www.ilpalio.orgwww.ilpalio.org

- STORIA DELLE PARROCCHIE EXTRA-MOENIA DI SIENA -
A CURA DEL PROF. FRANCO DANIELE NARDI

1. ALBERINO Parrocchia di S. Francesco d'Assisi (Comune di Siena) Vicaria foranea del Bozzone Forania attuale: Siena centro

Anticamente era una piccola chiesa dedicata ai SS. Giacomo e Filippo, circondata dai boschi e isolata dalla città. La tradizione vuole che venisse visitata nel 1212, nel 1216 e nel 1226 da S. Francesco d'Assisi che vi istituì un gruppo di confratelli i quali crescendo di numero, col passare degli anni, ottennero dal papa Gregorio IX nel 1236 di trasferirsi nella primitiva sede della parrocchia urbana di S. Pietro a Ovile. Il luogo, legato alla memoria del santo, non venne comunque abbandonato e il papa Niccolò IV, nel 1290, lo decorò di speciali indulgenze, essendo stata ampliata la chiesa e reso più agevole tutto il romitorio. Al 1318 risale la donazione effettuata da Francesco di Dino di Spontoncino cittadino senese del popolo di S. Pietro a Ovile ai Francescani del terreno circostante l'eremo per custodire il leccio che secondo la tradizione risaliva ai tempi del santo d'Assisi. Vari lasciti nel corso dei secoli permisero il mantenimento dello stabile e l'uffiziatura del santuario che nel 1613 fu addirittura posto sotto la protezione sovrana. Dopo la soppressione dei religiosi conventuali del 1810 il luogo restò abbandonato fino al 1825, quando il professor abate Luigi De Angelis, proposto della Collegiata di Provenzano, lo riscattò facendolo restaurare e ridonandolo al pubblico culto l'anno successivo. Dopo la sua morte, nel 1836, la chiesa fu acquistata dal chirurgo Andrea del fu Orazio Peruzzi, oriundo di Cortona domiciliato in Siena ed ex religioso francescano, che ne affidò l'uffiziatura ai padri dell'Osservanza, curando il restauro generale dello stabile e l'erezione dell'oratorio a parrocchia formalmente decretata dall'arcivescovo Giuseppe Mancini il 24 maggio 1844. Con altro decreto addizionale del 16 dicembre dello stesso anno furono sanzionati gli obblighi che il fondatore intendeva imporre ai rettori e il presule assegnò alla nuova istituzione la giurisdizione di buona parte di case e poderi smembrati dalla parrocchia di S. Eugenia. Il 17 gennaio del 1854 vi fu eretto il fonte battesimale e il 16 settembre la chiesa, ampliata e resa funzionale, venne solennemente benedetta da monsignor Domenico Mensini vescovo di Grosseto. Il 7 dicembre 1960 fu consacrata la nuova parrocchiale dedicata al Cuore Immacolato di Maria nella cui erezione profuse le sue forze il sacerdote Francesco Lorenzini. Reso necessario dall'incremento urbanistico, il tempio moderno è attivo come parrocchia compresa nella forania di Siena Centro con succursale l'antico oratorio francescano. Anticamente sul poggio di Ravacciano si trovava un convento di Francescane del titolo dei SS. Maria e Damiano. Raccomandate nel 1227 dal pontefice Gregorio IX a fra Pacifico, custode dell'eremo dell'Alberino, le suore, dette le Racchiuse, furono sovvenute dalle elemosine dei fedeli e dal governo senese. Lo stesso vescovo Tommaso Balzetti, nel 1256, chiese per esse contributi pubblici finché l'anno successivo, essendo vacata la parrocchia di S. Lorenzo alle Vigne poco distante, vennero in essa trasferite dal papa Alessandro IV. Nel nuovo monastero rimasero fino al 1783, quando si accorparono alle altre di S. Niccolò presso porta Romana.

G. MERLOTTI, Memorie storiche delle parrocchie suburbane della Diocesi di Siena (a cura di M. MARCHETTI), Siena 1995 (= G. MERLOTTI), pp. 55-59; L. DE ANGELIS, Storia dell'Arbolo di S. Francesco, Siena 1827; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 129, 187, 193.

2. ARDENGA (ABBADIA) Parrocchia di S. Andrea Apostolo (Comune di Montalcino) Vicaria foranea di Buonconvento Forania attuale: Amiata-Montalcino

Fu antica pieve e abbadia dei monaci vallombrosani di pertinenza della diocesi aretina. Il nome di Ardenga, secondo le fonti, sarebbe derivato dal conte Ardengo di Ranieri della potente famiglia degli Ardengheschi, proprietaria di gran parte dei castelli della Maremma toscana e del feudo di S. Quirico. Nel 1464 il pontefice Pio II, con bolla emanata da Petriolo il 15 aprile, assegnò gran parte dei beni dell'Abbadia come finanziamento alla cattedrale di Montalcino, altri alla mensa capitolare dello stesso luogo, altra parte alla mensa arcivescovile di Siena (i poderi della Befa), altri convertiti in moneta, per l'impresa di Terra Santa, i rimanenti, infine, per fondare una commenda di giuspatronato della nobile famiglia Tuti. Con la morte del papa gran parte delle disposizioni non andarono ad effetto, per cui i canonici di Montalcino rimasero privi dei beni loro promessi che vennero invece gestiti dagli abati commendatari fino all'ultimo di essi, il cardinale diacono Gregorio Salviati che vi rinunciò intorno al 1780. Due anni dopo la commenda fu soppressa da Pio VI e il granduca Pietro Leopoldo attribuì le rendite ai canonici di Montalcino, ma essendosi generate alcune vertenze all'interno del collegio capitolare, ne fece beneficiario il vescovo pro tempore con l'obbligo del mantenimento dei rettori e degli stabili. La cura rimase sempre di pertinenza della diocesi di Siena anche dopo il decreto del 30 luglio 1783 che ne rimetteva il giuspatronato alla mensa vescovile di Montalcino e nel 1844 vi fu eretto il fonte battesimale. Il 5 agosto 1986 la parrocchia è stata soppressa e il territorio dal 1988 fa parte della cura di S. Lorenzo in S. Pietro di Montalcino compresa nella forania Amiata-Montalcino.

G. MERLOTTI cit., pp. 49-51; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 50, 129, 184, 193; L. MARRI MARTINI, L'Abbadia Ardenga in "B.S.S.P." XLV (1938), pp. 93-100.

3. BAGNAIA Parrocchia dei SS. Vincenzo e Anastasio (Comune di Murlo) Vicaria foranea di Corsano Forania attuale: Maremma - Val di Merse

Scarsi sono i documenti relativi alla parrocchia la quale dovette essere di antica istituzione. Nel diploma dell'imperatore Enrico IV dato in Roma il 4 giugno 1081 e diretto all'abate del monastero di S. Eugenio è citata la chiesa di S. Anastasio in Haniaria il cui toponimo potrebbe rimandare alla nostra Bagnaia. Certo è che i rettori dipendevano dai Benedettini di S. Eugenio il cui patronato venne riconfermato dai diplomi di Federico I nel 1182 e nel 1185 e dalle bolle di Alessandro III e di Innocenzo III. Nelle prime decadi del secolo XIV è probabile che cessassero i diritti esercitati fino ad allora dalla potente istituzione religiosa sulla parrocchia che, come altre , risentì della forte crisi economica e demografica che investì la campagna senese nella seconda metà del Trecento. Con decreto del 31 luglio 1425 Pietro da S. Pietro, vicario generale del vescovo Antonio Casini, unì a Bagnaia la chiesa dei SS. Quirico e Giulitta alle Stine per le difficoltà di sostentamento dei parroci. Nel 1445 il conte Niccolò di Iacopo di Galgano Bichi acquistò dai fratelli ser Antonio notaro e Cione speziale, figli del fu Giovanni di Tura da Bagnaia, la proprietà del luogo e da allora la nobile famiglia divenne sostenitrice del culto e del mantenimento della chiesa. Nel 1574 il cardinale Alessandro Bichi vi volle eretta una congregazione sotto il titolo dell'Annunziata e nel corso dei secoli altri componenti dotarono gli altari e vi fondarono cappellanie per assicurare il servizio religioso e le doti alle fanciulle povere della zona. La chiesa, annessa a S. Rocco a Pilli, è tuttora ente ecclesiastico civilmente riconosciuto compreso nella forania Maremma - Val di Merse. Del territorio faceva parte la parrocchiale dedicata ai SS. Quirico e Giulitta alle Stine, nominata dai documenti dei primi anni del secolo XII, ma certamente assai più antica. Il castello omonimo apparteneva al gastaldo longobardo Warnefrit che lo assegnò con il vicino villaggio di Feriano (oggi scomparso) ed altri possessi all'abbazia di S. Eugenio nel 730. La chiesa subì certamente le distruzioni che il luogo ebbe a soffrire nella seconda metà del Quattrocento, per ordine del governo di Siena, e nel secolo successivo quando, in occasione della guerra contro gli imperiali di Carlo V i contadini uccisero il prete Iacopo genovese, cappellano di Bagnaia rifugiatosi alle Stine, che aveva appiccato il fuoco alla salmeria per salvarsi dai suoi persecutori come riferisce Alessandro Sozzini. Impoveritesi le rendite già alla fine del Trecento, la parrocchia fu accorpata a Bagnaia nel 1411; due anni dopo a Mugnano; nel 1425 ancora a Bagnaia e ad essa definitivamente nel 1438. Quando nel 1575 il visitatore apostolico Francesco Bossi vi fece il sopralluogo, la trovò in pessimo stato e ne ordinò il restauro entro due anni. Nel 1598 la chiesa era agibile ma scarsamente dotata di apparati liturgici. Il problema delle entrate di quel beneficio, che non permettevano l'acquisto degli arredi e l'accantonamento di risorse per la manutenzione ordinaria, fu evidenziato nel corso del Seicento dai vari visitatori, colpiti dal miserabile stato della costruzione. Di volta in volta i presuli che la videro ordinarono qualche restauro alle strutture murarie perché non crollassero del tutto, fino a che, per decreto dell'arcivescovo Anton Felice Zondadari, alla fine del Settecento venne sconsacrata, trasferendo gli obblighi alla cappella della Natività della Vergine fatta edificare dai marchesi Ballati Nerli alle Stine Alte. Qui esisteva anche un oratorio dedicato a S. Antonio, pure annesso a Bagnaia, che nel 1649 minacciava di cadere.

G. MERLOTTI cit., pp. 59-62; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 52,53,129,151,185,194,212; F. D. NARDI, Il reticolato ecclesiastico e le sue emergenze in età moderna, in AA.VV., Tra Siena e il Vescovado: l'area della Selva, Siena 1997, pp. 365-475.

4. BARONTOLI Parrocchia di S. Pietro (Comune di Sovicille) Vicaria foranea di Barontoli Forania attuale: Maremma - Val di Merse

Anticamente prioria dei monaci benedettini del monastero di S. Eugenio, ebbe forse verso la fine del secolo XIII un rettore autonomo, direttamente di nomina vescovile. Incorporò le popolazioni delle due parrocchie dei SS. Nicola e Lucia e SS. Giacomo e Cristoforo di Viteccio quando, soppresse nel corso della seconda metà del Trecento, i loro beni confluirono in altrettante prebende canonicali. La chiesa fu elevata alla dignità di vicaria foranea dal cardinale Francesco Maria Tarugi arcivescovo di Siena con decreto emanato il 31 ottobre 1598 e le vennero assegnate come subalterne le cure di Fogliano, Monsindoli, Ginestreto, Volte, Cerreto Selva, Montecchio e S. Bartolomeo a Pilli. Intorno alla metà del secolo XVIII gli edifici furono oggetto di consistenti restauri da parte dei rettori Giulio Massi e Francesco Fanti che curarono anche l'abbellimento interno della chiesa. Attualmente attiva come parrocchia, risulta ente ecclesiastico civilmente riconosciuto compreso nella forania Maremma - Val di Merse. Del territorio facevano parte le antiche parrocchiali dedicate ai SS. Giacomo e Cristoforo e Niccolò e Lucia poste nel distretto di Viteccio, ambedue di giurisdizione del Capitolo metropolitano. La prima, col titolo di rettoria, fu governata da un titolare prescelto dal canonico beneficiario fino al Cinquecento. Il 28 febbraio 1565 l'arcivescovo Francesco Bandini Piccolomini, esaminatene le scarse condizioni economiche la unì a Barontoli con l'obbligo da parte di quel curato del pagamento di un censo annuo di libbre tre di cera bianca lavorata alla mensa. In occasione della visita pastorale compiuta nel 1614 da Fabio Piccolomini, vicario del presule Metello Bichi, i parroci di Barontoli e di Cerreto Selva concordarono, per motivi di governo spirituale, di richiedere l'annessione della chiesa di Viteccio a Cerreto, anche se pochi anni dopo, nel 1697, se la scambiarono nuovamente. Nel 1780, ridotta in pessime condizioni, fu demolita. L'altra sotto il titolo dei SS. Niccolò e Lucia disponeva di rendite acquisite da lasciti degli abitanti del posto, che nel 1357 furono in parte vendute dal vescovo Azzolino Malavolti. Ebbe un sacerdote amovibile nominato dal presule fino al Trecento, quando associata alla prima fu uffiziata da quel titolare. Nel 1575 l'edificio era trasandato e veniva usato poche volte al mese. Nel 1614 l'arcivescovo Petrucci vi riunì l'obbligo delle messe della soppressa parrocchiale dei SS. Giacomo e Cristoforo, dato che tre anni prima il Capitolo metropolitano l'aveva concessa in uso alla famiglia Turamini, proprietaria del vicino palazzo. Passata nel 1738 ai Martelli e quindi ai Franceschini, vi si celebrava la tradizionale festa di S. Lucia. Nel 1797 il cardinale Anton Felice Zondadari concesse alla popolazione un'indulgenza di quaranta giorni da lucrarsi la seconda domenica di ottobre. Nel perimetro parrocchiale era compresa la cappella di S. Marta a Quove fondata da Marta Fazioni di Murlo, vedova di Giacomo Gigli, nel 1631. Ridotta in pessimo stato, con decreto del 26 maggio 1829 l'ordinario la interdiceva aggiudicandone i materiale e i diritti al parroco di Fogliano che vendeva il sito ad Anna Barucci di Siena e impiegava i mattoni del distrutto oratorio per costruire il nuovo cimitero della sua cura. G. MERLOTTI cit., pp. 62-67; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 53,129,156,185,194,210; F. D. NARDI, Il reticolato ecclesiastico e le sue emergenze in età moderna, in AA.VV., Tra Siena e il Vescovado cit., pp. 365-475.

4. BASCIANO Parrocchia di S. Giovanni Evangelista (Comune di Monteriggioni) Vicaria foranea di Monteriggioni Forania attuale: Siena Nord

Una prima memoria della chiesa è il lodo pronunciato nel 1181 relativo alla vertenza insorta tra la badessa di Montecellesi e l'altra del monastero di S. Maria in Colle nel Chianti in merito alla loro elezione. I quattro arbitri nominati a dirimere la questione - Ugo abate di Abbadia a Isola, Ranieri priore di S. Frediano di Lucca, Buono preposto della chiesa senese e Rustico canonico della Metropolitana - si riunirono nella chiesa di S. Giovanni Evangelista di Quercegrossa (=Basciano) e decisero di attribuire il giuspatronato di S. Maria in Colle al monastero di Montecellesi. G. Merlotti ipotizza una prima esistenza della parrocchiale del territorio vicino a Quercegrossa e precisamente nei pressi del podere La Capannetta della nobile famiglia Parigini, sia per la mancanza assoluta di documenti comprovanti la memoria di una chiesa dedicata a S. Giovanni Evangelista nella zona citata dal lodo, sia per la presenza tanto massiccia di "uno strato di cadaveri sparsi per lungo tratto, ossami e rottami di terracotta da impedire ancora la coltivazione del terreno; segno questo, se vuolsi, di un antico cimitero ivi rimasto dopo la traslazione della chiesa nel castello di Basciano o di qualche catastrofe in tempo di guerra ivi seguita come in altre chiese di questi pressi". Di patronato dei Piccolomini, dal 1266 ne eleggevano il rettore, anche se spettava al pievano di Lornano, per privilegio accordatogli da Innocenzo III, l'amministrazione e la nomina del curato in tempo di vacanza. In seguito ai guasti provocati dalle armate di Arrigo VII, la parrocchia ebbe a soffrire di un periodo di decadenza fino a che Donusdeo Malavolti, vescovo di Siena, permise nel 1323 al sacerdote Giovanni la vendita di alcuni beni da impiegare nel restauro degli stabili. Altro non meno grave assalto fu quello subito dal castello nel 1389 ad opera dei Fiorentini che inseguirono il capitano senese Paolo Savelli seminando distruzione fini a Fontebecci.Per le rendite che non permettevano il mantenimento del curato, il 16 dicembre 1411 Basciano fu temporaneamente unita alla parrocchia di S. Marco di Siena per poi tornare autonoma alcuni anni dopo, grazie alla donazione effettuata da Biagio di Domenico da Ravacciano e dalla consorte Bartolomea di un campo situato nel luogo detto Corpo Santo, per supplire alla spesa di manutenzione della chiesa, comprese le pitture che vi si dovevano eseguire. Nel secolo XVIII gli edifici furono restaurati integralmente a cura dei patroni e nel 1801 il cardinale Anton Felice Zondadari vi eresse il fonte battesimale. Erano annesse al suo popolo due parrocchiali anticamente soppresse: SS. Fabiano e Sebastiano di Larginano e S. Stefano a Ripa, ambedue poste sotto il giuspatronato delle monache di Montecellesi nel secolo XII ed unite a Basciano rispettivamente nel 1474 e nel 1425. Attualmente la chiesa risulta ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, attivo come parrocchia e compreso nella forania di Siena Nord.

G. MERLOTTI cit., pp. 67-74; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 54, 130, 156, 185.

6. BIBBIANO Parrocchia di S. Lorenzo (Comune di Buonconvento) Vicaria foranea di Buonconvento Forania attuale: Val d'Arbia

Nel 1216 rientrava sotto il giuspatronato dell'abbazia di S. Antimo da cui passò al vescovado di Siena alla fine del secolo divenendo di libera collazione. Nella chiesa si riunivano due compagnie laicali sotto il titolo dell'Assunta e del Nome di Gesù, erette rispettivamente nel 1575 e nel 1601, che curavano l'allestimento di feste religiose in particolari ricorrenze. Arricchita dai lasciti testamentari degli abitanti del luogo, continuò la sua funzione fino al 1820, quando venne demolita dalle fondamenta a causa del precario stato di conservazione. La nuova fabbrica sorse per volontà del rettore Giovanni Fazi e della famiglia Chigi, proprietaria del castello di Bibbiano, nel sito dove tuttora si trova e il 24 giugno 1819 lo stesso arcivescovo cardinale Anton Felice Zondadari presenziò alla cerimonia della benedizione della prima pietra. L'architetto Alessandro Doveri diresse i lavori che continueranno fino al 1824, vedendo il diretto interesse del granduca Ferdinando III di Asburgo Lorena, ospite con la figlia il 21 agosto 1823 nella tenuta. Purtroppo, a causa della conformazione cretacea del suolo, il luogo prescelto, come il precedente, si rivelò problematico per la statica della costruzione. Il parroco ricordò nelle sue memorie: "circa il 1827, accusando qualche patimento specialmente nella chiesa, fu stimato prudenziale porvi due catene, l'una lungo il muro divisorio e l'altra all'arco di mezzo, ma non fu compenso bastante, per cui convenne porne altre. A discarico dei deputati per tale omissione è la pretesa di essi che fu colpa dell'ingegnere e del capomastro che fidandosi troppo del loro operato ricusarono di porre le catene sulla nuova costruzione". Nel 1845, nel borgo denominato Segalari, dove si trovava l'antica parrocchiale con i suoi annessi, fu eretta una croce a ricordo. Già dal 1780 il podere Segalari di sotto, di pertinenza della chiesa, era stato ceduto dal rettore Giuseppe Montanelli alla famiglia Chigi per risarcire i danni della canonica che, abbandonata nel 1820, fu in parte riutilizzata come materiale per la nuova costruzione e in parte venduta ai fratelli Giuseppe e Pietro Volpi per farne un'abitazione. Attualmente la chiesa, annessa a Buonconvento, risulta ente ecclesiastico civilmente riconosciuto compreso nella forania della Val d'Arbia.

7. BOZZONE Parrocchia di S. Giovanni Battista (Comune di Siena) Vicaria foranea del Bozzone Forania attuale: Siena centro

Dedicata anticamente a S. Andrea, fu confermata a Buono vescovo di Siena da papa Clemente III nel 1189 e da Innocenzo III nel 1210. Fu certamente nel Duecento una delle più importanti chiese del contado uffiziata da cappellani nominati dai canonici della Metropolitana e sottoposti ad un priore titolare. Da un documento del 1177 risulta che il Capitolo senese godeva di numerose proprietà nel distretto della pieve e dalle fonti storiche posteriori spesso emerge che i rettori della medesima erano tenuti in alta considerazione dalle istituzioni civili e religiose della città. Così, negli "istrumenti" relativi alla vendita effettuata dal Comune di Siena nel 1247 del castello di Tentennano ai Salimbeni figura come testimone ser Orlando Ugurgieri pievano del Bozzone; uno dei successori, ser Giacomo di Bomeo ricoprì la carica di priore del clero secolare della diocesi ed ebbe un ruolo importante nella vertenza sorta tra il vescovo Rinaldo Malavolti e lo Spedale di S. Maria della Scala in merito al pagamento di speciali contribuzioni. Il dissidio, originato dalla pretesa giurisdizione dei religiosi sulla istituzione cittadina, fu ricomposto il 18 aprile 1307 con la cessione alla Curia di un podere posto nel territorio di S. Regina con il cui frutto potessero essere soddisfatte le imposte senza più alcuna richiesta di sanatoria. Ser Giacomo fu confermato - dato il successo ottenuto - nell'onorifico incarico anche negli anni seguenti e continuò a svolgere funzioni importanti come vicario episcopale di Ruggero da Casole. I canonici della Metropolitana rimasero, direttamente o attraverso sacerdoti da essi delegati, alla guida della pieve nei secoli successivi. Nel 1577 il pievano volle investirsi del titolo di abate; ciò sotto il pontificato di Gregorio XIII, quando il presule Francesco Bandini Piccolomini da Roma spedì un decreto di unione alla pieve del Bozzone del popolo compreso nel distretto dell'abbazia della SS. Trinità di Alfiano. La denominazione, del tutto arbitraria, venne riconosciuta dalla S. Sede dietro istanza del rettore Matteo di Cristoforo Grazini che ottenne da Clemente VIII, il 5 febbraio 1603, il decreto ufficiale con bolla spedita all'arcivescovo Francesco Maria Tarugi, il quale già aveva voluto la chiesa come vicaria foranea. Sempre nel 1577, essendo rimasta vacante la parrocchiale di S. Pietro a Paterno, venne riunita per le scarse rendite al Bozzone con decreto di Scipione Bandinelli vicario episcopale. Chiesa molto antica, di cui si hanno notizie fin dal secolo XI, questa soffrì delle vicende storiche che portarono alla distruzione del suo castello come la parrocchia di Larniano, suffraganea del Bozzone dal 1445, di cui rimane una casa colonica già nell'Ottocento priva della chiesa. Attualmente la pieve del Bozzone risulta ente ecclesiastico civilmente riconosciuto annesso a S. Regina e compreso nella forania di Siena centro.

G. MERLOTTI cit., pp. 78-82; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 55, 130, 156, 185, 200.

8. BRENNA Parrocchia di S. Michele Arcangelo (Comune di Sovicille) Vicaria foranea di Rosia Forania attuale: Val di Merse - Maremma

Anticamente di giuspatronato dell'abbazia di S. Lorenzo all'Ardenghesca, come risulta da una bolla di Celestino III del 1194, la parrocchia rientrava anche nelle competenze della vicina chiesa di Rosia i cui rettori sono più volte citati dai documenti nella elezione dei nuovi titolari. A causa delle scarse rendite, nel corso del Trecento si sostenne con i lasciti dei benestanti del luogo, i quali tuttavia appena bastavano al mantenimento del curato e degli stabili. La visita dell'arcivescovo Alessandro Zondadari del 1722 mise in evidenza il cattivo stato della chiesa e l'urgenza di radicali restauri che per l'esiguità delle risorse finanziarie furono portati a termine solo nel 1741. Attualmente la chiesa è ente ecclesiastico civilmente riconosciuto ed è attiva come parrocchia compresa nella forania di Val di Merse - Maremma.

G. MERLOTTI cit., pp. 83-85; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 56, 130, 156, 185, 247.

9. BUONCONVENTO Parrocchia dei SS. Pietro e Paolo (Comune di Buonconvento) Vicaria foranea di Buonconvento Forania attuale: Val d'Arbia

I documenti ricordano la chiesa dal secolo XII, anche se assai scarse sono le fonti attendibili sulle quali basarci per una organica ricostruzione della sua origine. Secondo alcuni storici una piccola pietra marmorea inserita nel muro di raccordo tra la facciata del tempio e l'adiacente palazzo del Taia, con incisa la croce e la data MCIII, potrebbe indicare l'epoca della sua fondazione. Nel 1206 l'edificio ospitò i messi di papa Innocenzo III designati quali arbitri in una controversia. Ubicata nel sito dell'attuale, venne restaurata nel 1385 su deliberazione del Consiglio Generale della Campana, dato lo stato di decadenza in cui versava. Nel 1459 papa Pio II vi tenne un concistoro con i cardinali del seguito e probabilmente fu proprio nello stesso periodo che la comunità, aumentata nel corso dei secoli per la riunione dei villaggi di Percenna e di Borgo Forello, poté usufruire di un fonte battesimale eretto nella propria parrocchiale. Nel 1426 fu ad essa unita temporaneamente la pieve dei SS. Celso e Nazzario con l'annesso di S. Biagio a Neci, per le scarse rendite e nel 1598 venne dichiarata vicaria foranea dall'arcivescovo Francesco Maria Tarugi. Agli altari si riunirono nel corso dei secoli diverse confraternite laicali: quella di S. Pietro, esistente fin dal 1410 quella della Concezione, composta dalle donne del luogo, quelle del Corpus Domini e del Rosario, le quali, soppresse nel 1785, confluirono nel 1791 nella Compagnia del SS. Sacramento da cui derivò nel 1864 la confraternita della Misericordia tuttora operante. Nel corso dei secoli XIV-XVI la chiesa si arricchì di importanti opera d'arte di scuola senese e nei primi anni del Settecento fu interamente rinnovata nella sua architettura. Entro i confini parrocchiali esistevano anticamente la chiesa di S. Giacomo a Borgo Forello, i cui materiali vennero impiegati nel restauro della pieve nel 1705; l'oratorio del SS. Crocifisso di ubicazione incerta; la cappella di S. Lucia, abbattuta agli inizi del Novecento e infine l'oratorio di S. Sebastiano, attuale sede della Misericordia. Ai giorni nostri la chiesa dei SS. Pietro e Paolo, sede di parrocchia, fa parte della forania della Val d'Arbia. Posto lungo la via romana, il paese di Buonconvento disponeva di due spedaletti per dare albergo ai viaggiatori: l'uno sotto il titolo di S. Antonio, l'altro della SS. Annunziata. Il primo, presso l'oratorio della Compagnia di S. Sebastiano, venne fondato per disposizione testamentaria da Biagio Tolomei il 12 gennaio 1298 e affidato alla cura dei frati predicatori. Usufruiva di una casa con terreno posta nei pressi di Percenna detta Valle Quattrino e, per volontà di donna Ciancia del fu Ciampolo di Albizo, vedova del testatore, di altri proventi ed immobili. Ad esso fu nel secolo XV unito l'altro di Borgo Forello fornito di tre soli letti. Lo spedale della SS. Annunziata, istituito da donna Francesca del fu Francesco Tolomei vedova di Nicola di Caterino Petroni l'11 marzo 1421, era dotato dell'usufrutto del podere chiamato Poderuccio posto nella corte di Bibbiano e veniva amministrato dallo Spedale Grande di Siena al quale la testatrice aveva lasciato tutti i suoi beni. Alla stessa istituzione furono riuniti ambedue i ricoveri alla metà del Settecento.

G. MERLOTTI cit., pp. 86-91; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 22, 56, 57, 130, 369; AA.VV, Visita pastorale dell'Arcivescovo Gaetano Bonicelli a Buonconvento, Bibbiano, Percenna, Siena, 1991; A. LIBERATI, Buonconvento in "B.S.S.P." XL(1933), pp. 164-181.

10. CAMPRIANO Parrocchia di S. Giovanni Decollato (Comune di Murlo) Vicaria foranea di Corsano

Eretta intorno al X secolo, forse dagli Ardengheschi, diventò col passare dei secoli di giuspatronato dei Piccolomini, dei Tolomei, dei Gallerani, dei De Vecchi e dei Manetti, fino alla rinuncia, previa partecipazione e risoluzione della Segreteria del Regio Diritto del 16 settembre 1784, con la quale divenne di libera collazione dell'ordinario diocesano. Compresa nell'omonimo castello, la chiesa subì certamente le stesse vicende. Con diploma del 21 ottobre 943 Ugo di Provenza confermò a Bernardo dei conti di Siena la proprietà del luogo; nel 1151 il conte Ugolino di Ranuccio degli Ardengheschi consegnò al vescovo Ranieri i suoi possessi, non escluso Campriano; il 23 novembre 1251 Baldistricca e Rinaldo di Cristoforo Tolomei comprarono da Ranuccio di Filippo l'ottava parte del castello e del giuspatronato delle chiese del distretto; nel 1369 il governo senese distrusse la rocca che proteggeva molti fuoriusciti e nel memorabile assedio persero la vita tre esponenti dei Tolomei, tre dei Piccolomini, due degli Scotti e uno dei Marescotti; dopo l'acquisizione da parte della Repubblica, nel 1502, il luogo fu ceduto a Giulio e ad Antonio di Ambrogio Spannocchi. Dal 5 agosto 1986 la parrocchia è stata soppressa. Nel territorio è compreso l'oratorio dedicato al S. Nome di Maria Vergine di Barottoli; era un antico podere di proprietà di Muzio Spannocchi, con un affresco sulla parete esterna rappresentante la Madonna che cominciò ad operare prodigiose guarigioni nel 1615. L'anno seguente l'arcivescovo Alessandro Petrucci ne decretò il culto e venne iniziata la costruzione di un tempio portato a termine nel 1620. La confraternita laicale ivi istituita vide tra gli ascritti nel 1626 la serenissima Caterina di Mantova governatrice di Siena; anche la principessa Violante di Baviera volle recarsi il 10 settembre 1719 col suo seguito in pellegrinaggio alla sacra immagine. Nel 1727 la Compagnia di Barottoli arricchì la propria chiesa di preziose reliquie estratte dalle altre della Vergine che si conservavano nella cappella dello Spedale di S. Maria della Scala, provenienti da Costantinopoli nel 1359. Con la soppressione, l'oratorio venne concesso al marchese Carlo Bichi Ruspoli con l'obbligo della manutenzione della fabbrica e degli arredi, mentre ai nostri giorni è appartenuto al pittore Fabrizio Clerici, seppellito nel vicino cimitero campestre di Radi.

G. MERLOTTI cit., pp. 91-94; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 58, 131, 151, 156, 186.

11. CASCIANO MASSE Parrocchia dei SS. Giusto e Clemente (Comune di Siena) Vicaria foranea di Casciano Masse Forania attuale: Siena centro

Anticamente pieve, venne assegnata da Clemente III nel 1189 al vescovo Buono, mentre Celestino III ne attribuì parte di giuspatronato al Capitolo senese, al quale il vescovo Buonfiglio il 18 maggio 1224 riconfermò i diritti e le ragioni. Arricchitasi nel corso dei secoli di vari lasciti, per disposizioni testamentarie ed altri accordi rientrò nelle competenze dello Spedale grande che aveva incamerato molti dei possessi degli Antolini, precedenti patroni, e dei Malavolti - Forteguerri. Questi ultimi rinunciarono a favore del Capitolo al loro assegnamento il 10 luglio 1876. Nel 1598 fu dichiarata vicaria foranea con subalterne le parrocchie di S. Colomba, Terrensano, Monastero, Tressa, Tufi, Valli, Maggiano, S. Dalmazio, Uopini, Marciano e S. Petronilla. La sua giurisdizione era assai estesa: comprendeva il territorio dell'antica cura di S. Andrea agli Agostoli, compreso il colle di Galignano dove fu il monastero camaldolese di S. Maria della Rosa. Anche l'eremo di S. Salvatore a Lecceto e il monastero dei SS. Maria e Giacomo a Belriguardo rientravano nel proprio perimetro così come gli oratori di S. Lucia e della Madonna di Pianta Sala. Ridotta a semplice oratorio quando Merlotti scriveva le memorie della diocesi, la chiesa di S. Andrea era stata cura d'anime in epoca medioevale per essere accorpata il 20 agosto 1369 a S. Antonio in Fontebranda e quindi nel secolo successivo, a Casciano per volontà del vescovo Antonio Casini. Sul poggio di Galignano, presso il podere detto Poggio alla Rosa di pertinenza della prebenda canonicale di S. Francesco di Sales della Collegiata di Provenzano istituita nel 1683, si trovava il monastero camaldolese di S. Maria sorto per volontà del ricco cittadino Vannuccio di Andreolo da Sovicille. Con istrumento stipulato il 24 ottobre 1324 nella sede del Camaldolesi di Firenze, egli dispose di concedere la villa di Galignano in uso a quei religiosi che, accettando, convennero di offrire per la festa di S. Romualdo un annuo censo di un cero di tre libbre con sopra una rosa d'argento, motivo per cui la nuova istituzione prese il nome della Rosa. Nel 1339 per volontà del vescovo Donusdeo che aveva messo a disposizione un terreno della mensa posto fuori porta Laterina, su cui erigere la nuova fabbrica, gli eremiti lasciarono Galignano trattenendosi nel sito assegnato fino al 1554, quando si trasferirono nel monastero di S. Mustiola, già dei Vallombrosani, di porta all'Arco, mentre il vecchio edificio veniva distrutto dall'esercito spagnolo. Il convento di Belriguardo, posto vicino alle sorgenti del Tressa, dirimpetto a Casciano, fu edificato per volontà di Niccolò di Cino d'Ugo dei Pazzi, ricco banchiere senese, nel secolo XIV. Con bolla del 21 marzo 1348 papa Clemente VI concesse al vescovo la facoltà di stabilirvi i monaci e di eleggere il priore. Consacrato alla Madonna e a S. Giacomo Apostolo, fu abitato dai Certosini fino alla distruzione provocata dalle armate spagnole nel 1554. Attualmente la chiesa di Casciano delle Masse risulta ente ecclesiastico civilmente riconosciuto ed è attiva come parrocchia compresa nella forania di Siena Centro.

G. MERLOTTI cit., pp. 99-111; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 58, 59, 131, 156, 186.

12. CASCIANO DI MURLO Parrocchia dei SS. Giusto e Clemente (Comune di Murlo) Vicaria foranea di Murlo Forania attuale: Val d'Arbia

L'antica parrocchiale dedicata ai SS. Giacomo e Niccolò si trovava secondo Antonio Pecci presso il Doccio, nel sito dell'antico castello di Macereto, a poca distanza dal ponte omonimo sulla Merse. I documenti del secolo XIV ricordano alcuni dei suoi rettori, fra cui ser Andrea che il 18 novembre 1314 vendette allo Spedale di Siena un appezzamento di terreno per riparare i danni causati agli edifici dall'esercito di Arrigo VII del Lussemburgo. Annessi alla chiesa erano lo spedaletto di S. Antonio con la chiesetta omonima sorti per volontà di Paolo di Benvenuto presso la sorgente delle acque termali; ad esso spettava il giuspatronato dell'altro di S. Lucia in Siena. Il 12 dicembre 1427 esso fu donato allo Spedale di S. Maria della Scala che pochi anni dopo, nel 1456, lo cedette con i bagni, ormai ridotti in pessime condizioni, a Tommaso Pecci con la riserva dell'oratorio e del pellegrinaio. Poiché degradate, nel secolo XVII le fabbriche vennero concesse ai fratelli della Compagnia della Immacolata Concezione di S. Lorenzo a Merse che avevano fatto istanza al rettore per utilizzarne il materiale. La parrocchiale di Macereto subì le vicende dell'omonimo castello. Appartenuto nel 1200 ai Chigi, a metà del secolo venne in parte distrutto dai Fiorentini e passò alle famiglie dei Bulgarini e dei Tolomei. Attaccato nel 1313 dalle armate di Arrigo VII, fu definitivamente abbandonato e raso al suolo forse dai Senesi perché non servisse da rifugio ai nemici della patria. Probabilmente la chiesa continuò ad essere uffiziata fino alla fine del Quattrocento da un sacerdote residente prima del trasferimento sul monte di Casciano nella sede di un antico monastero di Benedettine dedicato ai SS. Giusto e Clemente. Qui nel 1252 una contessa avrebbe donato secondo la tradizione alle monache di S. Regina presso Siena, tutti i suoi possessi. Esse si sarebbero allora portate nella zona lasciando la precedente abitazione ridotta a parrocchia con giuspatronato attivo e iniziando la costruzione della nuova residenza. Nel 1430 acquistarono vasti possessi nel distretto di Macereto da Matteo di Cecco banchiere mostrando di saper amministrare il patrimonio e di essere accorte nella gestione dei beni loro spettanti. Nel 1463 papa Pio II soppresse formalmente il monastero anche se le religiose continuarono ad abitarvi fino al secondo decennio del Cinquecento. Il 13 febbraio 1516 Ottaviano Castelli da Bologna, in qualità di delegato apostolico, unì le sette monache rimaste a quelle di Ognissanti di Siena con relativo passaggio di parte degli immobili. Altre porzioni consistenti di essi vennero attribuite alla Mensa arcivescovile e alla cura insieme allo stabile della chiesa e ad altri privilegi. Attualmente la chiesa risulta ente ecclesiastico civilmente riconosciuto ed è attiva come parrocchia compresa nella forania della Val d'Arbia.

G. MERLOTTI cit., pp. 111-115; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 131, 186, 194, 200.

13. CASENOVOLE Parrocchia di S. Giovanni Evangelista (Comune di Civitella P.co Grosseto) Vicaria foranea di Civitella Forania attuale: Val di Merse - Maremma

Esisteva in epoca medioevale nella zona la canonica di Punzano ricordata nell'atto di donazione che il vescovo Rodolfo fece di alcuni beni di suolo ai propri canonici nel 1081. Antichissima era anche la pieve di Ancaiano situata nella valle d'Ombrone e appartenente al Capitolo del Duomo. Gran parte del suo territorio pervenne al monastero di Montecellesi nel 1137 per donazione dei conti Ardengheschi, compreso il giuspatronato sulla chiesa, che nel 1181 venne regolato con pacifica transazione tra il medesimo e i canonici, previo versamento di un censo annuale. Riconfermata nel 1197 dall'abate di S. Lorenzo dell'Ardenghesca come pertinenza delle monache di Montecellesi con la riserva di alcuni diritti che esse facevano soddisfare al pievano, nel corso dei secoli rimase attiva come parrocchia dipendente dal vescovo di Siena. Il suo rettore, ser Duccio, nel 1307 fu presente all'adunanza del clero senese voluta dal presule Rinaldo Malavolti per discutere in merito alla vertenza sorta con lo Spedale Grande relativa alle contribuzioni dovute dai luoghi pii ai legati e ai nunzi apostolici. Il fatto è indicativo perché, data l'importanza della riunione alla quale parteciparono tutti i curati o personalmente o per delega, non trovandosi sul documento menzione della canonica di Punzano, si può supporre che essa fosse stata già soppressa. E ancora, non essendo citata Casenovole, è certo che ancora non esisteva come parrocchia, per cui Ancaiano raccoglieva tutte le popolazioni della zona. Inoltre, per quest'ultima, non trovandosi nel prosieguo del tempo altri riferimenti, è da ritenere che rimanesse attiva ancora per poco e che fosse trasferita presso il vicino castello di Casenovole. Per la scarsità delle rendite la nuova cura non permetteva il mantenimento di un sacerdote, per cui ne fu conferita l'ufficiatura all'ordine dei Domenicani che nel secolo XVII avevano dei possessi nella zona. I medesimi vi istituirono la Compagnia del Rosario e curarono l'amministrazione spirituale delle popolazioni circostanti. Per la munificenza della nobile famiglia Chigi che nell'Ottocento era proprietaria del castello, si permetteva ai parroci di celebrare le funzioni religiose nell'oratorio di loro pertinenza, dato lo stato di rovina della parrocchiale per la quale si resero necessari lavori di restauro nel 1861. Attualmente la chiesa risulta ente ecclesiastico civilmente riconosciuto annesso a Pari e compreso nella forania della Val di Merse - Maremma.

