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- STORIA DELLE PARROCCHIE DI NUOVA ACQUISIZIONE -
A CURA DEL PROF. FRANCO DANIELE NARDI

1. ASCIANO Parrocchia di S. Agata (Comune di Asciano) Ex diocesi di appartenenza: Arezzo

La zona prende il nome dalla voce etrusca Haxo, da cui deriva il toponimo del torrente Asso, tributario dell'Orcia. Con la colonizzazione romana il termine, latinizzato in Axus, definì la famiglia (Axia o Axiana) proprietaria dell'omonimo fondo compreso tra l'Asso e l'Ombrone. Essa risiedeva a Roma all'epoca della guerra sociale e, in quanto partigiana di Mario, ebbe le terre confiscate da Silla che le assegnò ai Domizi. Il borgo si originò in prossimità di una villa patrizia ubicata vicino alla cascata della Lama, sopra il vallo del torrente Bestina. Testimonianza storica della prima età imperiale è il pavimento musivo di rara bellezza scoperto nel 1899, forse appartenuto alla dimora di Gneo Domizio Afro (un mezzo bollo rotondo di tegola reca l'iscrizione Domitiorum), poi passata nel prosieguo del tempo al patrimonio privato dell'imperatore Marco Aurelio. Divenuta curtis regia in età longobarda, Asciano si estese intorno alla rocca sita sull'altura attualmente occupata dal complesso conventuale di S. Francesco. Allora fiorirono nel territorio le prime pievi, ben presto oggetto di contesa tra i vescovi di Arezzo e di Siena che volevano assicurarsene la giurisdizione. Tra esse figurarono dai documenti l'ecclesia mater di S. Ippolito in Axiano e la pieve di S. Vito in Verzuris con le suffraganee, confermate nel 715 alla diocesi aretina da Liutprando. Sotto la dominazione carolingia la contea passò agli Scialenghi, potente dinastia in seguito frazionatasi in vari ceppi tra cui i Cacciaconti, signori della zona in epoca feudale. Nel 1168 la repubblica di Siena li costrinse a sottomettersi demolendo il castello, ma l'alleanza raggiunta con Firenze permise loro negli anni seguenti di ritornare in possesso del feudo. Il crescente sviluppo dello stato senese e la crisi della nobiltà portarono nel giro di pochi decenni alla completa sottomissione di Asciano. Divenuta centro di scambi commerciali con privilegi di fiere e mercati, il paese tra i secoli XIII e XIV si arricchì di costruzioni, opere d'arte e di istituzioni di assistenza. Nel 1369 il Consiglio generale della Campana, riconoscente per la fedeltà mostrata in tante evenienze dal popolo di questa terra, concesse la cittadinanza senese ai "garbati Ascianesi", confermandola il secolo successivo (1403) per avere respinto l'assalto dei mercenari di Carlo IV. Il comune mantenne il prorpio ruolo anche durante il periodo mediceo: l'agricoltura continuò ad essere praticata e, attraverso i contratti mezzadrili, permetteva un'occupazione stabile nelle campagne. Con labolizione dell'antica legislazione corporativa delle arti e mestieri voluta dal granduca lorenese Pietro Leopoldo, il commercio venne liberalizzato e, con il raggiungimento dell'unità amministrativa dello stato toscano, Asciano ebbe il proprio magistrato comunitativo da cui dipendevano i 27 comunelli e le 3 comunità del circondario (Asciano stessa, Chiusure, Monte Sante Marie). Premessa di un nuovo assetto politico ed economico che si sarebbe concretizzato nel corso dell'Ottocento, l'unità raggiunta poneva fine al frazionamento di derivazione medioevale e incentivava le attività di ogni settore: era l'inizio di una nuova epoca storica. Con la bonifica della Valdichiana, Asciano perse il ruolo di centro produttivo per acquistare quello di centro viario verso regioni più ricche e la realizzazione di progetti di ponti, strade, stazioni postali non si fece attendere: la ferrovia, tra le prime nel territorio nazionale, fu inaugurata nel 1859. Il reticolo ecclesiastico è direttamente correlato ai presupposti storici accennati. La basilica di S. Agata, risalente all'epoca bizantina, fu ampliata molto tempo prima del sec. XI, quando ancora il fonte battesimale apparteneva alla vetusta pieve di S. Ippolito in Sessiano. E' citata in un documento del 1040, in cui il conte Ranieri della Scialenga disponeva con atto testamentario il lascito di una vigna nella circoscrizione della chiesa. Nel 1045 Immone, vescovo di Arezzo,la assegnava in amministrazione al proprio Capitolo. Nel 1178, come risulta da una bolla del pontefice Alessandro III, esercitava la propria giurisdizione nel raggio di un vasto territorio comprendente ben 