione si manifestava anche nel Palio, il 2 luglio 1694 le due contrade lottarono all'ultimo sangue per la vittoria, la spuntò l'Oca con il fantino Giuseppe Galardi detto "Pelliccino" che scambiò col suo rivale frustate e colpi proibiti che provocarono vari tumulti nel dopo corsa. Nel settecento le cose non migliorarono e nella Torre la rivalità con l'Oca iniziò ad essere più sentita di quella con l'Onda, tradizionalmente molto cruenta fin dalle origini seicentesche, i primi scontri risalirebbero infatti al 1642. Fra Oca e Torre tutto diventava pretesto per confrontarsi, tutto era una questione d'onore e di prestigio e bastava poco per far nascere zuffe e risse clamorose. Era sempre una lotta per allestire la comparsa più elegante, per costruire il carro allegorico più maestoso o per organizzare feste in onore di illustri ospiti. Di certo nel 1701 fu un grande smacco per i torraioli vedere che l'Oca organizzare il Palio d'agosto, primo atto una tradizione che portò al riconoscimento ufficiale della carriera dell'Assunta. Proprio per l'organizzazione di un Palio, avvenimento che era segno di grande prestigio e potenza, nel 1747 nacquero altri gravi dissidi. Nel luglio la Torre col miglior cavallo ed il fantino Bechino perse clamorosamente, fu fermata dalla Pantera che favorì la vittoria dell'Oca. Come da tradizione l'Oca avrebbe dovuto accollarsi l'organizzazione del Palio d'agosto, ma la Torre, per smaltire la delusione di luglio, anticipò la rivale ed oltre alla carriera organizzò anche una sontuosa festa per tutta la cittadinanza. C'è da dire che già in precedenza le due rivali avevano avuto occasione di confrontarsi aspramente, infatti, nel luglio 1744, il fantino Ministro dell'Oca scavallò il torraiolo Cerrino, scaraventandolo, pare, addirittura al centro della piazza. Nonostante questi ed altri episodi di "incomprensione reciproca" la rivalità restò sempre nella norma con lunghi periodi di tregua armata. Ma nel 1809 l'inimicizia riesplose in tutta la sua violenza a causa di un Palio a dir poco movimentato. Nel Palio di luglio l'Oca era la grande favorita con il miglior cavallo montato dal fantino Luigi Menghetti detto "Piaccina", un arzillo ultraquarantenne protagonista in quegli anni insieme a tanti altri colleghi poco più che adolescenti. Alla mossa il fantino della Torre trattenne con vigore Piaccina impedendogli di partire, trasgredendo il Regolamento che dal 1802 vietava ai fantini di ostacolarsi prima di aver oltrepassato il Palco dei Giudici. La delusione per gli ocaioli fu fortissima, tanto che il giorno dopo, per dimostrare la loro superiorità, organizzarono un "Palio di verifica", confrontandosi col Leocorno, legittimo vincitore il giorno prima col fantino Luigi Felloni detto "Biggéri", non a caso legatissimo alla Torre, nella quale aveva vinto nel maggio 1809 ed in altre tre occasioni precedenti. Nel "Palio di verifica" l'Oca vinse nettamente ed ovviamente questo successo schiacciante fece aumentare l'astio nei confronti della Torre che aveva causato l'amara sconfitta nella carriera ufficiale, l'unica che contava. Dopo questo episodio si aprì un vivace periodo di ringollate, vittorie a ripetizione da una parte e dall'altra, che poi fu una costante di tutto l'ottocento, la Torre vinse ben venti Palii, l'Oca diciotto (più due alla "Romana"). Ad alimentare e rendere vivace questa entusiasmante altalena di vicende paliesche ci pensò Francesco Santini detto "Gobbo Saragiolo", uno dei fantini più forti di tutti i tempi con le sue quindici vittorie. A dispetto del suo fisico deforme, era alto due braccia e pesava meno di ottanta libbre, il Gobbo aveva astuzia ed audacia da vendere ed era temuto da tutti per le sue poderose nerbate. Oca e Torre se lo contendevano in ogni occasione, alimentando così i loro dissidi, il Gobbo ne approfittava ed andava a guadagnare e vincere in entrambe le contrade con opportunistica indifferenza. Nell'Oca corse nove volte (agosto 1828, agosto 1830, luglio 1831, agosto 1832, luglio 1833, luglio 1834, agosto 1844, ottobre 1849, agosto 1852) vincendo nel 1831, nel 1832 e nel 1849. Nella Torre corse undici volte (luglio 1829, agosto 1835, luglio 1839, agosto 1839, luglio 1842, agosto 1843, luglio 1844, agosto 1845, agosto 1847, luglio 1853, agosto 1860) vincendo in ben cinque occasioni, nel 1829, nel 1835, nel 1839, nel 1843 e nel 1853. Come si può notare da questa alternanza di date il Gobbo Saragiolo era la chiave dei successi delle due contrade ed un ulteriore motivo di scontro, addirittura nel 1844 il Santini corse a luglio nella Torre ed in agosto nell'Oca scatenando una clamorosa asta fra le due contrade che dopo il Palio dell'Assunta si fronteggiarono in una rissa molto violenta. Il 1831 fu un anno emblematico in cui vi fu un clamoroso botta e risposta, a luglio il Gobbo vinse nell'Oca, ad agosto toccò alla Torre con Tarlato. Nel Palio di luglio vestì il giubbetto cremisi Francesco Bianchini detto "Campanino", altro fantino big di quell'epoca, grande antagonista del Gobbo, che in seguito fu molto legato all'Oca e si trovò spesso di fronte il suo rivale nella Torre. Nel luglio 1842 Campanino, nell'Oca, gettò