G. MERLOTTI cit., pp. 115-119; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 59, 60, 131, 186.

14. CASTELNUOVO TANCREDI Parrocchia di S. Bartolomeo (Comune di Buonconvento) Vicaria foranea di Buonconvento

Si trova nel sito che fu occupato nel sec. XIII dalla fortezza appartenuta ai Guiglieschi quindi, nel prosieguo del tempo, dalla villa dei nobili Bargagli, Tancredi, Malavolti e Savini. Di antica istituzione, era sotto il patronato del pievano di Piana, diritto che poi passò al vescovo di Siena agli inizi del Trecento. Per le scarse rendite dovette essere accorpata, pur temporaneamente, alle parrocchie vicine, mantenendo comunque autonoma la propria titolarità fino alla soppressione avvenuta nel 1986. All'altare si riuniva la Confraternita del SS. Sacramento. Nel distretto vi erano la cappella padronale sotto il titolo della Natività di Maria SS. (1776) e l'oratorio di Montesoli dedicato alla Presentazione di Maria.

G. MERLOTTI cit., pp. 119-121; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 60, 131, 156, 185, 186, 369; AA.VV., Fattorie in Valdarbia, Siena 1987, pp. 31-53.

15. CASTIGLION DEL BOSCO Parrocchia di S. Michele Arcangelo (Comune di Montalcino) Vicaria foranea di Buonconvento

Di antica istituzione, si trovava all'interno dell'omonimo castello che nel Duecento appartenne, secondo la tradizione, alla famiglia dei Cacciaconti del ramo poi detto dei Giuseppi. Fu acquisito nel 1337 dai Piccolomini i quali al momento della presa di possesso, dovettero scontrarsi con i famigli del vescovo Donusdeo Malavolti che ne pretendeva il diritto di proprietà. Divenuto asilo dei nobili fuoriusciti in lotta con la Repubblica di Siena, nel 1369 subì la stessa sorte della fortezza di Campriano con la quasi totale distruzione. E' probabile che la chiesa da allora possa essere stata traslata nel luogo attuale, dove si formò il nuovo villaggio. Per le scarse rendite e il numero esiguo di anime, fu più volte associata ad altre parrocchie (Abbadia Ardenga e Bibbiano) mantenendo comunque invariata la propria titolarità fino alla soppressione del 1986. Il precario stato di mantenimento indusse l'arcivescovo Leonardo Marsili nel 1684 ad ordinarne il restauro compiuto ad opera del nobile Francesco Del Cotone in cambio della proprietà dell'antica sede parrocchiale. Vi si adunava la Compagnia di S. Michele Arcangelo, soppressa nel 1789. Nel distretto si trovava la cappella gentilizia di Casale Borghesi.

G. MERLOTTI cit., pp. 121-124; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 61, 62, 132, 156, 186, 194.

16. CELLOLE IN PONTIGNANO Parrocchia di S. Martino (Comune di Castelnuovo B.ga) Vicaria foranea di Canonica a Cerreto Forania attuale: Siena Nord

Zona appartenuta in epoca altomedioevale ai conti di Staggia, fu assegnata nel 994 da Tegrim, figlio di Ildebrando e della contessa Ava Matilde, alla sua sposa Sandrada. Anticamente retta dai monaci camaldolesi di S. Pietro a Roti sussidiati dal Comune di Siena, la chiesa è qualificata come parrocchia nei documenti dei secoli XIII-XIV; essendo rimasta vacante, nel 1464 fu conferita ai religiosi dello stesso ordine del Vivo d'Orcia che probabilmente la lasciarono agli inizi del Cinquecento. Per le scarse rendite che non permettevano il mantenimento di un prete secolare, nel 1574 venne unita a S. Miniato a Noceto dall'arcivescovo Francesco Bandini Piccolomini dietro pagamento di un censo annuale di due libbre di cera bianca alla mensa arcivescovile. Nel 1640 vi fu eretto l'oratorio dedicato alla Madonna del Rosario dall'omonima confraternita. Nulla di sostanziale cambiò nel corso dei secoli fino al trasferimento della titolarità alla soppressa chiesa della certosa di Pontignano, avvenuto nel 1810, dove tuttora la parrocchia è attiva nella forania di Siena Nord. Nel distretto si trovavano altre chiese, notevoli per l'antichità della loro istituzione, che nel prosieguo del tempo vennero accorpate a Cellole. La canonica di S. Michele Arcangelo al Bozzone fu il primo centro religioso della zona, retto da un priore, che accoglieva un collegio sacerdotale per adempiere agli uffizi parrocchiali. Nel 1189 prete Magio o Madio dirigeva la comunità che andò ad estinguersi come cura d'anime rimanendo incorporata a Cellole fin dal secolo XIV. Nel 1503, forse a soddisfazione di certi obblighi, restava come titolo beneficiale goduto da messer Giacomo, vicario generale della diocesi; i suoi possessi, traslati alla nuova parrocchia, nell'Ottocento, in seguito alle vendite effettuate, appartenevano ai Bandini Piccolomini proprietari della vicina villa di Fagnano. Anche l'altra parrocchia di S. Lorenzo a Pontignano era molto antica. Il suo rettore, ser Cino, nel 1307 intervenne al capitolo del clero senese voluto dal vescovo Rinaldo Malavolti per risolvere le vertenze sorte con lo Spedale di S. Maria della Scala. Essendo stata portata a compimento la costruzione della certosa nel cui perimetro si trovava la chiesa, essa cominciò comunemente a denominarsi "Pontignanello". Nel 1536 l'arcivescovo Francesco Bandini Piccolomini, considerando l'inutilità di una cura d'anime così vicina al grande monastero, ne decretò la riunione al medesimo dietro pagamento di un censo annuale di uno scudo d'oro di sale alla Mensa. Monsignor Tiberio Borghesi il 5 luglio 1787 l'accorpò infine a Cellole dichiarando la secolarizzazione della chiesa che venne ridotta ad uso di colonica. S. Michele Arcangelo a Misciano rientrava nel Medioevo nelle competenze del Capitolo senese che vi nominava un rettore. Divenuto parte della collegiata della Pieveasciata, passò nelle ragioni della nobil famiglia dei Cerretani. Nel 1418 il vescovo Antonio Casini, constatata la quasi totale mancanza di anime, riunì la parrocchia a S. Lorenzo a Pontignano e l'edificio fu abbandonato nel secolo successivo. La certosa di Pontignano, fondata nel 1343 dal celebre giureconsulto monsignor Bindo di Falcone Petroni, notaio apostolico, proposto della Cattedrale di Colonia e cugino del cardinale Riccardo, si ampliò con il passare dei secoli fino a raggiungere l'attuale vastità. Nonostante il saccheggio subíto nel 1554 dall'esercito di Carlo V, risorse più splendida grazie ai lavori che nel corso del Cinque-Seicento furono portati a compimento con alacrità e determinazione dai religiosi Certosini. Soppressa nel 1784, per non mandare in rovina una fabbrica tanto imponente, il granduca Pietro Leopoldo chiamò in Pontignano i monaci Camaldolesi che vi dimorarono fino al 1810, quando la chiesa e parte del monastero accolsero il parroco di S. Martino a Cellole mentre il rimanente fu alienato per vendita alla famiglia Masotti di Buonconvento.

G. MERLOTTI cit., pp. 124-131; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 62, 132, 157, 185, 194, 369.

17. CERRETO CIAMPOLI (CANONICA A CERRETO) Parrocchia dei SS. Pietro e Paolo (Comune di Castelnuovo B.ga) Vicaria foranea di Canonica a Cerreto

Secondo il pievano ed erudito settecentesco Annibale Mazzuoli sarebbe stata fondata nel 1093 da un nobile degli Antolini per lo scampato pericolo di una malattia. Certo è che la potente famiglia, oriunda di Siena, aveva il giuspatronato del Vescovado e della pieve, retta da un collegio di canonici fin dai tempi più antichi. Nel 1224 il vescovo Buonfiglio ne confermò il possesso al Capitolo e alla metà del secolo parte del patronato passò alla famiglia dei Cerretani. Il 29 gennaio 1297 la Repubblica acquistò da Guidaretto del fu Corrado da Cerreto Ciampoli una delle nove parti per indiviso del castello e signoria del medesimo a patto e condizione dell'immissione nelle ragioni della pieve, trascorso un periodo di quattro anni. L'anno seguente Bisdomino di Berengario degli Antolini donò al rettore dello Spedale di S. Maria della Scala i propri diritti sulla chiesa. Nel 1381 i possessi della Canonica a Cerreto furono arricchiti dal lascito testamentario di Guglielmaccio del fu Ciampolo Cerretani che legò alla medesima tutte le proprietà delle vicinanze del castello di Selvole. Nel 1598 l'arcivescovo Francesco Maria Tarugi dichiarò la chiesa vicaria foranea assegnandole come dipendenti le parrocchie di Pievasciata, Cellole in Pontignano, Cerreto e Vagliagli. Attualmente la parrocchia è soppressa e il suo popolo dal 1988 risulta annesso a Pievasciata. Rientrava nelle pertinenze della Canonica la chiesa di S. Stefano al Cerretino, situata non lontano dalle mura del castello di Cerreto. Di antichissima fondazione, era attiva come parrocchia nel 1298, quando Guidaretto Cerretani ne cedette al Comune di Siena una delle nove parti per indiviso. Essendo vacata per la morte del sacerdote Durante Dulcelli che ne era stato investito fin dal 1573, rimase senza rettore per un cinquantennio. Le visite pastorali effettuate nel Seicento misero in luce le pessime condizioni dello stabile e la mancanza di una casa per l'abitazione del curato, tanto da indurre a richiamare i patroni Cerretani a intervenire tempestivamente. Nei secoli successivi risulta uffiziata alcune volte all'anno dai pievani della Canonica. Secondo alcune fonti storiche citate da G. Merlotti, nella zona si trovava anche una chiesa dedicata a S. Niccolò poi riunita alla precedente. Il 22 aprile 1425 fu data in economia a ser Alberto di Pietro da Montecastello e nel prosieguo degli anni sarebbe passata nelle competenze dei rettori della Canonica. Per pubblico istrumento del 31 marzo 1717 i beni immobili di sua pertinenza, consistenti in una casetta e tre appezzamenti di terreno, vennero venduti da Sebastiano Nenci all'abate Niccolò Cerretani il quale con il retratto, costituì un annuo censo a favore dei pievani di Cerreto su altre proprietà site nel padule di Rosia.

G. MERLOTTI cit., pp. 95-99; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 24, 62, 132, 185, 194.

18. CERRETO (S. GIOVANNI) Parrocchia di S. Giovanni Evangelista (Comune di Castelnuovo B.ga) Vicaria foranea di Canonica a Cerreto Forania attuale: Siena Nord

In epoca medioevale rientrava nel giuspatronato dei canonici della Metropolitana e della famiglia Ricasoli. Nel 1224 il vescovo Buonfiglio confermò al proposto della Cattedrale il possesso dei diritti sulla chiesa spettanti per donazione dei suoi antecessori Leone (1030) e Gualfredo (1081). Tuttavia, intorno alla metà del Quattrocento, tali ragioni dovevano essersi estinte dato che papa Pio II non ne fece menzione nel relativo atto di attribuzione. Nel XVII secolo il giuspatronato era esercitato contemporaneamente dalle famiglie Ottorenghi, Petroni e Del Taia, all'ultima delle quali spettava ancora nell'Ottocento. La visita apostolica di monsignor Bossi nel 1575 rilevò un pessimo stato generale della fabbrica che dovette essere prontamente restaurata. Nella seconda metà dell'Ottocento il parroco Antonio Lavagnini fece eseguire consistenti lavori anche nella chiesa che tuttora è attiva come parrocchia compresa come forania di Siena Nord.

G. MERLOTTI cit., pp. 131-133; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 62, 63, 132, 151, 186.

19. CERRETO SELVA Parrocchia di S. Stefano (Comune di Sovicille) Vicaria foranea di Barontoli

Anticamente di giuspatronato vescovile, era retta da parroci direttamente nominati dal presule senese. Il sito della chiesa è forse quello dell'avito castello distrutto definitivamente alla fine del Trecento dai Fiorentini, del quale i documenti riferiscono l'esistenza. Nel corso dei secoli l'edificio sacro subì vari rimaneggiamenti fino a quelli settecenteschi che gli hanno conferito l'attuale aspetto. All'altare della Vergine del Carmine si riuniva l'omonima confraternita istituita nel 1725. La parrocchia è stata soppressa nel 1986.

G. MERLOTTI cit., pp. 134-136; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 63, 151, 185, 195, 201.

20. CIVITELLA MARITTIMA Parrocchia di S. Maria in Montibus (Comune di Civitella (GR)) Vicaria foranea di Civitella M. ma Forania attuale: Val di Merse – Maremma

L'antica chiesa, affidata da Lucio II alla giurisdizione dei padri benedettini dell'Ardenghesca (1144), fu riconfermata ai medesimi da Celestino III nel 1194. I conti di Civitella, come patroni, donarono parte dei loro diritti alla badessa del monastero di Montecellesi alla quale, dopo alcune divergenze, gli stessi monaci confermarono nel 1197 quanto loro spettava sui beni della predetta chiesa, riservandosi comunque dei privilegi che le religiose facevano soddisfare al pievano pro tempore. Apprendiamo da un atto rogato il 3 febbraio 1263 che il rettore Gallico doveva dare all'abate Benedetto di S. Lorenzo all'Ardenghesca ogni anno a titolo di censo per la festa dell'Assunzione libbre 7 di cera, 50 pani e 10 soldi; per la festa di S. Stefano 2 libbre d'incenso e 20 soldi; nonché nelle feste di S. Maria, S. Salvatore, S. Benedetto e nel primo giorno della luna di Quaresima assistere personalmente ai diversi uffici nell'abbazia. Riguardo alla titolazione Merlotti precisa: "Al lato della chiesa esiste un oratorio sotto la denominazione di S. Maria de' Monti ov'esisteva una compagnia laicale sotto il medesimo titolo. Nelle vicinanze del castello incontrasi pure un luogo addimandata la pieve vecchia. Qui è tradizione che già esistesse l'antico battistero e non altrove e che questo era il luogo dove anticamente era la pieve di S. Maria in Montibus. Venuto a popolarsi il castello degli Ardengheschi, fu osservato che ritenere il sacro fonte fuori del paese era troppo di disagio ed è per questo che fu trasferito dentro. Fu prescelto allora l'oratorio a destra della chiesa plebana allora sacro ai SS. Giacomo e Filippo e lasciato questo titolo, prese l'atro di S. Maria de' Monti, ove di già era stato trasferito il fonte. Venuti altri tempi, fu fondata ed ingrandita la presente pieve conosciuta col titolo dei SS. Fabiano e Sebastiano ed intanto il sacro fonte fu trasferito nella nuova chiesa; ed allora fu che essa prese il titolo di S. Maria de' Monti ed allora fu che la già nominata chiesa dei SS. Giacomo e Filippo non divenne che una semplice succursale". Già dal Cinquecento la parrocchiale era sovvenuta da un'opera che curava i lavori di mantenimento e le spese necessarie. Nel 1598 l'arcivescovo Francesco M. Tarugi decretò solennemente la chiesa vicaria foranea assegnandole per subalterne quelle di Paganico, Ardenghesca, Montantico, Casenovole, Santo e Iesa. Nel 1618 Alessandro Petrucci scorporò le due ultime per motivi logistici riunendole a S. Lorenzo a Merse. Numerosi erano gli edifici di culto, presenti nella zona di Civitella, oltre ai già ricordati: l'oratorio di S. Ansano, non più esistente, posto a sinistra della parrocchiale, sede della omonima compagnia; la chiesa di S. Materno, esterna al castello, fondato dagli Ardengheschi; l'abbazia dei SS. Salvatore e Lorenzo all'Ardenghesca sul Lanzo, detta di Monte Lucci, istituita dai medesimi signori nel X secolo e da essi arricchita nel prosieguo del tempo fino a raggiungere il ruolo di grande importanza che ebbe nel Medioevo. I Benedettini di quest'ultima estendevano la loro giurisdizione su varie chiesa della zona ed erano direttamente sottoposti alla Santa Sede come rileviamo dalle bolle di vari pontefici. Soppressa l'abbazia da Eugenio IV nel 1440, i suoi beni furono attribuiti ai Canonici Regolari di S. Salvatore detti gli Scopetini che allora occupavano il convento di S. Maria degli Angeli fuori della porta Nuova di Siena. Il superiore assunse il titolo onorifico di abate dell'Ardenghesca con l'obbligo del mantenimento degli stabili e del servizio religioso della cura. Con rescritto apostolico del 16 maggio 1653 la parrocchia suddetta fu dichiarata vicaria perpetua e al medesimo abate venne imposta la nomina del cappellano curato. Con la soppressione degli ordini religiosi del 1780 la parrocchia, quantunque di pertinenza della diocesi grossetana, fu riunita alla pieve di Civitella. Attualmente quest'ultima risulta ente ecclesiastico civilmente riconosciuto ed è attiva come parrocchia compresa nella forania di Val di Merse - Maremma.

G. MERLOTTI cit., pp. 136-141; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 64, 132, 157, 186, 195, 244, 248; RICCI A., La rocca degli Ardengheschi, Siena 1935; MARRI MARTINI, L'Abbazia di S. Lorenzo al Lanzo, in "B.S.S.P.", XLV (1938), pp. 93-100; A. CANESTRELLI, L'Abbazia di S. Lorenzo all'Ardenghesca, in "B.S.S.P" XVIII (1911), pp. 84-132, 187-232; G. PRUNAI, L'Abbazia di S. Lorenzo all'Ardenghesca, in "B.S.S.P." LXVIII (9161), pp. 189-240.

21. COLLANZA Parrocchia di S. Giovanni Decollato (Comune di Asciano) Vicaria foranea di Monteroni d’Arbia

I documenti attestano la sua esistenza dal secolo XII anche se l'origine dell'insediamento è probabilmente più antica. Con decreto del 31 dicembre 1410 il vescovo Antonio Casini la unì in perpetuo all'abbazia vallombrosana di S. Michele Arcangelo nel Poggio di S. Donato in Siena, ma in seguito tornò ad essere parrocchia autonoma, forse grazie ai lasciti che le permisero di accrescere lo scarso patrimonio immobiliare. Nel 1668 possedeva oltre ai campi limitrofi, due appezzamenti di terreno in Siena fuori porta S. Marco, nella zona che nel 1843 fu ridotta a pubblico piazzale quando venne corretto il percorso della regia strada grossetana. Posto in luogo cretoso e soggetto a frane e cedimenti, l'edificio religioso dovette spesso essere risarcito: nel suo testamento del 1363 il pittore Bonaccorso di Pace del popolo di S. Egidio erogò tre fiorini d'oro per i restauri della chiesa; nel 1630 il rettore Angelo Marchetti profuse gran parte delle sue rendite nei lavori murari, tanto da essere elogiato nella visita pastorale del 1645; nell'Ottocento fu quasi interamente ricostruita con la casa canonica. Dal 1986 la parrocchia risulta soppressa. L'attuale perimetro contiene diverse chiese che anticamente costituivano altrettanti insediamenti con cura d'anime. Il diruto oratorio di S. Lucia a Medane, già sotto l'invocazione di S. Cecilia, rientrava nella giurisdizione dei monaci di S. Eugenio come attestano le bolle di Alessandro III (1176) e di Innocenzo III (1207). Passato nelle ragioni delle religiose del monastero dei SS. Abundio e Abundazio, il parroco pro tempore doveva ad esse ogni anno un censo di sei pani, sei forme di cacio, cento uova, nonché la metà dei ceri che i fanciulli offrivano il giorno di Pasqua con un mezzo cero e un mezzo lumen Christi. Nel 1486 anche la nobile famiglia Petroni vantava dei diritti in Medane che comunque continuavano ad essere esercitati in misura preponderante dalle stesse monache le quali, nel 1557, per riparare i danni del loro monastero, vendettero tutte le loro proprietà della zona. Fu allora che probabilmente la popolazione venne riunita a Collanza e l'oratorio pubblico servì la villa Spennazzi. La scomparsa chiesa di S. Andrea a Usinina, anticamente compresa nella giurisdizione dell'Abbazia del Bozzone, è ricordata nei documenti dei secoli XIII e XIV come istituzione retta da un collegio di sacerdoti. Per lo spopolamento seguito alla peste del 1348 fu quasi completamente abbandonata tanto che l'allora beneficiario risolse di darla in affitto al parroco di S. Pietro a Ovile rinunciando nelle mani del vescovo la propria titolarità. Nel 1436 il presule la concesse in economia al rettore di S. Pietro a Paterno, ma pochi anni dopo, nel 1466, già non esisteva e il titolo era stato trasferito ad un altare della predetta chiesa. Nel 1796 l'arcivescovo Anton Felice Zondadari, su istanza degli abitanti del luogo, ne decretò l'associazione alla cure spirituali del parroco di Collanza. L'antichissima chiesa di S. Donato a Lucano, già filiale della canonica di S. Maria di Salteano, era parrocchia beneficiaria delle decime pagate dallo Spedale di S. Maria della Scala nel Medioevo. Soppressa probabilmente nella seconda metà del Trecento, di essa non rimane nulla se non la notizia che i suoi beni furono acquisiti dalla grancia di Cuna.

G. MERLOTTI cit., pp. 142-146; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 64, 133, 186.

22. COLLE MALAMERENDA Parrocchia dei SS. Simone e Giuda (Comune di Siena) Vicaria foranea di Monteroni d'Arbia Forania attuale: Siena centro

Merlotti ritiene che uno spedaletto di ignota fondazione, detto del Naviglio, abbia dato origine alla parrocchia poiché i suoi rettori, sacerdoti, dirigevano contemporaneamente anche l'istituto che viene ricordato fino alla metà del Trecento. Di giuspatronato laicale, la cura ebbe sempre un parroco titolare pur con qualche eccezione dovuta alla scarsità delle rendite e per periodi limitati: nel 1422 il vescovo Antonio Casini la unì a S. Eugenia e nel 1426 a Marciano, con S. Pietro all'Arbiola; nel 1504 il cardinale Giovanni Piccolomini l'accorpò a S. Michele Arcangelo di Petroio e nel 1536 al monastero senese di S. Maria degli Angeli detto il Santuccio. Le religiose, che avevano l'obbligo di mantenere il curato, vi rinunciarono nel 1609 col patto di ritenere un censo perpetuo di scudi 20 e lo stesso anno la chiesa di S. Stefano al Pecorile già dipendente da Vignano, fu annessa a Colle con l'altra di S. Lorenzo a Borgovecchio di pertinenza della mensa arcivescovile. Da allora la funzione pastorale continuò ad essere regolarmente svolta da un religioso di nomina arcivescovile fino alla metà del secolo scorso. Ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, ai nostri giorni la chiesa risulta unita a S. Mamiliano in Valli ed è compresa nella forania di Siena centro. Nel distretto parrocchiale, un tempo assai popoloso, si trovavano diverse chiese e insediamenti le cui origini rimandano certamente alla via Romana o Cassia che solca la zona. La parrocchia di S. Lorenzo a Borgovecchio, di antica fondazione, appartenne secondo il Repetti nell'alto Medioevo ai conti Winigisi. Passata sotto il giuspatronato dei canonici del Duomo con l'obbligo di proporne il rettore, viene nominata come cura d'anime nei documenti dei secoli XII-XIV. Non sappiamo quando sia stata soppressa, né quando la fabbrica abbia cambiato destinazione. Nell'Ottocento la chiesa era stata trasformata in oratorio pubblico che il parroco di Colle aveva l'obbligo di mantenere, anche se la famiglia Nerli, proprietaria della zona, ne usufruiva durante la villeggiatura. La chiesetta di S. Stefano al Pecorile, detta di Vaccareccia, esisteva prima dell'anno 801, quando venne sottoposta al monastero benedettino dei SS. Abondio e Abundazio. Ebbe sempre un proprio titolare con funzioni di curato fino al 1492, anno in cui fu unita a Vignano per poi essere di nuovo accollata alla vicina Malamerenda nel 1606. Come riferisce il Tizio, sul poggio di fronte alla chiesa, nella destra della via Romana, fin dal 1346 era stato stabilito il luogo del pubblico supplizio dal Comune di Siena dopo la dismissione dell'altro sito detto Corpo Santo nei limiti della parrocchia di Basciano. Benché nel 1358 i Perugini si inoltrassero nel territorio e guastassero le forche portandosi le catene nella loro città, si continuò lo stesso ad esercitarvi la giustizia fino al 1431. La chiesa di S. Stefano che fino ad allora aveva avuto la funzione di accogliere i corpi dei condannati, cominciò a decadere. Verso la metà del Seicento fu interamente distrutta e il materiale venne impiegato nei restauri della parrocchiale di Colle Malamerenda. L'oratorio dello spedaletto di S. Maria Maddalena, non più esistente, doveva trovarsi nei dintorni o in prossimità della località detta Coroncina. Fondato nel 1358, i suoi beni passarono ai Domenicani che vi nominarono un rettore secolare. Alla fine del Trecento pagava una tassa al governo di Siena e pare che fosse già subentrato nelle ragioni dell'altro detto del Naviglio. Venne soppresso intorno alla prima metà del secolo XVIII.

G. MERLOTTI cit. pp. 147-152; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 65, 133, 186, 293.

23. S. COLOMBA Parrocchia dei SS. Pietro e Paolo (Comune di Monteriggioni) Vicaria foranea di Casciano delle Masse Forania attuale: Siena nord

Merlotti, rifacendosi alle memorie raccolte dal curato Annibale Mazzuoli nel Settecento, asserisce che la chiesa fu fondata nel 1076 dai coniugi Giacomo di Martinuccio e Colomba di Taddeo di Arnano, dedicandola ai SS. Giacomo e Colomba. Nel 1093, Bisdomino di Berengario degli Antolini di Siena, per grazia ricevuta, avrebbe ampliato l'edificio che dai documenti risulta sede parrocchiale fin dal 1105. Partendo dal fatto che gli Antolini erano discendenti degli Ardengheschi, i quali possedevano vari terreni nella zona, da quei conti Merlotti suppone derivasse l'origine della chiesa, ipotesi suffragata dalla tradizione che ne vedeva fondatrice la contessa Ava di Staggia, moglie di Ildebrando I dell'Ardenghesca. Un componente della nobile prosapia, il conte Bernardino, nel 1105 lasciò al Capitolo del Duomo alcuni suoi immobili tra cui un terreno coltivato dal prete di S. Colomba. E' probabile che i canonici ne facessero a loro volta donazione alla parrocchia acquistandone il giuspatronato il quale venne ad essi riconfermato nel prosieguo del tempo da vari presuli e pontefici: nel 1194 da Celestino III, nel 1224 da Buonfiglio, nel 1460 da Pio II. Le famiglie degli Antolini e dei Bisdomini, come eredi degli Aldobrandeschi, mantennero nel corso del Duecento e del Trecento i loro diritti sulla chiesa tanto che il curato pagava ad esse un censo di staia 6 di fave nel mese di agosto e dieci uova e due forme di cacio il giorno di sabato santo, onere che nel 1602 fu variato in denaro effettivo da corrispondere allo Spedale di S. Maria della Scala. Arricchitasi grazie a numerose disposizioni testamentarie, nel Trecento la parrocchia disponeva di diverse rendite e immobili ai quali nel corso dei secoli si ricorse per risarcire i danni causati da fatti d'arme avvenuti spesso nel distretto. Nel 1364 la compagnia di Giovanni Acuto seminò disastri e distruzione tanto che cinque anni dopo il chierico Guccio Forteguerri presentò istanza al vescovo Azzolino per vendere un poderetto con il cui retratto acquistare un paio di buoi per lavorare la terra della cura lasciata incolta e in stato miserevole. A tempi tanto difficili seguirono epoche migliori durante le quali il patrimonio venne incrementato dai lasciti di Agostino di Minuccio, detto Palla da Casabocci, (1375), da Nardo di Guido (1440) e di altre persone. Nel 1486, con breve di Innocenzo VIII, la chiesa ebbe il titolo di pieve dedicata al principe degli apostoli. Dal 1599 si adunò nella medesima la confraternita laicale della Visitazione di MariaVergine che nel 1623 prese il nome dei Sette Dolori. Aumentata di numero e disponendo di risorse finanziarie sufficienti, deliberò nel 1636 di erigere un oratorio contiguo alla parrocchiale, obbligandosi a pagare al sacerdote un censo annuo di tre libbre di cera lavorata. Ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, ai nostri giorni S. Colomba fa parte della forania di Siena nord. Nel distretto esistono o furono uffiziati oratori ed edifici sacri degni di memoria: la cappella di S. Caterina d'Alessandria del palazzo Petrucci, voluta dall'arcivescovo Alessandro; l'oratorio dedicato a S. Michele Arcangelo di Arnano, edificato da Ceccarello Calzolesi e il monastero di S. Leonardo al Lago, di antichissima fondazione, appartenuto agli eremitani di Lecceto.

G. MERLOTTI cit. pp. 152-160; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 65, 133, 151, 157, 186.

24. CORSANO Parrocchia di S. Giovanni Battista (Comune di Monteroni d'Arbia) Vicaria foranea di Corsano Forania attuale: Val d'Arbia

Di antica fondazione rientrava nel 1027 nella giurisdizione dei canonici senesi che riscuotevano le annue prestazioni dai suoi rettori. Nel 1189 essi rinunciarono a favore del presule ad ogni loro ragione, mantenendo tuttavia l'onorifico diritto della nomina del titolare. La memoria lapidea posta sul tronco della prima colonna destra al lato dell'altar maggiore che riporta l'iscrizione "A. D. MCLXXXIIII SECUNDA DOMINICA ANTE FESTUM OMNIUM SANCTORUM EST DEDICATIO HUIUS ECCLESIAE FUIT" potrebbe essere una conferma del passaggio della chiesa alla mensa episcopale, per cui il vescovo Buono avrebbe commissionato restauri radicali e una solenne consacrazione del rinnovato edificio. Di fatto i canonici continuarono nel corso dei secoli ad essere investiti del beneficio di Corsano e le bolle di vari pontefici attestano i privilegi che essi godettero nella zona. Nel 1598 il cardinale Francesco M. Tarugi dichiarò la pieve sede di vicaria foranea assegnandole come subalterne le parrocchie di Bagnaia, Radi, Frontignano, Campriano, S. Salvatore a Pilli, Mugnano. Erano erette nella chiesa due compagnie laicali sotto il titolo del Rosario (1615) e di S. Agata (sec. XVI), le quali uffiziavano i loro altari e procuravano doti alle fanciulle povere; soprattutto per merito del parroco Giuseppe Maria Quinza nel Settecento fu istituito un cospicuo fondo per la pia iniziativa che continuò ad essere praticata anche nel secolo successivo. L'edificio sacro subì considerevoli danni in seguito ai terremoti del 1908, nella quale occasione furono avviati i restauri che hanno conferito al complesso l'attuale aspetto. Attualmente l'istituzione risulta ente ecclesiastico civilmente riconosciuto compreso nella forania della Val d'Arbia. Il distretto parrocchiale comprendeva numerosi oratori, molti dei quali non più esistenti: la chiesa di S. Margherita distrutta , già cura d'anime in epoca medioevale, il cui titolo fu unito a quella di S. Ansano dell'omonimo castello fatto fabbricare dagli Spannocchi. Qui nel 1271 il Comune di Siena teneva un giusdicente minore. Passato ai Tolomei nel Trecento, fu proprio un discendente della nobile prosapia, il conte Rinaldo, a rivolgere istanza nel 1596 all'arcivescovo Ascanio Piccolomini per aggiudicarsi le proprietà della fatiscente chiesetta di S. Margherita che aveva risentito dei danni provocati dalla guerra di Siena, in cambio della sua ricostruzione e del mantenimento del rettore. L'antica parrocchiale di S. Donnino a Sorra, di esclusivo patronato del pievano di Corsano, apparteneva nel 1071 alle benedettine di Montecellesi. L'altra di S. Lucia, attestata dai documenti del Duecento, cessò di esistere nella seconda metà del secolo successivo e il suo patrimonio fu accorpato a Corsano. S. Michele Arcangelo a Palmolaia, nominata in un atto di vendita del 1249, ebbe i suoi rettori fino alla fine del Cinquecento. Unita alle cure limitrofe a partire dal Quattrocento, venne ridotta nel Seicento a semplice beneficio ecclesiastico fino alla vendita effettuata nel 1771 alla famiglia Ballati Nerli. La zona, per la presenza di numerose ville padronali, era assai dotata di oratori molti dei quali tuttora esistenti: la cappella di S. Maria in Villa poi del B. Franco a Grotti, l'oratorio di S. Gerolamo poi di S. Lucia al Colle, l'oratorio di S. Francesco a Casa al Bosco, la cappella del Nome della B. V. M. a Corsano, l'oratorio della B. V. M. poi di S. Antonio da Padova al Pero, l'oratorio di S. Nicola da Tolentino alla Villa di Mezzo, l'oratorio della Immacolata Concezione poi di S. Francesco a Corsano, la cappella della B. V. M. alla Villa al Piano, l'oratorio di S. Orsola a Monterosi, la cappella del B. Ambrogio Sansedoni poi di S. Margherita alla Selva, il romitorio del B. Franco a Grotti.

G. MERLOTTI cit. pp. 161-169; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 66, 133, 195, 200, 234; A. CAPPELLI, Storia di S. Giovanni Battista a Corsano, Siena 1967; F. D. NARDI, Il reticolo ecclesiastico e le sue emergenze in età moderna cit.

25. CREVOLE Parrocchia di S. Cecilia (Comune di Murlo) Vicaria foranea di Murlo

Confermata al vescovo Buono dal papa Clemente III nel 1189, ebbe sempre un titolare sottoposto alla sua giurisdizione. Essendo compresa nel territorio dell'antico feudo dei presuli senesi e per di più nei pressi della famosa rocca in cui risiedevano, la pieve nel Medioevo fu da essi tenuta in particolare considerazione. Dalla seconda metà del Trecento iniziò la sua decadenza a causa delle scarse rendite che non permettevano il mantenimento permanente di un sacerdote e tantomeno di poter effettuare l'ordinaria manutenzione degli edifici. Tale crisi può essere messa in relazione alle stesse vicende storiche che portarono intorno al 1379 alla occupazione di Crevole da parte dei ghibellini fuoriusciti e, negli anni seguenti, alle note vertenze insorte tra episcopio e governo in merito al possesso della rocca. Recuperata la piena giurisdizione nei primi anni del Quattrocento, il cardinale Antonio Casini nel suo testamento del 1439 volle che in una delle stanze della fortezza fosse edificato un oratorio in onore della Purificazione di Maria Vergine, disponendo inoltre un lascito per le riparazioni della parrocchiale e per l'acquisto di una vigna da affidare al titolare. Da allora i vescovi poterono continuare ad abitare il castello tanto che l'8 novembre 1459 vi morì Antonio Piccolomini. Circa un secolo dopo, nel 1552, fu spogliato delle artiglierie dagli spagnoli per servirsene contro Siena e, con la resa della città, fu distrutto perché ritenuto pericoloso dal conte Sforza di S. Fiora comandante degli imperiali in Toscana dopo la partenza del marchese di Marignano. Presso la rocca esisteva un villaggio fiorente che in seguito agli eventi cadde in rovina fino ad essere quasi completamente abbandonato. Nel 1687 gli eremitani agostiniani lasciarono il loro monastero di Montespecchio ormai ridotto in condizioni precarie e si trasferirono nei locali di Crevole, che nel 1733 furono dichiarati clausura. Con la soppressione del 1781 la chiesa, grazie all'aumentate rendite, tornò ad essere amministrata da un pievano di nomina vescovile. Dopo essere stata annessa per diversi anni a Corsano, la cura è stata estinta nel 1986. Al suo territorio fu unita forse nella seconda metà del Trecento l'altra parrocchiale di S. Michele Arcangelo a Formignano, nominata nei documenti del secolo XIII e tuttora esistente. A conferma di quanto detto, un atto del 4 ottobre 1366 attesta l'affitto concesso dal pievano di Crevole a Berto di Lando da Torri dei terreni appartenenti alla chiesa accorpata. Nella zona era compreso anche l'oratorio della Madonna del Buonconsiglio, presso il podere denominato l'Orsa, costruito nel 1756 dagli Agostiniani per non perdere la memoria della loro antica sede di Montespecchio.

G. MERLOTTI cit. pp. 159-172 G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 67, 134, 151, 186, 195, 200, 220, 223; N. MENGOZZI, Il feudo di Vescovado di Siena, Siena 1911.

26. CUNA Parrocchia dei SS. Giacomo e Cristoforo (Comune di Monteroni d'Arbia) Vicaria foranea di Monteroni d'Arbia Forania attuale: Val d'Arbia

L'antica parrocchiale è ricordata in una bolla di Gregorio III del 13 maggio 1152 in cui si confermava all'abate di S. Mustiola di Torri il possesso dello spedaletto annesso. Oltre che a particolari e nobili, il giuspatronato spettò, nel prosieguo del tempo, anche al popolo di Cuna che viene citato in una vertenza promossa nel 1305 contro il legato pontificio cardinale Orsini in merito alla nomina di un rettore indesiderato. La protesta non sortì subito l'effetto sperato perché il medesimo prelato l'anno seguente scelse il chierico Giunta di Pietro senza curarsi di altre ragioni addotte dalle tradizioni, tuttavia, per sanare una volta per tutte ogni divergenza, rimise nella potestà dei rettori dello Spedale di S. Maria della Scala ogni diritto in materia. Fu proprio uno di essi, Giovanni di Tese dei Tolomei, che nel 1314 decise di riedificare l'edificio sacro già pericolante nel 1286, quando il vescovo Rinaldo Malavolti vi aveva inviato un canonico per fare la perizia dei lavori da eseguire immediatamente. Nel 1419 il cardinale Antonio Casini unì temporaneamente alla parrocchia l'antiva chiesa di S. Pietro all'Arbiola il cui popolo fu nel 1789 definitivamente ripartito tra Cuna e Tressa di Val d'Arbia. I rettori dello Spedale Grande esercitarono le loro facoltà sul mantenimento degli stabili, sulla presentazione dei parroci al presule, sul versamento della congrua e su quant'altro concerneva l'amministrazione temporale della cura fino al 1788, anno in cui i beni del pio stabilimento furono alienati o affittati a privati. In seguito la neoistituita Direzione degli Spedali Riuniti di Siena si accollò solamente l'onere del sostentamento del curato, partecipando in casi eccezionali alle spese di restauro fino alla definitiva rinuncia del 1879. Attualmente la chiesa risulta ente ecclesiastico civilmente riconosciuto annesso a Monteroni e compreso nella forania della Val d'Arbia. Il territorio di pertinenza della cura comprendeva, oltre all'antica chiesa di S. Pietro all'Arbiola sopra ricordata, la cappella dedicata a S. Anna che nell'Ottocento la famiglia Mocenni di Siena, proprietaria, cedette al popolo di Cuna tramite la Curia.

