Udienza pubblica di Martedì 29 Gennaio 1839 a ore 10 antemeridiane.
Il Tribunale di prima Istanza di Siena nella causa contro Francesco di Agostino Bianchini soprachiamato
Campanino, di anni 26, ammogliato
con tre figli, nato nel Popolo di S.Eugenia in queste Masse, di mestiere bracciante, dimorante attualmente in Siena.
Attesa che nella sera del dì 18 Novembre 1838 verso le ore 23
mentre stava preparandosi una corsa di Cavalli con fantino pella via Maestra il Luogo detto
S.Caterina a Casanuova distante un miglio dal Paese di Castelnuovo Berardenga nella
Giurisdizione Criminale di Siena, nella qual corsa eransi impegnati Francesco Bianchini
soprannominato Campanino come Fantino, e Angiolo Bandini come barberesco dell'altro
fantino Francesco Santini, essendosi suscitata una rissa fra detti Bianchini e Bandini a
cagione di alcune differenze insorte per dipendenza della corsa medesima,
ed essendo far loro venuti alle mani perchè il Bianchini aggredisse per primo il Bandini,
ed avendolo ripetutamente percosso con pugni, e spintolo ad entrare coi piedi in una
fossa laterale alla strada lo facesse cader supino sopra un greppo
contiguo, ove continuasse in egual modo a percuoterlo fino a che non fossero divisi dai
circostanti che accorsero, dopodichè essendogli il Bandini diretto alla volta di
Castelnuovo Berardenga in compagnia del nominato Santini suo fantino, fatti che ebbe circa dugento
passi, sentitosi mancare di vita s'appoggiò ad un greppo lungo la stessa strada da lui fino allora
percorsa, ove chiedendo ajuto ai circostanti, pochi momenti dopo cessò di vivere in forza di apoplessia
congiunta dalla semilussazione della prima vertebra cervicale, e
rottura delle vene vertebrali interne esistenti fra il cavo vertebrale e
la dura meninge, e del conseguente stravaso sanguigno operatosi tra la dura madre e le ossa
del cranio, le quali lesioni a senso dei Periti fiscali debbano essere nel Bandini avvenute
non in conseguenza dei colpi di pugno ricevuti dal Bianchini, ma bensì
per fatto d'un forte contorcimento del collo operato per forza violenta
in seguito a detta caduta fatta colla testa in sconcio positura, ed irregolare e contorto movimento
del tronco fermo stante la testa.
Atteso che dai compilati atti del pubblico dibattimento sia venuto a risultare che
l'imputato Bianchini non ebbe l'intenzione di uccidere Angiolo Bandini, ma solo di offenderlo, si
come fece per vie di fatto e con percosse, alle quali fosse egli il primo a devenire perloche debba ritenersi
esser lui stato il provocatore della rissa anzichè il provocato, siccome la difesa si è studiata
con molto impegno dimostrare, non potendosi ritenere come proporzionati atti di provocazione
l'avere il Bandini raccolto di terra un sasso e postoselo in tasca senza esprimere quale uso
volesse farne, e che poi è resultato aver gettato via dietro l'ordine che ne ricevè dai Giudici
delle mosse Giacomo Meini e Giuseppe Mariani, o sivvero l'avere lo stesso Bandini proferite ingiuriose
espressioni contro il Bianchini.
Atteso che sia inoltre resultato nei modi sopra espressi che il Bianchini non potè in alcuna
guisa, per quanto ordinaria previdenza umana concede, calcolare che dalla rissa che Egli andava a impugnare
col Bandini ne sarebbe indubitamente avvenuta la morte di quest'ultimo, imperocche qualunque siasi fra quelli
indicati dai Periti fiscali il provvedimento meccanico dal quale derivano le alterazioni riscontrate
nel collo del Bandini, nessuno di questi poteva il Bianchini congetturare che sarebbe inevitabilmente
derivata dalla rissa preavvertita.
Atteso che sebbene per i riflessi sopra esposti sia da ritenersi che il Bianchini non solo non volle la uccisione
del Bandini, ma neppure volle
quel mezzo, quel modo, quel meccanico procedimento dal quale la morte del Bandini pervenne sia
però redarguibile perchè circostanze sopravvertite di colpa lieve per essersi aggirato
a riguardo del Bianchini in cosa illecita quale si fu la rissa con percosse e vie di fatto, alla
quale venne dietro dopo pochi momenti la morte del ricordato Bandini.
Atteso che per la pratica di giudicare sia applicabile ad un (fatto) concreto così conformato la pena che appresso:
Per questi motivi
Condanna Francesco Bianchini come autore per colpa lieve dell'Omicidio di Angiolo Bandini
nella pena di tre mesi di carcere, nei danni e spese da liquidarsi a favore degli eredi dell'ucciso,
e nelle spese processuali che tassa in fiorini centouno, e cinquecento fiorini
Archivio di Stato di Siena - Reparto 1 atti criminali - processo 1 - 29 gennaio 1839

RAPPORTO DI POLIZIA DEL 15 FEBBRAIO 1839
Nel dì suddetto si costituì in Carcere Pubblica Francesco Bianchini sopracchiamato Campanino dei Pispini, per subire tre mesi di detenzione statagli inflitta con sentenza di questo Tribunale di Prima Istanza per Omicidio colposo.
Archivio di Stato di Siena - Governo di Siena 351 - 15 febbraio 1839