in terra il Gobbo durante il secondo giro, nell'agosto 1847 i due furono ancora protagonisti ostacolandosi a vicenda e causando una rissa furibonda fra i due popoli che coinvolse anche i vittoriosi contradaioli del Nicchio. Nel luglio 1853 due si trovarono ancora di fronte, a rivalità di contrada si aggiungeva un'accesa rivalità fra fantini, stavolta però il Gobbo Saragiolo riuscì ad evitare l'ostacolo di Campanino vincendo il suo quinto ed ultimo Palio per la Torre. Non a caso, col declino e l'addio alla piazza del Gobbo Saragiolo, le contese fra Oca e Torre diminuirono di intensità, infatti il 28 luglio 1858 ci fu una cerimonia di riconciliazione con scambio di omaggi e sbandierate reciproche. A favorire quest'evento fu senz'altro il particolare momento storico, gli entusiasmi risorgimentali avvicinarono molti contradaioli dell'Oca e della Torre, anche se questa fase fu di brevissima durata, anzi la politica sarà spesso motivo di ulteriori e violenti contrasti fra i due popoli. In merito a questa questione è opportuno sottolineare che il fattore politico è sempre entrato in questa rivalità, anche se va specificato che, come in tutte le altre contrade, è quanto meno azzardato associare una contrada ad una particolare idea politica perché in tutti i rioni di Siena convivevano e convivono le più disparate convinzioni ed ideologie. Comunque va detto che tradizionalmente l'Oca veniva associata al partito monarchico e la Torre al socialismo, questa contrapposizione, unita ad una serie infinita di rancori personali, diede spunto a gravi episodi di violenza in cui il Palio rientrava solo marginalmente o come mero pretesto. Questo tipo di contrasti furono la caratteristica principale degli ultimi trent'anni dell'ottocento e si riproporranno anche nel novecento, soprattutto nel ventennio fascista. Particolarmente cruenti furono gli scontri del maggio 1869, ci fu un morto ed alcuni gravi feriti, va detto che questa violenza scoppiò esclusivamente per questioni politiche e rancori privati. Quindi al tradizionale dissidio paliesco si unì in quegli anni la contrapposizione politica ed anche in virtù di questo nel 1879 ci furono dei tentativi di riappacificazione. Nel maggio 1879, a dieci anni dai cruenti scontri citati, il Governatore dell'Oca, Ganfini ed il Priore della Torre, il Conte Gustavo Ravizza, furono promotori di uno storico "trattato di pace". Nell'assemblea tenutasi il 4 maggio alle ore dodici e mezza, il Priore della Torre riferì al suo popolo dell'offerta di pace e concordia fatta dal Governatore dell'Oca. I cinquantotto partecipanti all'assemblea approvarono con larghissimo consenso questa proposta e fu inviata una lettera al Governatore dell'Oca per comunicare in maniera solenne la scelta del popolo torraiolo. In occasione della Festa Titolare della Torre, l'Oca inviò alla consorella un sonetto simbolo della recente riconciliazione: "Mostriamo che un popolo sol siamo e fratelli…" Il Palio d'agosto 1882 fu importante anche per un altro aspetto, infatti per una questione di fantini Torre e Nicchio ruppero i rapporti in maniera molto violenta. Di conseguenza il Nicchio si avvicinò molto all'Oca, formando uno "schieramento" anti-Torre molto agguerrito. Comunque c'è da dire che nell'attrito fra i Pispini e Salicotto subentrarono tutta una serie di rancori e vendette extra-paliesche, che diedero a questa breve rivalità la dimensione di una lotta fra bande rivali, formate da poche persone. Nell'agosto 1892 ancora una volta Oca e Torre tornarono ad affrontarsi aspramente, Fontebranda vinse il Palio con il grande Tabarre di Volterra, sfruttando l'appoggio di Pirrino nel Nicchio. Ancora una volta alla vittoria dell'Oca furono associati significati politici e nel dopo corsa scoppiarono gravissimi tumulti a cui parteciparono anche esponenti di altre contrade, con Tabarre che fu a stento salvato da un linciaggio. Sembra scontato che il filo conduttore di quegli anni fosse un certo astio politico, molto accentuato, infatti il 7 giugno 1896 si scatenò una vera è propria battaglia fra Oca e Torre. Nella stessa giornata vi furono ben quattro scontri, tutti molto violenti, volarono bastonate e coltellate, ci furono molti arresti ed i giorni seguenti furono un susseguirsi di vendette. Ma il 1896 fu anche l'anno dei quattro Palii, del cappotto torraiolo e del clamoroso tradimento del fantino Ansanello ai danni della Torre. Il 2 luglio la Torre vinse col debuttante Scansino, che bissò il successo il 25 agosto, giorno in cui era stato posticipato il Palio dell'Assunta. Il 16 agosto si corse un Palio straordinario, in sostituzione di quello rinviato, la Torre prese subito la testa con grande vantaggio, ma all'improvviso Ansanello frenò il cavallo facendo passare Fontebranda, con Celso Cianchi detto "Montieri". La clamorosa beffa per il popolo di Salicotto fu evitata dal fantino del Bruco, Emilio Lazzeri detto "Fiammifero", che all'ultimo istante superò l'Oca. Ansanello riparò prima in Questura e poi rimase nascosto in un convento dove fu accolto a tarda notte ancora col giubbetto della Torre indosso. Come visto in precedenza la Torre si rifece con gli interessi