G. MERLOTTI cit. pp. 172-176; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 68, 134, 151, 152, 157, 186, 255.

27. S. DALMAZIO Parrocchia di S. Dalmazio (Comune di Monteriggioni) Vicaria foranea di Casciano delle Masse Forania attuale: Siena nord

Citata in un atto di donazione del 12 marzo del 1086, pare che vi esercitassero dei diritti le monache di Montecellesi in virtù del testamento del chierico Pietro di Rustichello (1092). I documenti ricordano i suoi rettori dalla metà del Duecento così come il giuramento per l'accordo tra Senesi e Fiorentini concluso nella parrocchiale l'8 agosto 1208. Dalla medesima deriva l'omonima prebenda canonicale eretta nella Metropolitana, che nel 1366 era divisa in varie rendite e serviva per il mantenimento di un religioso atto a prestare servizio spirituale. Nel 1410 i proventi della cura, con quelli di S. Andrea di Ampugnano, vennero accorpati in un unico fondo che costituì il canonicato del Duomo detto di S. Dalmazio riconfermato al Capitolo da papa Pio II il 19 agosto 1460. Beneficiario era un prelato che aveva l'obbligo di mantenere un prete amovibile per il disimpegno delle incombenze parrocchiali. Con i decreti del 10 luglio 1781, del 2 marzo e 13 luglio 1782 fu ordinato dal granduca Pietro Leopoldo di Lorena che tutte le parrocchie di giuspatronato ecclesiastico fossero conferite per concorso; i canonici trasferirono allora le loro ragioni all'arcivescovo di Siena il quale, fatta aumentare la congrua, il 26 febbraio 1783 assegnò S. Dalmazio ad un rettore perpetuo e inamovibile. Vicino all'antica chiesa si trovava un piccolo oratorio abbandonato dove nel 1645 fu rinvenuta un'immagine in terracotta della Madonna che il processo istruito da monsignor Ascanio Piccolomini ascrisse al pubblico culto per le grazie ottenute dai fedeli; essendo compresa la costruzione nel podere facente parte della prebenda goduta allora dal canonico Angelo Bartalucci, per renderla più idonea decise di ampliarla impiegando la sua eredità e le sovvenzioni di diversi benefattori. Il 15 maggio 1654 il Capitolo approvò la demolizione del vecchio oratorio e l'anno seguente vennero iniziati i lavori del nuovo tempio affidato prima ad un eremita e in seguito ad un sacerdote. Nel 1708 vi fu eretta una compagnia laicale sotto l'invocazione della Presentazione di M. V., la quale custodì il santuario fino al 1785, anno in cui passò al parroco di S. Dalmazio che vi trasferì la sede della propria cura. Due anni dopo l'arcivescovo Tiberio Borghesi decretò la totale demolizione della vetusta parrocchiale sita in luogo solitario denominato S. Dalmazino e parte della popolazione compresa nell'antica parrocchia soppressa di S. Martino a Quarto, già associata a Marciano, venne smembrata e riunita a S. Dalmazio, la quale arrivò a comprendere nell'Ottocento nel proprio perimetro l'abbazia che fu dei Cistercensi di S. Galgano, la villa di Montecellesi, monastero benedettino passato poi ai Cappuccini e quindi ai Camaldolesi, e la parrocchia soppressa di S. Maria, monastero delle monache benedettine di Vico Alto. Dopo alterne vicende che soprattutto nel secolo, la videro accorpata a Uopini, attualmente la chiesa ha recuperato la sua autonomia ed è attiva come parrocchia compresa nella forania di Siena nord. S. Martino a Quarto, di giuspatronato delle benedettine di Montecellesi, come confermato dai papi Eugenio III nel 1148 e da Alessandro III nel 1175, nonché dagli imperatori Federico I nel 1185 e Ottone IV nel 1210, rientrò nel secolo XIV nelle ragioni dei Salimbeni. Fu parrocchia fino al Cinquecento, nonostante il decreto di riunione in perpetuo a S. Lorenzo del Santo al Colle del 1463. Passata a Marciano, rimase sua succursale fino al 1787, quando ne venne dichiarata la profanazione con vendita del materiale e del podere annesso completamente demolito nel 1859. L'abbazia di S. Michele Arcangelo a Quarto ebbe origine nel 1330 per volontà del cardinale Riccardo Petroni e accolse nove anni dopo i Cistercensi di S. Galgano che fin dal 1225 avevano dimorato in Siena nel monastero della Madonna lasciato ai Domenicani. Le cronache del tempo ricordano la processione solenne effettuata per l'insediamento nei nuovi edifici con l'esposizione della testa di San Galgano che pare producesse il miracoloso evento della pioggia tanto invocata in quelle campagne. Due secoli dopo l'abbazia fu dichiarata commenda degli Umiliati per passare alla fine del Cinquecento ai Gesuiti che se ne servivano come residenza per le villeggiature autunnali. Con la loro soppressione, nel 1777, i locali vennero venduti alla famiglia Bandini la quale ne era ancora proprietaria nell'Ottocento, quando Merlotti rilevava che in seguito ad un incendio (1863) tutto andò perduto; i possessori vollero comunque restaurare l'oratorio dedicato a S. Michele eretto in tempi recenti a memoria dell'antica chiesa ormai ridotta a fienile. Il monastero benedettino di S. Ambrogio di Montecellesi, fondato dal vescovo Giovanni II verso la metà dell'XI secolo, era anticamente dedicato alla Madonna e le monache che lo abitavano presero il suo nome. Una delle prime memorie dell'istituzione è la donazione effettuata il 6 agosto 1093 dai coniugi Ranieri da Paterno e Adelasia sua consorte a suor Berta abbadessa, della parte delle ragioni loro spettanti sulla parrocchiale di S. Prospero. Nel prosieguo del tempo, grazie ai numerosi lasciti, le religiose allargarono i loro possessi all'interno e all'esterno della diocesi fino a raggiungere un cospicuo patrimonio più volte confermato dai pontefici Eugenio III nel 1148 e Alessandro III nel 1175, e dagli imperatori Federico I nel 1185, Ottone IV nel 1210, Federico II nel 1224. Abbracciata nel 1236 la regola cistercense, nel 1254 ricevettero da Innocenzo IV il permesso di trasferirsi nel nuovo monastero di S. Prospero, costruito nei pressi della parrocchiale soppressa, mantenendo comunque la proprietà dei locali di Montecellesi che furono ceduti nel 1537 ai Cappuccini. Essi abitarono il convento fino al 1662, anche se dal 21 settembre 1659 papa Alessandro VII lo aveva concesso ai Camaldolesi di Belriguardo i quali, risolte le vertenze con le monache della Madonna che vantavano pretese sull'immobile, poterono fabbricare la foresteria e trasformare lo stabile a seconda dei propri bisogni. In seguito al decreto del granduca Pietro Leopoldo di Lorena del 16 luglio 1785 che ordinò il passaggio di quei religiosi alla soppressa certosa di Pontignano, Montecelso passò a diversi proprietari: all'Accademia ecclesiastica di S. Spirito di Siena, alla famiglia Rossi e nel 1812 alla nobile Vittoria Pannilini vedova Marsili e consorte di Giulio Ragnoni Piccolomini dai quali pervenne tramite eredità ai Griccioli. Il monastero delle benedettine di Vico Alto sotto l'invocazione di S. Michele Arcangelo era attivo già nel XII secolo con l'annessa parrocchiale sotto il titolo di S. Maria di cui i canonici della Metropolitana vantavano il giuspatronato. Il cappellano delle monache governava la cura che nel Trecento comprendeva anche la chiesa di S. Antonio presso Torre Fiorentina. Soppressa l'istituzione femminile nel Quattrocento, i beni andarono a due canonicati i cui titolari avevano l'obbligo di mantenere un sacerdote che uffiziasse la chiesa e amministrasse i sacramenti. Il fondatore cardinale arcivescovo Francesco Piccolomini volle che le prebende rimanessero indivise e che servissero anche al mantenimento degli stabili i quali, non a caso furono giuridicamente associati al distretto parrocchiale di S. Dalmazio che rientrava a sua volta nelle ragioni del Capitolo. Nel 1886 la chiesa di Vico Alto fu unita alla parrocchiale dell'Osservanza e attualmente rientra nel territorio della cura della B. Anna Maria Taigi.

G. MERLOTTI cit. pp. 177-185; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 69, 134, 157, 187, 195.

28. S. EUGENIA Parrocchia dei SS. Eugenia e Vittorio (Comune di Siena) Vicaria foranea del Bozzone Forania attuale: Siena centro

Nel 1081 ne era rettore ser Giovanni che sottoscrisse il documento della donazione di alcuni beni effettuata dal vescovo Rodolfo alla sua chiesa cattedrale. Fu secondo la tradizione tra le chiese su cui i vescovi di Arezzo tra il VII e l'VIII secolo avrebbero preteso la piena giurisdizione e forse le antiche Rogazioni dismesse nel 1685 che lì si concludevano starebbero a dimostrare l'acquisizione di un diritto faticosamente raggiunto. L'edificio venne interamente trasformato nella prima metà del secolo XVIII dal parroco Giovanni Pietro Amati, ma in occasione del terremoto del 1798 crollò quasi tutto. L'anno seguente fu riaperto al culto alla presenza dell'arcivescovo Anton Felice Zondadari. Nel 1838, per volontà di monsignor Giuseppe Mancini, gran parte della popolazione della campagna di Busseto, compresa nel territorio parrocchiale, andò a far parte della nuova cura dell'Alberino. Attualmente la chiesa risulta ente ecclesiastico civilmente riconosciuto ed è attiva come parrocchia facente parte della forania di Siena Centro. Nella zona detta di Busseto sorgeva il monastero femminile dell'Annunciazione fondato forse nel 1373 quando quelle religiose dette le Romite ricevettero un donazione dalla famiglia Piccolomini. Unite nel 1390 al monastero di S. Maria degli Angeli in Valli, abbandonarono l'edificio che esisteva ancora nel 1446, anno in cui frate Pietro francescano custode, domandò al governo senese un contributo per risarcirlo. Fu distrutto totalmente nel 1554 al tempo dell'assedio di Siena con l'altro dell'ordine dei Servi sotto il titolo della Visitazione, istituito nel 1525 dalla venerabile Agnese vedova di Pietro Malavolti, nei pressi della porta Pispini.

G. MERLOTTI cit., pp. 185-188; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 70, 134, 187; 1991; A. LIBERATI, cit., in "B.S.S.P." LXII-LXIII (1955-1956), pp. 263-264; G. PRUNAI in "B.S.S.P." LXXIII-LXXV (1966-1968), pp. 200-236.

29. FOGLIANO Parrocchia di S. Giovanni Battista (Comune di Siena) Vicaria foranea di Barontoli Forania attuale: Val di Merse - Maremma

Confermata al vescovo Buono da Clemente III nel 1189, l'antica pieve dedicata ai SS. Giovanni e Paolo era retta da un collegio di canonici alle dipendenze di un priore. I documenti riferiscono i nomi dei titolari che dal secolo XIII si avvicendarono alla direzione della chiesa e le memorie raccolte dal parroco Girolamo Pallini nel 1756 ampliano il quadro della sua storia anche se spesso, come era in uso tra gli eruditi del tempo, le supposizioni e le fantasie superano la veridicità. Merlotti, che dal Pallini attinge, mette in guardia dagli evidenti intenti di anticipare, oltre i limiti consentiti dalle scarse testimonianze, l'epoca della fondazione tradizionalmente attestata ai tempi della contessa Ava di Montemaggio. Le rendite annesse alla cura, cospicue in epoca medioevale, nei secoli successivi furono assottigliate dalle numerose vendite effettuate per far fronte alle spese di mantenimento degli stabili che soffrirono, soprattutto nel Cinquecento, dei danni arrecati dalle truppe imperiali. Sigismondo Cinquini con atto del 26 giugno 1567, cedette gran parte dei terreni parrocchiali a Cornelio Marsili per riattare chiesa e canonica ormai inabitabili. Già nel corso del Quattrocento era stata più volte rinunciata dai suoi titolari per la ristrettezze economiche al punto che il vescovo Antonio Casini l'aveva unita a S. Eugenia. Lo stesso papa Pio II, per ovviare allo sconcerto delle assegnazioni delle parrocchie ai canonici che raramente vi dimoravano, aveva ordinato al vicario generale dell'arcivescovo Francesco Piccolomini di aumentare le rendite di Fogliano al sacerdote delegato, un tale ser Tommaso ungherese, con l'obbligo di risiedervi, lasciando il rimanente degli emolumenti al titolare come prebenda che costituì il canonicato di S. Giovanni Battista. Nell'Ottocento la chiesa aveva bisogno di restauri; ritenuta troppo vasta per la scarsa popolazione, il sacerdote Niccolò Tommaso Lurini la fece ridurre a meno della metà della navata centrale dall'architetto Fantastici, diroccando la torre e usando il materiale per la nuova canonica e il poderetto. La spesa di 1600 fiorini fu considerata enorme. Il 27 settembre 1830 l'arcivescovo Giuseppe Mancini consacrò la nuova chiesa, concedendo due anni dopo al rettore il titolo di proposto per i tanti sacrifici sostenuti. Attualmente la chiesa risulta annessa a Montecchio ed è compresa nella forania di Val di Merse - Maremma. Nel distretto parrocchiale si trovava l'antica cura sotto il titolo di S. Croce di Forcole confermata con il suo castello nel 1189 da Clemente III al vescovo Buono. Ebbe i suoi titolari fino al secolo XV, quando per l'insufficienza delle rendite venne riunita al beneficio di San Michele Arcangelo di Palmolaia. Non sappiamo quando la chiesa cessò di esistere; certo è che i terreni di sua pertinenza passarono a Fogliano e il 27 settembre 1763 furono ceduti dal pievano Pallini in enfiteusi al conservatorio del Refugio. Nel 1787, dopo un anno di appartenenza al monastero del Santuccio, li acquistarono i Tomeni di S. Salvatore a Pilli. Presso la scomparsa chiesa di S. Croce nel Poggio omonimo esisteva l'altra dei SS. Michele Arcangelo e Niccolò di giuspatronato del Capitolo della Cattedrale nel secolo XIII. Nominata prioria di libera collazione dell'ordinario senese, nel 1425 fu unita alla parrocchiale di S. Margherita di Montorgiali del Vescovado per le scarse rendite. Nella medesima occasione venne anche pubblicato un decreto di scomunica diretto a coloro che avevano portato via dall'edificio tutti i sacri arredi.

G. MERLOTTI cit., pp. 189-195; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 71, 135, 152, 157, 187, 195, 200.

30. FRONTIGNANO Parrocchia di S. Andrea (Comune di Murlo) Vicaria foranea di Corsano

La chiesa fino alla metà del secolo XIII era una semplice cappellania sotto il patronato dei monaci della SS. Trinità dell'abbazia di Torri, ad essi confermata dal pontefice Innocenzo IV nel 1251. Dal 1263 risulta retta da un sacerdote secolare, pur rimanendo nelle ragioni degli stessi religiosi. Nel 1335 si trovava in pessime condizioni e venne restaurata anche con il contributo del Comune di Siena. Soppressa l'abbazia di Torri con breve di Eugenio IV nell'anno 1442, la cura si trovò a sostenere uno stato di tale povertà da costringere il parroco Aldello di Niccolò ad affittare intorno al 1482 le poche proprietà a frate Giacomo di Bartolomeo dell'ordine dei Predicatori. Fu allora che il nobile Giacomo di Angiolo Baldi donò un terreno e restaurò le fabbriche dotandole del necessario in cambio del giuspatronato per linea maschile concesso nel 1538 dall'arcivescovo Francesco Bandini Piccolomini. Passata tutta la zona sotto la proprietà dei marchesi Zondadari che curarono l'ampliamento della villa sui ruderi dell'antica fortezza già appartenuta ai Tolomei, la chiesa risentì della loro munifica protezione per alcuni secoli. Dal 1986 la parrocchia risulta soppressa. Il 27 maggio 1425 a Frontignano fu annessa l'antica chiesa del borgo di S. Biagio a Filetta, di cui non rimangono tracce se non un oratorio di epoca successiva di omonima titolazione. Il sito è ricordato fin dall'VIII secolo nell'atto di fondazione dell'Abbazia di S. Eugenio tra i possessi ad essa conferiti dal gastaldo di Siena. Gli stessi monaci benedettini ne risultavano proprietari anche alla fine del Trecento. La parrocchia rimase probabilmente attiva fino al 1442, quando venne unita temporaneamente a Bagnaia dal vescovo Antonio Casini per essere definitivamente estinta nel 1496. I suoi beni, consistenti in alcuni appezzamenti di terreno, furono venduti dal parroco di Frontignano Giacinto Giomi nel 1736 al cardinale Vincenzo Bichi per sopperire alle spese della nuova abitazione del mezzaiolo.

G. MERLOTTI cit., pp. 196-199; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 72, 135, 187

31. FUNGAIA Parrocchia di S. Michele Arcangelo (Comune di Monteriggioni) Vicaria foranea di Monteriggioni

Fondata su un terreno di proprietà della pieve di Marmoraia, fu ad essa confermata da Innocenzo II. Il 6 febbraio 1404 il vescovo Francesco Mormille ne concesse il giuspatronato alla chiesa di S. Lorenzo del Santo al Colle a patto di alcuni gravami e censi da soddisfarsi annualmente. Poiché le clausole non erano state rispettate, nel 1432 il rettore di Marmoraia rientrò in possesso dei propri diritti. Dai documenti di nomina dei curati apprendiamo comunque che gli stessi parrocchiani, in virtù delle decime pagate, avevano la facoltà di presentare all'ordinario i soggetti alla direzione della loro chiesa come avvenne nel 1424. Le tenui rendite costrinsero nel 1492 l'arcivescovo Francesco Piccolomini ad incorporarla temporaneamente all'altra di S. Stefano a Siena, ma tornò ad essere autonoma due anni dopo. Nel 1520 il beneficio, benché dotato di alcuni appezzamenti di terreno per spontanea elargizione delle nobili famiglie Bichi e Petrucci, non era ancora sufficiente al mantenimento di un sacerdote per cui il 22 maggio 1592 subì di nuovo l'unione a S. Lorenzo del Santo al Colle la quale, rimanendo soppressa dopo pochi mesi, diventò sua suffraganea. Nel 1638 il sacerdote Paolo Terucci con l'aiuto dei nobili Tancredi, Orlandini e Bichi, proprietari di diversi latifondi della zona, ingrandì gli edifici sui quali si tornò a lavorare nel 1869 mediante contribuzione del Comune di Monteriggioni. Attualmente la parrocchia risulta soppressa. La chiesa di S. Lorenzo del Santo al Colle, già parrocchiale fino al 22 dicembre 1592, è situata in un luogo densamente popolato in epoche remote. Nulla sappiamo della sua fondazione e gli scarsi documenti nominano solo i rettori a partire dal 1314. I suoi beni, accorpati a Fungaia, vennero venduti nel corso del Sette-Ottocento a vari acquirenti fra cui Angiolo Perini-Brancadori (1788) e i fratelli Ciupi (1758) che divennero proprietari della zona.

G. MERLOTTI cit., pp. 199-204; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 72, 135, 152, 187.

32. GINESTRETO Parrocchia di S. Donato (Comune di Siena) Vicaria foranea di Barontoli Forania attuale: Siena centro

La tradizione riportata da Merlotti, ma non suffragata dalle fonti storiche, vuole che la chiesa avesse origine da un gruppo di eremiti provenienti da Napoli nel V secolo e stabilitisi in Toscana per diffondere la fede. Certo è che la zona era ancora nel XIV secolo abitata da alcuni anacoreti che il Comune sovveniva con elemosine, ma di essi non abbiamo altre notizie, né ci sono note la regola professata e tantomeno la consistenza numerica raggiunta. I documenti citano come primo rettore secolare messer Bindo (1317); altri titolari nel prosieguo dei tempi aumentarono le rendite del beneficio al quale nel 1773 furono associati i proventi della cappella sotto il titolo di S. Giuseppe in Duomo per le spese sostenute dal parroco Francesco Pineschi nei lavori di ristrutturazione degli edifici. Nel 1829 il sacerdote Francesco Regoli mise mano al restauro della chiesa, ridotta in pessime condizioni e nell'occasione Ettore Romagnoli l'arricchì di due antiche tavole di cui era entrato in possesso, abitando nel distretto la villa della nobile famiglia Borgognini. Attualmente annessa a Monastero, la parrocchia è compresa nella forania di Siena centro. Unita a Ginestreto in epoche remote fu l'antica chiesa dedicata a S. Apollonia, non più esistente, che nella visita pastorale del 1592 risultava già ad essa accollata.

G. MERLOTTI cit., pp. 204-207; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 73, 135, 152, 157, 187.

33. S. GIUSTO Parrocchia di S. Salvatore (Comune di Murlo) Vicaria foranea di Murlo

La chiesa si trovava nel feudo dei conti Ardengheschi che vi esercitavano il loro potere dalla rocca Gonfienti ad essa prossima. Nominato dai documenti fin dal 1130, il castello passò nel Duecento ai nobili Ranuccini di Siena forse per via ereditaria e nel 1318, tramite atto rogato nella stessa parrocchiale di S. Giusto, fu assegnato ai cinque componenti maschi della famiglia. I cronisti ci fanno conoscere che per poco tempo essa ebbe la potestà del luogo perché nel 1333 le armate massetane e pisane comandate da Ciupo Scolari si inoltrarono verso Siena e, piombate sulla fortezza, la devastarono con tutta la sua corte, chiesa compresa. Nel 1391 i Fiorentini, con un contingente spedito dalla Maremma al comando di Giovanni Acuto, si diressero nella zona per impadronirsi della rocca, ma i Senesi, conosciuto il proposito, si affrettarono a raderla al suolo per evitare un pericoloso insediamento nemico. Da quell'epoca Gonfienti venne abbandonata e si sviluppò il villaggio di S. Giusto dove lo Spedale di S. Maria della Scala possedette una grancia e un cospicuo patrimonio incrementato nel corso del Quattrocento da vari lasciti tra cui quello dei Ranuccini. Il rettore volle che l'antica e malridotta chiesa fosse riedificata dalle fondamenta e nel 1488 ottenne dall'arcivescovo Francesco Piccolomini il suo giuspatronato; tuttavia le rendite dovettero rimanere piuttosto limitate e nel corso dei secoli furono molti i titolari rinunciatari. Nel 1786 lo Spedale avviò la fabbrica della canonica che fu realizzata in poco tempo. Essendo rimasta vacante la cura dal 1785, sette anni dopo poté avere un vicario perpetuo in virtù del rescritto granducale del 1782 che la dichiarava parrocchia con titolare inamovibile. Dopo essere stata accorpata nel Novecento a Murlo e a Montepertuso attualmente risulta estinta.

G. MERLOTTI cit., pp. 207-210; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 76, 187.

34. GRANIA Parrocchia di S. Martino (Comune di Asciano) Vicaria foranea di Monteroni d'Arbia

Retta da un collegio di canonici, nell'alto medioevo era sottoposta alla giurisdizione del monastero benedettino dei SS. Abundio e Abundazio. Clemente III nel 1189 la confermò al vescovo di Siena il quale provvedeva ai bisogni spirituali dei villaggi della diocesi con l'istituzione dei plebanati i cui rettori avevano alle proprie dipendenze gruppi più o meno numerosi di sacerdoti. La zona, densamente popolata fino alla metà del Trecento, era caratterizzata da un reticolo di chiese con piccoli borghi e si estendeva da Medane a Villanova, da S. Martino a Grania, da Ponzano a Leonina. Nei primi decenni del secolo XIV la chiesa di Grania era ancora collegiata e come apprendiamo dalle fonti storiche, i suoi membri venivano spesso nominati titolari delle vicine rettorie. I documenti hanno tramandato i nominativi dei parroci che sicuramente furono alla direzione della cura dal 1269; uno di essi, Giovan Francesco Alberti, conosciuto con il soprannome di "Poetino" o "Poetonto" perché si dilettava a scrivere commedie, fu creato rettore del Collegio Ferdinando di Pisa dal granduca nel 1587. Nominato curato di Grania nel 1597, vi restò fino al 1612. Attualmente della chiesa, già soppressa, restano solo le rovine. Ugualmente scomparse risultano le antiche vestigia delle parrocchiali di S. Biagio di Villanova, attiva fino ai primi del Quattrocento; di S. Michele Arcangelo di Ponzano unita a Grania alla metà del Trecento; dei SS. Giacomo e Cristoforo, sita nelle vicinanze di Grania, che nel 1435 fu accorpata a Leonina.

G. MERLOTTI cit., pp. 211-215; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 77, 138, 152, 187, 200.

35. IESA Parrocchia di S. Michele Arcangelo (Comune di Monticiano) Vicaria foranea di S. Lorenzo a Merse Forania attuale: Val di Merse - Maremma

Di giuspatronato laicale attribuito agli stessi parrocchiani, come si desume dagli obblighi che essi si erano assunti fin dai tempi più antichi verso la loro chiesa, nel 1304 aveva per rettore ser Placido. Lo stesso fu dichiarato commissario per le funzioni inerenti la donazione effettuata da Benvenuta, consorte di Giovanni di Bonaccorso del Belagaio, di un podere posto in vicinanza di Renna allo Spedale Grande di Siena e prestò il suo consenso, con pubblico atto stipulato a Petriolo il 17 gennaio 1307, a tutto ciò che il clero senese avrebbe decretato nella vertenza con lo Spedale in merito alle contribuzioni spettanti ai nunzi apostolici da parte dei luoghi pii della diocesi. La comunità, quasi fino ai giorni nostri, per tradizione passava ai parroci vari quantitativi di cera per le feste di S. Ciriaco e di S. Andrea; inoltre ogni individuo maschio, compiuti i dieci anni, era tenuto a pagare un soldo e quattro denari il giorno 8 di maggio da spendere per la cera necessaria nella festa di S. Michele Arcangelo. Per mancanza di rendite sufficienti, nel 1470, dopo essere stata lungamente vacante, la cura fu incorporata alla pieve di Tocchi della diocesi di Volterra, ma nel 1499 venne di nuovo riunita a Siena di cui tuttora è parte compresa nella forania di Val di Merse - Maremma. Nel perimetro parrocchiale erano comprese anticamente varie chiese oggi non più esistenti. S. Andrea a Renna aveva nel 1147 un rettore, ser Giovanni presente ad un atto datato 8 aprile in cui fu designato da Gherardino di Adolfino e da Guido di Ultadinello a conferire a loro nome al parroco della chiesa di S. Lorenzo a Merse la protezione delle Spedale di Macereto. Di giuspatronato laicale, ricevette nel 1339 un legato testamentario dal milite Orlando Malavolti, fratello germano del vescovo Donusdeo, da corrispondere ad ogni anniversario della sua morte sui retratti dell'albergo e dei possessi del bagno delle Caldanelle. Dopo quest'epoca si perdono le notizie della parrocchia che nel 1410 risulta unita alla primaziale e nel 1466 sconsacrata, dal fatto che una sua campana del peso di 300 libbre era stata posta nel campanile di Iesa. S. Lorenzo a Gamberucci, retta da Guido di Berto nel 1301, faceva parte del villaggio-fortilizio appartenuto agli Ardengheschi nel secolo XII e successivamente al governo senese. Il ricordato messer Orlando Malavolti nel 1339 legò anche a questa chiesa una somma in denaro da corrispondere nell'anniversario della sua morte. Apprendiamo dai documenti che nel 1466, ormai distrutta, era subentrato nelle sue ragioni lo Spedale di S. Marta di Siena. Alla famiglia Malavolti appartenne anche la signoria di Castiglioni della Farma o di Montagna dove si trovava la chiesa di S. Matteo di cui era titolare nel1317 ser Pietro di Arecchio. Esisteva forse solo come beneficio ancora nel 1413, quando fu conferita al chierico Andrea di Ivone da Pari. L'oscurità delle vicende storiche che portarono alla distruzione e all'abbandono della fortezza, decretati nel 1391 dai priori di Biccherna, non permettono allo stato attuale di conoscere quale sia stata la sorte dell'edificio religioso. Sappiamo che la zona passò ai nobili Vecchi nel 1558 con obbligo di corrispondere un annuo canone agli ospedali senesi di S. Maria della Scala e di S. Marta, quest'ultimo fondato da Donusdeo Malavolti nel 1330 per accogliere i sacerdoti viandanti.

G. MERLOTTI cit., pp. 215-219; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 77, 138, 157, 187, 195.

36. ISOLA D'ARBIA Parrocchia di S. Ilario (Comune di Siena) Vicaria foranea di Monteroni d'Arbia Forania attuale: Val d'Arbia

Di antica fondazione, secondo Merlotti potrebbe aver avuto origine dalla vicina canonica di S. Maria a Salteano. I suoi rettori certi sono attestati dal XIII secolo e li troviamo nominati in vari atti stipulati anche nelle epoche successive. Nel Quattrocento con le entrate parrocchiali fu formata l'omonima prebenda canonicale per cui il titolare aveva il dovere di mantenersi un vicario amovibile per il disimpegno del servizio spirituale. Il visitatore apostolico Francesco Bossi nel 1575 ordinò che vi si celebrassero gli uffizi sacri nei giorni festivi e non ogni quindici giorni come di solito avveniva. Nel 1776 l'arcivescovo Tiberio Borghesi formulò la proposta di unire la parrocchiale all'altra di Tressa, ma le proteste della popolazione bloccarono l'intento fino a che con decreto del 9 febbraio 1787, la cura venne dichiarata vicaria perpetua e il canonico prebendario dovette assegnare al parroco ora inamovibile buona porzione delle sue rendite conservando solo il diritto di patronato. Attualmente la chiesa è attiva come parrocchia compresa nella forania della Val d'Arbia. Il borgo dell'Isola era dotato di uno spedaletto fondato alla fine del Duecento da Biagio dei Tolomei e da un altro costituito per volontà di Niccolò Cinughi nel 1340 in onore di Maria Vergine, che nel 1353 fu denominato di S. Niccolò dal vescovo Azzolino Malavolti il quale ne elesse come rettore perpetuo Matteo di Berto detto il Mazza. Ancora del distretto faceva parte l'oratorio dedicato a S. Lucia, sito lungo la via Romana, fondato per volontà testamentaria di Giulio Scala del 4 settembre 1587 e da questi affidato allo Spedale di S. Maria della Scala di cui era scrivano. Al momento in cui si procedette all'alienazione dei beni della grancia di Cuna, il rettore dell'istituzione propose l'interdizione della cappella, ma su istanza del parroco dell'Isola Filippo Bartalini, di Giuseppe Ricci livellario del podere detto Isola Grande e di Michelangelo Ghezzi, compratore del podere il Pozzo, il 25 aprile 1789 fu stipulata una donazione sul patronato in questione a favore dei detti compratori. Dagli atti della sacra visita effettuata il 12 maggio 1846 risulta che l'oratorio si trovava in pessime condizioni, senza un conveniente accesso a causa della correzione del percorso della strada regia, invaso dall'umidità, al punto da essere interamente spogliato degli arredi trasportati nella parrocchiale dell'Isola. Il 7 novembre dello stesso anno, gli eredi delle famiglie Ricci e Ghezzi, che nel frattempo non abitavano più nel paese, con formale atto rinunciarono a favore dei superiori ecclesiastici ad ogni loro diritto su S. Lucia di cui si decretò la profanazione. Ritengo opportuno precisare che la chiesetta in questione non aveva nulla a che vedere con l'antica parrocchiale dei SS. Lucia e Tommaso alla Troiola compresa nel distretto di Monsindoli e sita sulle colline oltre il torrente Tressa a sinistra della Cassia procedendo verso Siena; la nostra doveva trovarsi pressappoco lungo la poggiata da cui partiva l'omonimo borro in prossimità della fornace oggi adibita a residenza dell'artista Massimo Lippi.

G. MERLOTTI cit., pp. 219-222; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 79, 139, 157, 187, 196.

37. LEONINA Parrocchia di S. Bartolomeo (Comune di Asciano) Vicaria foranea di Monteroni d'Arbia

Costituita, con altre parrocchie della zona, come suffraganea della collegiata di S. Martino in Grania, fu sotto la giurisdizione dei canonici senesi come appare nel decreto del vescovo Buonfiglio che nel 1224 confermò ad essi, tra gli altri possessi, anche quello di Leonina. Nel Quattrocento essi non vantavano più alcun diritto sulla chiesa, divenuta di libera collazione vescovile probabilmente fin dalla metà del secolo precedente. In un atto del 1356, infatti, il rettore Ambrogio di Tura, facendo quietanza al suo antecessore per aver ricevuto diversi oggetti, non ricorda i patroni ai quali competeva la concessione del nullaosta e ancor più nella bolla del 19 agosto 1460 il pontefice Pio II non cita la parrocchiale tra i beni di pertinenza del Capitolo metropolitano. Nel prosieguo del tempo due furono le chiese annesse alla medesima: S. Lorenzo a Ripa d'Asciano e S. Giovanni Evangelista a Modine. La prima, di antica fondazione, era amministrata nel Quattrocento dal pievano di Grania; nel 1593 fu accorpata a Leonina con sgravio di eventuali censi per la sua povertà, divenendo cappella annessa. L'altra, ampiamente dotata dai Berardenghi in epoca medioevale, venne nel 1013 dai medesimi donata all'abbazia di S. Salvatore a Fontebona; passata nelle ragioni dell'abbazia di S. Lorenzo all'Ardenghesca nel secolo successivo, e quindi dei Cistercensi di Torri nel Duecento, cominciò a decadere. Il parroco, nel Trecento, nominato dai popolani e confermato dal rettore di Grania, era autonomo, ma probabilmente la mancanza di patroni comportò l'assottigliamento delle rendite e il conseguente deperimento degli stabili. Unita temporaneamente a Vescona (diocesi di Arezzo) con obbligo da parte del titolare di rendere conto alla Curia di Siena dell'amministrazione, fu nel Quattrocento alle dipendenze di Leonina. In occasione della visita pastorale del 1645 il reverendo Giovanni Guerrini nell'esporre le pessime condizioni dell'edificio che non poteva riattare sia per la vastità (la chiesa era lunga 18 braccia e larga 8 e mezzo) sia per la povertà della propria entrata, propose di alienarlo a monsignor Fabio Chigi (poi papa Alessandro VII) il quale gliene aveva fatta istanza per utilizzarne il materiale nella costruzione del proprio oratorio nella villa di Modine. Con pubblico atto datato 15 settembre 1645, la chiesa venne ceduta in cambio di scudi 20 utilizzati per l'acquisto di una campana, mentre l'acquirente riedificò il tempio dedicandolo a S. Girolamo. La chiesa di Leonina, pericolante già da diverso tempo, fu restaurata nel 1873, ma risultando i lavori poco idonei, per volontà del parroco Giovanni Pietricciani e con l'aiuto del marchese Bonaventura Chigi Zondadari proprietario della vicina fattoria, si intervenne nuovamente negli anni successivi. Il medesimo volle curare la sistemazione dell'oratorio di S. Lorenzo a Ripa, mentre per quello di S. Girolamo a Modine chiese all'arcivescovo Giovanni Pierallini la demolizione e il reimpiego del materiale concesso dal patrono per i riattamenti della parrocchia. Lo stesso Chigi nel 1878 aveva già completata la ricostruzione delle fondamenta della cappella voluta dal suo avo. Attualmente la chiesa di Leonina essendo stata soppressa la parrocchia, risulta alienata a privati.

G. MERLOTTI cit., pp. 222-226; G. PIETRICCIANI, Leonina - Cenni topografici e storici, Siena 1878; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 80, 139, 188, 370.

38. LORNANO Parrocchia di S. Giovanni Battista (Comune di Monteriggioni) Vicaria foranea di Monteriggioni Forania attuale: Siena nord

Abitata anticamente da un collegio di sacerdoti, è menzionata nei documenti dei secoli XI-XIII relativi ad accordi di vertenze che videro i rettori presenti in qualità di testimoni. Il primo è ser Giovanni che il 4 novembre 1081 intervenne nell'atto di donazione effettuato dal vescovo Rodolfo a favore dei suoi canonici. Ser Ubertino fu nominato fra gli arbitri incaricati di risolvere la controversia insorta tra il vescovo di Volterra e l'abate di Abbadia a Isola il 26 gennaio 1178. Lo stesso, cinque mesi dopo, partecipò al lodo concluso tra il medesimo abate e il rettore del romitorio di S. Maria di Montemaggio in cui quest'ultimo si sottoponeva alla di lui giurisdizione. nel 1317 ser Bernardino, nel denunziare lo stato della sua chiesa, affermò che per privilegio concesso da Innocenzo III gli spettava l'amministrazione di tutto il plebanato costituito dalle seguenti chiese: S. Giovanni Evangelista a Basciano, S. Stefano alla Ripa, S. Pietro a Brussano, S. Martino del Borgo, S, Piero a Ponchiaro, S. Maria del Poggiolo, S. Margherita a Rencine, S. Sebastiano a Larniano, S. Maria a Quercegrossa, S. Pietro a Gardina, S. Martino a Roccadistaggia, S. Lucio a Corpo Santo. Che la titolarità di Lornano fosse di grande rilevanza ai fini giuridici e istituzionali lo dimostrano le lettere spedite il 28 ottobre 1328 dal legato apostolico Giovanni cardinale diacono di S. Teodoro al pievano, in cui nel dichiararlo conservatore di certi beni stabili dello Spedale grande di Siena molestati da Bartolomeo di Luca e da Francesco suo figlio, gli dava facoltà di ricorrere alle censure ecclesiastiche. Il 7 maggio 1418 la pieve fu conferita in commenda a Pietro di Matteo vescovo di Calcedonia dell'ordine agostiniano dal vescovo Antonio Casini. Nel periodo in cui egli fu alla direzione della chiesa ebbe riunita a sé anche la cura soppressa di S. Stefano alla Ripa, definitivamente accorpata a Basciano nel 1425. I rettori che si succedettero dal 1444 al Cinquecento compreso non furono buoni amministratori del beneficio: contrasti tra famiglie alle quali erano stati concessi in locazione i terreni e vertenze contribuirono a impoverirne le entrate tanto che all'indomani della caduta della Repubblica di Siena le condizioni della pieve erano pessime. Nel 1574 alcuni parrocchiani ricorsero alla Curia per denunciare l'impossibilità di celebrarvi le funzioni sacre a causa della rovina degli edifici compromessi dalla guerra e la negligenza del curato nell'assistenza spirituale del popolo. Il vicario generale impose al titolare canonico Fulvio Cittadini di provvedere al necessario per la celebrazione e ordinò a Persio Rami da Poggibonsi, che riteneva i frutti del beneficio, l'immediato esborso di quanto indebitamente era in suo possesso. Lo stato compassionevole della parrocchiale è ugualmente descritto dal cardinale Francesco Bossi nella sua visita del 1575; nell'occasione il sacerdote di Basciano ricevette l'incarico dell'uffiziatura e la raccomandazione di rendere agibili gli edifici come di fatto avvenne. Nel corso del Settecento il pievano Giovanni Baroni avviò nuovi restauri, ma possiamo definire l'intervento una vera e propria ricostruzione protrattasi negli anni; nel 1728 l'arcivescovo Alessandro Zondadari la consacrò decretandone l'anniversario la prima domenica di maggio. Giova ricordare che nel 1803, rimasta vacante, per due mesi ebbe l'incarico di economo spirituale della cura Giacinto Pippi, nominato poi rettore del Seminario e canonico della Metropolitana nonché vescovo di Montalcino e quindi di Chiusi e Pienza. Attualmente Lornano risulta ente ecclesiastico civilmente riconosciuto e attivo come parrocchia compresa nella forania di Siena nord. Era compresa nel territorio la chiesa dei SS. Pietro e Lucio al Corpo Santo che nel Trecento aveva un rettore. benché distrutta, nel 1609 si vedevano ancora le sue rovine. E’ da ritenere che servisse per il servizio spirituale dei condannati a morte giustiziati nei paraggi fin dal secolo XIII. Vicino esisteva nel 1247 anche un lazzaretto, come si ricava dal testamento di Tebaldo di Guiduccio del popolo di S. Pietro a Ovile, al quale venne legato un lascito pecuniario per la cura degli ammalati.