27 suffraganee. Nei sec. XIII e XIV, in concomitanza allo sviluppo urbanistico del paese, la chiesa fu trasformanta e acquistò architettonicamente l'aspetto attuale con la costruzione del campanile merlato e dell'unica navata in stile gotico. Eretta a Collegiata nel 1542, fu alla guida di un vasto vicariato foraneo che raggiunse nel XVII secolo il numero di 30 parrocchie. Passata nel 1975 a far parte della diocesi di Siena, nel 1991 è stata insignita dalla S. Sede del titolo e della dignità di basilica. Nel territorio sono compresi numerosi edifici ecclesiastici di cui forniamo alcuni dati storici: S. Francesco Complesso conventuale edificato nel sec. XIII con il materiale di un diroccato cassero longobardo su un preesistente insediamento. La chiesa fu inizialmente dedicata a S. Lorenzo martire e sorse nelle vicinanze di una cappella intitolata a S. Bernardo di Chiaravalle. Importanti lavori di ampliamento furono avviati nel corso del Trecento con la sopraelevazione del piano terreno di cui rimane a testimonianza il loggiato superiore voluto da Antonio di Meio Tolomei nel 1345, vivente frate Fortuniere, ministro generale dei Francescani. S. Agostino Costruita nel secolo XIII, fu ampliata dalla famiglia Scotti e accolse gli Agostiniani fino al 1808. Passata alla famiglia Vegni, venne concessa in uso nel 1846 alla Confraternita laicale della Misericordia cui sarà ceduta pochi anni dopo. Giova ricordare che esistevano in Asciano due fraternite denominate del SS. Sacramento e del Santo Chiodo. La prima si riuniva nei locali parrocchiali mentre l'altra aveva la sede presso la cappella del vecchio cimitero. Con decreto vescovile del 21 agosto 1844 esse vennero unificate e andarono a costituire l'attuale sodalizio che dal secolo scorso è ancora operante. S. Bernardino Già intitolata al Battista, fu nel Trecento commenda dei Gerosolimitani. Vi era annesso uno spedaletto di cui si ha notizia dal 1178. Venne officiata dopo il 1444 con la nuova titolazione. S. Ippolito Fondata nel IV secolo da S. Donato, fu pieve battesimale. Intorno all'XI sec. divenne suffraganea di S. Agata e, successivamente abbandonata, nel 1367 passò ai Gesuati, la fraternita del B. Giovanni Colombini diretta dopo la sua morte dal B. Girolamo ascianese. Il gruppo di religiosi costruì un piccolo convento attiguo alla chiesa nel quale fino al 1668, anno della soppressione, prestò assistenza ai bisognosi. Passato a privati, l'edificio fu nel 1887 restaurato dal proposto Paolo Bonichi. Abbadia a Rofeno La sua fondazione risale al X secolo da parte di una famiglia aristocratica e il toponimo, probabilmente di origine longobarda, indica un'area territoriale dall'aspetto selvaggio ("hruf"). Nel 1375 passò ai Benedettini Olivetani che la tennero fino al 1780, anno della sua soppressione e annessione del territorio alla pieve di S. Giovanni a Vescona. S. Sebastiano E' ricordata con il titolo di S. Nicola nella bolla di Alessandro III del 1178 come suffraganea di S. Agata, sita nel borgo di Camparboli presso la chiesa della Madonna del Giardino. L'affresco della parete di fronte all'ingresso fu commissionato nel 1497 da Leonardo di Pasquale da Pisa, abitante ad Asciano. Abbazia di Monte Oliveto Maggiore Fondata dal B. Bernardo Tolomei della Congregazione Benedettina Olivetana, ritiratosi a vita eremitica nel luogo, intorno al 1313. Diffusosi rapidamente, il gruppo cenobitico ebbe l'approvazione dopo pochi anni e dalla fine del sec. XIV dall'abbazia dipendevano 22 monasteri. Nel prosieguo degli anni il complesso si ampliò di numerose costruzioni intorno alle grotte che furono le prime residenze dei monaci; nel 1393, a protezione dell'ingresso, venne edificata la torre del Palazzo per chiudere l'accesso a quella che un tempo fu terra incolta e inospitale di cui parla Pio II nei "Commentari" ("rovinose, scoscese rupi e profondissimi baratri la cui vista incute orrore e ribrezzo..."), ma che l'indefesso lavoro dei religiosi doveva trasformare in luogo di ameno ritiro spirituale. I lavori di costruzione della chiesa, in stile gotico romanico, vennero iniziati nel 1401 e continuati nei secoli successivi fino alla piena epoca barocca. Altri edifici religiosi presenti nel circondaro di Asciano sono: S. Andrea a Mucigliani, S. Pietro a Melanino, S. Giovanni Evangelista a Montecontieri, nonché vari oratori pubblici e privati alcuni dei quali non più uffiziati compresi anche nell'area del paese.