dopo soli nove giorni, chiudendo il suo ciclo d'oro con quattro vittorie in altrettanti anni. Ma le sorti delle due contrade cambiarono radicalmente il 3 luglio 1898, in un Palio quanto mai discusso, pieno di colpi di scena, tradimenti e botte che diede con tutta probabilità una svolta anche al trentennio successivo. La Torre montava un giovane fantino figlio d'arte, proveniente dall'Alto Lazio, Angelo Meloni detto "Picino", figlio di Filippo detto "Barbone" che aveva corso per Salicotto nel luglio 1881. Picino aveva esordito nel Nicchio, da minorenne falsificando i suoi documenti, l'anno precedente destando subito un'ottima impressione, tanto che la dirigenza torraiola, orfana dell'idolo Scansino, decise subito di montarlo. Nell'Oca correva un altro figlio d'arte, anch'esso giovanissimo, Ermanno Menichetti detto "Popo" di Manciano, figlio di Girolamo detto "Girolametto" che aveva corso sette volte nel decennio precedente. L'Oca desiderosa di riscatto, profuse tantissimi sforzi per vincere quel Palio, mente di tutti gli intrighi un giovane mangino al suo esordio, Ettore Fontani, uomo simbolo del novecento ocaiolo. A sorpresa il fantino della Torre prese la testa con prepotenza ed il Palio sembrava già ipotecato ma al Casato una sospetta caduta di Picino aprì la strada a Lupa, Selva, Civetta ed Oca che riuscì a spuntarla, sfruttando la compiacenza degli altri fantini. I torraioli, convinti del tradimento di Picino, sfogarono sul proprio fantino la loro rabbia, volarono anche delle bastonate e fu provvidenziale l'intervento dei carabinieri che evitarono conseguenze ancora più spiacevoli. Picino si giustificò dicendo che era caduto per colpa del suo pantalone di seta, troppo scivoloso per la groppa sudata del cavallo, c'è da dire che il fantino della Torre corse con la calzamaglia della sua montura in quanto le prime gocce di pioggia costrinsero il Meloni ed i suoi colleghi a vestirsi in fretta e furia per presentarsi fra i canapi. Al già turbolento dopo corsa si aggiunsero altri incidenti, in particolare ci fu una cruenta rissa fra due torraioli e due ocaioli, in cui si lavorò anche di coltello. Il fantino Angelo Meloni detto "Picino" fu invitato a non presentarsi più al Palio per motivi di ordine pubblico e rimase fuori dal giro per ben quattro anni, rientrando in seguito sotto l'ala protettrice del "Sor" Ettore Fontani. Ad agosto la situazione fu ancora più tesa, l'Oca ebbe in sorte lo stesso cavallo di luglio e puntava decisa al cappotto. Ma stavolta la Torre non si fece trovare impreparata e con la collaborazione del Bruco ordì una trama per impedire il cappotto della rivale. La Torre montò il vetturino Agostino Papi detto "Pioviscola", il Bruco si affidò a Sallustio Beligni detto "Sciò", i due fermarono Popo trattenendolo e nerbandolo di santa ragione. In seguito a questo episodio i rapporti fra Oca e Bruco si fecero molto tesi, di conseguenza la Torre costituì una solida alleanza con la Contrada di Via del Comune. Subito dopo il Palio per canzonare la rivale sconfitta i torraioli uscirono in corteo con i cappotti e con gli ombrelli, in onore del fantino Pioviscola. Nei giorni successivi Oca e Torre si fronteggiarono a colpi di lettere e reclami indirizzati al Sindaco, da una parte si scrisse di presunte irregolarità e favoritismi nel Palio di luglio, dall'altra si denunciava la persistente ostilità verso Fontebranda, dettata esclusivamente da motivi politici. Si chiudeva così un secolo ricco di successi per entrambe le contrade, con tanti episodi di violenza a testimonianza dell'insanabile frattura esistente fra i due popoli. Con il nuovo secolo proprio il "Sor" Ettore fu il promotore di una sorta d'accordo che vide protagonista anche la Torre ed altre consorelle. Infatti la rivalità fra Oca e Torre aveva fatto salire alle stelle le richieste dei fantini, sempre smaniosi di lucrare sulle vicende paliesche, per il Fontani era necessario cercare un accordo per calmierare i prezzi. In un primo momento fu trovato un'intesa, basti pensare che in occasione della Domenica in Albis del 1902 le due contrade si scambiarono reciproci omaggi. Ma bastò poco per far saltare l'accordo, infatti Torre ed Oca si contesero aspramente il fantino Ermanno Menichetti detto "Popo" che corse col giubbetto di Salicotto nell'agosto e nel settembre 1902 ed in altre tre occasioni. Ma il vero colpaccio riuscì ad Ettore Fontani che, dopo l'esperienza con Angelo Montechiari detto "Spanziano", riuscì a portare Picino in Fontebranda. Il grande dirigente ocaiolo seppe sfruttare la voglia di emergere del Meloni ed il suo astio nei confronti della Torre a cui doveva far scontare le legnate del 1898 ed una coltellata in viso ricevuto dopo il Palio di luglio del 1903. Attorno a Picino fu creata una vera "corte di scudieri", vero capolavoro strategico del "Sor" Ettore che contando sull'apporto di molti fantini riuscì a porre l'Oca in primissimo piano, mietendo successi l'uno dopo l'altro. Picino fu l'uomo di punta dell'Oca per un trentennio, vinse quattro volte per Fontebranda ed in molte altre occasioni ostacolò Salicotto in maniera determinante. La Torre restò a galla con