G. MERLOTTI cit., pp. 230-235; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 80, 139, 153, 158, 188, 200.

39. LUCIGNANO Parrocchia di S. Giovanni Battista (Comune di Monteroni d'Arbia) Vicaria foranea di Monteroni d'Arbia Forania attuale: Val d'Arbia

Fondata secondo il Merlotti dai primi conti di Siena, la chiesa, allora dedicata a S. Cristina, è ricordata in un atto del 913 in cui il vescovo Teodorico ne nominava rettore ser Giovanni di Oliperto. Il prelato, figlio del conte Bernardo I, vantava probabilmente diritti sulla zona come starebbe a dimostrare il successore Gerardo, suo parente che ugualmente intorno al 947 conferì personalmente l'investitura della chiesa a Balduino di Gualtieri. Nel 1186 il vescovo Gunterano impose al titolare di Lucignano gravosi censi da pagare alla mensa, forse in virtù delle ragioni che l'antica famiglia da cui i due presuli traevano origine aveva ab immemorabili sulla pieve. Non è poi da sottovalutare che durante l'episcopato del predetto Teodorico abbiamo la prima notizia di un Capitolo della Cattedrale il cui "canonico cardine", investito del beneficio di Lucignano, doveva mantenere con il superiore un rapporto di stretta dipendenza anche economica, vantandone questi la totale giurisdizione temporale. Di fatto nel corso del Duecento la cura non ebbe patroni laici e venne affidata quasi sempre ai canonici della matropolitana che la ressero unitamente alla parrocchiale di S. Agata in Siena, rinunciata nel 1280 a favore degli Agostiniani. Il pontefice Pio II nel 1458 volle riunire in perpetuo il beneficio alla dignità dell'Arcidiaconato della Cattedrale senese il cui titolare ebbe l'obbligo di nominare un cappellano amovibile per il servizio spirituale. Tale disposizione rimase in vigore fino al 1784, quando con decreto dell'arcivescovo Borghesi il parroco divenne vicario perpetuo e al canonico prebendario si affidò l'onere del suo mantenimento e di quello degli edifici. nel 1846 fu eretta nella chiesa la Congregazione del Rosario che, insieme a quella del SS. Sacramento, attiva dal Cinquecento, incrementò le pratiche devote della popolazione. Attualmente la pieve è attiva come parrocchiale compresa nella forania della Val d'Arbia. Nel perimetro si trovavano alcune chiese oggi scomparse: S. Maria Maddalena al Pino, parrocchia citata nei documenti fin dal Trecento, era di giuspatronato laico ed estendeva il proprio territorio nel comunello di pochi poderi posto vicino all'Arbia. Nel 1357 il suo rettore Simone Vanni dichiarò al presule senese l'impossibilità di poterla governare per le rendite divenute inconsistenti e probabilmente fu accorpata a Lucignano, anche se nel 1412 aveva ancora un cappellano. S. Bartolomeo a Querciole, nominata nell'atto del 913 in cui il vescovo Teodorico investiva ser Giovanni di Aliperto del beneficio di Lucignano, aveva allora come rettore ser Cristiano. Fu attiva fino alla fine del secolo XIV, quando subì la sorte della precedente. La chiesa di S. Maria, poi di S. Andrea, a Larnino sottoposta alla giurisdizione del Capitolo della Metropolitana, ebbe funzioni parrocchiali autonome fino ai primi decenni del Quattrocento. In data 11 giugno 1418, essendo rimasta vacante, venne conferita dal cardinale Antonio Casini a ser Giulio di Giovanni per passare in seguito a Mariano di Trafiero cappellano del Duomo. E' ricordata nel testamento di Galgano di Lolo, rettore dello Spedale, dell'8 dicembre 1362, in cui tra le altre disposizioni legò la somma di lire venticinque da spendere in paramenti nuovi o in altri restauri e un analogo quantitativo di denaro da impiegare nella fabbrica della nuova chiesa di cui non viene fatta menzione in altri documenti. Nella zona si trovavano ancora la parrocchiale del villaggio di Montarone, retta da un titolare fino agli esordi del secolo XIV, il cui popolo fu unito a Lucignano forse in conseguenza del crollo demografico causato dalla pestilenza del 1348, e lo spedaletto dei SS. Niccolò, Domenico e Ambrogio di Curliano o Curiano fondato per volontà testamentaria di Niccolò di Benzio nel 1327. Posto sotto il giuspatronato dei Domenicani che nel 1399 accettarono la donazione effettuata dalla vedova, nel 1640 venne da essi venduto con obbligo al compratore di tenere un letto per dare ricetto ai pellegrini.

G. MERLOTTI cit., pp. 235-241; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 81, 139, 153, 158, 188, 196, 200; V. BRUCHI, in "B.S.S.P." LXV(1958), p. 184; A. LIBERATI, in "B.S.S.P." XLV(1938), pp. 48-67.

40. MAGGIANO Parrocchia di S. Niccolò (Comune di Siena) Vicaria foranea di Casciano delle Masse Forania attuale: Siena centro

L'antica parrocchiale, sita fuori porta romana sotto il colle di S. Chiara, nel luogo posseduto nell'Ottocento dalla famiglia Ferrini, è menzionata nei documenti del secolo XIII. Ebbe un suo rettore per il servizio spirituale, che nel 1417 fu trasformato in cappellano amovibile dal cardinale Antonio casini. Alla fine del Cinquecento il pontefice Sisto V la riunì alla Congregazione dei padri Giorgini istituita nella parrocchiale di S. Giorgio in Siena ed uno di essi vi andava durante il giorno per svolgere le funzioni consuete, mentre di notte ad un sacerdote dei dintorni era affidato il compito di supplirlo in cambio di una soma di grano. Passati i beni della Congregazione al Seminario, la cura di Maggiano divenne dalla metà del Seicento di patronato della medesima istituzione fino al 1783 quando con decreto dell'arcivescovo Tiberio Borghesi, in ottemperanza al rescritto granducale dell'anno precedente, fu nominato un vicario perpetuo. In seguito alla soppressione del monastero di S. Maria Assunta a Maggiano del 1782, la titolazione della parrocchiale venne traslata in quella chiesa mentre l'altra nel 1788, sconsacrata e alienata a Cosimo Corbini, subì l'abbattimento. Fondata per volontà del cardinale Riccardo Petroni che aveva destinato il suo immenso patrimonio alla costruzione di diversi monasteri, la certosa di Maggiano sorse su un terreno della famiglia Ugurgieri acquistato dagli esecutori testamentari del prelato. Nel 1324 i lavori erano terminati e vi si installò un primo nucleo di Certosini che nel corso della seconda metà del secolo avviò l'ampliamento delle strutture, finanziato in gran parte dal Comune di Siena e dall'eredità di Niccoluccio Petroni il quale aveva destinato i possessi di Montauto e di Casale di Val d'Arbia a una nuova istituzione claustrale. Ritenuto prioritario l'intervento sull'esistente monastero, fu ammensata a questo la rendita del testatore che servì a portare avanti il progetto. Gli edifici sopportarono nel 1554 gli scontri tra Senesi e Spagnoli, ma i danni subiti vennero ben presto risarciti tanto che nel 1575 in occasione della visita apostolica, tutto risultò in ordine. La chiesa, dotata dai religiosi di splendidi dipinti e arredi, fu consacrata solennemente dall'arcivescovo Alessandro Petrucci il 5 novembre 1623. Con la riunione dei Certosini di Maggiano a quelli di Pontignano avvenuta nel 1782, il monastero venne soppresso e alienato ad eccezione della chiesa che, tuttora ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, è attiva come parrocchia compresa nella forania di Siena centro. Sul poggio di Maggiano, poco distante dalla chiesa di S. Niccolò, si trovava il demolito monastero delle Francescane di S. Chiara, fondato dal cardinale Petroni nel 1314 e dalla stessa famiglia dotato di vari possessi in Val di Pugna e a Maggiano. Le religiose, nel 1554, a causa della guerra, furono accolte in città nel monastero di S. Maria degli Angeli detto il Santuccio, dal quale si trasferirono dopo alcuni giorni nei locali della Congregazione di S. Onofrio in Camollia dove rimasero quarantatre anni. Il 15 settembre 1570 esse avevano comprato l'abbazia vallombrosana dei SS. Giacomo e Filippo ai Pispini, che dopo gli opportuni restauri, fu dal 28 ottobre 1696 la loro nuova sede. Nel sito dell'antico monastero, distrutto dai Senesi per non dare albergo ai nemici, fu col tempo costruita una casa colonica con un oratorio dedicato a S. Chiara che nell'Ottocento apparteneva alla famiglia Andreini. Anche i monasteri non più esistenti di Ognissanti e di S. Barnaba erano compresi nel territorio della parrocchia. Il primo, dell'ordine benedettino della Congregazione camaldolese, si diceva fondato nel XII secolo dal priore dell'eremo del Vivo d'Orcia; l'altro, dell'ordine cistercense, accoglieva dal Duecento le religiose dette Bacucche o Fratelle. Si trovavano rispettivamente a sinistra della porta Romana procedendo verso il borgo di Valli e a destra della medesima. Le suore di S. Barnaba nel 1330 ricevettero un indennizzo dal Comune che per dare luogo alla costruzione della porta Nuova (Romana) aveva guastato il loro chiostro e parte della chiesa. Altrettanto avvenne nel 1410, quando stessa sorte fu subita dal monastero. Nonostante il breve di soppressione emanato dal pontefice Eugenio IV nel 1437 e ribadito da Pio II nel 1463, esse non vollero obbedire e rifiutarono l'accorpamento imposto alle consorelle di Ognissanti, ricorrendo alla Curia romana che il 15 maggio 1467 intimò loro l'immediata unione. Al medesimo monastero furono aggregate nel 1516 anche le Camaldolesi di Casciano del Vescovado, già soppresse nel 1463. Le religiose di Ognissanti, che nel 1492 avevano abbracciato la regola olivetana, furono costrette nel 1554 a cercare rifugio in città per la guerra in corso. Accolte prima in S. Vigilio, cinque anni dopo, in numero di ottantotto, vennero trasferite nel convento di S. Maria Maddalena posto sotto il giuspatronato dell'abbazia di S. Galgano da cui nel 1565 fu scorporato. Non lontano dal distrutto monastero di Ognissanti si trovava lo spedaletto di S. Caterina delle Ruote fondato nella seconda metà del Trecento per volontà di Caterina Petroni e quello istituito da Saladino di Pietro nel 1375. Ambedue disponevano di un oratorio per gli uffizi sacri e svolgevano l'attività di ricovero dei pellegrini e dei viandanti. Nel 1750 le loro rendite furono accorpate allo Spedale di S. Maria della Scala e i fabbricati vennero alienati. Nell'Ottocento la famiglia De Metz li adattò a villa campestre con oratorio annesso dedicato a S. Caterina delle Ruote. Lungo la via che conduce a Maggiano si trovava un eremo femminile dedicato alla SS. Annunziata fondato dallo speziale Mino di Accarigio il 3 febbraio 1318, concedendone la gestione al procuratore delle monache di Ognissanti. Le pie donne, che nel 1361 ottennero un sussidio dal Comune per la costruzione dell'oratorio, vi rimasero fino al 1407, anno in cui con un decreto del vescovo Francesco Mormille i beni di suolo del romitorio furono riuniti a quelli di Ognissanti e il fabbricato venne affidato al convento dei Servi.

G. MERLOTTI cit., pp. 242-247; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 82, 139, 158, 188, 207, 313.

41. MARCIANO Parrocchia dei SS. Pietro e Paolo (Comune di Siena) Vicaria foranea di Casciano delle Masse Forania attuale: Siena nord

Il luogo è citato fin dal 983 nell'atto di fondazione dell'abbazia di Poggio Marturi presso Poggibonsi in cui il conte Ugo di Brandeburgo, vicario imperiale di Ottone III, concesse alla nuova istituzione, tra gli altri possessi, due poderi siti in quella corte e ancora nell'atto di assegnazione, datato 29 aprile 994, da parte di Tegrim, figlio del conte Ildebrando e di Ava del Montemaggio, di alcuni beni alla moglie Sandrada. E' probabile che la parrocchiale avesse origine in quei remoti tempi anche se i documenti ricordano il suo primo rettore, ser Cambio, nel 1307. Nel 1426 era retta da ser Giacomo di Niccolò, prete di S. Bartolomeo in Camollia, e aveva riunite le cure di Colle Malamerenda e dell'Arbiola. Nel secolo successivo, con decreto del 24 maggio 1565, le fu accorpata la chiesa di S. Antonino a Torre Fiorentina, rimasta quasi priva di popolazione, e la cura di S. Martino a Quarto anche se, riguardo a quest'ultima, non conosciamo la data precisa. Parte della medesima, poi, alla fine del Settecento, fu inclusa nel comprensorio di S. Dalmazio con atto dell'arcivescovo Tiberio Borghesi. Nel 1682 il parroco Francesco Mariani curò la sistemazione e i restauri degli edifici che nella stessa forma si presentano ai nostri giorni. A causa del notevole sviluppo edilizio a nord della città e dell'incremento demografico, la chiesa risultava inadatta e decentrata per cui nel 1963 si dette inizio alla costruzione della nuova parrocchiale dedicata a S. Ansano della quale l'antica sede è diventata succursale compresa nella forania di Siena nord. Nel territorio si trovava la chiesa di S. Antonino che nel Trecento era di giuspatronato delle Benedettine di S. Michele Arcangelo a Vico Alto le quali vi tenevano un cappellano. Unita per pochi anni a S. Giovanni Evangelista a Cerreto, nei primi del Cinquecento tornò ad avere un titolare. Subì le devastazioni della guerra alla metà del secolo per cui venne accorpata a Marciano. Dagli atti della visita apostolica del 1575 apprendiamo che era stata ricostruita, ma fu ordinato lo stesso di ampliarla. Nel 1640, minacciando rovina ed essendo in prossimità di una locanda frequentata da donne di mala vita, se ne decretò l'abbattimento e con il retratto del materiale si commise l'erezione di un altare dedicato a S. Antonino a Marciano. Sembra però che gli ordini non fossero eseguiti perché a tuttoggi l'oratorio è in piedi poco lontano da Torre Fiorentina. le sue pertinenze furono nel 1854 concesse in enfiteusi al professor Valenti il quale volle restaurare lo stabile circondandolo di altre fabbriche che costituirono il nucleo della villetta dello Stellino. Compresa nel territorio di Marciano è la villa di Belriguardo, già cenobio dei Camaldolesi, ivi trasferiti dalla sede poco distante di S. Giacomo, conosciuta come Convento Vecchio. Iniziata la costruzione del monastero il 10 giugno 1618, vi andarono ad abitare in virtù del breve pontificio di Urbano VIII dell'8 novembre 1635 e l'anno seguente furono istituzionalmente riuniti a Pontignano sotto un unico priore. Tuttavia per poco tempo i religiosi rimasero nel loro convento perché papa Alessandro VII, il 20 agosto 1658, li volle a Montecellesi nel luogo in cui precedentemente erano stati i Cappuccini. Anche l'antica parrocchia di S. Prospero, posta sull'omonimo poggio, rientrò nei secoli scorsi nel perimetro di Marciano. Sita probabilmente con il borgo nella zona dell'attuale Fortezza, è ricordata in un atto del l 6 agosto 1093 con cui si donò alle monache di Montecellesi una porzione dei possessi della medesima. L'11 marzo 1148 la cura venne dotata di alcuni beni da Ildebrandino e Uguccione di Giovanni, così come il 9 settembre 1198 Buono vescovo le confermò la donazione concessa dal predecessore Ranieri e il diritto di percepire le decime che in epoche lontane ritraeva anche dal territorio di basciano e di Borgiano. Subiti gravi danni a causa delle guerre, il pontefice Gregorio IX nel 1233 trasferì al vescovo la facoltà di traslare la parrocchia in S. Andrea, ma pare che si rinunciasse all'accorpamento data la quietanza rilasciata il 9 marzo 1249 da ser Ventura di Rinaldo al Comune per i sussidi concessi. Da allora non abbiamo documenti che ricordino la chiesa come cura d'anime, sappiamo invece che le benedettine di Montecellesi, in virtù della citata donazione del 1093, vantando sulla zona dei diritti, nella prima metà del Duecento avevano cominciato a fabbricarvi il loro monastero per il quale la repubblica di Siena aveva accordate varie elargizioni. Ottenuta dal pontefice Innocenzo IV la facoltà di trasferirvisi nel 1254, e presentatasi l'esigenza di ampliare gli stabili, le religiose ottennero nel 1259 e nel 1278 altri aiuti dal Comune per i lavori che continuarono fino al secolo successivo. L'istituto incluse probabilmente anche le rendite della soppressa chiesa di S. Prospero e nel 1393, essendo ben organizzato, accolse le altre Cistercensi che dimoravano in S. Maria Novella presso l'Antiporto di Camollia, il cui oratorio è oggi uffiziato dalla Compagnia di S. Bernardino al Prato. Nel 1526 gli edifici vennero distrutti durante la guerra perché non vi si acquartierassero i nemici dei Senesi e le religiose furono temporaneamente rifugiate in S. Antonio in Fontebranda da dove nel 1534 si riunirono a quelle di S. Agnese, dette le Trafisse,in via delle Sperandie.

G. MERLOTTI cit., pp. 248-254; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 83, 139, 158, 188, 196, 249.

42. MERSE Parrocchia di S. Lorenzo (Comune di Monticiano) Vicaria foranea di S. Lorenzo a Merse Forania attuale: Val di Merse - Maremma

Ebbe origine prima del secolo X e fu di giuspatronato dell'abbazia di S. Lorenzo all'Ardenghesca con due porzioni dell'omonimo castello. Appartenne alla famiglia degli Ardengheschi, feudataria della zona, la quale il 28 marzo 1108 la riconfermò con i suoi possessi al predetto monastero. Anche le bolle inviate dai pontefici Lucio II (1144), Eugenio III (1145), Adriano IV, Alessandro III (1178), Clemente III, Celestino III (1194), Gregorio IX (1238), Niccolò IV (1288) ribadirono i diritti esercitati dall'abate sul grande patrimonio acquisito nei secoli di cui faceva parte la parrocchia di S. Lorenzo. Con atto del 2 dicembre 1108 Ubaldo di Bernardo, nel donare alcune terre allo spedale dei SS. Giacomo e Filippo a Macereto, volle in caso di mancato adempimento delle clausole testamentarie, che spettassero alla chiesa di S. Lorenzo a Foiano, così si chiamava allora il villaggio della Merse dal nome della vasta palude prospiciente. Nel prosieguo del tempo tra i beni della cura rientrò anche lo spedale del Ponte a Macereto: il 9 aprile 1229 il parroco ser Giovanni vi rinunciò a favore di Ugo preposto della Metropolitana mantenendo tuttavia il diritto per sé e i suoi successori sulle porzioni dei frutti derivanti dal denaro speso in caso di costruzione di mulini nelle terre di pertinenza del detto spedale. Nel 1202, per i forti contrasti con Siena, gli Ardengheschi rimisero le loro ragioni nell'arciprete della Cattedrale e nell'abate di S. Eugenio, i quali pronunciarono un lodo in cui fu deliberato che i conti dovessero pagare alla repubblica un tenue tributo annuo per tutte le loro proprietà, comprese le pertinenze di S. Lorenzo all'Ardenghesca. Cominciata di fatto la decadenza della nobile prosapia, il castello passò ai Marescotti e fu nel 1369 rovinato dai Senesi per riparare alle scorrerie che questi compivano. Nel Cinquecento la chiesa rientrava ancora nella loro giurisdizione. Essi si accollavano il mantenimento e i restauri degli edifici nominando il parroco, ma il cardinale arcivescovo Francesco M. Tarugi revocò nel 1604 il privilegio e volle che fosse di libera collazione. Esonerò pertanto i patroni dal deposito previsto dai canoni, restituendo loro le cifre spese per il precedente e ultimo rettore Andrea da Tiferno. Nel 1618 il presule Alessandro Petrucci decretò la chiesa sede di vicaria, staccandola da Murlo e assegnandole come suffraganee le parrocchie di Iesa e del Santo comprese nella forania di Civitella e di Recenza facente parte di Rosia. Nella stessa si riuniva la compagnia laicale sotto il titolo della Visitazione, costituitasi nel Trecento al tempo del vescovo Azzolino Malavolti. La tradizione vuole che tre pastori di Tocchi, Iesa e S. Lorenzo rinvenissero in quei boschi un'immagine con l'effigie del mistero della Visitazione e decidessero di tenerla un anno ciascuno nelle loro terre. Siccome a causa degli spostamenti il simulacro andava deperendo, nel 1716 fu fatto nuovamente intagliare da Pietro Montini. Nel 1784 l'arcivescovo Tiberio Borghesi, su istanza della Reale Segreteria di Stato, proibì la sua traslazione restituendola alla Confraternita. Nel distretto, oltre all'oratorio della Compagnia adesso ricordato, era presente quello della Madonna delle Piagge lungo la strada del castello. Attualmente la chiesa risulta ente ecclesiastico civilmente riconosciuto ed è attiva come parrocchia compresa nella forania di Val di Merse - Maremma.

G. MERLOTTI cit., pp. 226-230; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 85, 140, 158, 188, 196, 250- 251.

43. MONASTERO Parrocchia di S. Bartolomeo (Comune di Siena) Vicaria foranea di Casciano delle Masse Forania attuale: Siena centro

Secondo Merlotti dovette avere origine nella seconda metà del Duecento, anche se i suoi rettori sono conosciuti solo a partire dalla metà del secolo successivo. I documenti non citano la parrocchia nemmeno in occasione del concordato del 1307 stipulato dal vescovo Rinaldo Malavolti per risolvere le vertenze insorte fra il clero e lo Spedale di S. Maria della Scala in materia di contribuzioni, forse perché posta interamente sotto il giuspatronato del vicino monastero di S. Eugenio. L'abate nel Trecento sanzionava la nomina del parroco presentato dal capitano del comunello, vantando la giurisdizione sulle anime del distretto da tempi remoti. A conferma dei propri diritti, il medesimo inviava bolle ai titolari del beneficio e imponeva oneri e obblighi anche durante il Seicento. Il reverendo Alessandro Leni nel 1782 presentò al trono una supplica per ottenere la totale autonomia che venne concessa l'anno successivo dietro pagamento di un modesto tributo annuale ai religiosi di S. Eugenio. Il patronato fu attribuito al popolo ed ogni capofamiglia ebbe la possibilità di sottoscrivere l'elezione del parroco che quattro anni dopo divenne vicario perpetuo di esclusiva nomina regia. Attualmente la chiesa è attiva come parrocchia compresa nella forania di Siena centro. Nel suo perimetro si trova l'abbazia di S. Eugenio, fondata nel 731 dal gastaldo di Siena e arricchita di molti beni soprattutto nella valle di Orgia. Secondo la tradizione sarebbe sorta nel luogo detto Polidiano, sede della corte regia, poco distante da una chiesa dedicata a S. Martino. Affidata subito ai monaci neri della regola di S. Benedetto della Congregazione di S. Giustina, fu sotto la protezione della S. Sede che nel corso degli anni riconfermò all'istituzione i privilegi di cui godeva e i diritti su varie chiese della zona. Nel 1365 il monastero subì danni rilevanti dalla compagnia militare guidata da Ambrosiolo, figlio naturale di Bernabò Visconti, per cui il Comune concorse ai restauri. Per i disordini e le continue vessazioni che rendevano il luogo insicuro, parte della comunità dei religiosi venne accolta in Siena nel 1437 in S. Spirito dove rimase fino al 1448. Già il 29 ottobre 1446 il pontefice Eugenio III, per risollevare le condizioni del monastero, lo aveva aggregato all'abbadia di S. Cirino a Isola dello stesso ordine. Nel 1497 i religiosi ottennero dall'arcivescovo Francesco Piccolomini la chiesa di S. Marco, già sottoposta alla loro giurisdizione dal 1274, perché servisse da ospizio in città, con obbligo di nominare un sacerdote per la cura d'anime. Soppressa nel 1786 l'abbazia, i pochi monaci si rifugiarono in S. Domenico dove rimasero fino al 1866. Gli edifici nel 1812 passarono alla famiglia Griccioli che nel 1819 ne curò i restauri e la trasformazione in villa padronale la quale, attualmente, funge da casa di riposo delle Figlie della carità di S. Vincenzo de' Paoli. Davanti all'antico monastero si trova l'oratorio della Compagnia laicale di S. Giovanni Evangelista, approvata canonicamente nel 1579. Eretta fin dal 1532 per volontà di dodici uomini di Monastero, cominciò a radunarsi nella chiesetta prospiciente l'abbazia, concessa dal curato in cambio di un canone annuo. L'edificio, trasformato alla fine del Seicento e abbellito al suo interno dal lavoro di vari artisti, continuò ad accogliere il sodalizio fino alla soppressione del 1785 e, dopo un periodo di interruzione terminato nel 1793, dal ripristino fino ad oggi. Secondo Merlotti la primitiva chiesetta costituiva il centro della parrocchia di Monastero, diretta da un sacerdote secolare eletto dai Benedettini di S. Eugenio prima che fosse fondata quella dedicata a S. Bartolomeo. Nel 1003 Giovanni XVIII aveva accordato loro la riscossione delle decime di alcune località dei dintorni e già dalla metà del secolo precedente ad essi era attribuita la facoltà di nominare il rettore della cura comprendente i villaggi di Casale e di Monastero Basso. La definitiva riunione avvenuta alla metà del Trecento di tutta la popolazione del comprensorio avrebbe portato all'assetto attuale. A poca distanza dalla parrocchiale si vedono gli edifici che costituirono il monastero dei SS. Abundio e Abundazio. Fondato secondo la tradizione, da Pipino re d'Italia nell'801, accolse le monache di S. Benedetto che vi si trattennero fino alla soppressione del 1810. Fu di giurisdizione dell'abate di S. Eugenio fin dal X secolo e ebbe cura d'anime del territorio circostante che in un atto del vescovo Buonfiglio del 1250 appare così delineato: "dall'incrociata che va a detta abbadia di S. Abundio dall'una e dall'altra parte della strada che scende alla Tressa dov'è il mulino di ser Galgano e poi secondo scorre la Tressa ascendendo fino al ponte della detta Tressa vicino alle terre ove già fu il mulino di Rinaldo di Gilio; e da detto ponte per la costa e via pubblica per la quale si torna all'incrociata e dalla medesima incrociata scendendo per la vigna di Albertino di Guido di Buccello, di modo che detta vigna s'intenda della sopradetta parrocchia; e per il fossato di Vallefracida secondo scorre il fossato di detta valle fino al mulino sopradetto di ser Galgano". In virtù dei privilegi accordati dai pontefici e ribaditi da Giovanni XVIII nel 1003 e da Alessandro III nel 1176, all'abate di S. Eugenio competeva la nomina dell'abbadessa di S. Abundio la quale, per la ricorrenza del santo titolare, doveva al suo cospetto, in segno di sottomissione, offrire due ceri di tre libbre ciascuno. Nel 1355 suor Paola di Forese, superiora, ottenne da papa Urbano V la perpetua clausura del monastero che da allora dipese dalla S. Sede e quindi dall'ordinario della città. Inizialmente l'istituzione venne dotata di tre giuspatronati su Grania, Pecorile e Vignano; nel prosieguo del tempo, per i lasciti e le donazioni, allargò il proprio patrimonio fino ad includere la terza parte dei beni del B° Giovanni Colombini per volontà testamentaria dell'8 maggio 1365. Anche Pio II non mancò di accordare alle religiose importanti indulgenze quando, nel 1464, le onorò di una sua visita. In seguito alle vicende della guerra di metà Cinquecento, durante la quale la comunità fu costretta a riparare in Siena in S. Girolamo, il monastero subì rilevanti danni cui si provvide nel 1569 con il radicale restauro delle strutture murarie e l'abbellimento delle due chiese dedicate ai titolari. Quella esterna fu nella prima metà del Settecento completamente rinnovata con decori a stucco e opere d'arte. Dopo la soppressione, nel 1816, lo stabile fu acquistato dalla famiglia Mognaini che abbatté gran parte degli annessi e avviò la trasformazione in villa campestre con la conseguente rovina dell'antica e primitiva chiesa ridotta a tinaia. Lungo la discesa della Tressa detta Costa del Romito esisteva un eremo intitolato alla B. M. V. dove abitavano alcuni anacoreti detti di S. Isaac di Siria. Dipendevano dalla Casa della Misericordia alla quale pagavano un canone annuo di due ceri. Nel 1326 ricevettero dal Comune un sussidio per l'abbigliamento e il vescovo Azzolino dei Malavolti nel 1360 concesse loro di poter celebrare a porte chiuse ogni giorno. Nel 1407 l'eremo venne dato a Giacomo di Benedetto, terziario francescano, sua vita durante, per la soppressione dell'istituto della Misericordia. Passò quindi a privati e nel 1584 apparteneva a un tal Mazzuoli fabbro che lo donò al monastero dei SS. Abundio e Abundazio. Oltre alla chiesa di S. Michele del villaggio del Casale, non più esistente, si trovava nel Piano delle Fornaci, detto anticamente dei Nespoli, l'oratorio di S. Maria delle nevi annesso a uno spedaletto voluto dallo Spedale di S. Maria della Scala che fin dal 1381 aveva attivato nella zona una fornace di mattoni. Per soddisfare i bisogni spirituali di molti operai che vi si erano stabiliti con le loro famiglie, nel 1522 fu iniziata la fabbrica la cui uffiziatura venne commessa al parroco di Monastero due volte la settimana. Rimase attivo fino al 1750, quando in seguito alla soppressione di molti spedaletti, l'edificio subì la secolarizzazione. Giova ricordare che nell'occasione la tavola d'altare di Matteo da Siena venne concessa alla chiesa di S. Andrea a Montecchio. Sull'incrociata delle due strade davanti alla parrocchiale di Monastero, nel luogo denominato la Piazza, accanto al muro di cinta della clausura dell'abbazia di S. Eugenio, si vede un resto dell'arco che fu l'oratorio della Contrada della Quercia. Essa aveva per insegna un campo azzurro con liste bianche e nere trasversali con sopra una ghirlanda di alloro; il suo capitano si recava nella Metropolitana per l'offerta dell'Assunzione, godendo del riconoscimento di contrada cittadina confermato nel 1330 e nel 1611. Soppressa nel 1675 con le altre aggregate del Gallo, dell'Orso, della Vipera, di Spadaforte e del Leone, per aver sostenuto con arroganza davanti ai giudici la vittoria contestata di Spadaforte contro i diritti della Lupa, la sua popolazione fu inclusa nella Chiocciola mentre l'ufficio di capitano venne a cessare con il nuovo regolamento granducale del 1777. La chiesa, inclusa nel terreno del monastero di S. Eugenio, fu smantellata e la statua della Madonna che vi si venerava venne traslata nella parrocchiale con l'arme di appartenenza.

G. MERLOTTI cit., pp. 254-263; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 86, 140, 188, 196.

44. MONSINDOLI Parrocchia di S. Pietro (Comune di Siena) Vicaria foranea di Barontoli Forania attuale: Siena centro

Di antichissima fondazione, fu nel 1081 confermata da Arrigo IV ai monaci dell'abbazia di S. Eugenio. Una memoria del 1118 scolpita nella colonna destra dell'altare di S. Antimo ricorda "Monte Sindoli", la quale dovette essere località considerata nel Medio Evo capoluogo della vasta contrada che si estendeva da Siena a Corsano, spesso rammentata in pubblici atti e testamenti come quello del 1105 con cui Bernardo degli Ardengheschi donò ai canonici della Metropolitana alcuni suoi beni ivi compresi. I documenti hanno tramandato i nomi di gran parte dei suoi rettori del Trecento: ser Duccio, sindaco e amministratore dell'abbazia di S. Eugenio nel 1316, ser Tommaso di Nardo presente il 29 novembre 1333 al testamento di Binduccio mugnaio che legò un lascito alla sua chiesa, ser Fiorano che nel 1412 rinunziò alla titolarità per Casenovole. Il silenzio delle fonti relativo alla prima metà del Quattrocento non ci chiarisce il motivo della riunione a Mugnano cui risulta annessa nel 1460. Il suo stato di povertà mosse il cardinale Giacomo Ammannati, detto il cardinal Papiense, che nella zona possedeva vasti beni ad intervenire nel 1466 con ingenti fondi per restaurarla. Papa Sisto IV il 29 aprile 1474 gli concesse il giuspatronato attivo con facoltà di trasferirlo ad libitum, come avvenne due anni dopo con atto del 29 novembre, al Consiglio del Popolo del Comune di Siena. Il cardinale fino al 1479, anno della sua morte, mantenne la titolarità della chiesa ove teneva un sacerdote come vicegerente. In seguito ai danni causati dalla guerra del 1555, il Concistoro ordinò al parente del rettore ser Lorenzo di Marcello della Grammatica, rifugiatosi a Bologna, di provvedere alla sistemazione degli edifici a sue spese. Nel 1643 un fulmine distrusse quasi tutto il tempio che venne riattato dal sacerdote Orazio Ciani il quale volle provvederlo di opere d'arte e arredi. Anche ai primi dell'Ottocento furono eseguiti lavori dal parroco Luigi Palmieri che "rifabbricò quasi del tutto tanto la chiesa che l'annessa canonica", fino al 1860, quando il curato Antonio Gasparrini allungò la superficie della parrocchiale includendovi la loggetta antistante l'antica porta d'ingresso. Attualmente la chiesa, annessa a Monastero, risulta ente ecclesiastico civilmente riconosciuto compreso nella forania di Siena centro. Nel territorio si trovavano ancora i resti di quella che fu l'antica sede della cura di S. Agostino o Agostinello. Facente parte dell'abbazia di S. Eugenio forse fin dalla sua fondazione, nel 1081 viene menzionata nel diploma di Arrigo IV con il castello omonimo come sottoposta al giuspatronato di quei monaci. Che la località fosse di importanza strategica lo dimostra la presenza di un sindaco, incaricato dal Comune di Siena a sovrintendere gli affari, con competenze distinte da quella della vicina Monsindoli. Riconfermata dai pontefici ai Benedettini di Monastero nel corso del secoli XII e XIII, fu cura d'anime fino al 1476 quando, su petizione del cardinale Papiense, venne riunita a Monsindoli, di cui era commendatario, con obbligo del pagamento di un canone annuo ai precedenti beneficiari. Non esiste più la chiesa dedicata ai SS. Lucia e Tommaso della Troiola, anch'essa sotto il giuspatronato dell'abbazia di S. Eugenio. Antica sede di parrocchia, conosciamo i suoi rettori a partire dal secolo XIV. Da un testamento dell'11 luglio 1348 apprendiamo che abbisognava di urgenti restauri per i quali Tuccio di Neri disponeva un lascito. Nel 1413 il vicario del vescovo Antonio Casini la accorpò temporaneamente a Colle Malamerenda per mancanza di sufficienti rendite fino a che, con decreto del 20 giugno 1433, il presule Carlo Bartali la unì al beneficio di S. Pietro in Castelvecchio, di cui era titolare ser Pietro di Tommaso del Besso, purché fosse offiziata. Con bolla del 29 gennaio 1476 il pontefice Sisto IV la incorporava definitivamente a Monsindoli cui risultava annessa anche allo scadere del secolo successivo. Dal borgo della Troiola, dove il Governo di Siena teneva un sindaco all'inizio del secolo XV, non rimane più nulla se non un podere che ne ricorda pressappoco il sito. Ormai scomparsa l'antichissima S. Agnese, posta sull'omonima altura davanti a Poggio ai Frati e compresa nella giurisdizione dell'abbazia di S. Eugenio come appare dalle bolle pontificie di conferma. Fondata probabilmente prima dell'VIII secolo, viene citata nel diploma imperiale di Arrigo IV del 1081 come annessa all'istituzione benedettina. Fu attiva fino agli inizi del secolo XVI, quando pagava un'imposta al Comune di Siena, dopodiché ne perdiamo ogni traccia. Del distretto faceva parte anche l'oratorio detto del Ceraiolo appartenuto alla famiglia dei Rustici pittori e da essi abbellito.

G. MERLOTTI cit., pp. 263-269; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 86, 140, 180, 196.

45. MONTANTICO Parrocchia di S. Tommaso apostolo (Comune di Civitella) Vicaria foranea di Civitella Forania attuale: Val di Merse - Maremma

Secondo Merlotti anticamente la parrocchia aveva sede nella pieve di S. Giovanni Evangelista di Monte Codano che sorgeva presso il castello detto di Gello, già degli Ardengheschi, occupato dai ghibellini fuoriusciti nel 1270. L'esercito senese rase al suolo il fortilizio, ma l'anno seguente il Governo senese lo fece restaurare ponendovi un podestà. La chiesa, confermata al vescovo Buono da Clemente III nel 1189, era di giuspatronato degli Antolini che nel 1298 trasferirono i loro diritti allo Spedale di S. Maria della Scala. Passata ai Tolomei nel 1379, fu riunita a Montantico forse nei primi anni del Seicento. Nei dintorni del castello del Gello i documenti ricordano l'esistenza di altre due chiese, la già parrocchiale di S. Niccolò, posta sotto il patronato dei Tolomei nel Trecento, che passò a Montantico con decreto del cardinale Giovanni Piccolomini del 18 dicembre 1503; l'altra di S. Bartolomeo associata alla medesima il 7 agosto 1459 da Antonio Piccolomini. In mancanza di documenti sull'origine della cura di Montantico, Merlotti suppone che lo spopolamento causato dalla peste del 1348 e le vicende politiche abbiano portato alla riunione delle chiese, ormai in stato di deplorevole decadenza, all'omonimo castello fondato dagli Ardengheschi. Passato agli inizi del Duecento ai Senesi, rientrò nelle ragioni dei nobili Buonsignori che, per le aderenze con la fazione ghibellina, furono costretti a privarsene. Nel 1367 Francalancia dei Buonsignori lo cedette a Cione di Alessandro Tolomei, ma di lì a poco un membro dei precedenti proprietari, Niccolò, se ne impossessò forzatamente. Reintegrati nei loro diritti per sentenza giudiziale pronunciata il 15 novembre 1372, quattro anni dopo i Tolomei lo vendettero al Comune. E' probabile che la chiesa del fortilizio, fondata dai medesimi, i quali nel Quattrocento ne erano nuovamente signori, sia diventata cura di anime nella prima metà del secolo. La stessa famiglia ne fu patrona fino al 30 novembre 1744, quando con atto di vendita cedette tutta la proprietà al Seminario Arcivescovile di Siena che la utilizzò come villa per le vacanze dei convittori fino al 1810, anno in cui, data in enfiteusi la tenuta di Montantico, si utilizzò la proprietà del Vescovado. In epoca recente è stata costruita una chiesa allo scalo ferroviario in cui si è trasferita la titolarità della parrocchia, ora annessa a Paganico, compresa nella forania di Val di Merse - Maremma. Nel castello esisteva un oratorio dedicato alla SS. Annunziata, uffiziato dalla omonima compagnia laicale. Nell'Ottocento le sue condizioni erano pessime perché dopo le soppressioni venne abbandonato e nessuno si curò più del mantenimento.