AA.VV., Asciano centro delle crete senesi, Firenze 1998; AA.VV., Asciano - Rapolano Terme arte, terme, paesaggio, Siena s.d.; G. TANGANELLI, Asciano e le sue terre, Siena 1968; A. LIBERATI, Asciano, in "Bullettino senese di storia patria" VIII (1937), pp. 292-323; A. LISINI, Asciano, in Miscellanea storica senese" III (1985), pp. 185-193.

2. ASCIANO SCALO Parrocchia di S. Giuseppe Artigiano (Comune di Asciano) Ex diocesi di appartenenza: Arezzo

La costruzione della chiesa data al 1962, in concomitanza allo sviluppo edilizio nella zona dello scalo ferroviario di Asciano. Nel 1975 è passata dalla diocesi di Arezzo a quella di Siena, incorporando il beneficio della soppressa parrocchia dei SS. Vincenzo e Anastasio in S. Vincenti (comune di Gaiole in Chianti) il cui territorio era stato annesso alla circoscrizione di S. Giusto a Nusenna.

3. CHIUSDINO Parrocchia di S. Michele Arcangelo (Comune di Chiusdino) Ex diocesi di appartenenza: Volterra

Un'antica pieve intitolata a S. Giovanni è ricordata nelle bolle di Alessandro III del 1171 e del 1179; nella prima si registra "castrum de Cluslino cum suis pertinentiis et plebe ac parochialibus ecclesiis". Apparteneva alla diocesi di Volterra e comprendeva nel suo plebanato dodici chiese e due monasteri. In data 23 dicembre 1212 è citato come rettore Tignoso Renaldi, canonico volterrano, mentre nel documento della "Universitas cleri" del 9 dicembre 1265 Piero, pievano di Chiusdino, risulta tra gli approvatori della "libra". La chiesa decadde nei secoli successivi e negli atti della visita apostolica viene menzionata come diruta da tempo immemorabile. Una chiesa dedicata ai SS. Giacomo e Martino, sita "iuxta muros de Closlino", è ricordata fin dal 1165. Con il solo termine di S. Martino e con il rettore ser Chele figura nella visita Allegretti del 1326. La visita apostolica della seconda metà del XVI secolo annota una "ecclesia parochialis S. Martini in dicto castro, perpetuo unita Congregationi Vallisumbrosae a tanto tempore quod excedit memoriam" con duecento anime da comunione e due monaci residenti. L'attuale parrocchiale di S. Michele Arcangelo ebbe origine da una cappella fatta erigere da un tal prete Luca, titolare della pieve di S. Giovanni, intorno al sec. XV all'interno delle mura castellane. La visita Cavalcanti del 1444 ci informa del trasferimento in essa avvenuto del fonte battesimale da parte del pievano Martino Neri, dal quale dipendevano quaranta famiglie. La visita apostolica del 1576 la cita come pieve unita a Luriano, con trecento anime da comunione. Passata alla diocesi di Siena nel 1954, è compresa nella forania di Val di Merse - Maremma. In Chiusdino esiste l'oratorio di S. Maria, chiamato "Casa di S. Galgano"; la compagnia laicale di S. Maria, ricordata fin dal 1348 quale beneficiaria di vari lasciti testamentari, risiede sopra l'oratorio di S. Galgano; sempre all'interno del castello si trovavano nel Cinquecento l'oratorio di S. Sebastiano e quello della Visitazione con cinquanta donne iscritte.

S. Mori, Pievi della diocesi di Volterra cit.

4. CHIUSDINO - MONTESIEPI Parrocchia di S. Galgano (Comune di Chiusdino) Ex diocesi di appartenenza: Volterra

Nel 1185 papa Lucio III dichiarò santo Galgano Guidotti (1148-1181) da Chiusdino che il vescovo volterrano Ugo Saladini aveva voluto sepolto accanto al masso con la spada-croce infilata, simbolo di religione e unico conforto alla solitudine ascetica del giovane cavaliere. Sul luogo sacro il medesimo presule ordinò la costruzione della cappella con annesso monastero, consacrata nel 1185. Ispirato a modelli romani, l'edificio fu completato nel Trecento, con la cupola in cotto con due anelli, quello inferiore dentellinato e il superiore in pietra. Sulla sommità la lanterna cieca seicentesca fu ideata come appoggio alla copertura in cotto che sostituì il rivestimento in piombo asportato e venduto dall'abate commendatario Girolamo Vitelli. Un atrio romanico è addossato alla rotonda e si apre con un arco imponente sul quale, sempre nel XIV sec. venne aggiunto il campanile in cotto. nel Settecento il marchese Feroni di Frosini addossò la canonica alla chiesa, ampliò il campanile e aggiunse in vari punti altre costruzioni esterne per usi agricoli, eliminate nel 1924 durante i restauri promossi dai conti Spalletti. I monaci cistercensi presero possesso del cenobio di Montesiepi subito dopo la morte di Galgano. Cresciuti di numero e risultando ormai insufficiente lo spazio sulla collina di Montesiepi, verso il 1224, sollecitati dal vescovo di Volterra, i religiosi iniziarono la costruzione della grandiosa abbazia resa potente nel prosieguo degli anni da donazioni e privilegi che permisero il suo ampliamento. L'ordine si diffuse in Toscana aumentando le proprie rendite economiche e consolidando un potere che nel Trecento risultava assai consistente. Già nel 1206 papa Innocenzo III aveva esentato i monaci dal pagamento delle tasse; Gregorio IX e Alessandro IV li avevano posti sotto la protezione pontificia e gli imperatori Enrico IV ed Ottone IV, non meno munifici, li avevano spinti a continuare nel campo delle loro ricerche scientifiche. Abili nella giurisprudenza e nella organizzazione economica e finanziaria, si erano inseriti nel territorio senese come apprezzati giudici, notai, medici e farmacisti nonché ambasciatori al servizio della Repubblica e valentissimi tecnici architetti ed idraulici. Alcuni di essi furono preposti alla Biccherna e come camarlinghi gestivano il tesoro dello stato; ebbero addirittura per un periodo di tempo libertà di battere moneta spicciola che recava impressa la spada nella roccia e il pastorale. Dalla seconda metà del Trecento per l'abbazia cominciò un lento ma progressivo decadimento, perdendo autonomia e diventando "commenda", ovvero beneficio personale di un titolare che, spesso vivendo altrove, si preoccupava di percepire gli introiti a scapito della conduzione e del mantenimento delle risorse affidategli. Il primo ad usufruire di tale privilegio fu nel 1503 il cardinale Federigo Sanseverino; nel 1559 Girolamo Vitelli, altro commendatario, lasciò andare in rovina i poderi, alienò libri ed oggetti preziosi, vendette le coperture in piombo dei tetti, causa primaria delle infiltrazioni piovane che portarono al crollo degli edifici, come ebbe a rilevare il conte di Montauto, governatore di Siena, nella sua relazione di denuncia al granduca. Anche i monaci cominciarono a diminuire: nel 1550 erano in cinque, uno solo rimaneva a S. Galgano nel 1576. Nel 1670 il complesso abbaziale, affidato ai Francescani Osservanti, sembrò riprendere vita; essi vennero sostituiti nel 1724 dai Vallombrosani della vicina abbazia Serena, i quali ben presto, per le scarse rendite, abbandonarono il luogo riconsegnato nel 1729 da Benedetto XIII ai Minori Osservanti che vi rimasero fino al 1786, anno della caduta del campanile sulla fatiscente chiesa. I beni del monastero passarono allora in enfiteusi perpetua ad una nobile famiglia dei dintorni e l'abbazia per oltre un secolo fu una cava inesauribile di materiali per i paesi dei dintorni. Negli anni venti del Novecento cominciarono i restauri per mantenere quanto era restato e intorno al 1930 alcuni Carmelitani tentarono di ridare vita ad una esperienza comunitaria in sito. Diversa fu la sorte dell'eremo di Montesiepi: restaurato e dichiarato pieve nel 1789, ebbe un parroco titolare nominato dal vescovo di Volterra fino al 1954, anno in cui è passato alla diocesi di Siena.