le belle vittorie del 1905 e del 1910, ma pagò con una lunghissima crisi le strategie dell'Oca, sempre opportune e spesso anche baciate dalla fortuna. Nel 1913 una profonda crisi interna minò alle basi la dirigenza ocaiola, infatti in quell'anno Picino fu girato al Nicchio e la cosa non piacque a molti contradaioli, ma nonostante ciò la Torre non ebbe grosse opportunità per approfittarne anche per l'interruzione dovuta alla Prima Guerra Mondiale. Proprio alla ripresa del Palio avvenne un episodio destinato ad entrare nella storia come uno dei capitoli più beffardi della storia di questa rivalità. Nel Palio del 16 agosto 1919 la Torre montò il fantino senese Giulio Cerpi detto "Testina", un tipo molto particolare, esperto della piazza, ma non molto affidabile ed onesto. Il giorno successivo, su iniziativa di un'associazione di commercianti, venne organizzato un Palio straordinario con la formula a sorpresa, esperienza già fatta nel 1909, in pratica venivano abbinati per sorteggio alle dieci contrade estratte sia il cavallo che il fantino, scelti fra quelli che avevano corso ventiquattro ore prima. Testina promise ai dirigenti torraioli che qualora fosse toccato all'Oca sarebbe uscito di piazza da Salicotto dove una carrozza avrebbe dovuto attenderlo per portarlo al sicuro. Ironia della sorte Testina toccò proprio all'Oca ed in Salicotto già si pregustava il sapore della clamorosa beffa organizzata, con la carrozza pronta in attesa del fantino che doveva entrare nel proprio territorio col giubbetto della secolare ed acerrima rivale. Ma le cose andarono in maniera diametralmente opposta, Testina, contando sulla veloce Mozza, riuscì a prendere il comando a San Martino ed accumulò un vantaggio notevolissimo dopo poche falcate. Imperterrito Testina continuò la sua corsa beffando i contradaioli della Torre che da un momento all'altro attendevano la sua uscita di scena, gli ocaioli festeggiarono questa clamorosa beffa ai danni rivali con un famoso stornello : " Ed in ventiquattro ore, il Cerpi tutto rosso, diventò tricolore…" Per l'Oca fu un vero trionfo, il sesto per il Capitano Emanuello d'Elci Pannocchieschi, coadiuvato dal triunvirato formato dal "Sor" Ettore Fontani, da Licurgo Martini detto "Cucchi" e da Ettore Tancredi detto "Bighino". La vendetta della Torre si consumò nel Palio del luglio 1921, quando il fantino Bruno Cianetti detto "Moscone" nerbò pesantemente Testina, ancora nell'Oca, a saldo del tradimento dell'anno precedente. L'agosto 1921 segnò una nuova vittoria dell'Oca che sfruttando il ritorno di Picino vinse una carriera ricca di polemiche caratterizzata dalle seguenti tensioni con l'Aquila e soprattutto con la Selva. Nel frattempo la Torre si era riavvicinata all'Onda, proprio in virtù di alcuni dissidi fra la Contrada di Malborghetto e l'Oca. ![]() Ebbe inizio in quegli anni un nuovo periodo particolarmente teso fra Oca e Torre, ancora una volta a contribuire fu la politica con l'avvento del ventennio fascista. Usando tutte le cautele che i fatti impongono si può dire che per la Torre non furono anni facili, i suoi colori e le idee politiche di molti suoi contradaioli non favorirono certo la contrada di Salicotto. Al contrario l'Oca era tenuta molto in considerazione e si giovò dell'apporto di fantini particolarmente "appoggiati e tutelati" come Picino e Bubbolo che potevano contare su amicizie importanti. In quegli anni la comparsa della Torre girava scortata e nei giorni di Palio alcuni fra i contradaioli più "esagitati" venivano rinchiusi in carcere per prevenire possibili incidenti. Nel Palio questo fattore pesò più del dovuto, l'episodio più eclatante avvenne nell'agosto 1928. La Torre non aveva lesinato sforzi per tornare al successo e partiva favorita, contando anche sull'appoggio dell'alleata Bruco che aveva un altro cavallo da Palio. Ma poco prima della carriera un funzionario di polizia, avverso alla Contrada di Salicotto, avvicinò il fantino del Bruco, Ferruccio Funghi detto "Porcino", dicendogli che i soldi del partito fatto con la Torre erano sequestrati e l'esortò a tirare a vincere. Non si può dire fino a che punto questo grave episodio influì sulla carriera, ma la Torre perse il Palio all'ultimo tuffo, dopo un testa a testa col il Bruco e col Nicchio che riuscì a spuntarla. Nel frattempo l'Oca metteva a segno un altro capolavoro strategico, la creazione del TONO, patto a quattro formato con Tartuca, Onda e Nicchio, l'alleanza più famosa e vittoriosa di tutta la storia paliesca. Ettore Fontani, sfruttando l'amicizia coi mangini Mauti del Nicchio, Minutelli dell'Onda e Mazzini della Tartuca, gettò le basi di questa alleanza sul finire degli anni venti. Nel 1928 vinsero a luglio l'Oca, ad agosto il Nicchio ed a settembre l'Onda, ma l'alleanza entrò a pieno regime negli anni trenta con una spartizione quasi matematica delle vittorie fra le componenti del TONO. Proprio il biennio 1930-31 segnò un passaggio cruciale per la rivalità Oca-Torre. Nel Palio di luglio la Torre era la grande favorita con Smania su Burattino, di nuovo la dirigenza di Salicotto organizzò una fitta rete di accordi che comprendeva anche l'Onda, contrada