G. MERLOTTI cit., pp. 269-272; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 87, 140, 188, 200.

46. MONTAUTO Parrocchia di S. Andrea (Comune di Asciano) Vicaria foranea di Buonconvento

Il castello prende nome dalla famiglia dei Giuseppi, ramificazione dei Cacciaconti, signori della zona. Ebbe origine nel secolo XII a scopo di difesa. Alla metà del Duecento subì la distruzione da parte dei Fiorentini, ma non venne abbandonato: nel 1284 il governo senese vi teneva un podestà confermato nel prosieguo del tempo fino al 1342. Passato ai Turamini e da essi, per eredità, alle monache di S. Chiara, fu venduto a quelle di S. Niccolò che lo cedettero nel 1691 alla famiglia Pecci la quale vi impiegò cospicue somme per restaurarlo nel 1714. Nell'Ottocento apparteneva ai Mocenni di Siena. Vicino all'attuale chiesa, già soppressa il secolo scorso, esisteva una parrocchiale dedicata a S. Germano, anticamente posta sotto il giuspatronato dell'abbazia di S. Eugenio, di cui nel 1346 il pievano di S. Maria a Sprenna vantava il diritto di approvare l'elezione del rettore. Secondo il Pecci la pestilenza del 1348 fu la causa del trasferimento della cura d'anime alla chiesa di S. Andrea, già esistente, nel cui patrimonio vennero inclusi i beni dell'altra. Tuttavia S. Germano continuò a sussistere come suffraganea nel 1418 e negli anni successivi, essendo conferita dai vari presuli allo stesso titolare di Montauto. Dagli atti delle visita pastorale effettuata nel 1602 dai delegati di mons. Francesco Maria Tarugi apprendiamo che a quell'epoca era stata demolita, venne pertanto imposto di celebrare i divini uffici nella cappella gentilizia dei Turamini, che rimase l'unica sede della parrocchia. Alla medesima fu unita anche la chiesa dei SS. Fabiano e Sebastiano, già curata, ridotta nell'Ottocento a un piccolo oratorio semiabbandonato. I documenti citano i suoi rettori dal 1273 fino alla fine del secolo successivo. Accorpata a Montauto per volontà del vescovo Donusdeo Malavolti nel 1348, data l'estrema povertà delle sue risorse, venne uffiziata forse dallo stesso parroco, mantenendo comunque separati i propri fondi sui quali nel 1397 pagava una tassa distinta. Nel secolo XV vi fu istituita la compagnia laicale di S. Bernardino da Siena, soppressa nel 1785, con il cui nome l'oratorio fu conosciuto nelle epoche successive. Nell'agglomerato di Casale si trovava l'antica chiesa di S. Bartolomeo, anch'essa parrocchia fin da epoche remote, di giuspatronato laicale come assicurò il sacerdote ser Pietro di Forte intorno al 1317, quando denunciò di essere stato presentato dai signori Guiglieschi. e confermato dal vescovo Rinaldo Malavolti. Nel 1366 i Certosini di Maggiano divennero assoluti padroni della zona grazie alla famiglia Petroni che tanto si era distinta nell'istituire monasteri nel territorio. Niccoluccio di Petrone del popolo di S. Martino in Siena, con suo testamento del 1 aprile 1336, aveva disposto che i suoi beni del Casale e di Montauto di cui era usufruttuaria la moglie dovessero essere utilizzati alla sua morte per la fondazione di una casa di religiosi. Il 3 luglio 1345 il priore di Maggiano fu incaricato di procedere a dare effetto alla volontà del testatore, impiegando anche le proprietà lasciate nel frattempo da ser Neri di Ugone. Tuttavia niente fu realizzato nell'immediato finché, nel 1366, essendo bisognosi di ampliamenti e restauri gli stabili di Maggiano, il vicario generale del vescovo Azzolino Malavolti decretò di utilizzare le rendite accantonate per la sistemazione della suddetta Certosa. Da allora la villa di Casale appartenne ai monaci che ebbero l'incarico del disimpegno degli uffici spirituali della cura nel 1489, quando l'arcivescovo Francesco Piccolomini, poi papa Pio III, vendette loro i beni di S. Bartolomeo dipendenti in quell'epoca da Piana. Soppressi i Certosini nel 1782, il popolo fu assegnato in parte a Montauto e in parte a Sprenna in Serravalle con grande disagio per la distanza dell'una e dell'altra parrocchiale fino a che, con decreto dell'arcivescovo Tiberio Borghesi del 1789, venne istituita una cappellania a Casale per l'assistenza dei fedeli. Il 25 giugno 1802, su istanza del nobile Marcello Sergardi divenuto proprietario della villa, il cardinale Anton Felice Zondadari accordò il trasferimento della medesima nell'oratorio gentilizio di S. Maria Maddalena, messo a disposizione per supplire allo stato deplorevole dell'antica chiesa. Montauto era nel Medioevo assai popolosa. Posta al confine con la diocesi di Arezzo e di Pienza, fu scelta da Niccolò Saracini per istituirvi uno spedale a sollievo dei religiosi viandanti francescani e domenicani. Il figlio Cino, nominato esecutore testamentario, intorno al 1327, non avendo dato effetto alle disposizioni paterne, ricorse al vescovo Donusdeo Malavolti per una proroga. Spettando ad esso ogni diritto, essendo trascorso il tempo dell'applicazione ereditaria come prevedeva la clausola, il presule nominò suo procuratore l'abate del monastero di Poggibonsi il quale si accordò con Cino per edificare lo spedale in un luogo più comodo per i viandanti. Fu scelto Castiglion Sinibaldi, detto Castiglioncello, presso Monteriggioni, dove già esisteva dal 1266 una analoga istituzione fondata da Ghinibaldo Saracini da Strove, marito della Sapia ricordata da Dante, a cui si accorpò il lascito abbandonando l'idea di erigere il fabbricato a Montauto.

G. MERLOTTI cit., pp. 273-278; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 88, 141, 158, 189.

47. MONTECCHIO Parrocchia di S. Andrea (Comune di Siena) Vicaria foranea di Barontoli Forania attuale: Val di Merse - Maremma

Di antica istituzione, i documenti ricordano un ser Giacomo rettore della chiesa nel 1294. Divenuta semplice rettoria sotto il titolo dei SS. Apostoli Pietro e Andrea alle dipendenze degli Eremitani del monastero di S. Maria Maddalena a Montecchio nel Trecento, si accrebbe per la soppressione della vicina parrocchiale di S. Michele Arcangelo senza tuttavia raggiungere rendite sufficienti al mantenimento di un curato autonomo. Il 5 ottobre 1418 fu riunita a Fogliano, il 13 maggio 1430 a S. Antonio in Fontebranda, il 1 settembre 1431 a S. Desiderio, il 14 ottobre 1434 a un canonicato del Duomo. I prebendari nominarono a loro volta un incaricato per il servizio religioso, tuttavia le risorse erano così scarse da non permettere di trovare un sacerdote che la dirigesse per cui con decreto del 31 gennaio 1505 il presule Giovanni Piccolomini la univa momentaneamente a S. Maria in Tressa. Dal 1457 circa, svincolata dal patronato degli Eremitani, era diventata di libera collazione e il titolare doveva pagare un tributo annuo alla mensa per la concessione della canonica e dei terreni, che andava a pesare sulle non floride condizioni economiche. Finalmente, con l'annessione della cura soppressa di S. Margherita a Costalpino, il beneficio potè disporre di un congruo assegnamento dal 1567; ciò permise una certa stabilità nella direzione pastorale che riscontriamo negli atti di nomina dell'epoca. Dal 1596 al 1636 ebbe come titolare Tullio Crogi, fratello della venerabile Passitea, sulla cui figura non è stata fatta piena luce, promotore della Congregazione dei Dodici Sacerdoti ivi fondata nel 1630 sotto la protezione di S. Caterina da Siena in rendimento di grazie per la liberazione dal contagio della peste. Le fabbriche, restaurate dal parroco Giacomo Martelli nella prima metà del Settecento, furono oggetto di un radicale intervento di trasformazione per opera del sacerdote Luigi Gani nel secolo successivo. Per le esigenze della popolazione, ma soprattutto per lasciare al solerte rettore un segno della sua gratitudine, l'arcivescovo Giuseppe Mancini il 12 luglio 1847 istituì nella chiesa il fonte battesimale. Attualmente ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, è attiva come parrocchia compresa nella forania di Val di Merse - Maremma. Sull'altura che domina Montecchio esisteva il monastero di S. Maria Maddalena fondato per donazione testamentaria del 23 aprile 1302 da Ugo de' Fabbri del fu Bencivenne. Approvato con beneplacito apostolico del 16 febbraio 1305, accolse alcuni Eremitani di S. Agostino del poggio di S. Agata e fu sovvenzionato da lasciti privati e contributi. Nel 1352 il superiore agostiniano fra Giovanni legò un suo podere posto in Montecchio allo Spedale di S. Maria della Scala in cambio di un onere annuo al nuovo asceterio; nel 1363 il Comune di Siena partecipò alla spesa per l'ampliamento delle fabbriche; nel 1380 il medesimo decretò l'elemosina di un’annua corresponsione di sale. Benché la struttura del monastero fosse ampia e funzionale, il padre provinciale ritenne di privarsene nei primi dell'Ottocento. La chiesa e il refettorio vennero demoliti nel 1808 e il materiale servì per i lavori a S. Agostino in Siena mentre il resto fu alienato e ridotto a villa campestre dalla famiglia Bossini. Nel comprensorio si trovava l'antica parrocchiale di S. Margherita a Costalpino esistente fin dal secolo XII, i cui rettori sono ricordati nei documenti del Trecento. Ridottasi in povertà al punto da non invogliare alcun sacerdote a prenderne la direzione, il vicario generale dell'arcivescovo Francesco Bandini Piccolomini con decreto del 6 marzo 1567 la unì in perpetuo a Montecchio. Dagli atti della visita apostolica del 1575 apprendiamo che la chiesa era in cattivo stato, vi si celebrava ogni quindici giorni e il cappellano non vi risiedeva. Nell'Ottocento il fabbricato era stato trasformato, secondo quanto attesta Merlotti, in cappella gentilizia contenente "opere dei più pregevoli pennelli senesi". Nei dintorni di Costalpino, lungo la strada che porta a Rosia, un antico fabbricato detto S. Galganello rientrava nella giurisdizione parrocchiale di Montecchio. Appartenente agli Incontri, il luogo fu donato da Giacomo detto Mino di Enrico di Giliotto, del popolo di S. Pietro in Castelvecchio di Siena, con atto dell'11 agosto 1298 all'abbazia di S. Galgano che vi costruì una pertinenza con oratorio. Il vescovo Donusdeo Malavolti accordò, con decreto dato in Pari l'8 marzo 1309, di celebrarvi i divini uffizi a bassa voce e senza il suono della campana per non pregiudicare i diritti della vicina parrocchia di S. Margherita. Nel 1575 vi si faceva la messa solo in presenza dell'abate, essendo stato rovinato l’oratorio durante la guerra; il visitatore apostolico ordinò allora di risarcirlo sotto pena di cinquanta scudi. Soppressa l'abbazia di S. Galgano, la fabbrica fu venduta a particolari. Proseguendo, si incontra la cappella detta della Mater Misericordiae dell'Agazzara, fatta innalzare da Angiolo Ottieri della Ciaia nel 1808, in cui si venerava l'immagine sacra del B. V. M. ivi trasportata dall'oratorio del Poggio dedicato a S. Anna, situato nel perimetro parrocchiale di Barontoli, dove era stata collocata dall'allora proprietaria Fulvia Piccolomini sposata con Agostino Salvi. Anche la chiesa dedicata all'Immacolata Concezione della Grotta, poco distante da Montecchio, rientra nella sua giurisdizione. Verso la metà del Quattrocento, stando a quanto riporta il Gigli, un contadino, arando un terreno, vide i buoi arrestarsi. Mentre si sforzava invano di farli ripartire, scorse una piccola immagine della Madonna. Divulgatasi la notizia, molti si recarono a venerarla e varie furono le grazie ottenute, al punto che i proprietari del fondo, Giovanni e Francesco Peri da Siena e Antonio Panzi da Barontoli, nel 1434 supplicarono il pontefice Eugenio IV per edificarvi uno spedale con cappella. Merlotti precisa che solo Giovanni di Bartolomeo Peri o Pieri diresse al vescovo di Siena l'istanza in virtù della quale ottenne la facoltà di erigere un oratorio per sua devozione con spedaletto annesso e il relativo godimento del giuspatronato con tutte le prerogative concesse a forma delle leggi canoniche. Compiuta la chiesa, le visite dei fedeli divennero frequentissime per cui il priore degli Eremitani di Montecchio, fra Galgano di Giovanni Matteo, si dette tutte le premure possibili per ampliare la costruzione, come avvenne nel 1453. In benemerenza della pia opera, papa Niccolò V concesse al religioso di potervisi stabilire e, alcuni anni dopo, gli stessi Agostiniani furono investiti della sua uffiziatura. Nel 1575 essi ancora vi dimoravano stabilmente gestendo l'oratorio, lo spedale e la confraternita ivi istituita dal 1443 sotto l'invocazione di Maria SS., aggregata all'altra della S. Cintola. Nel 1763 fu deliberato dover tenere nella chiesa un sacerdote che, con l'assegnamento di un conveniente onorario, presiedesse gli uffici religiosi richiesti dai numerosi pellegrini, ma la soppressione seguita nel 1785 delle compagnie laicali sembrò concludere la storia del santuario. Ripristinata la Confraternita il 9 giugno 1793, la chiesa tornò a vivere una nuova epoca di splendore sia per i lavori di restauro condotti due anni dopo, sia per il culto che continua ai giorni nostri. In luogo non identificato sorgeva la chiesa di S. Martino a Sorra dipendente dal monastero di S. Eugenio nel Duecento. Già parrocchiale, riceveva dallo Spedale di S. Maria della Scala la decima nel 1298. Gli scarsi documenti non ci illustrano la sua storia; nel 1466 era già stata annessa a Montecchio anche se i suoi beni dovettero sussistere fino ai primi anni del secolo successivo come fondo tassabile, essendo citati nei versamenti effettuati a favore del governo e della mensa. Altre due chiese erano nella zona: S. Michele Arcangelo e S. Teodoro. La prima, riunita per le poche rendite a Montecchio da Donusdeo Malavolti il 18 gennaio 1343, era parrocchiale in epoche remote, come l'altra, di cui si sono perse completamente le tracce, che secondo Merlotti doveva trovarsi nella zona prossima alle Volte. Allo stato attuale, nonostante la cura impiegata, non è stato possibile rintracciare gran parte dei documenti dell’archivio che risultano dispersi per l’incuria dei titolari.

G. MERLOTTI cit., pp. 279-286; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 88, 141, 189, 196.

48. MONTELISCAI Parrocchia dei SS. Pietro e Paolo (Comune di Siena) Vicaria foranea di Bozzone Forania attuale: Siena nord

Di antica fondazione, rientrava nel giuspatronato dei Camaldolesi del monastero di S. Pietro a Roti fin dal XII secolo. Spesso i suoi rettori vengono nominati in pubblici atti del Due-Trecento come intermediari o testimoni: nel 1296 il pontefice Bonifacio VIII, con un breve diretto al priore Rinaldo, ordinò di ammonire tutti coloro che accettavano o ritenevano decime spettanti allo Spedale di S. Maria della Scala; l'anno successivo il medesimo lo incaricò di esaminare e decidere su una questione insorta fra Neri di Ranieri e lo Spedale in merito a certe riscossioni; sempre nel 1296 Rinaldo, nel Consiglio generale della Campana adunato per designare i procuratori del Comune di Siena, si dichiarò come delegato della Santa sede e del vescovo. Passata nelle ragioni dei Camaldolesi di S. Mustiola della Rosa nel 1593, la cura ebbe un religioso secolare da essi incaricato per l'assistenza spirituale, ma le sue rendite erano così esigue che la S. Sede impose nel 1663 un decoroso appannaggio a favore di un vicario perpetuo a carico del detto monastero. L'abate Pietro Maria Salvini promise allora all'arcivescovo Ascanio Piccolomini di dare al nuovo designato la somma di cinquanta scudi ogni trimestre, la casa di abitazione, due piccoli appezzamenti di terreno e i proventi incerti di chiesa, obbligandosi alla manutenzione dei fabbricati, degli arredi liturgici e delle masserizie in cambio del mantenimento dei diritti goduti sulla parrocchia. Nel 1784 la stessa congregazione camaldolese dovette aumentare la congrua, che ammontava a scudi settantadue, a cento come prevedeva il decreto granducale per le chiese di giuspatronato ecclesiastico. Soppresso il monastero di S. Mustiola nel 1810, la cura di Monteliscai, diventata di libera collazione dell'ordinario, rimase attiva come lo è tuttora, compresa nella forania di Siena nord. Nel distretto si trovava in epoca antica il monastero di S. Giorgio a Lapi sito in località detta Montegrimaldi, di cui Merlotti precisa: "e se ancora oggi non ne rimanessero le rovine ed i rottami delle vecchie fabbriche sulle quali è stato di recente innalzato un più moderno oratorio dello stesso titolo, in un podere poco lungi dalla villa del Serraglio..., difficilmente se ne ravviserebbe la topografica situazione". In origine esisteva nella zona una chiesa dedicata a S. Giorgio, fondata nel 1109 dall'orefice Ranuccio di Guido da Monteliscai e donata ai Camaldolesi di S. Pietro a Roti. Secondo la tradizione, riportata dal Benvoglienti, avrebbe preso il nome di S. Giorgio a Lapi per certi acquisti di beni, effettuati nel 1185 da un tal Martinello di Apo, che andarono ad incrementarne le proprietà. Le monache camaldolesi, designate nel 1160 dall'abate del Vivo d'Amiata alla direzione dell'asceterio, aumentarono a loro volta le rendite dell'istituzione attraverso l'acquisizione nel 1163 delle terre comprese da Colle Pinzuto fino al Serraglio e dal torrente Bozzone fino al Bolgione, nonché con la cessione nel 1165 da parte di Teodora di Malpillo e del marito Giovanni del luogo denominato Gamberaia. Sovvenute dalle elargizioni del Comune di Siena in varie occasioni, perdute gran parte delle loro entrate durante il secolo XIV ed essendosi ridotte a poche unità, il 18 febbraio 1409 le religiose furono unite alle Benedettine di Valli. La chiesa di S. Giorgio a Lapi, affidata ad un cappellano che svolgeva funzioni di parroco, rimase nelle loro ragioni fino al 1437, quando passò alla congregazione dei Camaldolesi di S. Mustiola della Rosa, i quali vi tennero un loro sacerdote. Andato distrutto il monastero forse durante le operazioni militari del 1554, ventuno anni dopo la chiesa era ridotta in pessime condizioni. Il visitatore apostolico nel 1575 impose che il rettore vi risiedesse, apportando restauri all'edificio e costruendo un'idonea abitazione. Probabilmente ben poco fu realizzato, tranne qualche intervento per non mandare completamente in rovina il tempio, perché nei primi del Seicento S. Giorgio venne annessa a Monteliscai come succursale. Con la soppressione di S. Mustiola, nel 1810, i Camaldolesi abbandonarono le loro pertinenze e l'oratorio passò a privati. Appartiene al distretto anche l'oratorio della Confraternita laicale sotto il titolo della Maternità della B. V. M. del Bolgione fabbricato per volontà di mons. Giovanni Cinughi, primo vescovo di Montalcino e Pienza e visitatore generale del cardinale diacono di S. Eustachio Francesco Piccolomini arcivescovo di Siena, nel 1466 su istanza dei fratelli Giovanni, Ludovico e Gaspero di Matteo di Giovannello cittadini senesi, e di Mariano di Stefano, Ambrogio di Luca di Danza e Agostino di Giacomo abitanti nel comunello di Monteliscai. Non era ancora terminata la chiesa quando il 22 agosto 1467 lo stesso Cinughi, per infervorarne il completamento, concesse un'indulgenza di quaranta giorni a chi la visitasse. Il 25 maggio 1474 Guglielmo, vescovo ostiense, per lo stesso fine la insignì di un'altra di cento giorni, così come il cardinale Fabio Mignanelli, il 13 ottobre 1552, di sette anni. Soppressa nel 1785, la confraternita fu ricostituita il 2 febbraio 1794.

G. MERLOTTI cit., pp. 287-292; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 89, 141, 188, 313.

49. MONTEPERTUSO Parrocchia di S. Michele Arcangelo (Comune di Murlo) Vicaria foranea di Murlo Forania attuale: Val d'Arbia

Prossima all'omonimo castello, ne subì le vicende. Gli Ardengheschi, fondatori, lo consegnarono nel 1151 al vescovo Ranieri in pegno di sottomissione alla Repubblica di Siena con tutti i possedimenti dall'Ombrone al Chianti e dalla Merse all'Elsa. Buono, presule senese acquistò piena giurisdizione nel 1213 quando Ubertino di Donadei e Ugolino di Alfreduccio, allora proprietari, la donarono alla sua mensa. Lo stesso, comprati altri beni dai medesimi, riuscì ad estendere la propria signoria a tutto il territorio fino a Vallerano, concedendola in feudo ai venditori, salvo il dominio diretto e gravandoli di vari censi con l'obbligo del solenne giuramento di fedeltà a sé e ai successori in perpetuo. Nel maggio 1257 il vescovo Tommaso Balzetti diresse invano una petizione al Consiglio della Repubblica per ottenere il pieno riconoscimento della sua autorità sulle terre del Vescovado, ma né la tassazione né i sindaci supervisori vennero aboliti. Nel 1271 il governo senese inviò il proprio esercito a Montepertuso alla guida di messer Orlandino da Canossa per reprimere i ghibellini ivi rifugiatisi e dopo tre mesi di assedio lo rase al suolo. Solo allora, per risarcire il presule dei danni sofferti, fu ordinato di non mandare un podestà per amministrare la giustizia in quei territori, lasciandone allo stesso la libera elezione. Tre anni dopo Bernardo Gallerani ottenne per i cittadini della sua giurisdizione lo sgravio dalle pubbliche imposte con l'obbligo di armarsi in caso di guerra. I resti del castello e il borgo di Montepertuso, con atto del 21 ottobre 1510, passarono interamente alla mensa che si accollò il mantenimento del custode ottenendo le esenzioni e i privilegi rimasti in vigore fino al 1774. La fortezza, di cui doveva sussistere almeno una porzione, fu interamente abbattuta nel 1554 da un distaccamento di imperiali che misero a ferro e fuoco tutto ciò che rimaneva. Di antica fondazione, la chiesa fu cura d'anime fin dai tempi più remoti. I suoi rettori, noti all'inizio del Duecento, figurano in atti pubblici come testimoni. Dal secolo XV il distretto parrocchiale si ampliò con l'annessione di varie chiese della zona ormai ridotte in stato di estrema povertà: nel 1426 divenne sua suffraganea la pieve a Carli; stessa sorte subì anche la parrocchiale di S. Maria a Resi; l'11 ottobre 1569 fu la volta di S. Stefano a Sovignano che ritenne fino al 1606; infine, lo stesso anno, anche S. Lucia in Villa di S. Giovanni le fu associata fino ai primi del secolo successivo. Agli altari della chiesa si riunivano due confraternite laicali sotto il titolo del SS. Nome di Gesù e dell'Assunzione di Maria; quest'ultima detta dei Celesti, si costituì autonomamente nel proprio oratorio della Befa. Attualmente annessa a Vescovado di Murlo, è compresa nella forania della Val d'Arbia e ospita una comunità. Nel territorio rientra l'oratorio di Resi, già parrocchiale di S. Maria, poi di S. Anna, attualmente trasformato in abitazione. Di antica fondazione, fu parrocchia fino al 1432, quando venne accorpata a Montepertuso. Ebbe i suoi rettori nominati nel Trecento in vari atti pubblici. Subì la distruzione da parte dei ghibellini fuoriusciti, nel 1271, ma, essendo l'unico edificio sacro della piccola comunità, venne riattato e vi si continuò ad uffiziare fino al secolo scorso. La cappella dell'Assunzione di Maria alla Befa era sottoposta all'omonima confraternita che dispensava ogni anno vesti alle fanciulle povere. Con la soppressione del 1785 il fabbricato passò in enfiteusi alla famiglia Marchetti di Pompana, la quale corrispondeva il canone stabilito allo Spedale di Montalcino. Per il mantenimento del culto fu assegnata una somma da pagarsi dal Patrimonio dei Resti al parroco di Montepertuso. Rovinato per la vetustà, nel 1835 venne restaurato e ridotto nelle dimensioni; nel 1871 il piano, posto sotto il livello del suolo, fu rialzato. La cappella di S. Girolamo di Pompana appartenne ai locali signori Turbanti, essendo edificata dal sacerdote Girolamo della stessa famiglia e dal medesimo dotata di un campicello nel 1602. Nell'Ottocento veniva uffiziata alcune volte durante l'anno per clausola testamentaria del fondatore.

G. MERLOTTI cit., pp. 292-297; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 89, 141, 188, 273.

50. MONTEPESCINI Parrocchia dei SS. Pietro e Paolo (Comune di Murlo) Vicaria foranea di Murlo Forania attuale: Val d'Arbia

Il territorio di Montepescini fu donato al vescovo di Siena da Rodolfo di Ildebrando in antica epoca come si ricava dal diploma imperiale di Arrigo III, emanato nel 1055, in cui venivano confermati al medesimo i possessi ottenuti. Secondo Merlotti questi sarebbero stati ripresi dagli Ardengheschi nella seconda metà del secolo XII, lasciando al presule semplici ragioni e speciali diritti ribaditi nel 1189 dal pontefice Clemente III. Il castello, oggi ormai distrutto, subì l'occupazione dei Fiorentini alla metà del Duecento e verso la fine del secolo successivo. I Senesi tuttavia ne ritornarono in possesso e su deliberazione della Biccherna del 29 agosto 1391 fu deciso di risistemarlo e di accogliervi gli abitanti. Al totale atterramento in seguito agli eventi della guerra di Siena di metà Cinquecento, ridotto ad un ammasso di rovine, venne lasciato nella più completa decadenza finché la Balia lo cedette il 23 settembre 1601 a Simone Borghesi con i terreni circostanti. La chiesa esisteva probabilmente già nel Duecento anche se i documenti citano i suoi rettori solo a partire dal 1307. La funzione di cura d'anime doveva essere svolta in epoche remote dalla vicina pieve di Coppiano, una delle più antiche della zona, fondata dagli Ardengheschi già nel secolo X. Nel 1130 Antolino di Giovanni e Grima sua consorte effettuarono una donazione a suo favore nelle mani di Oderigo, proposto della cattedrale, che con il Capitolo ne riteneva la giurisdizione come appare dalla bolla di conferma di Celestino III del 1194 e dal breve del vescovo Buonfiglio del 1224. Il suo titolare messer Ugone, l'11 novembre 1192 fu curatore testamentario di donna Juga della Ronda per dare effetto a una donazione a favore dell'eremo di Montespecchio. Un altro curato, messer Galgano, il 29 aprile 1276 venne dichiarato dal vescovo Bernardo proprio fidecommissario nell'atto di vendita di alcuni terreni a messer Orgese che li acquistava a nome di Ranuccio di Ranieri degli Ardengheschi. Merlotti asserisce che la pieve a Coppiano sarebbe stata distrutta nel 1332 dai soldati massetani e pisani, capitanati da Ciupo degli Scolari, con Montepescini e Rocca Gonfienti e che da quell'epoca, ridotta a semplice beneficio ecclesiastico, la sede di titolarità parrocchiale fosse passata alla vicina Montepescini E' tuttavia da precisare che fino al 1490 l'antica pieve ebbe un suo rettore nominato dal vescovo, al quale non erano attribuite funzioni curate. Attualmente la chiesa di Montepescini, annessa a casciano di Murlo, risulta ente ecclesiastico civilmente riconosciuto compresa nella forania della Val d'Arbia. Nei limiti parrocchiali si trovano gli avanzi del monastero di S. Maria di Montespecchio degli eremiti agostiniani. Consacrato secondo la tradizione al tempo del pontefice Alessandro III, il 15 aprile 1170, accoglieva già da molti anni i religiosi che nel 1016 raggiungevano i cinquecento individui. Ampliati i possessi con le numerose donazioni effettuate dalla consorteria degli Ardengheschi a partire dal 1190 e da privati cittadini nei secoli successivi, l'istituzione divenne molto importante nel Medioevo. La Repubblica di Siena nel 1259 concorse con una cospicua somma ai lavori di restauro dell'eremo che continuò ad essere centro di vita contemplativa fino al 1433 quando, con decreto del priore generale dell'ordine, fu incorporato al monastero di S. Salvatore a Lecceto. Tuttavia esso non venne completamente abbandonato se nel 1449 accolse il Capitolo degli Eremitani. Nel 1686, resosi inabitabile, venne definitivamente lasciato dai pochi monaci che si ritirarono nella chiesa plebana di Crevole, loro accordata dall'arcivescovo Leonardo Marsili, dove rimasero fino al 1781.

G. MERLOTTI cit., pp. 298-302; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 90, 141, 153, 158, 189, 200.

51. MONTERIGGIONI Parrocchia di S. Maria Assunta (Comune di Monteriggioni) Vicaria foranea di Monteriggioni Forania attuale: Poggibonsi

L'antica chiesa, sita in località denominata il Santo, apparteneva alla giurisdizione degli Ardengheschi e nel 1001 fu donata dalla contessa Ava o Averarda Matilde dei conti di Pistoia, consorte di Ildebrando I degli Ardenghi, all'abbazia di S. Salvatore a Isola. Con la fondazione del castello di Monteriggioni da parte dei Senesi, la titolarità parrocchiale venne trasferita al nuovo edificio all'interno della cinta muraria dove, tra il 1226 e il 1235, sarebbe stato firmato un accordo tra Senesi e Fiorentini. I suoi rettori, menzionati in atti pubblici come testimoni o arbitri di contese, dirigevano il collegio di sacerdoti loro assegnato per il servizio spirituale di tutto il territorio; usanza canonica questa, che, a differenza di altre pievi della diocesi, a Monteriggioni dovette perdurare nei secoli almeno fino al Quattrocento, grazie alle buone rendite beneficiarie. Nel 1411 le fu unita la parrocchiale di Rencine con tutti i suoi possessi e il 30 maggio ne venne data solenne partecipazione al popolo affinché non sorgessero resistenze. Alla fine del Cinquecento le fabbriche, ridotte in cattivo stato, subirono un radicale rifacimento per volontà del sacerdote Giovanni Franciuoli da Staggia e, in occasione della visita pastorale del 1598, il cardinale Francesco M. Tarugi, prendendo atto delle ingenti spese, dichiarò la parrocchiale sede di vicaria foranea sottoponendole le cure di Lornano, Petroio, Basciano, Poggiolo, Riciano e Fungaia. Altri restauri furono intrapresi dal reverendo Giuseppe Bigelli nel 1747, il quale ipotecò il podere del Santo con obbligo di estinguere la somma, presa in prestito dalla cappella del SS. Crocifisso eretta nel Duomo di Siena, nel tempo di dodici anni; alla fine del Settecento anche il sacerdote Giacomo Mecacci profuse denari e premure nell'abbellimento degli stabili e della chiesa, che il 7 novembre 1790 venne consacrata dall'arcivescovo Tiberio Borghesi. Nell'occasione fu benedetto anche il nuovo campanile costruito utilizzando il materiale ritratto dalla soppressa parrocchiale di S. Giovanni a Stecchi. Attualmente la chiesa è attiva come parrocchia compresa nella forania di Poggibonsi. L'antica chiesa di S. Giovanni Evangelista a Stecchi o Sterzi, sita sul monte Ala dove nei primi anni del Duecento sorse il castello di Monteriggioni, apparteneva fin dal 1001 all'abbazia di S. Salvatore a Isola. Concessa con privilegio del pontefice Innocenzo II ai canonici di Marmoraia, fu nel 1404 riunita alla precedente insieme alla cura di Strove. Accorpata il 17 febbraio 1452 al beneficio di S. Margherita a Rencine, passò nel 1565 a Monteriggioni su istanza del rettore Niccolò Costanti. Nel 1737 i beni della chiesa, consistenti in un podere denominato S. Giovanni, furono venduti dal sacerdote Giuseppe Bigelli alle monache di S. Maria Maddalena per restaurare la proprietà del Santo mentre nell'edificio sacro si eresse una confraternita laicale sotto il titolo della Madonna del Rosario che rimase attiva fino alla soppressione del 1785. nell'occasione, come precedentemente detto, il tempio subì la secolarizzazione e lo smantellamento con l'impiego delle pietre nella edificazione del campanile di S. Maria Assunta. Non esiste più l'altra parrocchiale di S. Margherita a Rencine i cui rettori sono noti dal secolo XIV. Già unita con decreto del 7 aprile 1565 dell'arcivescovo Bandini Piccolomini a Monteriggioni, passò nel 1627 al marchese Niccolò Giugni i cui eredi nel 1734 l'ingrandirono. Nuovi lavori intrapresi nel 1861 portarono all'abbattimento dei preesistenti edifici e all'erezione di un nuovo oratorio. Non lontano dal castello di Monteriggioni su un ripiano di terreno a sinistra della via Fiorentina, una villa campestre ricorda l'eremo di S. Bartolomeo di Caminata fondato dai padri dei Servi di Maria nei primi decenni del Trecento. Arricchitosi di varie donazioni e sovvenuto dalle elemosine del Comune di Siena, fu centro di vita spirituale fino al Cinquecento, quando con deliberazione del 28 settembre 1549 il padre generale dell'ordine lo incorporò a quello di Siena. I possessi, dati in enfiteusi, furono definitivamente alienati dopo la soppressione del 1810. Dentro il castello venne istituito per volontà testamentaria del banchiere senese Guido di Niccolò Finetti del 6 settembre 1455 uno spedaletto sotto il titolo di S. Antonio. Si trovava in un edificio presso la porta Franca e disponeva di varie rendite consistenti in case e poderi che per clausola non potevano essere messi in vendita, pena il passaggio di proprietà alla chiesa di S. Giovanni a Stecchi. Lo Spedale di S. Maria della Scala, come principale erede del testatore, consegnò nel 1459 al Comune di Monteriggioni la nota di tutti beni spettanti all'istituzione che ebbe vita breve e finì per essere inclusa nelle rendite di detta chiesa in cambio di una dote da conferire a una povera fanciulla del posto. Nel distretto si trovano i resti del fortilizio di Stomennano dove sorse l'antica parrocchiale di S. Maria concessa dalla contessa Ava all'abbazia di S. Salvatore a Isola ai primordi dell'XI secolo. Nel castello, donato dai signori Ubaldino, Paganello, Rustico, Bellafante di Soarzo e da Berta di Ottaviano ai Senesi intorno al 1163, fu concluso un famoso trattato di pace tra la repubblica e i Fiorentini nel 1254 rogato da ser Brunetto di Bonaccorso di Latino, maestro di Dante. La chiesa, che nel 1173 aveva un suo rettore, venne aggregata alla Collegiata di Marmoraia da Innocenzo II con S. Giovanni Evangelista a Stecchi.

G. MERLOTTI cit., pp. 302-312; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 91, 141, 188, 200, 313, 249.

52. MONTERONI Parrocchia dei SS. Giusto e Donato (Comune di Monteroni d' Arbia) Vicaria foranea di Monteroni d'Arbia Forania attuale: Val d'Arbia

Compresa anticamente nel plebanato di Lucignano d'Arbia, la chiesa dedicata a S. Donato si trova menzionata in un testamento del 1257 con il quale Provenzano di Ranuccio le assegnò un legato. I suoi rettori, noti a partire dal 1263, in epoche remote venivano presentati all'ordinario per l'approvazione dal pievano di Lucignano. Aveva annesso uno spedaletto spettante nel secolo XIII all'abate di Torri. Una istituzione analoga fu fondata nella zona da Biagio Tolomei con testamento del 22 gennaio 1298. Egli volle che sorgesse nella casa con chiostro comprata da un tale Andrea Schermi e che se ne occupassero i frati Francescani. Nel 1316 la consorte donna Biagia di Ciampolo d'Albizo acquistò dalla cognata l'usufrutto di alcuni terreni posti nel villaggio di Casale per assegnarne una quarta parte a ciascuno degli spedali costituiti dal marito e cioè oltre a Monteroni, a quelli dell'Isola, di Buonconvento e di Pienza. Confinava con la parrocchia la chiesa di S. Giusto, diretta da un parroco autonomo fino alla seconda metà del Trecento, ad essa accorpata il secolo successivo con conseguente unione di titolarità. Nel 1698 l'arcivescovo Francesco M. Tarugi la decretò sede di vicaria foranea dichiarando alla sua dipendenza le cure di Cuna, Quinciano, Tressa, Grania, Leonina, Isola, Colle Malamerenda, Collanza e Lucignano. Attualmente è stato portato a compimento l'edificio sacro la cui costruzione fu iniziata nel 1964; la parrocchia risulta attiva e compresa nella forania della Val d'Arbia. Faceva parte de suo territorio, oltre alla citata S. Giusto, di cui non rimangono resti, la chiesa di S. Pietro all'Arbiola. Di antica istituzione, nel 1276 era retta da ser Alberto che presenziò all'atto di acquisto di un appezzamento di terreno da parte dello Spedale di S. Maria della Scala. Un altro, ser Accorso, oltre ad intervenire nel 1307 alla famosa adunanza del clero senese voluta dal vescovo Rinaldo Malavolti per risolvere le vertenze relative alle prestazioni dovute ai nunzi apostolici, fu testimone nel 1324 al pubblico istrumento con cui Giovanni di Tese Tolomei, rettore dello Spedale Grande di Siena, decretò di far deviare l'acqua dell'Arbia per alimentare il mulino di Monteroni. Riunita per le scarse rendite a Cuna nel 1419 e a Marciano nel 1426, passò via via a far parte delle prebende di vari canonici fino a che, il 10 maggio 1565, l'arcivescovo Francesco Bandini Piccolomini l'assegnò alla parrocchia di . Salvatore di Siena. Constatato il danno spirituale subito dalla popolazione, l'8 novembre 1566 il medesimo la rese nuovamente autonoma. Con decreto del 27 giugno 1589, infine, venne annessa a Monteroni in perpetuo con obbligo del pagamento di due libbre di cera bianca alla mensa. Il 18 aprile 1789 l'arcivescovo Tiberio Borghesi, accogliendo le istanze dei parroci, scorporò il popolo della soppressa cura dell'Arbiola da Monteroni, ripartendola per comodità di servizio tra Cuna e Tressa e ordinò la secolarizzazione del luogo sacro che non esiste più attualmente. Furono accorpati alla cura del capoluogo gli abitanti del castello di S. Fabiano agli inizi del Cinquecento. Qui si trovava fin dal Duecento la parrocchiale sotto il titolo dei SS. Fabiano e Sebastiano. Nel 1409 il fortilizio, appartenuto a Giovanni di Niccolò Terrocci, subì la distruzione da parte delle soldatesche di Ladislao re di Napoli. Venduto al cardinale Niccolò Forteguerri nel 1460, fu trasformato in seguito in villa campestre con oratorio. La chiesa, affidata nel 1501 al sacerdote Michele di Giovanni da Siena, rettore contemporaneamente di Armaiolo nella diocesi aretina e di S. Eugenia, veniva a soffrire di un servizio scarso e discontinuo. Per questo il patrono indirizzò un'istanza all'arcivescovo Francesco Piccolomini il quale, con atto del 7 giugno 1501, la unì a Monteroni convertendo le rendite ad essa spettanti in un semplice beneficio sotto lo stesso titolo.

G. MERLOTTI cit., pp. 312-317; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 92, 142, 188, 207.

53. MUGNANO Parrocchia di S. Giacomo (Comune di Monteroni d'Arbia) Vicaria foranea di Corsano

Pochi sono i documenti relativi alla chiesa di cui conosciamo comunque i rettori a partire dal 1297. Sita in prossimità dell'omonimo castello, oggi distrutto, doveva in epoche remote esser al centro di una contrada densamente popolata. Le fonti storiche ci tramandano notizie delle scorrerie subite nel 1370 da parte dei Fiorentini e dei Perugini capitanati dal conte Luzio e dei conseguenti danni arrecati alla popolazione dai Senesi che, per allontanare i nemici, bruciavano i campi riducendo alla fame e alla povertà quegli abitanti. Il 25 aprile dell'anno successivo, tuttavia, i priori del governo deliberarono di restaurare la fortezza nello spazio di quindici mesi, come avvenne. L'edificio religioso, assai più ampio dell'attuale, non servendo più per accogliere così pochi fedeli, fu ridotto nel 1766 dal parroco Pietro Bertini che utilizzò la parte eccedente ad uso di sacrestia e di canonica. A causa del progressivo spopolamento, nel 1833 i parrocchiani non superavano le settantotto unità, diminuite nel secolo scorso con l'abbandono delle campagne seguito al secondo conflitto mondiale. Attualmente la cura risulta soppressa. Nel territorio si trovava un monastero di Gesuati, attivo nel Quattrocento, al quale il Comune di Siena corrispondeva un'annua elemosina. Di esso parla il Faluschi che aveva ricavato notizie della sua esistenza nell'archivio delle Riformagioni. Probabilmente era sito nel podere denominato nell'Ottocento il Paradiso, termine con cui la Congregazione fondata dal Beato Giovanni Colombini era solita chiamare gli stabili di propria pertinenza.