AA.VV. S. Galgano, Firenze 1998; A. CANESTRELLI, L'abbazia di San Galgano, Firenze 1896.

5. FRASSINI - CASTELLETTO Parrocchia di S. Lorenzo (Comune di Chiusdino) Ex diocesi di appartenenza: Volterra

La chiesa di S. Lorenzo di Borsolino, sita in località Castelletto, è ricordata nella bolla di papa Eugenio del 20 dicembre 1152 diretta alla badia della Serena. La visita apostolica del 1576 non la censisce come parrocchiale, ma annessa al S. Michele di Chiusdino. Eretta a parrocchia nel 1629, fu dotata dalla compagnia laicale di Chiusdino che ne godeva il giuspatronato. Nel 1932 la sede parrocchiale venne trasferita a Frassini e nel 1954 fu accorpata alla diocesi di Siena di cui attualmente è parte della vicaria di Val di Merse - Maremma.

S. MORI, Pievi della diocesi volterrana cit.

6. DOFANA Parrocchia di S. Ansano (Comune di Castelnuovo Berardenga) Ex diocesi di appartenenza: Arezzo

Nella località, secondo la tradizione, all'inizio del IV secolo sarebbe stato ritrovato il corpo di S. Ansano, l'evangelizzatore di Siena, poi ivi conservato in una cappella fino al 1108, quando venne trasferito in cattedrale. Il più antico ricordo di una "Ecclesia S. Ansani" risale alla metà del sec. VII in un documento relativo alla controversia tra i vescovi di Siena e Arezzo sul possesso di alcune pievi; da esso risulta che il tempio era appartenuto alla diocesi aretina fin dalla metà del sec. VI. In un atto del 715 si afferma che sarebbe stato restaurato dalle fondamenta dal gastaldo Willerat e da suo figlio Zotto che vi avrebbero costruito pure due altari. Intorno al 750 altri due vennero edificati per volontà di Vansperto e consacrati dal vescovo di Siena Ansfredo causando nuovi motivi di lite con il vicino presule. Ricordato da altri documenti di epoca medioevale, l'edificio venne segnalato tra le donazioni fatte dal conte Vinigi all'abbazia della Berardenga nell'867. Dal XII sec. le fonti storiche riportano notizie relative alla presenza nella zona di altre chiese intitolate allo stesso santo, la cui identificazione risulta assai difficoltosa. Nel 1504 la cappella versava in pessime condizioni ed alcuni anni dopo il vescovo di Arezzo ordinò di ricostruirla. I lavori furono diretti dalla Compagnia senese di S. Ansano alla quale il Comune aveva ceduto il giuspatronatao. La visita apostolica del 1575 la indica come regolarmente uffiziata e munita di due altari, uno dei quali andava demolito. Secondo quanto attestato da Repetti, nell'Ottocento la chiesa era "rovinosa da ogni lato per i larghi spacchi prodotti in quelle mura dall'avvallamento del sottostante terreno argilloso". Restaurata alla fine del secolo, così come più volte nel corso del Novecento, presenta ancora oggi gravi fessurazioni nella volta, nel pavimento e nelle murature. Sita in prossimità della cappella, la parrocchiale omonima fu al centro della contesa tra i vescovi di Arezzo e Siena, in epoca alto medievale. Restaurata nel 1198 secondo il Romagnoli, accoglieva un collegio canonicale che alcuni decenni dopo, nel 1228, entrò in lite con i conti della Berardenga per il possesso di una vicina torre. Nel 1380 l'edificio religioso sarebbe stato restaurato con l'attigua casa; una nuova riedificazione, con altri lavori di riattamento, avrebbero avuto luogo nel sec. XVI come attestato dagli atti delle visite pastorali dell'epoca. Nel 1676 dipendeva dalla Sapienza di Siena. Passata alla diocesi di Arezzo a quella di Siena nel 1978, ne fa attualmente parte, compresa nella forania di Siena centro.

AA.VV, Architettura nel Chianti senese cit., pp. 99-100; 238-240.

7. FROSINI Parrocchia della Madonna del Buonconsiglio (Comune di Chiusdino) Ex diocesi di appartenenza: Volterra
MALCAVOLO Parrocchia di S. Maria a Monti e di S. Giovanni Decollato (Comune di Chiusdino) Ex diocesi di appartenenza: Volterra