con cui i rapporti erano sensibilmente migliorati e con cui i torraioli avevano collaborato per allestire la festa della vittoria del 1928. Nell'Onda correva Romolo Maggi detto "Sgonfio" su Lina e tutto sembrava presagire ad una vittoria della Torre. Tutto andò liscio fino alla Prova Generale quando si concretizzò un clamoroso scambio fra Onda ed Oca, Picino finì in Malborghetto lo Sgonfio fece il percorso inverso. Il TONO iniziava così a muovere ufficialmente le proprie pedine, chiaramente la mossa era dettata dall'Oca che contando sul fido Picino favorì un riavvicinamento con l'Onda con cui i rapporti s'erano deteriorati negli anni venti. Ovviamente questo cambio di rotta dell'Onda fece imbestialire i torraioli, l'alleanza fu immediatamente rotta e nacquero gravi disordini fra le due contrade confinanti. L'Onda riuscì a vincere il Palio con Picino che conquistò la sua tredicesima ed ultima vittoria, confermando ancora una volta la caratteristica principale della sua carriera, una costante e puntigliosa avversione verso la Torre, contro cui profuse quasi tutti i suoi sforzi di fantino vincente. Con questi presupposti il Palio dell'Assunta si presentava più acceso che mai, con la tratta che pose in primo piano l'Oca, con Garibaldi su Elsa e la Torre, con Smania su Proserpina. Fu una carriera lottata allo spasimo fra Torre, Oca e Bruco. La Torre curvò in testa all'ultimo San Martino dove avvenne un episodio mai chiarito, Smania cadde rovinosamente, trascinando con sé l'Oca ed il Bruco, ne approfittarono Tartuca e Lupa con il debuttante Ganascia che vinse a sorpresa per i colori di Castelvecchio. Per molti a provocare la caduta della Torre fu una bandierata di un alfiere ocaiolo, tale Riccino, che appostato dietro i materassi scagliò un colpo d'asta contro la sua rivale, per altri la causa fu un bastone lanciato dalla piazza. L'episodio provocò gravi conseguenze, il fantino dell'Oca fu picchiato dai torraioli, nei giorni seguenti in una lettera alle autorità, il Priore della Torre, Emilio Piccolomini ed il Capitano Giulio Coradeschi, denunciarono un "complotto" messo in atto dai propri avversari per impedire la loro vittoria nel Palio. L'anno successivo altri gravi scontri turbarono il Palio dell'Assunta, l'Oca vinse con Bubbolo su Elsa, in occasione della tratta gli ocaioli, passando davanti a Salicotto, ingaggiarono una colluttazione con i torraioli, in molti erano armati di coltello e vi furono molti feriti in entrambi gli schieramenti. Sembra chiaro che il TONO mise in estrema difficoltà la Torre, già provata da una lunga crisi, lo schieramento opposto, formato anche da Bruco e Chiocciola, non riusciva a porre limiti allo strapotere del patto a quattro. Nell'agosto 1932, dopo l'apertura di tre buste e due mosse annullate, in cui la Torre era partita nettamente prima, il fantino Smania capitò di rincorsa e si trovò davanti un vero e proprio muro, formato dal Nicchio al sesto posto, dall'Oca al settimo, dalla Tartuca all'ottavo e dall'Onda al nono. Anche nella carriera la Torre fu sempre dietro a Tartuca, Onda e Nicchio che si contesero la vittoria controllando sempre Smania su Gobba. Intanto nella Torre si cercava qualche contromisura di carattere "politico", la società fu intitolata ad Italo Balbo che divenne anche Priore onorario ed i salicottini cantavano : "Se non vi piace il rosso, cambiateci il colore…" Simbolo del periodo difficilissimo per la Torre diventò il suo celebre custode Polvere, cui venivano indirizzati la maggior parte degli sfottò delle rivali ed il motivetto "Povero Polvere un vinci più" diventò consuetudine di quegli anni. Dopo aver piazzato il colpo del cappotto tartuchino nel 1933 al TONO non rimaneva che puntare sulla Civetta, a secco dal 1893, per far prendere la cuffia alla Torre. Puntualmente nel luglio 1934 ciò accadde, con il fido Corrado Meloni detto "Meloncino", figlio di Picino, che fu mandato nel Castellare per montare il fortissimo Ruello e vincere il Palio dopo quarantuno anni di astinenza. Ma il Palio del 16 agosto 1934 pose fine in maniera traumatica al TONO, aprendo il maggior periodo di crisi per l'Oca del novecento. Questo Palio segnò la rottura fra Oca e Nicchio, che iniziarono un'aspra rivalità molto sentita per almeno un trentennio. L'Oca vinse con Meloncino e Wally sfruttando l'appoggio di Pietrino nel Nicchio con Lampino, i nicchiaioli non sopportarono il tradimento del proprio fantino e dopo esserla presa con la propria dirigenza ruppero i rapporti con Fontebranda. Per la Torre arrivò il momento propizio per tornare al successo, dopo alcune delusioni, su tutte quella del luglio 1937, l'occasione si presentò nell'agosto 1939. Anche questo Palio fece discutere moltissimo, con tutta probabilità alla Torre furono ripagati con gli interessi i torti subiti negli anni precedenti. La vittoria della Torre fu quasi "gestita a tavolino" dalle autorità, in particolare dal funzionario Mendia, fu organizzata una riunione all'albergo Aquila Nera in cui tutti i fantini furono esortati a non ostacolare la Torre. L'unico ad opporsi fu Bubbolino della Civetta che fu squalificato dopo la Provaccia con un