G. MERLOTTI cit., pp. 317-319; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 93, 142, 158, 189.

54. MURLO Parrocchia di S. Fortunato (Comune di Murlo) Vicaria foranea di Murlo Forania attuale: Val d'Arbia

Il territorio rientrava fin dalle più antiche epoche nelle ragioni dei vescovi senesi come si rileva dal diploma dell'imperatore Arrigo III, datato tra il 1053 e il 1056, che confermò loro i beni acquistati legittimamente e legalmente nella zona. Il 14 maggio 1151 il conte Ugolino di Ranuccio degli Ardengheschi donò al vescovo Ranieri le proprietà del feudo di Murlo possedute dalla nobile prosapia, ma il 25 ottobre 1186 Arrigo VI ne concesse piena giurisdizione al Comune di Siena, privando la chiesa dei diritti fino allora esercitati e costringendo i presuli a convenire mediante concordati e patti con la Repubblica il mantenimento dei privilegi. Nel corso del Duecento furono acquisiti diversi terreni dalla mensa vescovile intorno a Montepertuso e Vallerano, che andarono ad allargare il già ampio patrimonio immobiliare su cui più volte si richiese l'esenzione da certe tasse e dagli oneri imposti dal Comune. La signoria episcopale comprendeva sette comunità, ciascuna delle quali teneva una separata amministrazione di cui i rispettivi camarlinghi rendevano conto al vicario civile e criminale. Si governava con propri statuti, leggi e bandi emanati dall'ordinario ed in mancanza di questi si ricorreva al diritto comune. Tali statuti, essendo antichissimi, vennero riformati dai deputati di ciascuna corte nel 1323 con l'assistenza di ser Ghino di Forese da Torrita, vicario di Murlo, per commissione di monsignor Donusdeo Malavolti. Murlo, capoluogo, aveva un giusdicente nominato dal presule cui era demandata la cognizione delle cause civili, criminali e miste e la funzione di conservatore dei libri delle comunità, dei protocolli e degli atti pubblici; ad esso competeva la facoltà di rogare testamenti e scritture di vario genere rendendone conto al superiore ecclesiastico. Per il governo della comunità del Vescovado erano incaricati tre priori residenti al Castello, a Timoni e all'Andica con ufficio semestrale, mentre il camarlingo rimaneva nelle sue funzioni un anno. Il consiglio con carica biennale era composto da ventidue membri, undici del castello e gli altri dei rimanenti paesi. Il territorio si estendeva tra le vie romana e grossetana da Campriano a Montepescini fino a S. Giusto con confine il fiume Ombrone e dalla parte superiore fino a Formignano, Grotti, Corsano a confine con lo Stile. Merlotti indica con precisione: "incominciava il confine dallo Stile al Vado, conduceva a Quarantalla e seguitava per lo Stile fino alla strada, andava a Saltennano e per essa via fino alla stradetta seguitandola fino a Capramorta, alla via passava e proseguiva dove un tempo era la dogana e da lì tornava allo Stile e seguitava fino al Vado di Pietramonte a piè del fossato di Rigotorto e quindi usciva e dirigevasi per il mezzo del Castellare minore e capitava al Casalone alla Spina e veniva a Cerbaiola e andava parte per Serge al canto alla Mignattaia confinando colla corte di Campriano e veniva al capoluogo detto le Fonti. Da qui andava agli olivi di Carnascialino a Montazzi e di lì al bosco detto Carpineto e andava al piè del Monte Cucco ed al piè del Campo al Sole fino a casa Nutri mediante la via. Da qui andava al fossato della Valle e seguitava alquanto per il fossato e poi per il fossone fino a Montegiugnoli e quindi prendeva la via confinando colla corte di S. Ansano e seguitava per la via fin presso al cantone della chiusa di Viamaggio dove voltava la via di Poggio a' Sodi e di lì al torrente Crevole passava e saliva al poggio alle Pignole detto oggi Poggio alle Verdi. Voltava alquanto per il poggio e tornava alla Crevole e passava e prendeva il bosco e poi la fossa capitando al luogo detto la Fossa e seguitava fino alle Sedicelle e di lì al fossato di Farneto e confinava colla corte di Formignano". Il 24 marzo 1400 furono approvate nuove capitolazioni raggiunte tra Curia e Comune che regolamentavano la complessa materia dei diritti e delle attribuzioni. Quattro anni dopo il presule poté tornare in possesso della rocca di Crevole, occupata nel 1379 dai ghibellini fuoriusciti e quindi dalla Repubblica, a condizione di custodirla e di riconsegnarla ad ogni ordine governativo. Solo il 24 luglio 1778 il feudo del vescovado tornò ad essere sottoposto alle leggi dello stato con l'abolizione dei privilegi fino ad allora goduti e ad istanza dell'arcivescovo Tiberio Borghesi il granduca concesse un indennizzo di duecentocinquanta scudi annui alla mensa con patto di non richiedere canoni, fitti e laudemi. Prima sede parrocchiale di Murlo fu la pieve di S. Maria a Carli, menzionata in un atto di donazione datato 4 novembre 1081 del vescovo Rodolfo e nella bolla di Clemente III del 20 aprile 1189 diretta al vescovo Buono con cui gli confermava la chiesa e il territorio già facente parte della sua mensa. Accorpata alla chiesa del castello forse intorno alle prime decadi del Trecento, la Pieve vecchia, come venne indicata da allora, rimase adibita al culto sotto la direzione di un eremita. Di fatto, da quell'epoca i documenti riportano la serie continua dei rettori nominati alla direzione della cura di Murlo senza più citare i pievani dell'altra. Secondo la tradizione, non suffragata però da prove storiche, S. Fortunato sarebbe sorta come monastero dei Predicatori: unici indizi della presenza di componenti dell'ordine nella zona sono le notizie certe di un cappellano, frate Leonardo attivo nel 1466, e di un Domenico di Checco da Siena che con frate Antonio da Roma nel 1474 governava la Confraternita della Madonna delle Nevi ivi eretta. Nel 1598 la chiesa fu prescelta dal cardinale Francesco M. Tarugi come sede di vicaria con annesse Crevole, S. Lorenzo a Merse - smembrata nel 1618 da monsignor Alessandro Petrucci -, Casciano di Vescovado, Montepescini, Vallerano, S. Giusto, Montepertuso con le sue succursali di Resi, S. Lucia in Villa e Sovignano. Ricostruito dalle fondamenta nel 1589, l'edificio sacro rimase attivo fino al 1929, quando venne inaugurata la nuova parrocchiale nel borgo di vescovado con lo stesso titolo. Rovinata nel 1966, ne fu costruita una nuova nel 1974 che attualmente risulta sede della cura d'anime compresa nella forania della Val d'Arbia. L'attuale paese di Vescovado era composto da due villaggi. Il primo, denominato Andica, aveva un oratorio dedicato alla Natività della B. V. M. dal 1572; l'altro, detto Tinoni, accoglieva uno spedaletto sotto il titolo di S. Leonardo con cappellina chiamata dal popolo il Madonnino. Nel vicino agglomerato di Lupompesi si trovava l'oratorio di S, Macario con annessa la Confraternita laicale della Madonna del Carmine eretta nel 1654; la comunità di Montorgiali aveva l'antica parrocchiale dei SS. Biagio e Margherita, riunita come beneficio nel 1425 a S. Michele nel Poggio di S. Croce di Forcolo presso Fogliano, mentre la popolazione faceva già parte di Montepertuso. Una chiesa di S. Margherita, già ridotta a un cumulo di macerie nell'Ottocento, secondo Merlotti dovette essere nella zona la primitiva sede della cura d'anime poi accorpata all'altra di S. Biagio in epoche remote. Donato al vescovo da Rodolfo di Ildebrando, il possesso del territorio di Montorgiale venne confermato da Arrigo III alla metà del secolo XI. Il comunello doveva essere allora densamente popolato. Nel 1355 vi risiedevano alcuni eremiti sovvenzionati dal governo di Siena con un'annua elemosina elargita nel 1399 ad alcune donne che conducevano nella zona una vita solitaria di penitenza.

G. MERLOTTI cit., pp. 320-328; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 93, 142, 189, 200, 274, 286.

55. ORGIA Parrocchia di S. Bartolomeo (Comune di Sovicille) Vicaria foranea di Rosia Forania attuale: Val di Merse - Maremma

La località è menzionata nell'atto di donazione di Warnefrit del 730 a favore dell'abbazia di S. Eugenio e nel diploma imperiale di Arrigo IV del 1081 con cui si riconfermavano alla medesima i possessi che le appartenevano. Da quest'ultimo documento apprendiamo dell'esistenza di una chiesa dedicata a S. Paolo posta sotto la giurisdizione dei benedettini di Monastero. Passato in quell'epoca il castello alla potente famiglia degli Ardengheschi, il 27 febbraio 1156, con solenne contratto rogato in Siena nella chiesa di S. Maria, il colle di Orgia fu trasferito al vescovo Ranieri compratore per quattrocentotrenta lire di denari. Nonostante ciò, alcuni dei vecchi proprietari continuarono a tenere la signoria di una parte della rocca fino al 1197, anno in cui, secondo la cronaca di Andrea Dei, fu conquistato dai Senesi e considerato di pertinenza della Repubblica. Gli attriti tra essa e i conti portarono nei primi decenni del Duecento all'intervento del vicario imperiale per dirimere l'intricata questione della legittimità dei diritti senza addivenire ad una risoluzione definitiva fino a che, nel 1342 con deliberazione del Consiglio generale, il governo stabilì di distruggere il forte. Anticamente, oltre alla ricordata chiesa di S. Paolo, non più esistente, si trovavano nel villaggio quella della SS. Trinità con annesso uno spedaletto, anch'essa distrutta, e l'attuale parrocchiale di S. Bartolomeo di cui conosciamo i rettori a partire dalla metà del secolo XIII. La prima, di giuspatronato dei Benedettini di S. Lorenzo dell'Ardenghesca, rimase attiva forse fino al 1440, quando papa Gregorio IV soppresse l'abbazia; l'altra, fondata nei primi anni del Duecento, fu sempre sede di cura d'anime, probabilmente in sostituzione della precedente dedicata a S. Paolo. Merlotti ricorda tra i suoi titolari un ser Bartolomeo di M° Giovanni, detto il Vecchietta, che rinunciò all'incarico nel 1504 e annota: "questo curato era soprannominato [così] forse perché nelle esterne sue fattezze assomigliavasi a Lorenzo di Pietro detto il Vecchietta che morì nel 1482. Egli possedeva alcuni terreni dello Spedale nel popolo di Orgia. Nel 1475 per istrumento del 5 dicembre, comprò da Giovanni di Gaspare di Meo, da Marianna sua madre e da donna Francia d'Agnolo di Nannozzo da Tocchi sua moglie, una casa parte coperta e parte scoperta con una piazzola sotto altra casa che egli possedeva nel comune di Orgia in luogo detto il Colle. Rogò ser Bartolomeo del fu Giacomo di Nuccino notaio. L'anno di poi, per altro istrumento del 2 maggio, lo stesso pittore comprò un terreno posto in corte di Orgia in luogo detto Arraia o Carraia da un certo Giacomo del fu Leonardo d'Angelo da Brenna. Ne rogò l'istrumento in Siena ser Lorenzo di Matteo notaio". Attualmente annessa a Brenna, la chiesa è compresa nella forania di Val di Merse - Maremma. Nei suoi dintorni si trova il romitorio della Natività di Maria fondato nel 1300 in un profondo vallone nel mezzo di un bosco detto Montagutolo. Uffiziato da poveri eremiti, il 28 febbraio 1410 il vescovo Antonio Casini, per sopperire all’indigenza che non permetteva l’acquisto degli arredi sacri, emanò un decreto di indulgenza per coloro che avessero contribuito con elemosine alle spese necessarie. La famiglia De Vecchi, patrona dell'oratorio, nel 1721 curò la costruzione di un nuovo tempio che venne consacrato il 18 settembre dai canonici Bandini, Ugurgieri e Venturi con solenne processione e traslazione dell'antica pittura eseguita nel 1308.

G. MERLOTTI cit., pp. 328-331; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 95, 142, 189, 226, 230, 234.

56. OSSERVANZA Parrocchia di S. Bernardino da Siena (Comune di Siena) Vicaria foranea del Bozzone Forania attuale: Siena centro

Il luogo detto della Capriola accoglieva in epoche remote un eremo con chiesa dedicata a S. Onofrio, appartenente ai Marescotti. Il 21 maggio 1392 il monaco frate Stricoccio di Niccolò Marescotti, nel farsi oblato dello Spedale di S. Maria della Scala, donò al pio stabilimento tutti i possessi del suddetto eremo ed altri di sua pertinenza situati nella corte di S. Lorenzo a Merse. Il 27 ottobre 1404 il rettore dello Spedale Giovanni di Iacopo Ghianderoni consegnò l'edificio della Capriola a Bernardino degli Albizzeschi che profondeva la sua opera nell'assiduo servizio degli infermi. Egli vi aggiunse una piccola abitazione chiamandoci alcuni frati Minori Conventuali di S. Francesco con l'intenzione di riportarli alla prima istituzione della regola con titolo di Osservanti. Essi, avendo fin dal 1423 concepito l'intento di ingrandire la chiesa rendendola elegante e maestosa, poterono contare sulla munificenza del Comune di Siena che elargì grandi quantità di pubblico denaro per l'innalzamento della fabbrica terminata nel 1451. Il 12 settembre di quell'anno il tempio fu consacrato dal nuovo vescovo di Chiusi Alessio di Antonio de' Cesari, incaricato dal pontefice Niccolò V , e lo stesso governo nel 1455 volle donare la campana appartenuta alla fortezza di Samprugnano. Per volontà di Pandolfo Petrucci, signore di Siena e protettore degli Osservanti, a cominciare dall'ultimo decennio del Quattrocento fu promosso un notevole sviluppo edilizio e artistico. Lo stesso nobile, con testamento del 2 ottobre 1510, legò ai religiosi una somma annua per la celebrazione degli uffizi a suffragio della sua anima e scelse di essere sepolto affidandosi alle loro cure, come di fatto avvenne il 24 maggio 1512. In occasione della guerra di Siena del 1554 gli edifici subirono consistenti danni subito riparati dai religiosi al loro ritorno. Nuovi lavori nel convento, intrapresi nel 1665, furono portati a compimento nel 1686. Anche nella prima metà del secolo successivo non mancarono gli interventi: nel 1704 il padre Billò fece innalzare il fabbricato della libreria e del refettorio, nel 1705 cominciarono i restauri della chiesa, nel 1709 fu costruita la loggia davanti all'ingresso, nel 1717 si iniziò la trasformazione del campanile, ecc... finché il 17 gennaio 1753, ridotto in ottimo stato di consistenza, il tempio venne nuovamente consacrato dall'arcivescovo Alessandro Cervini. Con la soppressione del 1810 diverse parti del convento passarono a privati cittadini, mentre la chiesa rimase aperta al pubblico come parrocchia. Cinque anni dopo gli Osservanti tornarono alla loro sede dove restarono fino al 1866, quando per le leggi dell'asse ecclesiastico del neoregno d'Italia, furono di nuovo allontanati. Alcuni anni dopo, tuttavia, riacquistarono i locali già di loro pertinenza installandovi una nuova famiglia claustrale cui venne affidata la direzione della parrocchia. La cura d'anime dell'Osservanza, istituita con decreto del 4 giugno 1721 dall'arcivescovo Alessandro Zondadari, comprendeva principalmente nuclei familiari appartenuti alle limitrofe parrocchie delle Tolfe, di S. Eugenia e di S. Petronilla. Il padre guardiano fu incaricato delle mansioni sacerdotali nei primi anni, ma dopo il 1776 fu assegnato per rettore uno di quei religiosi proposto dal superiore dell'ordine e approvato dal presule senese. L'altare parrocchiale, tra i molti della chiesa, era il primo a sinistra delle porta d'ingresso, sacro all'Immacolata Concezione. Anticamente il territorio rientrava in gran parte nella giurisdizione di S. Pietro a Ovile, che si trovava nel luogo della fabbrica del convento di S. Francesco incluso nella cinta muraria della città nel 1471. Secondo Merlotti è probabile che tutta la zona della Capriola venisse scorporata dalla medesima nel 1236, quando con bolla del pontefice Gregorio IX si assegnò l'attuale sede alla parrocchia di S. Pietro a Ovile per permettere ai Minori Conventuali dell'Alberino di edificare la loro nuova residenza; nell'occasione l'assistenza spirituale sarebbe stata ripartita tra le cure circonvicine. Il 23 gennaio 1944 la chiesa dell'Osservanza fu quasi rasa al suolo da un bombardamento aereo alleato; ricostruita dal 1945 al 1949 e solennemente consacrata, è attualmente attiva come parrocchia compresa nella forania di Siena nord. Le apparteneva l'oratorio di S. Maria della Croce al Ponticino Rosso detto della Madonnina Rossa, non più esistente, posto in fondo alla vecchia strada che conduceva al convento. Era stato edificato dai frati intorno alla metà del Quattrocento e conservava importanti opera d'arte del Riccio o di Giomo del Sodoma che nell'Ottocento risultavano deperite.

G. MERLOTTI cit., pp. 331-336; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 142, 189.

57. PAGANICO Parrocchia di S. Michele Arcangelo (Comune di Civitella) Vicaria foranea di Civitella Forania attuale: Val di Merse - Maremma

La tradizione attesta la sua fondazione al 1219 per ordine dei gonfalonieri della Repubblica di Siena al fine di potenziare il settore meridionale dello stato. Il castello, che nel 1261 aveva subito l'occupazione dei ghibellini confederati di Manfredi, tornato al governo di Siena nel 1278, fu accerchiato di potenti mura e dotato di vasti possessi. Gli Umiliati del monastero di S. Tommaso in Siena che in qualità di camarlinghi del pubblico erario avevano presieduto all'ingrandimento delle fortificazioni, chiesero al Comune nel 1293 la concessione di alcuni immobili per costruirvi un monastero. Approvata la domanda due anni dopo con spesa di seimila lire, il vescovo Rinaldo Malavolti nel 1297 si portò a Paganico con la sua corte per benedire la prima pietra delle chiesa dedicata all'Immacolata Concezione e a S. Michele Arcangelo. Portata a compimento la fabbrica, gli Umiliati ricevettero varie donazioni dal governo e da privati cittadini, che permisero di disporre di mezzi di sussistenza adeguati all'installazione di una famiglia religiosa dipendente dal convento di Siena. La cura d'anime rimase comunque a carico del sacerdote della chiesa di S. Michele Arcangelo di Monteverdi, annessa all'abbazia di S. Lorenzo sul Lanzo e alla pieve di S. Giovanni Battista di Ancaiano fino al 1340, anno in cui il maestro generale dell'ordine rese autonomo il monastero di Paganico assegnandogli un superiore che il vescovo Donusdeo Malavolti investì della titolarità di proposto con l'obbligo dell'assistenza spirituale della comunità. Il 16 ottobre 1420 il vescovo Antonio Casini, preso atto della trascuratezza di quei religiosi, avocò a sé il diritto di concedere il riconoscimento canonico al parroco per evitare sconcerti e malumori che potessero turbare l'andamento della vita parrocchiale. In seguito alla soppressione di quei frati del 7 febbraio 1571, la chiesa fu dichiarata pieve di libera collazione da assegnare al clero secolare alla morte dell'allora rettore frate Benigno Lazzari Umiliato, come avvenne il 7 gennaio 1577, quando con decreto dell'arcivescovo Francesco Bandini Piccolomini venne designato Matteo Ansidei da Gubbio. Per le scarse rendite e per l'aria malsana la situazione dei parroci rimaneva assai problematica, per cui il granduca Francesco I dei Medici il 28 maggio 1583 dotò il beneficio della metà dello stabile appartenuto allo Spedale detto la Locanda di Casabianca e di una casa con orto sita all'interno del villaggio in cambio del giuspatronato. Nella stessa epoca il castello fu concesso ad Antonio dei Medici a titolo di marchesato per passare, il 5 maggio 1630, in feudo al nobile senese Giovanni Patrizi e ai suoi discendenti maschi. Estintasi la famiglia, il 22 gennaio 1747 la corte di Paganico tornò alla corona e i Patrizi di Roma ereditarono gli allodiali dei precedenti signori, compresa la vasta tenuta del circondario. In qualità di sostenitori del culto e dei bisogni spirituali della popolazione, quei proprietari contribuirono a dotare la chiesa del necessario, finanziando la locale opera laicale e donando tra l'altro l'importante reliquia del corpo di S. Teodoro M. fin dal 1571. Attualmente sede di parrocchia, è compresa nella forania della Maremma - Val di Merse. Era dentro il castello di Paganico uno spedaletto, posto nel fabbricato all'ingresso della porta senese, che aveva l'obbligo di mantenere un letto per i pellegrini e di trasmettere gli esposti da Civitella al Sasso di Maremma; con la soppressione degli Umiliati rimase a carico della prepositura fino all’estinzione del 10 novembre 1750. Nel perimetro parrocchiale si trovava l'antica cappella di S. Michele Arcangelo di Monteverdi, fondata dagli Ardengheschi e concessa nel 1108 all'abbazia di S. Lorenzo sul lanzo. Essa rientrava tuttavia anticamente nel distretto della pieve di S. Giovanni Battista di Ancaiano il cui rettore nel 1224 si oppose all'abate patrono dell'Ardenghesca in merito al diritto di elezione del titolare conteso da ambedue. Il lodo pronunziato il 14 agosto da due arbitri attribuì al secondo la facoltà di nomina con prerogative temporali e spirituali mentre al primo, presente all'istallazione, fu accordata la sola investitura spirituale. Altre vertenze si ripresentarono a causa del pagamento delle decime negli anni seguenti, fino all'accorpamento definitivo di Ancaiano a Casenovole avvenuto nella seconda metà del Trecento.

G. MERLOTTI cit., pp. 336-339; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 95, 143, 189, 201, 212, 258.

58. PARI Parrocchia di S. Biagio (Comune di Civitella) Vicaria foranea di Civitella Forania attuale: Val di Merse - Maremma

Residenti nel vicino castello di Montagutolo, gli Ardengheschi estendevano il loro potere anche su Pari. Nel 1202 ne furono spogliati dal governo di Siena che progressivamente riuscì ad entrare nelle ragioni del loro feudo: nel 1254 Guido, Pepo, Ranieri ed altri della nobile prosapia si sottomisero alla Repubblica e diciassette anni dopo fu deliberato che nel castello risiedesse un giudice minore civile. Divenuto proprietà dei Ranuccini, fu da essi donato al vescovo Donusdeo Malvolti che vi stabilì Bartolomeo di Orlando, suo congiunto, il 28 giugno 1331. L'ultimo decennio del secolo Orlando Malvolti lo pose, insieme agli altri beni che possedeva nella zona, sotto la protezione di Firenze, la quale rimase in atto fino alla definitiva sottomissione a Siena del 1464. Cessata la loro signoria, Pari fu residenza di un notaio col titolo di vicario, quindi di un podestà, fino alla legge del 1 agosto 1838 relativa alla riorganizzazione dei tribunali di giustizia, con la quale si soppresse quella magistratura e le sue attribuzioni vennero affidate al vicario di Campagnatico. La parrocchiale di S. Biagio, da tempo immemorabile di libera collazione dell'ordinario senese, ebbe annessa la pieve esterna al castello di S. Giorgio in Valona verso al fine del XIV secolo. Di antica istituzione, quest'ultima è menzionata nella bolla di Clemente III del 20 aprile 1198 tra le chiese confermate al vescovo Buono. Ad essa nel 1339 Orlando di Meo Malavolti, fratello germano del vescovo Donusdeo, assegnò in perpetuo un legato per gli uffizi di suffragio, impiegando una parte dei redditi derivanti dalla proprietà dei Bagni delle Caldanelle. Allargatosi il territorio di pertinenza della cura di Pari con la detta inclusione e trovandosi la chiesa di S. Biagio in precarie condizioni, il 15 maggio 1460 gli abitanti rivolsero un'istanza al pontefice Pio II, che si trovava ai bagni della vicina Petriolo, proponendo di restaurarla a proprie spese in cambio del giuspatronato per la nomina dei rettori. Accordata la richiesta a condizione di rimettere in buono stato anche la canonica con la spesa complessiva di cento fiorini, nel 1466 i lavori erano stati già completati come risulta dagli atti della visita pastorale effettuata da mons. Giovanni Cinughi per commissione dell'arcivescovo Francesco Piccolomini. L'8 agosto 1497 fu immesso nel possesso della pieve il sacerdote Bartolomeo di Mariano prescelto dagli abitanti del castello. Il 31 ottobre 1564, in seguito alla rinuncia del sacerdote Achille Sergardi, nacque una vertenza sul diritto di giuspatronato tra i parrocchiani e l'ordinario al quale competeva secondo i canoni del Concilio di Trento, la nomina del curato. Dal momento che il nuovo incaricato Pirro Manni risultava ben accetto al presule, si rinunziò a procedere, ma alla sua morte, il 18 giugno 1572, il problema si ripresentò. Il vicario generale di Francesco Bandini Piccolomini si affrettò a designare un economo spirituale per la vacante cura di Pari, indicendo il concorso cui si oppose il sindaco del luogo e solo il 12 luglio 1581, dopo tanti dibattimenti, si arrivò da parte della Curia all'effettivo riconoscimento della concessione di Pio II che rimase operante fino al 1789, quando la facoltà di nomina passò al granduca di Toscana. La chiesa di S. Biagio, ristrutturata alla metà dell'Ottocento, è tuttoggi sede di parrocchia, compresa nella forania di Val di Merse - Maremma. Al fianco destro dell'edificio si trova l'oratorio di S. Croce dell'omonima compagnia laicale dedicata ai SS. Fabiano e Sebastiano, ingrandito alla fine del Cinquecento. Un'altra congregazione detta del SS. Rosario fu eretta nel 1599 all'altare laterale sinistro della chiesa curata; con le sue rendite faceva trasportare gli esposti alla grancia di S. Giusto e manteneva un letto per dare albergo ai pellegrini. Molti altri edifici religiosi si trovavano nel comprensorio. La già ricordata pieve di S. Giorgio di Valona, sita nel luogo detto Querce al Filo, a mezzogiorno del castello, su un'altura poco distante dall'Ombrone, faceva parte nell'Ottocento del podere detto "la chiesa di S. Giorgio" di proprietà dei Chigi Benedetti di Camollia che pagavano al parroco di Pari un censo annuo. Dalla visita apostolica di Francesco Bossi del 1575 apprendiamo che a quella data era stata abbandonata e versava in pessime condizioni. In occasione dei lavori di restauro della parrocchia di Pari nel 1850 furono tratte dai ruderi di S. Giorgio molte pietre, alcune delle quali scolpite a motivi zoomorfi che vennero collocate nelle pareti delle case. La chiesa di S. Pietro a Montagutolo, già curata ai primi del Trecento, occupa il sito che fu della fortezza degli Ardengheschi. Conosciamo il suo rettore, ser Mino, del 1307, che presentò il proprio legale consenso a quanto decretato nel Capitolo generale del clero senese voluto dal vescovo Rinaldo Malavolti, ma per l'antica origine molti altri lo dovettero precedere. Esisteva non lontano dal villaggio l'oratorio di S. Lucia, ricordato nel Cinquecento dalle visite pastorali, che nell'Ottocento serviva da stanza di deposito del cimitero della pieve. La chiesa di S. Martino di Crespoli o Greppoli era situata secondo Merlotti "a meno di mezzo miglio di distanza dalla R. Strada Grossetana in faccia all'altra che porta a Pari, sulla piaggia che va alla locanda del Leccio e precisamente nella selva oggi di proprietà dei signori fratelli Giuggioli di Siena". Sede di parrocchia fino dagli inizi del secolo XVI, fu probabilmente annessa al castello come l'altra di S. Valentino per le scarse rendite. Questa si trovava alla destra del torrente Farma "in prospetto della R. Via Grossetana che scende dall'opposta parte della locanda delle Serre prima che volti a destra verso Petriolo". Fondata in epoche remote, il suo titolare ser Leone sottoscrisse nel 1081 la donazione di alcuni beni fatta dal vescovo Rodolfo al proprio Capitolo. Nel 1236 il pievano ser Bernardo fu nominato arbitro nella vertenza che opponeva l'abate dell'Ardenghesca allo Spedale del Sasso. In essa dimorava ancora nel Trecento un collegio di sacerdoti diretti da un rettore da essi nominato, che sussisté fino agli inizi del secolo successivo, quando, per lo spopolamento della zona, fu annessa a Pari e rimase come semplice beneficio. Compresa nel plebanato di S. Valentino era la parrocchiale di S. Niccolò nei pressi di Petriolo, istituita dal Comune di Siena nel secolo XIII. Non essendo dotata di sufficienti rendite, il Consiglio della Campana deliberò la concessione di un assegnamento annuo al rettore, nella seduta dell'11 dicembre 1332. Non approvando il vescovo quanto deciso, perché contrario ai canoni, il 23 febbraio 1338 fu stabilito di comprare un appezzamento di terreno per il sostentamento del parroco. Nel 1343 la chiesa venne restaurata dal rettore del Duomo di Siena e due decenni dopo passò sotto la direzione della cura del Santo. A Pari erano annesse anche la chiesa di S. Tommaso apostolo al bagno delle Caldanelle, fondata dal vescovo Donusdeo Malavolti intorno al 1330, e quella di S. Ansano. La prima si trovava "a un quarto di miglio della R. Via Grossetana che sale alla locanda del Leccio", l'altra "alla sinistra della R. Via Grossetana e dell'altra comunale di pari sul principio ove si diparte dalla via regia su di un risalto di terreno ov’è una casa colonica". Quest'ultima era attiva fin dalla prima metà del Duecento come risulta dall'atto di elezione del rettore dello Spedale del Sasso di maremma del 24 settembre 1236, in cui fu presente come testimone il suo titolare ser Ildezo. Nel 1592 S. Ansano, con S. Lucia e S. Valentino, priva ormai di rendite consistenti, venne conferita dal vicario generale al giovane chierico Pompilio Mealdi. Nel perimetro parrocchiale di Pari era compreso anche il monastero agostiniano di S. Antonio di Val d'Aspra, fondato secondo la tradizione dal beato Biagio da Opima nel IV secolo.

G. MERLOTTI cit., pp. 340-345; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 96, 143, 190.

59. PENTOLINA Parrocchia di S. Bartolomeo (Comune di Chiusdino) Vicaria foranea di Rosia

Confermata ai vescovi di Siena da Clemente III nel 1189 e da Innocenzo III nel 1210, era retta nel 1247 da un ser Bonaveglia, testimone presente al testamento di Ugolino di Bernardo frate. Le congetture del Merlotti attribuiscono la sua fondazione ai canonici di Rosia come parrocchia di confine dotata di fonte battesimale e da essi dipendente almeno fino all'inizio del Trecento. Nel 1524 gli Spannocchi ne ottennero il giuspatronato da Clemente VII per aver provveduto ai restauri e all'accrescimento delle proprietà, ma alla fine del secolo fu dichiarata nuovamente di libera collazione dell'ordinario dall'arcivescovo Francesco M. Tarugi per alcune inadempienze alle ingiunzioni prescritte. Nel primo decennio del XIX secolo i marchesi Ferroni, proprietari del villaggio, curarono a proprie spese la ristrutturazione della chiesa che minacciava rovina. Attualmente la cura risulta soppressa. Pentolina fu scelta da Nello d'Inghiramo Pannocchieschi come sede di uno spedale con cappella in onore di Maria SS. e dei SS. Francesco e Lucia. Con un testamento del 9 febbraio 1321 rogato nel castello di Gavorrano, dispose di essere sepolto nella chiesa di S. Francesco di Siena lasciando tra gli altri legati allo Spedale di S. Maria della Scala il distretto del castello di Tatti a condizione di fondare il ricordato istituto per cui destinò la somma di duemila lire. Nelle vicinanze del borgo, a Monte Capraia, esisteva una cappella appartenuta ai Vallombrosani di Torri, ad essi confermata da Innocenzo IV nel 1251.

G. MERLOTTI cit., pp. 347-350; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 98, 143, 189, 197, 200.

60. PERCENNA Parrocchia di S. Lorenzo (Comune di Buonconvento) Vicaria foranea di Buonconvento Forania attuale: Val d'Arbia

Castello fondato dai Cacciaconti - Giuseppi e, secondo la tradizione, assai popolato nel Medio Evo, fu il 6 dicembre 1208 tassato dal governo di Siena con il massimo delle quote imposte agli insediamenti più ricchi. Il Consiglio della Campana, il 20 dicembre 1266, deliberò di tenervi un podestà a custodia dei diritti del Comune. Occupato dai guelfi fuoriusciti e ridotto in rovina, il 23 novembre 1270 venne deciso di risarcirlo a spese delle vicine comunità e di accorparlo a Buonconvento sotto la direzione di un unico vicario. Per i dissapori insorti, i due agglomerati vennero più volte separati nel corso del Trecento; nel 1366 i Percennesi ottennero dalla Repubblica il permesso di rifabbricare la fortezza, ormai diruta, a proprie spese con l'abolizione delle gabelle per quattro anni e sei anni dopo furono nuovamente dichiarati autonomi. Nel 1409 il castello subì l'assedio di Ladislao, re di Napoli, senza tuttavia cedere. Alla fine del secolo comunque già non esisteva più e le sue carbonaie vennero vendute nel 1496 dalla Balia ad Andrea di Giovanni Lami da Buonconvento. Nel 1157 i conti Ildobrandino e Bernardo Cacciaconti, proprietari di Percenna, ne concessero la metà al Capitolo dei canonici di S. Pietro in Roma, ottenendo dal pontefice Adriano IV alcune torri nel forte di Radicofani. Sul luogo, al contempo, esercitavano pure la loro giurisdizione da epoche remote i Benedettini di S. Antimo che nel 1236 accorparono alla prepositura di S. Lorenzo la chiesa di S. Cristina in Caio sita "a circa due miglia da Buonconvento per quella parte che volge a Montalcino". Passata l'abbazia, l'11 agosto 1282, ai Guglielmiti, essi continuarono a nominare i rettori come fino ad allora avevano fatto i predecessori. Nel 1462 il pontefice Pio II, istituendo la diocesi di Pienza e Montalcino, assegnò alla sua mensa i beni rimasti di S. Antimo con l'episcopale giurisdizione sulla chiesa di Percenna la quale era diretta dal 1437 nello spirituale governo dai frati cassinesi di S. Giustina del convento di S. Spirito in Siena; motivo questo, secondo Merlotti, dell'interruzione della serie dei titolari fino alla seconda metà del Settecento. E' da rilevare in proposito l'errore in cui incorse l'erudito senese sia perché quei religiosi rimasero in città poco più di un decennio, sia per i diritti della Santa Sede che prevedevano la completa autonomia nella scelta del parroco da investire. Infatti nel 1513 il pontefice Giulio II, istituendo in Vaticano una cappella a proprio nome, aggregò alle sue cospicue rendite la chiesa di S. Giacomo Apostolo alla Lungara e quella di Percenna potendone usufruire per le ragioni vantate ab immemorabili. Inoltre, nel 1689, il Capitolo della basilica di S. Pietro concesse in enfiteusi a Giovanni Belli e ai suoi discendenti il benficio prepositurale, compresa la facoltà di riscossione delle decime con l'esclusione solo del patronato attivo che rimase nelle proprie attribuzioni anche nel secolo seguente. Nel 1765 gli eredi dell'affittuario rinunciarono ai loro diritti che due anni dopo passarono alla Congregazione di Monte Oliveto, richiedente, e quindi, nel 1773, a Flaminio Del Taia. Smembrata intanto Percenna dalla diocesi di Pienza e riunita a Siena per breve del pontefice Clemente XIV dello stesso anno, fu assegnata al reverendo Giovanni Simone Tozzi che la resse fino al 1811. Le mutate condizioni storiche e politiche e il giurisdizionalismo dello stato che fin dal governo di Pietro Leopoldo di Lorena aveva voluto assicurare alle parrocchie i mezzi di sussistenza idonei pena la soppressione, portarono nel 1816 il soprintendente dell'amministrazione ecclesiastica ad intentare una causa al livellario dei beni per reintegrarne nel pieno possesso il sacerdote titolare. La vertenza si concluse con l'atto di transazione del 15 aprile 1825 con cui il nobile Giulio del fu Flaminio del Taia conseguì il diritto di patronato sulla cura di Percenna potendo così nominarne il rettore. Dopo dieci anni di vacanza in cui le cure spirituali rimasero affidate ad un economo, il sacerdote Bartolomeo Calusi poté essere alla guida della chiesa a tutti gli effetti riscuotendo le decime e contando sull'intervento finanziario del patrono per la manutenzione straordinaria. Esso, infatti, nel 1830 avviò la ristrutturazione degli edifici a proprie spese trasformandone completamente il primitivo assetto. Nella chiesa si riuniva la Compagnia sotto il titolo della Madonna del Carmine istituita nel 1754 e affiliata nel 1857 all'Arciconfraternita della SS. Trinità dei Pellegrini e Convalescenti di Roma, fondata da S. Filippo Neri. Attualmente la parrocchia, annessa a Buonconvento, è compresa nella forania della Val d'Arbia. Faceva parte dell'antico comprensorio della cura la chiesa già ricordata di S. Cristina in Caio, appartenuta ai monaci di S. Antimo fin dalla fondazione dell'abbazia ed unita da essi alla prepositurale il 25 dicembre 1235. Sorta probabilmente su un insediamento antichissimo, nel 1786 fu distrutta dall'Amministrazione del Patrimonio ecclesiastico di Montalcino per riutilizzarne i materiali. Così Merlotti la descrive: "era una fabbrica formata tutta a pietre conce di figura rotonda con diversi concavi, per la maggior parte quasi distrutti, ove sembra che un tempo vi fossero venerati alcuni idoli della gentilità; e molto più ciò confermasi perché non sono molti anni, come dice il cav. Pecci, che nei pressi di questa chiesa si ritrovò un piccolo vitello di metallo che ai suoi tempi tuttora si conservava da alcune persone particolari della terra di Buonconvento. Si vedevano pur anco in questa fabbrica diverse pietre con figure di animali che nella suindicata epoca furono collocate nella muraglia della chiesa di Percenna". Convertita in chiesa cristiana, S. Cristina, pur essendo di pertinenza dei Benedettini di S. Antimo, rientrava nella giurisdizione episcopale di Siena come appare dalla bolla di conferma del pontefice Clemente III al vescovo Buono del 20 aprile 1189. Tre spedali con relativi oratori esistevano nel Medioevo nel castello di Percenna: il primo fondato per testamento del 1283 da Giovanni di Lamberto nella sua casa posta sul poggio denominato Scotti; l'altro, voluto da Biagio di Tolomeo Tolomei con testamento del 21 gennaio 1298, fu consegnato nel 1302 da sua moglie Ciancia ai padri agostiniani; l'ultimo, infine, istituito da Martino o Sozzino della famiglia Sozzini nella contrada del Vespro in casa della consorte Fiora nel 1390. Di essi non rimane traccia.