La località con il suo castello è citata nell'atto di fondazione dell'abbazia di Serena del 1004 fra i beni donati dal conte Gherardo tra cui compare una "ecclesia S. Michaelis Arcangeli". Nel privilegio di papa Eugenio III del 1152 è registrata come "chappella S. Michaelis de castro Frosino", mentre nel diploma imperiale di Federico Barbarossa a favore del suddetto monastero appare come "S. Michaelis de Frosinellum". Il 28 novembre 1288 il podestà del castello eletto dal vescovo di Volterra precettò alcuni popolani stilando l'atto nella chiesa stessa che, secondo lo Schneider poteva essere intitolata anche a S. Lorenzo martire. Secondo S. Mori il documento può essere letto anche in questi termini: "Il podestà eletto non era ancora accetto, tanto meno pacificamente insediato dentro le mura, per cui il luogo del precetto sarebbe la chiesa di S. Niccolò fuori le mura". La visita pastorale del 1327 ricorda il rettore Bonfigliolo della chiesa parrocchiale di S. Niccolò, la quale nel 1422 rientrava nella giurisdizione dell'abate di S. Galgano. La visita apostolica del 1576 registra "parochialem ecclesiam S. Nicholai fortilitii Frosini prope fortilitium unitam abbatiae S. Galgani ordinis Cistercensis" con 70 anime da comunione. L'ultimo abate commendatario di S. Galgano, cardinale Giuseppe Maria Feroni, affrancò il beneficio che cedette ai propri eredi, i quali, divenuti proprietari a tutti gli effetti dell'antico castello, esercitarono il patronato attivo sulla chiesa che risultava ridotta a semplice oratorio, mentre la titolarità parrocchiale era passata alla vicina antica pieve di S. Giovanni Battista a Malcavolo. Il curato della medesima, il 10 giugno 1786, fece istanza al granduca per ottenere sussidi per l'ampliamento dell'edificio, risultato insufficiente a contenere la popolazione; lo stesso marchese Leopoldo Feroni, "mosso da filantropico zelo e da religiosa pietà" mise a disposizione del vescovo di Volterra i propri beni per edificare in Frosini un nuovo tempio purché fosse traslata a Malcavolo la titolarità della propria cappellania sita nel castello e gli fosse concesso in perpetuo il patronato attivo sulla parrocchia con compenso adeguato "onde non dovesse restare esposto ad oneri più estesi di quelli che di presente sosteneva a favore di detta chiesa". Concluso l'accordo, con sovrano rescritto dell’8 aprile 1833 il marchese otteneva il permesso di edificare la parrocchiale, consacrata il 24 giugno 1841 e dedicata alla B. V. del Buonconsiglio. Nell'occasione venne pattuito un contributo di quaranta scudi annui da assegnare per metà al cappellano di Malcavolo e per l'altra parte al curato di Frosini per la manutenzione della canonica e arredi sacri della medesima. Passata nel 1954 dalla diocesi di Volterra a quella di Siena, è compresa attualmente nella forania di Val di Merse - Maremma e dal 1988 le è stato annesso il territorio della soppressa parrocchia di S. Bartolomeo a Pentolina.

S. MORI, Pievi della diocesi volterrana antica, in "Rassegna volterrana" LXVII

8. LURIANO Parrocchia dei SS. Giovanni Decollato e Biagio (Comune di Monticiano) Ex diocesi di appartenenza: Volterra
SCALVAIA Parrocchia di S. Giovanni Battista (Comune di Monticiano) Ex diocesi di appartenenza: Volterra


E' ricordata come pieve di S. Maria nelle bolle di Alessandro III del 1171 e del 1179. Succursale della pieve di Monticiano, risulta nella visita del 1327 pessimamente tenuta. La visita del 1507 la vede unita a S. Vincenzo de Fulguri e a S. Biagio a Scalvaia e quella del 1576 a S. Giovanni di Chiusdino "qua distat per tria miliaria, duobus fluminibus intermediis Mersa et Seggia nuncupatis". Assunta la titolazione dei SS. Giovanni e Biagio, continuò a far parte della diocesi volterrana fino al 1954, anno in cui fu annessa a Siena. Da alcuni anni la sede parrocchiale era stata trasportata a Scalvaia. La chiesa di S. Giovanni Decollato a Scalvaia, ricordata in un testamento del 1248, è menzionata con il nome di S. Biagio di Farma nel 1327 come appartenente al plebanato di Luriano. La visita del 1414 la indica "commensalis" della suddetta pieve di S. Vincenzo de Fulguri mentre quella del 1437 la descrive sotto il titolo dei SS. Biagio e Lorenzo di Farma. Nel 1507 era sempre annessa a Luriano e in buone condizioni, mentre S. Vincenzo minacciava rovina. Nel 1954 passò alla diocesi di Siena e negli anni precedenti aveva riunito nella propria sede la titolarità di Luriano. Attualmente è compresa nella vicaria di Val di Merse - Maremma.

Mori, Pievi della diocesi volterrana cit.

9. MONTALCETO Parrocchia dei SS. Alberto e Savino (Comune di Asciano) Ex diocesi di appartenenza: Arezzo

Nel luogo sorgeva anticamente un eremo reso famoso dal B. Alberto, nobile senese e monaco camaldolese che morì intorno al 1163. Confermato nel 1178 da Alessandro III alla giurisdizione di S. Agata d'Asciano, l'edificio seguì le sorti del locale castello appartenuto nel XII sec. alla famiglia Baronti e passato successivamente al comune di Siena che lo concesse in feudo ai Cacciaconti. Non conosciamo l'epoca di fondazione della parrocchiale che dalla visita pastorale compiuta nel 1596 dal vescovo di Arezzo risultava annessa alla vicina S. Gimignanello, Non disponeva della canonica per cui il parroco, inizialmente, risiedeva ad Asciano, Nel 1975 è passata alla diocesi di Siena e ha incluso dal 1986 il territorio della soppressa Montecalvoli. Comprende nel proprio circondario, oltre all'eremo citato, non più esistente, l'oratorio di S. Maria della natività della villa Oliviera, l'oratorio di S. Giovanni Battista presso gli ex bagni di Montalceto, l'oratorio privato di Poggio Pinci appartenuto alla famiglia Bargagli e l'oratorio del castello di Gallico.

AA.VV., Asciano cit.