pretesto davvero ridicolo, bestemmie al canape… La Torre riuscì a vincere agevolmente con Ganascia su Giacchino, mentre la favorita Selva, con Tripolino su Folco, veniva nerbata violentemente da Aquila e Civetta. La sera nella Chiesa di San Giacomo, anche il Meloncino dell'Oca andò a riscuotere i suoi soldi, frutto di un altro tradimento entrato nella storia. La guerra spense quasi subito la gioia dei torraioli, gli stenti ed i disagi di quel terribile momento mandarono nel dimenticatoio le polemiche del Palio dell'agosto 1939. Alla ripresa l'Oca continuò ad essere in difficoltà con le due clamorose sconfitte di Amaranto nel 1946 e con la vittoria della Torre nell'agosto 1947. Per l'unica volta nel novecento la Torre piazzò due vittorie di fila senza subire la risposta dell'Oca, con Ganascia idolo incontrastato di Salicotto, sempre intento ad avversare Fontebranda dopo il polemico divorzio dell'agosto 1935. Ci volle la cavalcata solitaria della grigia Salomè, nel luglio 1948, a far rinascere l'Oca che da allora, tranne la parentesi del 1961, riuscì a riproporre il suo dominio nel novecento. Il solito Ettore Fontani seppe ricompattare la contrada, nell'agosto 1952 con la vittoria di Rompighiaccio e Niduzza e soprattutto negli anni seguenti con l'avvento in Fontebranda del grande Ciancone, croce e delizia degli ocaioli. I rivali risposero portando in Salicotto quel Giorgio Terni detto "Vittorino", paladino di Nicchio e Torre nella lotta contro l'Oca. Gli anni cinquanta si chiusero con un Palio altamente spettacolare, pieno di colpi di scena e segnato da una battaglia diplomatica fra le due dirigenze che fu determinante per gli esiti della carriera. La tratta pose in primissimo piano le due rivali, l'Oca con Ciancone su Tanaquilla, la Torre con Vittorino sulla strepitosa Uberta de Mores, uno dei barberi più forti di tutti i tempi, terzo incomodo il Bruco con Mezzetto su Salomè de Mores. Il colpo di scena arrivò alla terza prova, Vittorino, in maniera molto incauta, non concluse i tre giri e scese da cavallo, su Uberta andò a sbattere Ciancone, l'episodio diede inizio ad una veloce e tesa sfida "politica". L'Oca spinse in maniera energica per ottenere la squalifica immediata di Vittorino, a nulla valse la tenace opposizione della Torre che si trovò costretta a ricorrere a Biba che già nel luglio 1958 aveva perso clamorosamente in groppa ad Uberta. La carriera fu bellissima e ricca di emozioni fortissime, con l'Oca di rincorsa la Torre riuscì a partire bene, insieme a Bruco, Giraffa e Leocorno. Nel primo giro si nerbarono Bruco e Giraffa e soprattutto Oca e Torre, con il Leocorno in agguato. Mezzetto riuscì a passare in testa ma una clamorosa caduta, provocata da uno scosso e da un vigile entrato in pista, aprì la strada al Leocorno mentre Ciancone e Biba continuavano il loro duello di nerbo. Ma la corsa di Pennello e Sarna finì al terzo San Martino, intanto Ciancone si era liberato di Biba che concluse la sua carriera al Casato con un disperato tentativo di rimonta. La vittoria dell'Oca segnò un vero trionfo, costruito con abilità, astuzia e quel pizzico di buona sorte sempre necessario nelle grandi imprese. Le due contrade si ritrovarono a diretto confronto dopo due anni, nel celeberrimo Palio dell'agosto 1961, quello della rigirata, il canto del cigno di Vittorino, la disfatta di Ciancone, l'ultima vittoria del secolo della Torre, tutti episodi storici concentrati in novanta secondi. La Torre con Vittorino su Salomè de Mores puntava decisa alla vittoria, l'Oca in opposizione si presentava con Ciancone sulla bizzosa Capriola, mentre l'altra favorita era la Tartuca con Tristezza con Uberta de Mores. La corsa si decise in soli due episodi fondamentali, il primo alla mossa, il secondo all'ultimo San Martino. La sorte mise l'Oca al nono posto e la Torre di rincorsa, con la Tartuca tranquilla al sesto posto. Vittorino decise di rompere subito gli indugi entrando lanciato fra i canapi, come sua consuetudine. In quella frazione di secondo l'espertissimo Ciancone si fece trovare impreparato con Capriola completamente rigirata, l'Oca uscì subito dai giochi, con la Torre impegnata nella rincorsa alla Tartuca. All'ultimo San Martino la Tartuca cadde e per la Torre fu il trionfo, l'ultimo, con Vittorino trionfatore a mani bassi. L'episodio della rigirata non fu mai chiarito e resta tuttora avvolto da un velo di mistero, di certo costò carissimo al "professore" di Manziana. Riportato in contrada Ciancone si barricò in uno sgabuzzino, dove, ironia della sorte, erano conservate gli addobbi della festa del 1959, ma ben presto gli ocaioli irruppero nella stanzetta e per il Gentili furono dei momenti di terrore. Anche Vittorino, cercò di giustificare il suo rivale, dicendo che non era affatto venduto alla Torre, del resto il suo gesto fu talmente plateale da far credere ad un effettivo scarto di Capriola. Per l'Oca invece si trattò di un clamoroso tradimento, Ciancone fu invitato a non presentarsi più a Siena e nessuna contrada osò interrompere questo ingiusto esilio che durò per ben cinque anni. Forse la Torre poteva far tornare Ciancone in piazza, ma sarebbe stato