G. MERLOTTI cit., pp. 350-355; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 99, 143, 190, 205, 369.

61. S. PETRONILLA Parrocchia di S. Petronilla (Comune di Siena) Vicaria foranea di Casciano delle Masse Forania attuale: Siena nord

Merlotti, per descrivere il sito dell'antica chiesa, riporta ciò che Assunto Picchioni aveva rilevato: "era situata in luogo basso e non molto distante dal borgo e precisamente in un campo che rimane a destra di chi si incammina verso Vico, ove i contadini nello scavare il terreno... hanno trovato i di lei fondamenti, il qual campo si spetta alle monache sotto il titolo di tal parrocchia patrone...". Istituita in epoca anteriore al X secolo dai canonici del Duomo, fu ad essi riconfermata dal vescovo Rodolfo con atto di donazione del 1081 e dal pontefice Celestino III con bolla del 17 aprile 1194. Rimase sede di cura d'anime fino al 1560 circa, quando venne trasferita nella chiesa delle monache di S. Petronilla, riparatesi in città nel 1553 a causa della guerra culminata con l'assedio del 1555. Esse, con il consenso dell'arcivescovo, mantennero la giurisdizione sul loro possesso acquistando la facoltà di nominarne il rettore fino al 1782, quando con sovrano rescritto il granduca Pietro Leopoldo di Lorena rese obbligatorio ai patronati ecclesiastici il conferimento tramite concorso. L'arcivescovo Tiberio Borghesi, con decreto dell'8 luglio 1783, ordinò alle medesime l'onorario per il parroco, un orto e una prestazione annua in denaro per rendere congrua la rendita del benefizio, conservando loro il giuspatronato. A S. Petronilla furono annesse la soppressa parrocchia di S. Basilio al Prato dopo la distruzione del 1555 e, successivamente, il 7 settembre 1669, una parte della popolazione di S. Bartolomeo in Camollia già estinta nel 1526 e accorpata a S. Stefano alla Lizza. In virtù di tale unione il curato ebbe l'onere di pagare dodici staia di grano annualmente al confratello di S. Stefano a risarcimento di decima, da cui venne esonerato nel 1782 nella circostanza della soppressione della cura dei SS. Vincenzo e Anastasio. Dopo la chiusura del convento dei Cappuccini del 1866 la loro chiesa dedicata all'Immacolata Concezione, sita presso l'Antiporto di Camollia, era rimasta inutilizzata. Dietro pressanti richieste da parte del curato e della popolazione, l'8 dicembre 1895 venne aperta al pubblico e accolse la titolarità parrocchiale ancor oggi attiva e compresa nella forania di Siena nord. Gli antichi locali di S. Petronilla, venduti nel 1903 e profanati due anni dopo, furono interamente abbattuti dal proprietario Roberto Vivarelli. Faceva parte del distretto parrocchiale il convento di S. Croce dei frati Armeni fondato dalla famiglia Aringhieri. La loro chiesa sotto il titolo dei SS. Apostoli Filippo e Mattia, edificata dal Comune intorno al 1260, fu ingrandita e perfezionata nel 1294 con il consenso del vescovo Rinaldo Malavolti a condizione di non pregiudicare le vicine cure di S. Bartolomeo e di S. Basilio e lo Spedale che Torello di Baccelliere si apprestava ad istituire. Notevolmente arricchito nel corso del Trecento, godeva di grande prestigio anche durante il secolo successivo e il suo priore Graziano di Nanni nel 1462 era generale dell'ordine degli Armeni in Toscana. Colpita duramente dalla guerra di metà Cinquecento, alcuni decenni dopo della grande chiesa rimaneva un modesto oratorio che nel 1604, già abbandonato dai frati, venne demolito per correggere il percorso viario. Al suo posto , in memoria, fu innalzata la Cappella della S. Croce o del S. Sepolcro di Gesù Cristo di Gerusalemme. Nel 1652 il pontefice Innocenzo X ordinò l'estinzione delle istituzioni religiose ormai prive di effettiva aggregazione concedendo ai presuli di convertire a loro arbitrio le rendite in altri usi. Fu allora che parte dei beni dl convento di S. Croce passarono agli Olivetani mentre il sito della clausura detta Parco di Doccia, pervenne alla famiglia Pieri, la quale nell'Ottocento ne era ancora proprietaria. Lo Spedale di ser Torello, chiamato anche di S. Croce o del S. Sepolcro, si trovava a sinistra uscendo da porta Camollia, vicino alla fortezza della Castellaccia. Istituito nel 1294 da ser Torello di Baccelliere del popolo di S. Bartolomeo nel fabbricato innalzato alla fine del secolo XII su un terreno di proprietà dei canonici del Duomo, ne riservò a se stesso e agli eredi il patronato con la condizione di non dipendere da altri. Nel 1428 apparteneva ai Tolomei, cui era pervenuto per eredità e accoglieva la Compagnia di S. Girolamo nata per volontà di sette devoti, tra i quali Giovanni Piccolomini del Mandolo, Antonio di Filippo Scotti e Giovanni di Tommaso del Minella, che due anni dopo ottennero dal rettore dello Spedale di S. Maria della Scala le stanze sotto le volte del medesimo dette di S. Cristina; vi si adunavano anche gli ascritti della Compagnia di S. Ansano che nel 1437 si spostarono nell'oratorio degli Ugurgieri preso S. Vigilio. Dell'ospedale di ser Torello distrutto a causa della guerra del 1554, rimase la chiesa demolita nei primi anni del Seicento per il riassetto stradale della zona. Tra la porta Camollia e l'Antiporto esisteva una piccola chiesa dedicata a S. Biagio fondata dal Comune e ricordata nel 1210. Restaurata nel 1339, seguì la sorte di molti altri edifici distrutti dall'esercito imperiale a metà Cinquecento. La parrocchia di S. Basilio, posta a sinistra uscendo da Camollia "dove fa capo la via di Pescaia e un tempo vedevasi una seconda porta", è menzionata in un atto del 998 con cui i conti Bernardo, Ranieri e Gualfredo con Guilla di Ranieri sottoposero la chiesa di S. Pietro alla Magione alla giurisdizione del vescovo di Firenze. Nel 1170 Alessandro III la dichiarò sotto la protezione della Santa Sede, confermandole l'esazione delle decime. Diretta dal Capitolo della cattedrale, nel 1194 fu da Celestino III ad esso riconfermata. Nel 1229 il Comune comperò da Ranieri del Porrina da Casole d'Elsa una piazza ed un muro per riattare la seconda porta prospiciente Camollia e avviò un progetto di riassetto della zona che prevedeva anche il restauro della vicina S. Basilio la quale, nel corso dei secoli successivi, fu più volte sovvenzionata dalla pubblica amministrazione. Anch'essa venne interamente distrutta dalle armate spagnole e fiorentine nel 1554. Annesso alla chiesa era lo Spedale omonimo attivo dagli ultimi decenni dl secolo XI e diretto dai sacerdoti Bonfiglio e Sezzone che probabilmente, insieme a quello denominato di Citto di Lambertesca Malavolti sito nei paraggi e fondato nel 1154, andò a costituire l'altro di ser Torello della fine del Duecento. Nei pressi dell'Antiporto, a sinistra, esisteva un oratorio dedicato alla Visitazione della B. M. V. fatto edificare nel 1459 da Alessandro Mirabelli. La Biccherna, nel giorno della ricorrenza del titolo, vi mandava un'offerta di dodici libbre di cera gialla. Ridotto in pessime condizioni, fu interdetto il 20 giugno 1776 dall'arcivescovo Tiberio Borghesi. Il rettore di S. Stefano alla Lizza, al quale apparteneva dalla soppressione di S. Bartolomeo in Camollia nel cui distretto rientrava, la vendette il 26 giugno 1780 a Giovanni Calosi per usi profani. Davanti all'attuale curata di S. Petronilla si trova la chiesa della Compagnia di S. Bernardino al Prato, già monastero femminile delle Cistercensi, chiamato di S. Maria Maddalena o di S. Maria Novella. Le suore vennero ad abitarvi nel 1297 da S. Giusto a Rontennano per assistere gli infermi del vicino Spedale di S. Croce, rimanendovi circa un secolo prima del collocamento in S. Prospero. Nel 1450 Aldobrandino di Galgano Tolomei fondò in quel luogo uno Spedaletto con il titolo di Gesù Cristo che il 2 maggio 1493 venne ceduto in perpetuo dall'arcivescovo Francesco Todeschini Piccolomini con l'annessa chiesa del monastero di S. Maria Novella concessa allora ad Antonio Alberi arcidiacono della diocesi orvietana, ai Canonici Regolari di S. Antonio di Vienna. Essi vi istituirono uno spedale per appestati la cui giurisdizione rimase alla mensa arcivescovile. Poca vita ebbe l'ospizio, colpito dagli eventi della guerra del 1554 e abbandonato alla fine del secolo. Nel 1582 la Compagnia di S. Giovanni della Morte ottenne di seppellirvi i giustiziati come chiesa prossima al Prato in cui avvenivano le condanne capitali; nel 1685 la famiglia Accarigi, proprietaria, la cedette alla Compagnia di S. Bernardino, che fin dal 1590 uffiziava un piccolo oratorio nei pressi dell'Osservanza, poi distrutto, la quale ancor oggi ne usufruisce. Non esiste più il convento di S. Maria delle suore di S. Petronilla della religione francescana fondato intorno al 1219 dal senese Vitale di Donato il quale nel 1233 lo dotò di immobili per sopperire ai loro bisogni. Posto sotto la protezione del cardinale Ugo vescovo di Velletri, nel 1223 Onorio III lo insignì di vari privilegi e nel 1234 Gregorio IX lo raccomandò all'Arte dei Pizzicaroli affinché ne avesse cura e amministrasse le sue rendite. Il Comune lo ingrandì nel 1248, nel 1259 e nel 1293 fino a renderlo un blocco omogeneo a contatto con la pubblica via. Doveva essere dotato di convenienti appartamenti se accolse il 10 marzo 1442 il papa Eugenio IV con la sua corte di ritorno dal Concilio di Costanza. Vi era annesso lo Spedale di S. Barbara, fondato da Sozzo Bandinelli nel 1326 e sottoposto alla giurisdizione dell'abbadessa fino alla riunione dei suoi beni al S. Maria della Scala. Riformato nel 1486, veniva diretto da un religioso direttamente incaricato dalla superiora. Le claustrali dirigevano tramite un cappellano anche la cura d'anime della popolazione limitrofa, servendosi di un piccolo oratorio dedicato a S. Lucia retto nel 1466 da ser Giuliano da Verona, esperto nell'arte della medicina. Nel 1553 esse furono accolte nell'abbazia di S. Michele Arcangelo e in seguito in una parte del monastero di S. Tommaso degli Umiliati, che dopo la loro soppressione del 1571, ottennero completamente e ribattezzarono S. Petronilla. Gli edifici abbandonati, fatti fortificare dalla Repubblica per difendere la città, furono in gran parte distrutti dall'esercito di Cosimo I dei Medici nel 1554; rimase la chiesa poi utilizzata come parrocchiale fino al 1895. Rientrava nel perimetro parrocchiale anche la chiesa dell'Immacolata Concezione con annesso convento dei Cappuccini ivi trasferitivi da Montecellesi nel 1631 e definitivamente nel 1660. Dopo l'incendio del 1689 la fabbrica fu ulteriormente ingrandita e continuò ad ospitare i religiosi fino alla soppressione del 1866. Adibito a lazzaretto fino al 1884, il locale diventò nel prosieguo degli anni alloggio per militari, infermeria, convitto di arti e mestieri, abitazione e magazzino; è del novembre 1991 un progetto di massima di ristrutturazione con lo scopo di destinarlo a centro sociale per disabili. La suddetta chiesa, invece, accolse la sede della parrocchia di S. Petronilla fin dal 1895. Rientrava nel territorio anche l'oratorio di S. Maria degli Angeli a Palazzo Diavoli, ancora esistente. Il resede, appartenuto alla famiglia Guglielmi, passò ai Turchi con l'annesso antico ospedale denominato dei Tignosi non più attivo già nel 1466. La cappella fu edificata nel 1516 da Girolamo di Biagio Turchi che ottenne per sei anni di vendere nella sua osteria pane, vino e carne con l'esenzione dalla gabella. Il 29 dicembre 1620, in virtù del legato testamentario del proprietario Placido Placidi, fu destinata a cappellania sotto il titolo della natività di Maria vergine, fondata con atto del 18 settembre 1642 sotto il giuspatronato della stessa famiglia. In occasione dei restauri del 1854 fu scoperto un oratorio sotterraneo in cui, secondo il Gigli, avrebbe avuto origine la Compagnia laicale di S. Sebastiano poi trasferitasi in S. Pietro alla Magione.

G. MERLOTTI cit., pp. 355-366; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 99, 149, 158, 189, 210; AA.VV, S. Petronilla: eventi storici e vicende dalle origini alla parrocchia dei nostri giorni, Roccastrada (GR) 1995.

62. PIANA Parrocchia dei SS. Innocenti (Comune di Buonconvento) Vicaria foranea di Buonconvento Forania attuale: Val d'Arbia

Di antichissima origine, fu una canonica che accoglieva un collegio di sacerdoti sotto la direzione di un rettore. Nel 1081 ne era titolare ser Leone, presente al sinodo diocesano celebrato dal vescovo Rodolfo. Arricchita dall'acquisto di numerose proprietà, soprattutto da parte di ser Rinaldo di Orlando Malavolti, nel 1291 il vescovo Rinaldo della stessa famiglia la unì alla propria mensa governandola per mezzo di un delegato. Acquisita dallo Spedale di S. Maria della Scala, alla fine del Trecento vennero potenziate le strutture difensive del complesso che accolse il 7 luglio 1538 il pontefice Paolo III reduce dal Concilio di Nizza. L'arcivescovo Francesco M. Tarugi il 15 settembre 1599 dichiarò perpetui i rettori della chiesa ponendo fine alla loro amovibilità e obbligandoli per questo al pagamento annuo di una soma di vino moscatello al tempo della vendemmia. Il primo vicario fu Ippolito Draghi, morto nel 1633, che ornò di pitture gli altari. Attualmente annessa a Buonconvento, la parrocchia è compresa nella forania della Val d'Arbia. La villa di Piana appartenne ai Tolomei fin da epoche remote. Giovanni di Tese della nobile prosapia, nel farsi oblato del S. Maria della Scala, nel 1314 ne decise la donazione al pio istituto che, forzatamente, il 28 maggio 1504 la dovette cedere a Camillo Petrucci per volontà di Pandolfo. Passata ai De Vecchi, ospitò monsignor Fabio dopo il suo esonero dalla cattedra di Teologia per le aderenze al partito giansenista nell'ultimo decennio del Settecento. Nell'Ottocento ne erano proprietari i marchesi Lavaggi. La villa di Castelrosi, poco distante, era un antico castello che nel 1316 subì la distruzione da parte dei ghibellini. Divenuta proprietà dei Piccolomini, fu lasciata per volontà testamentaria di monsignor Orazio Piccolomini d'Aragona, decano della Metropolitana e vicario generale della diocesi, al Capitolo della Cattedrale il 21 aprile 1717. Si trova compreso nello stesso distretto territoriale anche il villaggio del Ponte d'Arbia (oggi parrocchia autonoma sotto il titolo della Sacra Famiglia) così denominato dal ponte fatto costruire dal Comune di Siena nel 1388 e restaurato nel 1656 dal governatore Mattia dei Medici. Aveva anticamente una chiesa dedicata a S. Pietro, al cui rettore era affidata la cura spirituale di quella parte di popolazione, che secondo Merlotti sarebbe stata riunita a Piana dopo la pestilenza del 1348. Menzionata in un atto di vendita ivi stipulato il 16 settembre 1241, era retta nel 1272 da ser Bartolomeo che ricevette quell'anno un podere in Borgo d'Arbia ed una tavola dipinta per la sua chiesa dal rettore dello Spedale di S. Maria della Scala, esecutore testamentario di ser Bonadote di Caponero, le cui ultime volontà erano state sottoscritte l'11 luglio 1270. Si ricorda pure tra i suoi parroci ser Giovanni, testimone di un atto stipulato il 16 gennaio 1358 nel castellare dei Malavolti e presente nel 1367 al contratto con cui il vescovo Azzolino concesse ai suoi canonici la vendita di alcuni possessi. Nel 1466 la cura d'anime non esisteva più e le rendite del beneficio costituivano una prebenda goduta dall'arcidiacono della Metropolitana Tommaso Piccolomini; la manutenzione della chiesa di S. Pietro spettava al cappellano di Piana. L'antico villaggio fortificato di Saltemnano, sito alla destra del torrente Sorra, aveva una canonica dedicata a S. Michele Arcangelo, fondata nella seconda metà dell' XI secolo e posta sotto la giurisdizione del vescovo di Siena. Il suo titolare, ser Brunone, fu presente all'atto stipulato il 19 aprile 1186 in Siena per risolvere certe controversie insorte tra i curati di S. Giovanni e di S. Pietro in Castelvecchio. In altri documenti del Trecento si fa riferimento ai rettori di Saltemnano come priori di quella che dovette essere una vera e propria parrocchia poi aggregata a Piana. Nel 1449, come ricaviamo dal testamento di Rinaldo Ciotti da Siena, la chiesa era rovinata e per questo venne ordinato di riedificarla a spese dei suoi eredi e di dotarla di una tavola con l'immagine della Madonna e dei SS. Michele Arcangelo e Giacomo Apostolo, nonché di erigervi un secondo altare in onore di S. Biagio con rispettiva icona del santo.

G. MERLOTTI cit., pp. 366-371; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 99, 144, 153, 159, 190, 201

63. PIEVASCIATA Parrocchia di S. Giovanni Battista (Comune di Castelnuovo B.ga) Vicaria foranea di Canonica a Cerreto Forania attuale: Siena nord

Antica canonica retta da un collegio di sacerdoti, fu fondata in epoche remote e venne confermata a Buono vescovo di Siena da Clemente III nel 1189. I documenti ricordano tra i suoi titolari ser Stefano, vivente nel 1081, ser Ugone di Ciano, morto il 30 agosto 1305, attivo procuratore del Capitolo della Metropolitana, e ser Bartolo di Bartolomeo legato apostolico della Badia a Settimo nel 1351. Divenuta in progresso di tempo di giuspatronato della famiglia Ciampoli da Cerreto, fu nel 1412 incorporata per le sue scarse rendite alla parrocchia dei SS. Quirico e Giulitta di Siena per tornare autonoma tre anni dopo sotto un singolo pievano. Erano comprese nel suo plebanato le chiese di S. Leonardo a Catignano, S. Cristoforo a Vagliagli, S. Bartolomeo a Coschine, S. Martino a Cellole, S. Miniato a Noceto, S. Lorenzo a Pontignanello. Le furono poi unite S. Leonardo a Catignano nel 1466 e altre parrocchie limitrofe già incluse nella propria giurisdizione. Attualmente annessa a Vagliagli, è compresa nella forania di Siena nord. Faceva parte del territorio la chiesa di S. Martino a Selvole, confermata dal pontefice Clemente II nel 1189 al vescovo di Siena. Di giuspatronato della famiglia Malavolti da epoche lontane, nel 1419 aveva già accorpato l'antica S. Lorenzo a Cagliano, più tardi riunita a Vagliagli. La storia di Selvole si lega ovviamente a quella dell'omonimo castello, distrutto nel 1230 dai Fiorentini. Posto al confine tra i due stati, fu più volte alle dipendenze dell'uno o dell'altro e subì attacchi rovinosi, l'ultimo dei quali, nel 1554, ne segnò la completa rovina. I Malavolti , signori del luogo ancora nell'Ottocento, avevano fatto edificare un oratorio in memoria dell'antica parrocchiale di cui Merlotti accenna nella sua Relazione. La chiesa di S. Leonardo a Catignano, posta nel Duecento sotto il patronato della famiglia Tondi, fu cura d'anime riunita alla meta del Quattrocento a Pievasciata. Nel 1788 il podere spettante al beneficio fu acquistato dai Sergardi Biringucci, padroni della zona dove Lodovico Sergardi, meglio conosciuto con il nome accademico di Quinto Settano, aveva edificato la propria villa. Nel perimetro parrocchiale rientrava anche la villa di Scopeto con l'oratorio dedicato a S. Bartolomeo appartenuta alla famiglia Sozzini e poi passata ai Malavolti.

G. MERLOTTI cit., pp. 372-376; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 103, 144, 189, 200.

64. PILLI CANONICA Parrocchia di S. Bartolomeo (SAN ROCCO A PILLI) (Comune di Sovicille) Vicaria foranea di Barontoli Forania attuale: Val di Merse - Maremma

Ebbe origine dalla canonica di S. Maria a Pilli ridotta a fortezza nel 1366 dal governo di Siena. La parrocchiale di S. Bartolomeo è documentata dal 1389, con ser Donato di Stefano titolare. Per le scarse rendite che non permettevano di mantenere un sacerdote, i popolani si offrirono di provvedere ai bisogni in cambio del giuspatronato concesso dalla S. Sede nel secondo decennio del secolo XV e riconfermato il 22 aprile 1459 dal pontefice Pio II. Tale privilegio, passato al granduca nella seconda metà del Settecento, venne attribuito con rescritto del 30 luglio 1819 al nobile Francesco Pannocchieschi d'Elci per il merito di aver fatto restaurare la chiesa. Nel 1572 l'arcivescovo Francesco Bandini Piccolomini concesse alla parrocchiale una reliquia di S. Bartolomeo apostolo; l'anno seguente vi fu eretta la confraternita laicale del SS. Rosario, soppressa nel 1785, e nel 1653 monsignor Ascanio Piccolomini le accordò il fonte battesimale per evitare ai neonati l'inconveniente di essere condotti fino a Fogliano. Per la pericolosità delle strutture che minacciavano imminente rovina, il parroco Giovanni Francesco Sguazzini nel 1744 fu costretto a servirsi per le funzioni dell'oratorio della Confraternita di S. Rocco e ad indebitarsi con la Congregazione di S. Pietro in Duomo, obbligando tutti i beni a sua disposizione, per avere il denaro necessario ai restauri degli edifici. Nel 1823 la situazione della chiesa si fece di nuovo precaria rendendo improcrastinabile l’intervento di consolidamento delle strutture murarie. Il marchese d'Elci, proprietario della villa di Cavaglioni, realizzò il progetto di rifabbricarla affidando ad Agostino Fantastici il compito di condurre a termine i lavori. Nel 1831 il tempio venne consacrato. Per il terreno franoso che causava crepe e fenditure ai muri mettendo in pericolo i fedeli, un nuovo edificio di culto fu ultimato nel 1967. Attualmente la chiesa risulta attiva come parrocchia compresa nella forania di Val di Merse - Maremma. Faceva parte del territorio di S. Rocco l'omonimo oratorio della Confraternita formatasi nel 1561 nella chiesa di S. Bartolomeo. Nel 1568 i confratelli decisero di erigere la loro sede nelle vicinanze dove continuarono a riunirsi fino alla soppressione del 1785. Quando nel 1792 fu ripristinato, il sodalizio dovette usufruire della parrocchiale poiché l'oratorio era stato venduto e secolarizzato. Una nuova cappella fu innalzata nel 1815 da Angelo Ticci ministro della tenuta di Cavaglioni. Anticamente faceva parte del distretto la chiesa di S. Stefano a Vigliano, concessa nel 1224 dal vescovo Buonfiglio ai propri canonici. Rare sono le notizie che la riguardano: esisteva ancora nel 1397; nel 1679 una cappellania sotto il titolo della Madonna di Loreto, fondata sulla omonima villa, rimaneva forse a memoria dell'antica istituzione ecclesiastica ormai soppressa.

G. MERLOTTI cit., pp. 376-379; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 104, 145, 159, 189, 249.

65. PILLI S. SALVATORE Parrocchia di S. Salvatore (Comune di Sovicille) Vicaria foranea di Corsano

Esisteva come parrocchia alla fine del Duecento, probabilmente fondata in epoca anteriore come filiazione della canonica di S. Maria a Pilli. I Marescotti ne avevano il giuspatronato che tennero fino al 1731: quando nominavano il parroco non potevano tuttavia prescindere dalla presenza del priore di S. Maria, forse in virtù degli antichi diritti derivanti dall'origine dell'istituzione ecclesiastica. Nel 1392 includeva nella propria giurisdizione la chiesa di S. Martino a Sorra, estendendosi in quello che fu il comprensorio della ricordata canonica, trasformata in forte nella seconda metà del secolo. Intorno agli ultimi decenni del Settecento gli edifici vennero ristrutturati dai rettori Alessandro Rossi e Francesco Fazioni e nuovamente nel 1865 dal parroco Pietro Rubetti. Estinta nel 1896, la popolazione è attualmente compresa nella parrocchia di S. Bartolomeo a Pilli. La canonica di S. Maria sorgeva nei pressi di Brusciano o Brucciano, in località detta il Castello. Il suo priore, ser Orlando, è citato come testimone in un atto del 1266. Nel 1338 era retta dal facoltoso ser Sozzo di Nino da Chianciano che elargì al Santa Maria della Scala la cospicua somma di trecento fiorini d'oro per il bene della sua anima. Il 27 novembre 1366 il governo di Siena decise di fortificare i fabbricati della canonica per far fronte alle scorrerie di Giovanni Acuto ai danni del contado e, probabilmente, di essa rimase solo la titolarità di cui nel 1384 era investito Andrea di Graziano presente al consesso dei canonici della Cattedrale per l'elezione contestata dal papa del nuovo vescovo Michele di Paolo Pelagalli, religioso domenicano. Il medesimo partecipò l'8 gennaio 1418 al conferimento della laurea dottorale ad Angiolo di Andrea da Perugia. Precedentemente, il 21 agosto 1384, egli era stato implicato in una rissa con i monaci di S. Agostino a causa del preteso diritto di percezione del corrispettivo funerario in occasione delle esequie del frate apostata Bencivenne: a colpi di spada il canonico si sarebbe impossessato del cadavere arrogandosi il diritto di seppellirlo in quanto parroco di S. Marco - oltre a canonico di S. Maria a Pilli - in cui forse il defunto dissidente risiedeva. Nel 1412 il beneficio di Pilli fu incorporato alla pieve di Lucignano fino all'11 dicembre 1419, quando passò a S. Bartolomeo. La fortezza di S. Maria, i cui lavori erano cominciati nel 1366, fu ampliata alla fine del secolo. Il Consiglio della Campana il 16 maggio 1396 ne ordinò il consolidamento a sicurezza del villaggio di Pilli; il 17 gennaio 1398 dispose che il capitano del popolo eleggesse un operaio a sovrintendere alla pianificazione affinché il tutto fosse realizzato entro sei mesi. Ancora nel 1408 si pensava di potenziare la costruzione come apprendiamo da un'istanza dei cittadini di Pilli al governo. Probabilmente la fabbrica venne distrutta a metà Cinquecento in occasione della guerra di Siena; Merlotti nell'Ottocento assicurava di averne viste le rovine sull'altipiano del Castello prima di scendere al piano delle Segalaie. A Brusciano o Brucciano esisteva anticamente la parrocchia di S. Stefano di cui conosciamo il primo rettore nel 1255. Probabilmente dovette essere in qualche relazione con la chiesa di S. Luca in Palchetto, situata in Siena lungo la via di Malcucinato dietro il palazzo del Comune, se nel 1357 il curato di Brucciano ser Bonifazio di Binduccio si oppose ai Canonici Regolari di S. Frediano di Lucca, residenti in S. Martino, ai quali il governo aveva ceduto i diritti sulla chiesa di sua pertinenza. Soppressa la parrocchia nella seconda metà del secolo XIV e ridotta a semplice beneficio, continuò ad avere un titolare fino al 1665, quando Lodovico Canestrelli permutò alcuni appezzamenti di terreno spettanti alla cappella con una bottega e casa poste nel popolo di S. Desiderio. Rientrava nella giurisdizione parrocchiale di S. Salvatore a Pilli anche la chiesa di S. Lorenzo posta nell'omonimo villaggio, menzionato nei documenti del Due-Trecento. Ser Goro ne era rettore nel 1307 e ser Musciatto di Rinaldo nel 1325 figura come suo curatore nell'atto di vendita di un appezzamento di terra. I Marescotti ne avevano il giuspatronato, come risulta dalla scrittura di quietanza del 1332 lasciata dal sacerdote Gatto di Giovanni a Stricca figlio di Rinaldo di Gilberto della nobile prosapia in virtù di un legato in denaro per i riattamenti della fabbrica. Soppressa nella seconda metà del secolo XIV, la popolazione fu inglobata nelle vicine parrocchie. Dagli atti della visita apostolica del 1575 risulta che uno degli altari laterali di S. Bartolomeo a Pilli era dedicato a S. Lorenzo in memoria della chiesa ormai diruta nel cui sito fu ordinato di apporre una croce e che i suoi beni erano stati accorpati alla medesima.. Divenutone proprietario lo Spedale di Siena, il quale già dal 1411 possedeva a S. Rocco il podere detto la Grancia (ottenuto dalla Compagnia dei Disciplinati) che affittava dal 1648 per la villeggiatura degli alunni del Seminario Soleti, nel 1744 vi fece edificare un oratorio dedicato a S. Lorenzo per non perderne la memoria. Esisteva nel piano delle Segalaie l'antica chiesa dei SS. Giacomo e Filippo ridotta in pessimo stato nel Quattrocento e del tutto priva di arredi. Nel 1434 Sebastiano di Tinelloccio di ser Nino fece istanza al vescovo Carlo Bartali perché, riattata a proprie spese, accogliesse un religioso addetto alla cura d'anime in cambio del conferimento del giuspatronato. Il presule accolse la richiesta e la fabbrica venne portata a compimento, ma di lì a non molto, per le scarse rendite, dovette essere unita a Frontignano (1459). Passata a Bagnaia nel 1468, la chiesa divenne semplice beneficio ecclesiastico di giuspatronato dei Bichi e quindi dei conti d'Elci. Quest'ultimi riedificarono sullo stesso luogo la cappella ancora in essere che fu annessa a S. Salvatore. Davanti alla parrocchiale fu attivo uno Spedaletto dedicato a S. Andrea di cui si ha notizia alla fine del Trecento. Riteneva quattro letti, due per gli uomini e due per le donne; era amministrato da uno o due incaricati eletti a vita dal Comune, i quali dovevano rendere conto annualmente della loro gestione, far celebrare due uffizi per i defunti con otto sacerdoti pagando una libbra di cera al parroco ogni volta, mantenere accesa la lampada della chiesa, offrire due doppieri di cera per l'associazione dei cadaveri, somministrare un'elemosina di trenta lire a ciascuna puerpera della zona con trenta libbre di pane, quindici mezzetti di burro e quindici coppie di uova per il tempo di quindici giorni, nonché procurare una dote di quindici fiorini ad una fanciulla povera destinando ogni avanzo ai bisognosi. Riunito al S. Maria della Scala nel 1750, il locale passò in proprietà ai Bichi Ruspoli che nell'Ottocento facevano celebrare la festa in memoria dell'istituzione nella ricorrenza di S. Simone, elargendo un sussidio alle povere partorienti.

G. MERLOTTI cit., pp. 380-386; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 106, 145, 153, 159, 190, 197, 201, 208, 224.

66. POGGIOLO Parrocchia di S. Maria Assunta (Comune di Monteriggioni) Vicaria foranea di Monteriggioni Forania attuale: Siena nord

Tutta la zona, secondo Merlotti, venne donata da Ugolino di Soarzo degli Aldobrandeschi conte di S. Fiora, al vescovo Ranieri e al governo di Siena nel 1163; esclusi dai diritti acquisiti per volontà dell'imperatore Arrigo IV nel 1186, i presuli senesi dovettero addivenire a patti e condizioni con il Comune, rinunciando alla giurisdizione di vaste contrade, ma trattenendone altre sotto il loro diretto dominio. Tra queste vi era il castello di Purghiano, sito su un'altura lungo la riva sinistra del torrente Rota, ad occidente del monte su cui sorge il Poggiolo. Esso venne confermato dai pontefici Clemente III nel 1189 e Innocenzo III nel 1210 al vescovo Buono e i suoi abitanti più volte, nel corso del secolo XIII, ebbero rapporti con Siena. Da un atto del 7 giugno 1256 risulta che prestarono obbedienza al podestà e ai suoi ufficiali, forse per le mutate condizioni politiche che avevano portato all'esautorazione dei presuli e all'inglobamento del castello nell'area di influenza governativa. La chiesa di S. Maria ivi eretta continuò ad essere attiva come cura d'anime fino al 1300 circa e ne figura parroco ser Pietro di Binduccio, nominato in alcuni atti pubblici dal 1238 al 1261. Da allora nessun documento ci informa delle sorti dell'agglomerato, mentre appare sempre più citato il villaggio del Poggiolo con la sua chiesa dedicata a S. Maria nella quale forse era stata traslata la titolazione dell'altra di Purghiano. Nel 1317 il pievano di Lornano vantava il diritto di amministrazione del Poggiolo, per privilegio concesso da Innocenzo III con relativa facoltà di nominare il rettore esercitata anche dal popolo e dalla famiglia Malavolti. Secondo Merlotti quest'ultima poteva essere subentrata nelle ragioni patronali per la munificenza con cui aveva dotato la cura di Lornano nella quale possedeva diversi poderi tra cui Campo dei Fiori. Il Comune di Siena nel 1375 sovvenzionò i restauri degli edifici e cinque anni dopo il vescovo Luca Bertini vi istituì una rettoria inamovibile in cambio dell'onere annuo di staia dodici di orzo da pagare alla sua mensa. Il 27 settembre 1406 la chiesa fu concessa in commenda a Pietro di Matteo vescovo di Calcedonia dell'ordine degli Eremitani di S. Agostino unendovi nel 1412 Terrenzano. Dopo la rinuncia del titolare, avvenuta nel 1417, la cura per volontà del vescovo Carlo Bartali acquisì nuovi possessi e venne diretta da suo fratello germano, ser Matteo, che con testamento del 1444 le legò un lascito di cento fiorini. Per le scarse rendite di cui usufruiva, il 27 febbraio 1564 fu unita ai SS. Quirico e Giulitta di Siena per essere dichiarata vicaria perpetua il 30 gennaio 1690 dall'arcivescovo Leonardo Marsili. I proventi del beneficio rimanevano tuttavia scarsi, nonostante gli aumenti concessi nel 1742 e nel 1784 per cui, con decreto del 15 giugno 1803, il cardinale Anton Felice Zondadari la rese di nuovo autonoma e di libera collazione, recuperandole in parte le antiche terre di sua pertinenza. Nel 1825 il parroco Giuseppe Sensi poté riottenere in enfiteusi un appezzamento denominato S. Martino dietro l'annua responsione di scudi ventidue. La proprietà, già spettante alla parrocchia, era passata nel Cinquecento ai SS. Quirico e Giulitta il cui rettore, il 7 settembre 1694, l'aveva concessa in affitto perpetuo; tuttavia duecentosessantun anni dopo, lungi dall'essere riconsegnata libera da vincoli come si sperava per gli antichi diritti, rimaneva gravata di un pesante canone che solo nella seconda metà dell'Ottocento fu reso inesigibile da monsignor Pierallini. Merlotti rileva che nei dintorni della località esisteva l'antica chiesa di S. Martino a Roccadistaggia posta dal pontefice Innocenzo III sotto la giurisdizione di Lornano. Nella zona il 18 giugno 1877 il marchese Bonaventura Chigi Zondadari rinvenne "diversi resti umani di cadaveri carbonizzati, diverse armille di rame, coi loro rispettivi spilli che servivano a raccogliere le vesti, denominate dagli archeologi mignatte perché simili a quelli animali, e diversi pezzetti di ambra lavorati, benché il tutto fosse putrefatto dall'umidità naturale del terreno". La chiesa del Poggiolo, dove dall'11 giugno 1784 riposavano le spoglie mortali di Francesco Bindi Sergardi artefice del prosciugamento del Pian del Lago, subì nel 1879 un drammatico crollo di cui Merlotti, già parroco di essa fino a due anni prima, relaziona: "Era la domenica di Quinquagesima (23 febbraio 1879) ed un vento impetuoso non mai sentito a memoria di uomini di questa contrada, e l'acqua cadeva dal cielo a torrenti; molti perciò si astennero dall'andare in chiesa ma di quei pochi due soli, il sacerdote celebrante ed altro individuo perderono istantaneamente la vita tra le macerie. Altri trasportati semivivi nelle case vicine cessarono ben presto di vivere..., altri rimasero gravemente feriti fino al numero di trentotto..." La chiesa venne restaurata a partire dallo stesso anno e ridotta allo stato attuale. Sviluppatosi nella seconda metà del Novecento l'insediamento delle Badesse nella parte pianeggiante del territorio, vi fu costruita una nuova chiesa nel 1965, che l'8 dicembre 1988 è divenuta sede parrocchiale sotto il titolo di S. Bernardino con annessa la popolazione del Poggiolo, compresa nella forania di Siena nord. Vari oratori sono ed erano esistenti nella zona: la cappella di S. Francesco d'Assisi, poco distante dalla parrocchiale, eretta nel 1691 dal parroco Giovan Battista Mazzoni ed adattata nell'Ottocento a deposito mortuario; l'oratorio della Visitazione della B. M. V., fondato intorno al 1587 da Achille di Niccolò Sergardi nella villa detta dei Colli; l'altro dedicato a S. Francesco d'Assisi nel 1756 nella villa del Pozzo appartenuta alla famiglia Andreini e passata ai marchesi Lavaggi; quello di S. Leopoldo nella villa della Muraglia degli Andreini, del 1848 e infine l'oratorio di S. Rocco alle Badesse fatto erigere nel 1761 dalle monache della Madonna dette le Trafisse, acquistato nell'Ottocento dai Pozzesi. Sempre secondo Merlotti, nei pressi della parrocchiale del Poggiolo doveva trovarsi un oratorio dedicato a S. Andrea, forse fondato da Cristoforo d'Andrea nel secolo XIV, il cui rettore ser Niccolò è ricordato in un atto dell'11 giugno 1322.

G. MERLOTTI cit., pp. 386-395; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 106, 145, 159, 190, 210, 248.

67. PRESCIANO Parrocchia di S. Paolo (Comune di Siena) Vicaria foranea del Bozzone Forania attuale: Siena centro

Figura come parrocchia nei documenti della prima metà del XIII secolo. Facente parte dell'antico castello omonimo, subì la distruzione per mano della Compagnia del conte Luzio nel 1370. Il governo nel 1381 ne curò la ricostruzione e alcuni anni dopo, nel 1398, per tutelare la zona di rilevante importanza strategica, decretò di edificare una fortezza nei paraggi, di cui le fonti tramandano la memoria. Il 28 aprile 1405 fu deciso l'impiego di un ulteriore stanziamento per il consolidamento della fabbrica e il 23 marzo 1431 si deliberò di circondarla di mura e di ultimare il cassero. Nulla rimase di essa, probabilmente rovinata nel corso della guerra di metà Cinquecento e comunque da non confondere con l'insediamento attuale, dato che doveva essere posizionata sul poggio di S. Vigilio, dal nome dei monaci camaldolesi proprietari di uno spedaletto nella zona fin dal 1261. Per le scarse rendite, il 10 gennaio 1410 i beni della chiesa furono affittati al parroco di Vico d'Arbia per cinque anni e il 9 aprile 1588 la medesima venne annessa a Valdipugna. Il 3 aprile 1697 il nobile possidente Camillo Finetti, auditore del tribunale fiorentino, offrendosi di riparare a proprie spese ai danni degli edifici e di dotare il beneficio di proventi necessari al mantenimento del rettore, ottenne dall'arcivescovo Leonardo Marsili la ricostituzione a parrocchia autonoma di Presciano posta sotto il suo giuspatronato. Tuttavia, sempre per motivi economici, nel 1721, Alessandro Zondadari la accorpò a Vico d'Arbia ed essendo in gran parte rovinata la chiesa, si cominciò ad uffiziare l'oratorio di S. Antonio da Padova messo a disposizione dalla famiglia Pieri proprietaria. Il presule si fece comunque promotore dei restauri del sacro tempio che, ridotto nelle dimensioni, fu riaperto al culto il 25 gennaio 1744. Con la sistemazione della canonica, nel 1759, la parrocchia ebbe nuovamente un titolare. Nel 1962 tutto il suo territorio, insieme a quello della soppresse Collanza e Leonina, andò a costituire la nuova cura di Taverne d'Arbia compresa nella forania di Siena centro. A Presciano fu unita nel 1752 la chiesa di S. Giacomo a Monselvoli, già sede di parrocchia di giuspatronato laicale nel Trecento. Per gli scarsi assegnamenti venne ceduta dal vescovo Luca Bertini nel 1379 ai monaci vallombrosani di S. Michele Arcangelo del Poggio di S. Donato in Siena, i quali vi tennero un vicario amovibile addetto alla cura d'anime. Quando nel 1565 i loro beni passarono all'ordine cavalleresco di S. Stefano come commenda goduta dalla famiglia Petrucci, anche Monselvoli ne subì la sorte fino alla metà del Settecento. L'oratorio, ricostruito dai padroni, venne uffiziato dalla Compagnia laicale sotto l'invocazione di S. Isidoro Agricola, attuale titolare della parrocchia di Taverne d'Arbia. Nell'insediamento antico nei pressi dell'Arbia le fonti ricordano una chiesa dedicata a S. Bartolomeo "de Taverna" di pertinenza delle monache di Montecellesi nel 1175, e un'altra di S. Margherita in "Tavernulae" esistente nel 1004; di cui si sono perse le tracce. Rimane il menzionato oratorio di S. Antonio da Padova facente parte della villa già appartenuta ai conti Pieri dove fu seppellito nel 1838 l'illustre cittadino Ettore Romagnoli.