10. MONTALCINELLO Parrocchia di S. Magno (Comune di Chiusdino) Ex diocesi di appartenenza: Volterra

L'esistenza della chiesa è documentata in un atto del 27 agosto 954 con cui il vescovo Boso permutava dei terreni presso il castello, corte di S. Magno, "iudicialia de plebe S. Joannis de Sorsano". Nel 976 il conte Rodolfo di Gherardo con altro atto pubblico ricevette garanzia da Orso di Azzo dei beni comprati a Serra, "prope castello de Trimali infra iudiciaria de plebe S. Mariae sito Sursciano". La medesima località è citata nel lodo con cui la contessa Matilde il 14 aprile 1100 accordava gli interessi tra Raginerio vescovo di Lucca e i figli del conte Ardingo. Del 1137 è la permuta effettuata tra il vescovo di Volterra Aldimaro che cedette parte di Montieri al vescovo senese Rainerio "contro tutto ciò che la chiesa della sua città habuit in territorio plebis nostrae S. Mariae, S. Johannis et S. Andreae de Sarciano". Forse intorno al 1290 il titolo della pieve di Sorciano fu traslato al nuovo tempio di S. Magno voluto dal vescovo Ranieri degli Ubertini. La visita del 1437 annota che la chiesa e la canonica erano state rovinate da un terremoto, ma nel 1444 i danni risultano risarciti. Passata nel 1954 dalla diocesi di Volterra a quella di Siena, è compresa attualmente nella forania di Val di merse - Maremma.

S. MORI Pievi della diocesi volterrana antica cit.

11. MONTAPERTI Parrocchia di S. Maria (Comune di Castelnuovo Berardenga) Ex diocesi di appartenenza: Arezzo

La località è citata in un documento della metà del VII secolo riguardante la chiesa di S. Ansano eretta a poca distanza dal castello ricordato a sua volta in una carta del 1108 in cui Berardengo di Alberico faceva donazione di numerosi beni tra i quali una porzione della corte di Dofana. Dagli inizi del sec. XIII risulta inscritta nel sistema amministrativo del Comune di Siena che provvide intorno alla prima metà del Quattrocento alla costruzione di un sistema fortificato per una spesa di circa trecento fiorini. Negli elenchi delle decime dei sec. XIII e XIV figura una chiesa dedicata a S. Maria, suffraganea della pieve di Pacina, registrata come sede parrocchiale dal Seicento. Dagli atti della vista pastorale compiuta dal vescovo di Arezzo nel 1829 è indicata come edificio in pessime condizioni e prossimo al crollo. Pochi anni dopo le funzioni della chiesa passarono alla vicina cappella di Montaperti appositamente ricostruita nel 1836-1837 su progetto di Francesco canale per iniziativa del marchese Brignole Sale, proprietario, con una sovvenzione governativa. In una visita successiva del 1867 il vescovo Giusti rilevava il cattivo stato del nuovo tempio che necessitava di urgenti restauri alla cupola. Il moderno inventario delle opere architettoniche site nella circoscrizione del Comune di castelnuovo Berardenga riporta la seguente descrizione dell'edificio: "a pianta centrale allungata, è costituito da un nucleo ottagonale a lati disuguali, tre basse cappelle a terminazione piana disposta a trifoglio, un atrio praticato e una cupola con tiburio. la muratura è intonacata. la copertura è a piramide a otto falde sul tiburio concluso da una lanterna ottagonale e a capanna sulle altre strutture. L'atrio è costituito da tre ampie arcate impostate su pilastri modanati e sormontati, nella facciata, da un timpano triangolare. Il portale di ingresso è sormontato da una lapide indicante l'anno di costruzione, l'architetto e i committenti. Sul retro è un'altra targa con la data 1837. L'interno, completamente intonacato, è coperto con una volta a padiglione sul corpo centrale e con volte a sesto ribassato sulle cappelle... ". La chiesa, passata nel 1978 dalla diocesi di Arezzo a quella di Siena, è compresa nella forania di Siena centro.

AA.VV., Architettura nel Chianti senese, Siena 1996, pp. 184-185, 238-239.

12. MONTECALVOLI Parrocchia dei SS. Giacomo e Cristoforo (Comune di Asciano) Ex diocesi di appartenenza: Arezzo

Castello ben fortificato cinto di mura con torri e bastioni, è ricordato fin dal 1119. Nel 1175 passò dalla signoria scialenga alla repubblica di Siena e fu sede di un piccolo comune con parrocchia titolata ai SS. Iocopo e Cristoforo. Accorpata alla diocesi di Siena nel 1975 e soppressa, dal 1986 è stata unita con il proprio territorio a Montalceto.

AA.VV., Asciano centro delle crete senesi, Firenze 1998.