un gesto che avrebbe elevato alla massima potenza la rivalità con l'Oca e la Marchesa Zondadari Misciattelli preferì sostituire lo sfortunatissimo Vittorino con il promettente Rondone. Nel frattempo l'Oca iniziò a pagare lo scotto della rinuncia a Ciancone, anche il "Sor" Ettore non riuscì a porre rimedio ad un periodo molto negativo in cui però la Torre non seppe dare la giusta continuità al trionfo del 1961. Emblema di questo nuovo stato di cose fu l'incredibile Palio dell'Assunta del 1964. L'Oca decise di affidare Selvaggia al giovane Peppinello, già vincitore all'esordio nel Palio di luglio per i colori del Drago. La Torre dal canto suo fece montare la grigia Daria al fido Rondone, ma nel frattempo si tramava una clamorosa manovra per far perdere il Palio all'Oca. Dopo la prima prova Peppinello riuscì ad eludere la sorveglianza degli ocaioli, con l'aiuto di alcuni torraioli fu portato al sicuro, un rapimento in piena regola già messo in atto dalla Torre nell'agosto 1889, quando venne rapito Lorenzo Franci detto "Pirrino", fantino della Pantera. Lo smacco per l'Oca fu enorme ed in fretta e furia si scelse di montare Bruno Deriu detto "Bozzolo", ma un altro colpo di scena improvviso ed inaspettato cambiò la storia di quel Palio. Alla Provaccia il fantino della Chiocciola, Vincenzo Graziano detto "Solitario", cadde infortunandosi seriamente lasciando la sua contrada nei guai. Per i dirigenti chiocciolini l'unica soluzione fu chiedere Peppinello alla Torre che acconsentì. Vedendo il traditore di nuovo in piazza gli ocaioli si scatenarono, la segnatura dei fantini fu ritardata, Peppinello vi arrivò scortato e per motivi di ordine pubblico venne esentato dal Corteo Storico. In un clima tesissimo si arrivò al Palio, con l'Oca di rincorsa fu la Torre a prendere decisa il comando. All'altezza dei palchi di Fonte Gaia un monturato dell'Oca scagliò un calcio verso Peppinello che sbilanciato ed impaurito cadde poco più avanti. Nel frattempo Rondone e Daria sembravano avere la vittoria in pugno ma il destino mise sulla loro strada proprio lo scosso della Chiocciola che con un recupero strepitoso beffò la Torre, ormai certa della vittoria, a nulla valse il tentativo di dimostrare che Danubio avesse fatto solo due giri. Per la Torre fu una vera batosta, l'Oca prese spunto da questo episodio fortunato per riorganizzarsi, ancora una volta protagonista Ettore Fontani che iniziò ad interessarsi ad un giovane fantino sardo che farà la storia del Palio e di questa rivalità, Andrea de Gortes detto "Aceto". Fontani, dopo alcune incomprensioni iniziali, segnalò Aceto ai suoi dirigenti, ultimo capolavoro del dirigente più famoso del Palio. Il connubio più solido del novecento iniziò nell'agosto 1967 e si proporrà fino al 1988, Aceto corse nell'Oca diciannove volte vincendo in cinque occasioni ed osteggiando la Torre in ogni occasione possibile con i giubbetti di tante contrade. Il dominio iniziò in maniera quasi casuale con l'incredibile vittoria dell'agosto 1968, Aceto, con la modestissima Livietta, sfruttò una fermata generale al Casato di fantini e cavalli, sudditi inconsapevoli di quello che diventerà il Re della piazza. La Torre, alla ricerca di un rivale credibile per Aceto, alternò i vari Bazza, Canapetta e Spillo, ma i risultati furono sempre assai deludenti, Aceto in ogni occasione veniva gestito dall'Oca e serviva per far perdere la Torre che iniziò a considerare il fantino sardo il suo vero nemico, qualunque giubbetto vestisse. Entusiasmanti ed elettrizzanti gli scontri fra Aceto e lo sfortunatissimo Canapetta, con le spettacolari nerbate del luglio 1970. In ben quattordici occasioni Aceto si trovò davanti la Torre e fu sempre battaglia, anche psicologica, soprattutto alla mossa, come nell'agosto 1973 quando il fantino dell'Oca a nerbo alzato fece annullare ben due mosse in cui la Torre, con Canapetta su Marco Polo, aveva preso nettamente la testa. In quegli anni di dominio di Aceto, il Capitano della Torre, il compianto Artemio Franchi, con un'offerta a dir poco principesca, tentò di portare il fantino sardo in Salicotto, ma la cosa non andò a buon fine e tutto restò come prima. Verso la metà degli anni settanta la Torre scelse il giovane Spillo per contrastare Aceto, ma anche questa mossa si rilevò poco fruttuosa, Artemio Franchi tentò anche le carte di Ercolino e di Bastiano, sempre con scarsa fortuna. La tragica morte del Capitano della Torre fermò, con tutta probabilità, il progetto di rinascita della Contrada di Salicotto, attanagliata nel periodo più oscuro della propria storia. La crisi della Torre divenne drammatica in conseguenza della prestigiosa doppietta dell'Oca nel luglio 1984 e nel 1985, ancora protagonista Aceto, tornato in Fontebranda dopo qualche incomprensione negli anni precedenti. Nel 1984 Aceto vinse sfruttando anche gli errori del modestissimo fantino della Torre, Renato Porcu detto "Rino", che dopo pochi metri non seppe sfruttare l'opportunità di rinserrare allo steccato l'Oca. L'anno dopo il trionfo fu ancora più netto, Aceto con il grande Brandano vinse alla grande eguagliando il record di tredici vittorie dell'altro mito ocaiolo del novecento, Angelo Meloni detto "Picino". Ma nonostante questi nuovi trionfi fra l'Oca ed Aceto il rapporto non era più idilliaco ed i Palii successivi fecero da preludio al clamoroso evento dell'agosto 1990. Le nerbate del settembre 1986 fra Aceto ed il vecchio Canapino, al suo ultimo Palio, furono più che altro coreografiche, altamente spettacolare anche il battibecco fra i canapi che vide protagonisti i due marpioni, pronti ancora una volta a scambiarsi minacce e strattoni. Ma la svolta era vicina, nel luglio 1988 Aceto corse il suo diciannovesimo ed ultimo Palio per l'Oca, nell'agosto successivo le due rivali erano già alla caccia di un nuovo obiettivo, l'astro nascente Beppino Pes. Il giovane allievo di Aceto sbarcò nella Torre, ma la sua prova fu negativa ed accompagnata da mille polemiche, con Il Pesse che nel futuro diverrà la vera bestia nera dei torraioli, pur non avendo mai vestito il giubbetto dell'Oca. L'Oca pagò lo scotto dell'addio ad Aceto, mentre la Torre, dopo le due clamorose sconfitte del 1986, ebbe poche possibilità di affermarsi, con una particolare sfortuna alla tratta e nelle estrazioni. Il 1990 fu l'anno dell'incredibile svolta, Aceto nella Torre, la contrada che l'aveva maledetto per un quarto di secolo a cui il fantino sardo aveva causato cocenti delusioni. Dopo la rottura con l'Oca, Aceto raggiunse un accordo con la Tartuca e già a luglio c'era stato qualche contatto con la Torre. Nel Palio di luglio Aceto rimase nella Tartuca sulla modesta Bambina, mentre la Torre montò Tredici su Chartreuse, favorita era l'Oca con Cianchino su Pytheos. Il giovane fantino della Torre, trovatosi secondo dietro la Giraffa, preferì controllare il ritorno minaccioso dell'Oca, scegliendo di cadere rompendo in maniera decisiva l'azione di Cianchino. La tratta di agosto, ancora una volta sfortunata per la Tartuca, fu l'antefatto del colpo di scena più clamoroso del novecento paliesco. I Capitani della Torre e della Tartuca, Gambelli e Cortecci, raggiunsero l'accordo, la mattina del 14 agosto, in occasione della seconda prova, Aceto, in groppa ad Uberto, vestiva per la prima volta il giubbetto cremisi fra lo stupore degli assonnati contradaioli presenti in piazza. Questo fatto storico ebbe un grandissimo risalto sulla stampa, in molti parlarono a sproposito di tradimento, visto che Aceto da due anni aveva rotto con l'Oca. Il primo Palio di Aceto nella Torre finì con una rovinosa caduta al primo San Martino e la nuvola di polvere non portò via con sé le polemiche e le chiacchiere. Per uno strano gioco della sorte, estrazioni e squalifiche varie, le due contrade non si trovarono a confronto diretto per ben sei anni, ma il lungo letargo diede origine ad un'altra pagina storica di questa inimicizia, scritta da un giovane fantino senese e dal vecchio Aceto, giunto ormai al capolinea della sua gloriosa carriera impreziosita dal record assoluto di vittorie nel secolo, ben quattordici. Nel luglio 1996 l'Oca del capitan Bruni, afflitta da un inusuale digiuno lungo undici anni, puntò su Luigi Bruschelli detto "Trecciolino", la Torre per la terza volta montò Aceto, protagonista grintoso e sfortunato della bellissima carriera dell'agosto 1992 quando la Contrada di Salicotto sfiorò il successo. Il Montone era il grande favorito, con Il Pesse su Bella Speranza, Oca e Torre rivestivano il ruolo delle possibili sorprese, rispettivamente con Quarnero e con il debuttante Musetto. La spettacolare violenza di quella carriera esaltò Trecciolino, protagonista di un Palio all'antica giostrato col nerbo. Il fantino dell'Oca, nerbò violentemente Aceto, istantanee che consacrarono un definitivo scambio di consegne, fra il vecchio campione ed il nuovo idolo. Nerbate simbolo della rivalità in questo secolo caratterizzato da un notevole squilibrio nelle vittorie. Il nerbo di Trecciolino pose fine anche alla velleità del Montone e l'Oca tornò al successo ponendo le basi di uno strepitoso finale di secolo a cui si aggiunse il protrarsi del digiuno della Torre, sancito con la cuffia presa dal Bruco nell'agosto dello stesso anno. Le vittorie ocaiole del luglio 1998 e 1999 sono pagine recenti della storia firmate ancora una volta da Trecciolino, altro fantino "targato" Fontebranda, altro campione fautore di successi strepitosi, altro capolavoro dell'Oca dopo Picino ed Aceto. ![]() anno 1844 SCONTRI TRA OCA E TORRE
Nel 1844 il Tribunale di Siena dovette occuparsi più di una volta delle controversie
intercorse fra Oca e Torre. Il 28 luglio, il piazza S.Pellegrino (attuale Piazza Indipendenza) alcuni giovani Torraioli vennero affrontati premeditatamente da altrettanti Ocaioli, solo per "l'assoluta antipatia che nutrivano verso gli abitanti della contrada della Torre". ![]()
A seguito di tal episodio, venuti a conoscenza che il 4 agosto "una comitiva di Torraioli" avrebbe dovuto andare "a fare una ricreazione all'Osteria del Palazzo
dei Diavoli", il giudice di Siena ordinò, per prevenire probabili nuovi scontri, il fermo cautelare di alcuni giovani Ocaioli.
Archivio di Stato di Siena - Governo di Siena - Atti Economici - fascicolo 888 - processi 1458 e 1463 - anno 1844 |