13. MONTICIANO Parrocchia dei SS. Giusto e Clemente (Comune di Monticiano) Ex diocesi di appartenenza: Volterra

Dominata fin dal XII secolo dalla potente consorteria degli Ardengheschi, la zona di Monticiano appare dai documenti come territorio di confine sottoposto all'influenza diretta o indiretta della nobile prosapia. Alla fine del 1100 la famiglia dei Lombardi o Lambardi, forse vassalli dei signori sopra citati, esercitava il proprio potere sul castello. Tuttavia, nonostante l'appartenenza alla diocesi volterrana, quel comune non divenne titolare dei diritti giurisdizionali del distretto, esercitati da Siena fin dal Duecento. E' da ipotizzare che proprio l'atto di sottomissione prestato dagli Ardengheschi nel 1179 a Siena, abbia influito nel far gravitare Monticiano nella sua orbita. La bolla di papa Alessandro III del 1171 segnala ivi esistente una pieve sottoposta al vescovo di Volterra, il quale non si oppose alcuni anni dopo, nel 1189, al trasferimento a favore del vescovo Bono di Siena della potestà sulla chiesa. Agli inizi del Duecento il presule Pagano reclamò e ottenne il diritto perduto. Pressappoco a partire dalla fine del XII secolo si perdono le tracce dell'antica pieve e viene citata dai documenti una canonica dedicata ai SS. Giusto e Clemente che costituirà la parrocchiale all'interno del nuovo castello di Monticiano. Essa, nel 1954, passò a Siena di cui fa attualmente parte, compresa nella forania di Val di Merse - Maremma. Il territorio di Monticiano accolse in epoca medioevale tre eremi. Nati come aggregazioni di fedeli che vivevano comunitariamente dedicandosi ad attività produttive, rappresentano esperienze di religiosità inserite nel tessuto sociale che andavano ben oltre l'organizzazione monastica tradizionale. In essi si lavoravano minerali ferrosi come stanno a dimostrare le scorie ritrovate in prossimità dei medesimi e degli altri insediamenti ecclesiastici siti nelle colline metallifere. L'eremo di S. Pietro a Rondinaia, nel poggio di Camerata, originatosi nella seconda metà del XII secolo, in un'epoca vicina a quella in cui S. Galgano si ririrò a Montesiepi, costituì il primitivo nucleo di cenobiti da cui si formerà, in seguito alle mutate condizioni storiche, la comunità agostiniana di Monticiano. Il luogo stesso aveva i requisiti necessari ai bisogni del gruppo: sito in un pianoro vicino ad una sorgente di acqua potabile, era in prossimità di giacimenti ferrosi; inoltre si trovava al centro di un bosco indispensabile per potersi procurare il carbone necessario alla produzione del ferro, venduto certamente sul mercato locale che doveva servire da punto di riferimento per quanto necessitava alla vita di quella comunità. L'attività lavorativa dell'eremo proseguì quasi certamente fino al primo lustro del Duecento, quando il sistema di lavorazione, troppo arcaico, venne ad essere superato dalle nuove tecnologie siderurgiche. Da allora è ipotizzabile che all'assistenza sociale e religiosa della popolazione sia andata ad affiancarsi l'amministrazione del consistente patrimonio fondiario, accumulato con lasciti e donazioni, da cui si traevano le risorse per le attività di sostentamento. nel periodo che prelude alla grande crisi del sec. XIV, i monaci di Camerata, passati al centro abitato, furono vicini ai bisogni spirituali della nuova realtà urbana con modalità e funzioni completamente diverse dalle precedenti. Non più imprenditori, avevano lasciato la conduzione diretta degli antichi campi che risultano dagli estimi del primo Trecento già abbandonati. Il monastero agostiniano con chiesa dedicata ai SS. Pietro e Paolo, fondato tra il 1288 e il 1289, comportò il progressivo trasferimento dei religiosi a Monticiano e il conseguente deterioramento delle strutture dell'eremo, ricostruito due secoli più tardi. Il 14 aprile 1291 fu posta la prima pietra del convento del borgo alla presenza del vescovo Ranieri di Volterra. I lavori proseguirono nel secolo successivo per concludersi nel 1380 a spese della famiglia Azzoni. Il complesso si compone di vari corpi di fabbrica, sala capitolare, cucina, refettorio al piano terreno e dormitori al piano superiore, articolati attorno ad un chiostro e affiancati dalla chiesa. Lo schema planimetrico ricalca l'iconografia tradizionale dei conventi degli ordini mendicanti, cui furono aggregati gli Agostiniani dal 1243. Venne soppresso nel 1782 e in parte passò a privati.

M. ASCHERI - M. BORRACELLI, Monticiano e il suo territorio, Siena 1997; AA.VV., Lecceto e gli eremi agostiniani in terra di Siena, Cinisello Balsamo, 1990.

14. PATERNO Parrocchia di S. Fedele (Comune di Radda in Chianti) Ex diocesi di appartenenza: Colle di Val d'Elsa

Il castello omonimo è ricordato per la prima volta quando il legato imperiale Cristiano di Magonza intorno al 1171 scese in Italia per ridurre all'obbedienza le città guelfe. La valle di Paterno faceva parte allora del feudo dei Firidolfi che lo avevano ricevuto come ricompensa della loro fedeltà al marchese Ugo di Toscana. Andato distrutto nel corso delle lotte tra Senesi e Fiorentini e ricostruito almeno in parte, fu nel secolo XIII sottomesso al governo della repubblica di Siena. La prima notizia storica sulla canonica di S. Fedele a Paterno risale al 12 febbraio 1222 quando il vescovo senese Buonfiglio, allo scopo di togliere le usure che gravavano sul vescovado, con il consenso dei canonici e con il permesso di papa Onorio III vendette a Guicciardo, priore della chiesa chiantigiana, un podere sito nella vallata. Insieme ad altre undici parrocchie della zona, Paterno faceva parte del plebanato di Pievasciata e godeva nella seconda metà del Duecento di una florida situazione economica. Il basso medioevo è assai avaro di notizie sulla canonica, come conferma il verbale redatto dal notaio della Curia vescovile di Siena, che, in occasione della visita effettuata dal vescovo Antonio Casini il 7 novembre 1410, annotò di non averla visitata. La visita apostolica di Francesco Bossi del 1575 la descrive retta da Bernardo Squarcialupi cittadino fiorentino e con l'annesso di S. Romolo, ex parrocchiale. Nel 1592 la chiesa di S. Fedele venne incorporata nella nuova diocesi di Colle di Val d'Elsa e fu visitata due anni dopo. Dalla brevissima relazione si conosce che era priva di rettore a causa di una lite vertente tra Leandro Squarcialupi e Nerino Ricasoli, aveva trecento scudi di reddito e contava centocinquanta anime, mentre S. Romolo mancava di tutti gli arredi sacri eccezion fatta per la croce. Nel 1986, in seguito alla unione delle diocesi di Siena, Colle e Montalcino, la parrocchia tornava giudiricamente alla primitiva collocazione, ma con la soppressione l'edificio perdeva la sua originaria funzione e il territorio veniva accorpato al distretto di S. Cristoforo a Vagliagli. (Ringrazio Mino Marchetti per le notizie fornitemi).

15. TOCCHI Parrocchia di S. Maria Assunta (Comune di Monticiano) Ex diocesi di appartenenza: Volterra

La chiesa risale alla seconda metà del XII secolo. Citata nelle bolle pontificie del 1171 e del 1187 come "plebem de Tocle", fu nel prosieguo dei tempi dedicata a vari santi. In un documento del 1259 figura titolata ai SS. Michele e Biagio, mentre nel 1374 a S. Giovanni e nel 1414 a S. Maria, termine quest'ultimo riconfermato nella visita del 1444. Era allora rettore Luca di Giunta da Mensano e contava circa sessanta anime. La visita apostolica della seconda metà del Cinquecento la censisce sita in luogo montano,con cinquanta anime da comunione, aggiungendo che dipendeva da Montalcinello nell'uso degli oli sacri e che vi prestava servizio il curato di S. Lorenzo a Merse. Passata dalla diocesi volterrana a Siena nel 1954, dal 1988 il proprio territorio è stato accorpato dopo la soppressione al distretto parrocchiale di Iesa, facente parte della forania di Val di Merse - Maremma.

S. MORI, Pievi della diocesi volterrana cit.

16. TORRE A CASTELLO Parrocchia di S. Maria e S. Clemente (Comune di Asciano) Ex diocesi di appartenenza: Arezzo

Antico dominio di Cacciaconti, pervenne alla Repubblica senese nel 1197, quando i feudatari giurarono fedeltà al comune e ne divennero cittadini. Subì la distruzione da parte delle armate firentine, vittoriose sui senesi a Montalto, rimanendo comunque sotto la giurisdizione dei medesimi che vi tennero un podestà fino al 1271, sostituito da un vicario nel 1342. Passato alla potesteria di Castelnuovo Berardenga, il castello ebbe a soffrire gravi danni nel 1369 causati dai fuoriusciti senesi ivi arroccatisi contro il governo. Venuto in possesso della nobile famiglia dei Buoninsegni, fu da essa ceduto nel 1472 a Giacomo di Giovanni Pieri da Grosseto. Per essere facile e continuo ricovero di ogni sorta di malfattori, la Balia, con deliberazione del 17 aprile 1527, ne ordinò la demolizione. Le poche case rimaste furono nel 1554 totalmente distrutte da un distaccamento militare durante la guerra contro l'esercito di Carlo V. La prima parrocchiale dedicata a S. Salvatore e compresa nel plebanato di S. Vito in Verzuris, subì la sorte del castello; della seconda metà del XV secolo è l'attuale chiesa di S. Maria nel cui distretto sono compresi i territori delle soppresse canoniche di Monte Cerconi e di Giomoli. Passata nel 1975 dalla diocesi di Arezzo a Siena, le è stato assegnato nel 1988 il territorio della soppressa S. Vito in Verzuris, ex primaziale, ed è compresa nella forania della Val d'Arbia.

"Miscellanea storica senese" III (1895) Ristampa anastatica Poggibonsi 2004, pp.44.

17. S. VITO IN VERZURIS Parrocchia di S. Vito (Comune di Asciano) Ex diocesi di appartenenza: Arezzo

Ricordata in un documento del 715 come suffraganea di S. Agata in Asciano, fu fondata lungo il percorso della Scialenga uno dei tanti rami della Francigena, in epoca altomedievale. Il nome stesso ricorda il territorio di cui fu fondamentale riferimento dal punto di vista ecclesiastico come pieve e anteriormente come collegiata. Per la vicinanza al catello di Monte Sante Marie ne subì in gran parte le vicende: fu coinvolta nella lotta tra i conti Scialenghi e la repubblica senese per il dominio sulla valle d'Ombrone fino a che, intorno alla seconda metà del secolo XII, fu sottomessa da quest'ultima a cui rimase legata politicamente nelle epoche successive. Appartenne comunque, insieme al distretto circostante, alla giurisdizione vescovile di Arezzo fino al 1975 quando, passata a Siena e soppressa pochi anni dopo, fu unita alla parrocchia di S. Maria a Torre a Castello. S. Bartolomeo a Monte Sante Marie, suffraganea della pieve di S. Vito in Verzuris, faceva parte dell'insediamento castellano omonimo costituitosi intorno al X secolo. Un'antica chiesa dedicata a S. Maria Maddalena, poi adattata ad oratorio di una compagnia laicale, doveva esistere nel sito in epoca anteriore alla fondazione dell'attuale edificio di culto le cui prime testimonianze rimandano alla fine del XVI sec. Dalle visite compiute dai vescovi di Arezzo nel corso del Seicento si ricava l'immagine di un tempio bisognoso di manutenzione, al servizio di una comunità povera e spesso non in grado di mantenere il decoro prescritto dai canoni riguardo alle suppellettili sacre. E' citato spesso con la cappella di S. Maria Maddalena e con uno spedaletto di S. Maria delle Nevi, probabilmente coevo alla nascita del castello, con funzioni di alloggio per i pellegrini che percorrevano in epoca medioevale l'importante tracciato viario della Scialenga. Gli atti delle visite successive sottolineano il lento degrado subito dalla costruzione, sottoposta ad una serie di piccoli rimaneggiamenti fino al restauro settecentesco, con la trasformazione barocca, e l'intervento dei primi del Novecento, con la scialbatura dell'interno e la ristrutturazione della facciata. Da allora è rimasta aperta al culto fino a tutti gli anni Settanta, ma per l'assoluta mancanza di manutenzione, minacciando di crollare, è stata abbandonata definitivamente come denunciava il Comitato pro Monte Sante Marie (costituitosi nel 1988 e riconosciuto dall'arcivescovo Mario Ismaele Castellano) sorto per ridare vita allo splendido e dimenticato borgo rurale.

AA.VV., Per il restauro della chiesa di S. Bartolomeo a Monte Sante Marie, Siena 1989.