G. MERLOTTI cit., pp. 395-400; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 107, 145, 153, 159, 189, 197.

68. QUERCEGROSSA Parrocchia dei SS. Giacomo e Niccolò (Comune di Castelnuovo B.ga) Vicaria foranea di Monteriggioni Forania attuale: Siena nord

Esisteva nella zona fin dalla metà del secolo XII una canonica di S. Maria affidata a un priore, la quale nel 1317 era ancora sotto lo stesso titolo e veniva amministrata dal parroco di Lornano per privilegio concessogli dal pontefice Innocenzo III. Secondo Merlotti l'antica chiesa doveva trovarsi sul poggio del castello di Quercegrossa e sarebbe stata distrutta nel 1232 dai Fiorentini, ragion per cui al rettore della vicina Lornano fu raccomandata l'assistenza spirituale di quel popolo. Nel 1339 il Comune di Siena deliberò uno stanziamento per restaurare il tempio e ancora nel 1343 elargì un nuovo contributo per perfezionarne la fabbrica. L'attuale chiesa, sita a poca distanza dalla precedente, oratorio dello spedale dei SS. Giacomo e Niccolò, venne riattata nel 1812 e consacrata da Giacinto Pippi, vescovo di Chiusi e Pienza, nel 1817. Ancora attiva come parrocchia, è compresa nella forania di Siena nord. Fu annessa a Quercegrossa, forse nel secolo XVII, l'antica chiesa di S. Michele Arcangelo a Petroio. Confermata dall'imperatore Arrigo IV nel 1074 alla Badia fiorentina, passò nel prosieguo del tempo alle monache agostiniane di S. Maria degli Angeli dette del Santuccio di Siena. Nel 1317 il suo giuspatronato spettava al priore della canonica di S. Fedele e nel 1358 era retta da ser Ambrogio di Francesco contemporaneamente parroco di S. Quirico in Castelvecchio. Per le scarse rendite nel 1415 fu unita a S. Bartolomeo in Camollia, nel 1426 a Marciano, nel 1465 a S. Stefano a Ripa, nel 1468 a S Lorenzo al Santo al Colle e a S. Bartolomeo di Coschine, nel 1504 a Colle Malamerenda fino al definitivo accorpamento a Quercegrossa. Lo spedale dei SS. Giacomo e Niccolò ebbe origine alla fine del Duecento per volontà di fra Giacomo di Falcone Carmelitano; riceveva elemosine dal Comune di Siena e rimase attivo fino alla fine del Cinquecento. A metà del secolo successivo venne concesso come semplice beneficio al cappellano di Petroio, dipendente dalle monache del Santuccio e ormai privato della cura d'anime, associata a Basciano. Tuttavia, per le lagnanze dei parrocchiani che lamentavano lo scarso servizio spirituale, l'arcivescovo Ascanio Piccolomini nel 1658 procedette alla riunione dei proventi della chiesa di Petroio e dello Spedale il cui assegnatario divenne parroco di Quercegrossa con obbligo di un canone di quattro libbre di cera annue da pagare alle religiose di Siena, come di fatto avvenne fino al 1710. Risale probabilmente a quell'epoca il trasferimento della sede parrocchiale dall'area del primitivo insediamento alla attuale, dove si trovava il ricordato Spedaletto.

G. MERLOTTI cit., pp. 400-407; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 145, 190, 201, 212.

69. QUINCIANO Parrocchia di S. Albano (Comune di Monteroni d'Arbia) Vicaria foranea di Monteroni d'Arbia Forania attuale: Val d'Arbia

La tradizione vuole che la chiesa fosse fondata nel secolo VIII come canonica retta da un priore posto a capo di un collegio di sacerdoti. Alcuni dei suoi titolari nel Duecento ricoprirono la carica di vicari generali del vescovo di Siena e svolsero importanti incarichi nella diocesi. Divenuta parrocchia sotto la guida di un curato nel corso del Trecento e ridottasi la popolazione, passò nel 1443 ai Canonici Regolari di S. Salvatore di S. Maria degli Angeli in Valli, i quali comperarono nella zona diversi beni immobili formando una tenuta di sei poderi. Essi vi tennero un sacerdote amovibile per il disbrigo delle mansioni spirituali fino al 1653, anno in cui il curato fu vicario perpetuo congruato dal monastero in cambio del giuspatronato. Con la soppressione degli ordini religiosi del 1780 Quinciano, svincolata dai Canonici Regolari, diventò parrocchia di regia nomina. Attualmente risulta annessa a Monteroni d'Arbia con il territorio che fu di Sovignano ed è compresa nella forania della Val d'Arbia. Rientrava nel suo distretto la chiesa di S. Pietro in Campo o di Caggiola posta sotto il patronato dell'abbazia di S. Antimo nel 1051 e dei monaci benedettini di S. Eugenio nel 1081. Cura d'anime fino alla metà del Trecento, fu nel 1420 definitivamente annessa a Quinciano dal vicario generale del vescovo Antonio Casini. E' ancora esistente la cappella fatta edificare dai proprietari Pieri Nerli nella seconda metà dell'Ottocento su disegno dell'architetto Giuseppe Partini.

G. MERLOTTI cit., pp. 407-411; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 107, 145, 190, 197.

70. RADI Parrocchia di S. Pietro (Comune di Monteroni d'Arbia) Vicaria foranea di Corsano Forania attuale: Val d'Arbia

Fondata intorno al secolo X, fu di giuspatronato della famiglia senese dei Placidi proprietari dell'omonimo castello attaccato dalla Compagnia di Giovanni Acuto e dai Fiorentini rispettivamente nel 1365 e nel 1393. Nel 1676 la zona apparteneva ai Bichi, quindi ai Bichi Ruspoli verso la metà del secolo successivo, Alessandro, ultimo discendente della famiglia, nel 1822 lasciò in eredità il possesso di Radi a Niccolò Forteguerri Pannilini. La chiesa fu cura d'anime fin dal secolo XIII, confinante con l'altra di S. Donato a Fontanelli, ad essa riunita nel corso del Trecento. Alla sua destra si trova l'oratorio della Madonna del Carmine che accolse dal 1712 l'omonima congregazione laicale posta sotto la direzione del parroco titolare. Attualmente risulta annessa a Monteroni d'Arbia con il territorio di Campriano incorporato dal 1988. San Donato a Fontanelli esisteva fin dal 1079, quando Ignazio di Baroncello ne donò il giuspatronato al monastero di S. Maria di Casciano. Ebbe un rettore nominato dal popolo dal Duecento fino al 1395, quando venne definitivamente accorpata a Radi. Nel 1466 Giovanni Cinughi, visitatore delegato dell'arcivescovo Francesco Piccolomini, trovandola in pessime condizioni, ne decise la demolizione. Apprendiamo dal testamento di Cione di Aldello Placidi del popolo di S. Andrea a Siena, datato 1 settembre 1330, che il castello di Radi entrò in possesso di Placido di Ugone della stessa famiglia con la condizione di un legato a favore dei frati domenicani di Camporegio ai quali sarebbe spettato il mantenimento di alcuni religiosi nell'oratorio di S. Biagio sito nella proprietà. L'edificio fu ricostruito dai Bichi Ruspoli di Roccalbegna nel 1772 ed è ancora in funzione come cappella privata della villa padronale. Nei pressi del castello, poco distante da una torre di fortificazione, si trovava un tabernacolo, ridotto ad oratorio da Alessandro Bichi Ruspoli, oggi distrutto con un affresco commissionato da Carlo Piccolomini nel 1521. Merlotti attesta che era privo di altare.

G. MERLOTTI cit., pp. 411-415; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 108, 146, 159, 190, 205, 293; AA.VV, Fattorie in Valdarbia, Siena 1987.

71. RECENZA Parrocchia di S. Giovanni Battista (Comune di Chiusdino) Vicaria foranea della Merse

Confermata nel 1189 dal pontefice Clemente III al vescovo Buono, fu di giuspatronato degli Ardengheschi fino agli inizi del secolo XIII, quindi dei Tolomei che lo cedettero nel 1305 ai Petroni. Questi ne rimasero unici beneficiari fino al 1720, quando, con donazione inter vivos, l'abate Riccardo la trasferì ai nobili Franci suoi parenti diretti. Il 16 febbraio 1774 Adriano Franci a sua volta concesse il diritto ai Palmieri che nominavano il 18 marzo 1778 il nuovo parroco Alessandro Fabiani. Posta per un breve periodo sotto l'amministrazione dell'abbazia di Torri, dalla metà del Duecento cominciò ad essere retta da un secolare che autonomamente provvedeva alla cura delle anime. Soppressa nel 1969, il suo territorio fu accorpato ad Orgia, attualmente annessa a Brenna. Nel distretto si trovavano altre parrocchie unite nel prosieguo del tempo a Recenza: S. Pietro in Bossoleto apparteneva alla metà del secolo XIII all'abbazia di Torri; i Tolomei e i Petroni ne divennero patroni rispettivamente nel 1287 e nel 1418, anno in cui il vescovo Antonio Casini ordinò la sua demolizione trasferendo la titolazione alla chiesa di S. Valentino di Montecapraia, la quale prese il nome di S. Pietro a Ortennano. Petrone di Giovanni Petroni, proprietario dell'immobile, acconsentì alle disposizioni associandola allo Spedale di S. Caterina delle Ruote fuori porta Romana. Anche l'antica parrocchiale di S. Giacomo a Cerreto il 19 marzo 1425 fu annessa a Recenza con l'approvazione dei soliti Petroni. Le sue rendite erano nel 1466 di pertinenza delle monache di S. Giusto a Casciano del Vescovado, le quali non si curavano del mantenimento degli stabili che minacciavano rovina. La chiesa, distrutta, fu sostituita da un oratorio dedicato a S. Filippo Neri edificato dalla famiglia Nini nella villa di Cerreto. La chiesa di S. Valentino a Montecapraia fu nel Trecento sotto la direzione di un sacerdote pagato dai Petroni. Precedentemente, nel 1251, era stata confermata dal pontefice Innocenzo IV all'abbazia di Torri per divenire nel 1275 di pertinenza della casata degli Incontri che la cedettero ai Tolomei tre anni dopo. I Petroni, subentrati ai precedenti proprietari, curarono la fortificazione del castello e accettarono che l'oratorio assumesse il titolo di S. Pietro. Merlotti nell'Ottocento ne aveva visti i resti consistenti in un casolare abbandonato nei cui dintorni il parroco di Recenza aveva un possesso denominato Lecceta.

G. MERLOTTI cit., pp. 415-419; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 109, 146, 190, 200.

72. REGINA (S.) Parrocchia di S. Regina (Comune di Siena) Vicaria foranea del Bozzone Forania attuale: Siena centro

La tradizione vuole che fosse fondata verso la metà del secolo XII per volontà di Roberto di Giovanni Lombardi, miracolosamente liberato dalla prigionia nell'isola di Lesbo grazie all'intercessione della santa titolare. Tornato a Siena, nel 1275 esternò al vescovo il proposito di mettere in atto il proprio voto e, aggiogati due buoi per il trasporto di una pietra, fu deciso di scegliere come luogo il punto esatto in cui si fossero fermati. Secondo gli annalisti camaldolesi la chiesa sarebbe stata eretta invece dalle monache dell'ordine benedettino che vi risiedevano ancor prima della consacrazione avvenuta il 7 settembre 1252 con l'intervento dei vescovi di Siena, Arezzo e Volterra. Arricchitosi l'asceterio per i numerosi legati, fra cui quello di Contessa di Casciano del Vescovado, venne deliberato dalle religiose di scegliere come residenza quest'ultima località per meglio amministrare gli interessi derivanti dai beni loro pervenuti nella zona e di delegare un sacerdote alla cura d'anime della parrocchia di S. Regina, riservandosene il giuspatronato. Con la soppressione del 1463 e la definitiva chiusura del monastero avvenuta nel 1516, i possesso delle Benedettine furono assegnati parte alle monache di Ognissanti alle quali erano state riunite, parte al parroco di Macereto e il rimanente alla Mensa arcivescovile. In quell'epoca S. Regina divenne di libera collazione dell'ordinario e ancor oggi risulta attiva, compresa nella forania di Siena centro. Tra i suoi rettori figurano ser Pepo di Arinaldo, vivente nel 1327; ser Bartolo di Talamuccio che nel 1349 riceveva le decime dallo Spedale di S. Maria della Scala e, più vicino a noi, Niccolò Sebastiano Sciarelli che vi rimase come titolare dal 1764 al 1780 prima di essere nominato vescovo di Colle di Val d'Elsa. Sempre secondo la tradizione, nel villaggio di S. Regina sarebbe esistita in epoche remote una chiesetta dedicata alla B. M. V. detta alla "Ruina" che con il tempo avrebbe preso l'attuale denominazione accogliendo le monache devote al culto della martire francese la cui reliquia nel 1610 venne donata da Elisabetta di Baviera alla venerabile Passitea Crogi in occasione del suo secondo viaggio in Francia, chiamata dalla regina Maria de' Medici. La Cappuccina volle a sua volta impreziosirne la parrocchia e il 22 agosto dello stesso anno con solenne processione fu traslata dal monastero di S. Egidio alla nuova sede.

G. MERLOTTI cit., pp. 419-423; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 110, 146, 159, 190, 197.

73. RICIANO Parrocchia di S. Bartolomeo (Comune di Monteriggioni) Vicaria foranea di Monteriggioni

Secondo Merlotti l'antica canonica, risalente all'VIII secolo, doveva trovarsi nel villaggio detto della Chiocciola e più precisamente nella colonica denominata Casa Bucci. Di giuspatronato dei Canonici della Metropolitana, venne ad essi confermata dal vescovo Buonfiglio nel 1224 e dal pontefice Gregorio IX nel 1228. Intorno alla fine del secolo avvenne probabilmente il passaggio dalla primitiva sede all'attuale nella quale si continuò ad uffiziare fino ai giorni nostri. Nel Settecento furono intrapresi lavori di ingrandimento dello stabile e a cura delle famiglie Brancadori e Palmieri la chiesa venne dotata di nuove pitture. All'altare del SS. Sacramento si riuniva l'omonima Confraternita eretta nel 1721 ad istanza del sacerdote Giacomo Castellini. Attualmente la parrocchia risulta soppressa ed inclusa in S. Dalmazio, compresa nella forania di Siena nord. Nel territorio di sua pertinenza, densamente popolato nell'antichità, rimangono resti di resedi rurali e castelli in prossimità dei quali frequenti furono nel passato i ritrovamenti di sepolcreti. Nella villa del Caggio dei Colombini fu edificato l'oratorio dedicato al B. Giovanni, già distrutto nell'Ottocento. Una cappella intitolata a S. Francesco d'Assisi rimane nella villa già Palmieri.

G. MERLOTTI cit., pp. 423-426; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 110, 146, 153, 154, 159, 190.

74. ROSIA Parrocchia di S. Giovanni Battista (Comune di Sovicille) Vicaria foranea di Rosia Forania attuale: Val di Merse - Maremma

La parrocchiale, anticamente canonica e pieve, risulta nel 1134 dedicata a S. Pietro Apostolo. Il pontefice Alessandro III aggregò ad essa numerose chiese dei dintorni: S. Bartolomeo a Castelvecchio, S. Michele Arcangelo di Malignano, S. Martino a Favallano, S. Gregorio di Torri, S. Bartolomeo di Orgia, SS. Fabiano e Sebastiano di Stigliano, S. Gervasio di Brenna, S. Margherita di Monte Sizi, S. Biagio di Filetta e S. Vincenzo di Bagnaia. Uno dei suoi primi rettori di cui abbiamo notizia, ser Federigo, intervenne come testimone nel 1179 ad un contratto stipulato nella chiesa di Malignano con cui gli Ardengheschi di Civitella si obbligarono a difendere Siena in caso di guerra. Nel 1189 Clemente I confermò la chiesa al vescovo Buono e lo stesso anno, il 28 ottobre, il suo pievano partecipò alla cerimonia della dedicazione del nuovo tempio dell'abbazia di Torri. Diretta da un collegio di canonici presieduto da un titolare, nel Duecento si arricchì di alcune donazioni e i suoi rettori ricevettero importanti incarichi dalla S. Sede e dal Capitolo metropolitano: nel 1254 ser Andrea (?) venne prescelto da Alessandro IV per sciogliere le Benedettine del monastero dei SS. Abundo e Abundazio dalla scomunica loro inflitta dal legato apostolico; nel 1274 ser Salinguerra, membro del Capitolo, elesse il rettore dello Spedale di S. Maria della Scala e nel 1297 fu nominato collettore delle decime ed elemosine di pertinenza della Sede apostolica. Nel 1598 Francesco M. Tarugi dichiarò la chiesa vicaria foranea con annesse le parrocchie di Sovicille, Torri, Ponte allo Spino, Orgia, Pentolina, Stigliano e Brenna. Nel 1892, durante la visita pastorale, l'arcivescovo Celestino Zini fu proprio a Rosia colpito da malattia che lo condusse alla morte, il 19 maggio dello stesso anno. Attualmente attiva come parrocchia, è compresa nella forania di Val di Merse - Maremma. Nelle vicinanze del paese si trova l'oratorio di S. Michele Arcangelo di Malignano fatto edificare dalla famiglia Finetti in memoria dell'antica chiesa oggi distrutta già appartenuta all'abbazia di Torri alla metà del secolo XIII. Dai ricordati nobili dipesero il palazzo e la fortezza di Rosia per successione ereditaria dalla famiglia Rocchi che ne era entrata in possesso dai Pecci, i quali a loro volta li avevano acquistati dagli Azzoni nel Quattrocento.

G. MERLOTTI cit., pp. 426-431; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 111, 146, 154, 190, 197, 200.

75. SANTO Parrocchia dei SS. Giacomo e Filippo (Comune di Monticiano) Vicaria foranea della Merse

Posta in una zona densamente popolata nel Medioevo, la parrocchia ebbe origine agli inizi del secolo XIV per allargare probabilmente il proprio territorio in seguito alla soppressione delle numerose chiese ivi esistenti da epoche remote e cadute in decadenza con i villaggi cui facevano capo dopo la peste del 1348. Dedicata inizialmente ai SS. Giacomo e Cristoforo, nel 1305 è ricordata in un atto di compravendita con cui il camarlingo dello Spedale di S. Maria della Scala acquistò un appezzamento di terreno vicino a Petriolo. Nel corso del Quattrocento attraversò un periodo di decadenza a causa delle scarse rendite per cui dovette essere più volte accorpata alle cure vicine. Sempre per lo stesso motivo i sacerdoti titolari non esitavano ad abbandonarla per una migliore sistemazione, lasciando spesso privi i popolani dei conforti spirituali in attesa di un sostituto. Per porre fine a tanto sconcerto, nel 1760 l'arcivescovo Alessandro Cervini decretò di concederla in giuspatronato al rettore dello Spedale Grande, proprietario della locale grancia, affidando al medesimo i terreni della parrocchia e il diritto di esazione delle decime in cambio del mantenimento del curato, della sua nomina e della manutenzione degli stabili. Soppressa nel 1986, la parrocchia è stata annessa a Iesa facente parte della forania di Val di Merse - Maremma. Rientrava nel suo distretto la popolazione di Petriolo, ma non la sua chiesa dedicata a S. Niccolò, posta oltre il ponte sulla Farma, di pertinenza di Pari. Esiste nel villaggio un oratorio sotto il titolo di S. Giovanni donato nel 1130 ai canonici della Metropolitana dai coniugi Antolino di Giovanni e Grima. Riconfermato ai medesimi dal vescovo Buonfiglio nel 1224 e dal pontefice Gregorio IX nel 1228, il secolo successivo, nel 1304, fu interamente ricostruito a spese del governo di Siena e sottoposto al pievano di S. Valentino. Nel 1715 il rettore dello Spedale di S. Maria della Scala, livellario di alcuni stabili nella zona, lo fece di nuovo restaurare per comodo della popolazione e dei villeggianti. A Petriolo esisteva anche il monastero femminile di S. Michele Arcangelo di cui si ha notizia come istituto sovvenzionato dal Comune di Siena nel 1335. Con decreto datato 1 ottobre 1540 l'arcivescovo Francesco Bandini Piccolomini lo soppresse incorporandolo al S. Maria degli Angeli di Siena. Ad esso era annesso lo spedale omonimo fondato da Paolo di Benvenuto, più volte beneficato dal governo nel corso del Duecento e del Trecento. Passato alla famiglia Pecci, fu nel 1418 affittato a privati. Un altro spedale sotto il titolo della S. Croce era stato istituito nei pressi per volontà di Niccolò di Cristoforo Borghesi nel 1423: doveva servire esclusivamente ai frati predicatori quando si recavano ai bagni, rimanendo sotto la giurisdizione dei propri figli. Anche gli Umiliati di Paganico avevano nel 1383 a Petriolo un ospizio con chiesa ad essi riservata per lo stesso motivo.

G. MERLOTTI cit., pp. 431437; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 113, 147, 159, 191.

76. SOVICILLE Parrocchia di S. Lorenzo (Comune di Sovicille) Vicaria foranea di Rosia Forania attuale: Val di Merse - Maremma

Il castello non ebbe nei tempi antichi una parrocchiale per essere in prossimità delle due pievi di S. Giovanni Battista a Ponte allo Spino e di S. Giusto a Balli con la vicina canonica di Trecciano ai cui rettori era demandata la cura d'anime di tutta la zona. Il fortilizio, fondato secondo la tradizione nel 246 d. C. dalle nobili famiglie dei Cerretani e dei Beltramini, è citato in un documento del 1179 con il nome di Sufficillum; era nel 1189 sotto la giurisdizione dei vescovi di Siena, ma intorno alla metà del secolo successivo appartenne ad Arnolfo di Daniello dal quale passò a Geri dei Lombardi nel 1274. La sua chiesa, eretta probabilmente agli inizi del Duecento, ebbe un parroco incaricato al servizio spirituale dalla popolazione solo nel Trecento. Nel 1510 fu unita a Orgia per le scarse rendite, sette anni dopo gli eredi di Pietro Feliciano Benassai, fondatore di una cappella in onore dell'Immacolata, assegnarono al curato una casa nel castello e un appezzamento di terreno lavorativo con castagneto in luogo detto le Burracce, beni che contribuirono a risollevare dall'indigenza la parrocchia. Nel 1879 il tempio subì una radicale trasformazione con l'inversione della navata e la ricostruzione della facciata nella parte absidale. Attualmente la chiesa sede parrocchiale, è compresa nella forania di Val di Merse - Maremma.

G. MERLOTTI cit., pp. 442-446; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 113, 147, 154, 159, 191, 198, 201.

77. SOVICILLE: PONTE ALLO SPINO Parrocchia di S. Giovanni Battista (Comune di Sovicille) Vicaria foranea di Rosia Forania attuale: Val di Merse - Maremma

Fu canonica dedicata a S. Maria fin dai primordi del cristianesimo. Annessa all'abbazia di Torri nel XIII secolo, rimase anche sotto la giurisdizione dei vescovi di Siena ai quali era stata confermata dal pontefice Clemente III nel 1189. Con la soppressione della suddetta abbazia, nel 1465, la pieve fu accorpata alla Mensa con i beni ad essa spettanti venduti in seguito, il 25 ottobre 1867, dal governo italiano. Il suo titolare, coadiutore amovibile del presule, nel 1559 venne dichiarato vicario perpetuo con il compito di provvedere al servizio spirituale come residente. Nel 1857, per volontà dell'arcivescovo Ferdinando Baldanzi, gli edifici furono restaurati per impedirne la rovina. Attualmente annessa a Sovicille, è compresa nella forania di Val di Merse - Maremma. Faceva parte del distretto parrocchiale la chiesa di S. Andrea ad Ampugnano, antica curata posta fin dal 1108 sotto la giurisdizione dell'abbazia di S. Lorenzo sul Lanzo. Conosciuta sotto diverse titolazioni (S. Bartolomeo - S. Tommaso) ebbe un proprio rettore fino al 1410, quando venne accorpata alla prebenda canonicale del venerabile Antonio di Francesco da Pisa sua vita durante. Dagli atti della visita compiuta nel 1575 si ricava che era stata ridotta a semplice cappellania e come tale il 29 dicembre 1784 fu riunita in S. Antonio in Fontebranda a condizione di un onere annuo da corrispondere al deputato del popolo di Ampugnano per le messe celebrate dal parroco di Sovicille. Era compresa nel territorio anche la canonica di S. Michele Arcangelo a Trecciano, dipendente dall'ordinario di Volterra. Già cura d'anime fin dai tempi più remoti, fu diretta da un priore nominato a capo di un collegio di sacerdoti ivi residenti almeno fino alla metà del Trecento. Per le scarse rendite venne soppressa la parrocchia e come semplice beneficio passò nel 1441 a Tommaso Petrucci fino a che il pontefice Paolo II nel 1465 l'incorporò alla mensa arcivescovile di Siena al cui presule spettò da allora la giurisdizione. Il parroco di S. Giovanni a Sovicille vi celebrava una volta al mese, mentre l'assistenza spirituale della popolazione venne trasferita al pievano di S. Giusto a Balli dipendente dalla diocesi di Colle di Val d'Elsa dal 1592. A Ponte allo Spino si trova l'oratorio dell'omonima Compagnia sotto l'invocazione di Maria SS., eretta nel 1578. I fratelli si obbligarono a pagare annualmente al parroco di S. Giovanni a Sovicille un canone di due libbre di cera e nel 1594 ordinarono i capitoli del loro sodalizio. La chiesa fu riedificata nel 1600 a spese del cardinale Fabio Chigi, il futuro Alessandro VII, in onore dell'Immacolata Concezione, trasformando una precedente cappella su disegno di Francesco Vanni. Lo stesso religioso donò alla Confraternita il corpo di S. Aurelio martire che nel 1611 venne ceduto in parte al Conservatorio di S. Raimondo al Refugio per essere collocato sul sarcofago del fondatore Aurelio Chigi. Ripristinata dopo la soppressione del 1785, la Compagnia di Ponte allo Spino dal 27 aprile 1794 continua ad uffiziare il proprio oratorio.

G. MERLOTTI cit., pp. 437-442; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 114, 147, 154, 191.

78. SOVIGNANO Parrocchia di S. Stefano Protomartire (Comune di Monteroni d'Arbia) Vicaria foranea di Murlo

Citata come località in cui i canonici del Duomo di Siena possedevano delle proprietà dal 1171, il villaggio aveva una chiesa la cui fondazione rimane sconosciuta. Nel 1331 era retta da ser Andrea di Nuccio, dipendente probabilmente da una delle canoniche vicine. Nel 1412 veniva amministrata dal pievano di Murlo, mentre nel 1466 era goduta come commenda dal vescovo di Corneto. Per le scarse rendite fu unita alle due parrocchie di S. Lucia in Villa e di S. Giovanni Evangelista a Pompeggiano e, insieme ad esse, venne accorpata l'11 ottobre 1569 a Montepertuso. Il 6 febbraio 1609 l'arcivescovo Camillo Borghesi ritenne opportuno renderle l'autonomia, ma lo stato di assoluta povertà in cui versava e la mancanza di casa curata costrinsero mons. Ascanio Piccolomini ad associarla nel 1676 al beneficio di S. Leonardo di Cacciavolpe presso Uopini. Il vescovo successivo, Celio Piccolomini, decretò l'accumulo dei proventi della parrocchiale per dare inizio alla costruzione dell'abitazione per il rettore, la quale, dopo interventi superficiali e sommari possidenti della zona. Nuovi lavori vennero eseguiti nel 1854 dal sacerdote Giuseppe Parenti nella canonica; quattro anni dopo il medesimo fece ristrutturare una capanna donata dal marchese Girolamo Ballati Nerli, trasformandola in abitazione e nel 1871 rinnovò la facciata della chiesa danneggiata dal terremoto del 1869, con i sussidi ricevuti dal Comune di Monteroni e dal proprietario della fattoria Bartolomeo Mignanelli, ma spendendo complessivamente la considerevole cifra di lire quattromila. Dopo vari accorpamenti subiti nel corso del Novecento, la parrocchia è stata soppressa nel 1986. Nella propria giurisdizione rientrava la chiesa dei SS. Lucia e Giovanni alla Villa Petroni di Pompeggiano, anticamente dedicata solo alla santa siracusana. Aggregata a Montepertuso nel 1569 con Sovignano, andò a decadere nel prosieguo del tempo fino alla trasformazione della fabbrica in oratorio che i parroci Bernardino Borghi nel 1845 e Giuseppe Parenti nel 1875 fecero interamente restaurare. La vicina chiesa di S. Giovanni Evangelista, esistente dal XIII secolo, aveva possessi nella zona, che probabilmente furono accorpati alla precedente dopo la grande peste del Trecento. S. Lazzaro, detta S. Lazzarello, aveva nel 1317 un curato sottoposto alla giurisdizione della famiglia Tolomei. Compresa nel plebanato di Crevole, rimase attiva fino alla metà del Trecento, quando il villaggio subì la distruzione da parte dell'esercito imperiale e la zona venne annessa a Campriano. La chiesa sussisté fino al secolo successivo, ma, caduta in rovina, fu ridotta a casa colonica. Con decreto emanato dall'arcivescovo Giuseppe Mancini, nel 1845 i due poderi rimasti vennero riuniti a Sovignano.

G. MERLOTTI cit., pp. 446-451; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 115, 147, 191, 198.

79. SPRENNA IN SERRAVALLE Parrocchia di S. Lorenzo (Comune di Buonconvento) Vicaria foranea di Buonconvento

L'antica pieve fu fondata secondo la tradizione dal vescovo Rodolfo che la donò intorno al 1081 al suo Capitolo. Dedicata ai SS. Giovanni Battista e Giovanni Evangelista venne confermata a Buono, vescovo di Siena, nel 1189 dal pontefice Clemente III. Accoglieva un collegio di canonici, sovvenuti dalle oblazioni dei fedeli, direttamente dipendenti dal presule. I suoi rettori sono citati a partire dalla metà del Duecento come pievani di S. Maria a Sprenna dalla quale ebbe origine la prebenda canonicale di S Lorenzo accorpata alla cura d'anime. Entratovi in possesso come titolare nei primi anni del Seicento, il canonico Girolamo Fanti, in osservanza delle norme del Concilio di Trento che obbligavano la residenza ai nominati, cominciò a fare costruire l'abitazione per il sacerdote amovibile fino allora ospitato in Serravalle e contemporaneamente richiese alla S. Sede la trasformazione della pieve in vicaria perpetua che venne accordata da Paolo V con bolla del 26 maggio 1614. Antonio Bartoli da Monte S. Savino fu il primo incaricato della lunga serie che è continuata fino ai giorni nostri. Il Capitolo metropolitano, in segno di ricognizione dell'atto di dominio esercitato dall'ordinario, si obbligò al pagamento di un censo annuo alla mensa consistente in staia nove di grano, nove di orzo e nove di biada. Il 28 aprile 1786, in seguito alla soppressione della Compagnia dei SS. Fabiano e Sebastiano in Serravalle avvenuta l'anno precedente, l'arcivescovo Tiberio Borghesi decretò di traslarvi la parrocchiale utilizzando la chiesa e i fabbricati di pertinenza dei monaci di Maggiano come canonica. L'antica chiesa di Sprenna rimase aperta al culto e gli edifici annessi furono lasciati al Capitolo. Il 22 novembre 1793 monsignor Alfonso Marsili decise lo scorporo degli immobili suddetti dalla parrocchia di Serravalle e la loro riunione a S. Bartolomeo di Casale, succursale di Montauto, per comodo della popolazione. Attualmente trasformata in abitazione, dell'antica pieve si sono perse le tracce; rimane l'oratorio di Serravalle, ex sede della cura soppressa nel 1986 e confluita nel beneficio della S. Famiglia del Ponte d'Arbia. Fece parte del territorio la chiesa dei SS. Giacomo e Filippo di Borgo Forello nei pressi di Buonconvento. I documenti riportano i nomi di due dei suoi rettori: ser Duccio nel 1307 e ser Antonio di Michele da Montalcino, monaco di S. Lorenzo dell'Ardenghesca, nel 1317. Altro, riguardante i secoli precedenti, non conosciamo se non che era sede parrocchiale dell'omonimo castello in gran parte devastato nel 1316 dalla banda armata dei ghibellini di Uguccione della Faggiuola. Distrutto pressocché completamente nel 1385 per dare impulso al potenziamento della vicina Buonconvento, venne lasciata la chiesa con gli edifici dell'ospizio annesso. Nel 1548 vi era fondata una cappellania sotto il titolo di S. Cristina. In occasione della visita pastorale effettuata nel 1627 allo spedaletto, emerse dall'esame dei testimoni più anziani che la chiesa era considerata per tradizione la più antica pieve della zona e che vi erano stati collocati i precordi dell'imperatore Arrigo VII del Lussemburgo, ivi morto nel 1313.

G. MERLOTTI cit., pp. 451-455; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 116, 148, 191, 200.

80. STIGLIANO Parrocchia dei SS. Fabiano e Sebastiano (Comune di Sovicille) Vicaria foranea di Rosia

Posta sotto la giurisdizione dell'abate di S. Lorenzo all'Ardenghesca come attestano le bolle dei pontefici Lucio II del 1144, Eugenio III del 1145, Alessandro III del 1178, Celestino III del 1194, Gregorio IX del 1238, passò in seguito all'abbazia della SS. Trinità di Torri che dalla metà del Duecento vi esercitò i propri diritti in comune con la precedente. Nel 1462 l'arcivescovo di Siena ne ebbe la libera collazione in seguito alla nomina ad abate perpetuo del monastero di Torri e da allora continuò ad essere sede parrocchiale fino alla soppressione del 1986. Nel 1854 la chiesa fu restaurata per volontà del nobile Giulio Placidi, proprietario della zona, la cui famiglia fin dal 1489 aveva comperato la grancia di Stigliano dal rettore dello Spedale di S. Maria della Scala. Attualmente il territorio, annesso alla cura di Torri, è compreso nella forania di Val di Merse - Maremma.

G. MERLOTTI cit., pp. 455-459; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 118, 148, 160, 191, 200.

81. TERRENSANO Parrocchia di S. Lorenzo (Comune di Siena) Vicaria foranea di Casciano delle Masse Forania attuale: Siena centro

La località è ricordata nell'atto di fondazione dell'abbazia di Poggio Marturi nel 983 e in un documento di compravendita del 1048. Non sappiamo se in quei tempi vi fosse una chiesa dato che il primo rettore menzionato risale al 1221. Nel 1412, per le scarse rendite, il beneficio fu accorpato al Poggiolo, quindi, cinque anni dopo, a Casciano delle Masse. Nel 1501 risultava riunito alla prepositura di S. Silvestro di Travale della diocesi di Volterra e nel 1528 a Mugnano. Tornata ad essere autonoma, la parrocchia ebbe un suo titolare dalla metà del Cinquecento fino ai giorni nostri. Annessa a Monastero dal 1998, è compresa nella forania di Siena centro. Fa parte del distretto territoriale l'antico oratorio di S. Michele Arcangelo a Certano sottoposto alla giurisdizione dell'abbazia di S. Eugenio a Monastero fin dal secolo XI. Divenne cura d'anime dalla metà del Duecento, retta da un sacerdote nominato dall'abate benedettino ed approvato dall'ordinario. I documenti ricordano i parroci avvicendatisi fino al 1568, anno in cui fu riunita a Terrensano. Rientrava nella giurisdizione della medesima anche la chiesa dei SS. Giacomo e Biagio nel castello di Belcaro, fondata dalla famiglia Marescotti nella seconda metà del secolo XII. Fu probabilmente sede di cura d'anime fino alla metà del Trecento e subì le sorti del fortilizio, devastato nel 1259 dai Fiorentini e nel 1269 dai Senesi che sospettavano i proprietari di appartenenza al partito ghibellino. Risolti i problemi con i nobili possessori, Belcaro fu restaurato l'anno seguente. Passato ai Salimbeni nei primi anni del Trecento, venne nuovamente attaccato nel 1374 e, pervenuto in potere di Nanni di Vanni Savini, fu donato nel 1375 a Caterina Benincasa per erigervi un monastero di religiose. Il proposito non ebbe effetto per la morte della santa avvenuta a Roma nel 1380 e la fortezza appartenne da allora ai Bellanti che la vendettero nel 1525 ai Turamini i quali avviarono i lavori di trasformazione degli edifici in villa signorile, e nel 1554 Belcaro fu sede del quartier generale francese durante la guerra di Siena e dovette sostenere gli assalti degli imperiali di Carlo V fino alla resa. Ritornato in possesso dei suoi proprietari nel 1726 Girolamo di Crescenzio Turamini lo cedette a Paolo di Egidio Camaiori da Giuncarico. Gli acquirenti curarono la ristrutturazione degli stabili e il restauro della cappella compiuto nel 1868. Al momento non è stato possibile, nonostante la cura impiegata dal sottoscritto e dal sac. don Lorenzo Bozzi, rintracciare l’archivio parrocchiale che per l’incuria dei titolari risulta disperso.

G. MERLOTTI cit., pp. 459-465; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 119, 148, 191, 198.

82. TOLFE Parrocchia di S. Paterniano (Comune di Siena) Vicaria foranea del Bozzone Forania attuale: Siena nord

La sua origine rimanda, secondo la tradizione, all'VIII secolo. La località avrebbe preso il nome da messer Telfo di Griccio, francese, proprietario di un fondo nella zona dove si vuole che ospitasse S. Brunone di Soleria d'Asti, presente a Siena intorno al 1070 per risolvere gli attriti sorti tra il governo e il papa Alessandro II. Il giuspatronato della chiesa appartenne ai Malavolti nel Trecento e dal secolo successivo fino al Settecento ai Tondi, le cui eredi Luigia e Margherita, suore del monastero di S. Caterina del Paradiso, rinunciarono ai loro diritti nel 1782. Il primo rettore della parrocchiale citato dai documenti risale al 1175 come concedente a titolo di enfiteusi di un appezzamento di terra a Martinello di Pietro da Guilliano. Il villaggio, fortificato fin da epoche remote, fu di pertinenza delle citate famiglie dei Malavolti e dei Tondi; subì la distruzione nel 1553 da parte delle armate del marchese di Marignano e un rilevante spopolamento negli anni successivi al punto che nel 1589 i suoi abitanti ammontavano a sole cinquanta unità. La situazione non dovette migliorare nel prosieguo dei tempi. La chiesa venne restaurata nel 1760 dal sacerdote Michelangelo Zeni che dovette prendere a censo una cospicua somma dai fondi della cappella di S. Biagio eretta nella parrocchiale di S. Cristoforo a Siena e, in seguito, agli inizi dell'Ottocento fino all'ultimo intervento intorno al 1960. Attualmente risulta annessa a S. Miniato alle Scotte e compresa nella forania di Siena nord. Faceva parte del distretto la parrocchia di S. Miniato a Noceto, scorporata nel 1787 dal popolo di S. Martino a Cellole cui era stata riunita fin dal 14 agosto 1574. Secondo il Repetti sarebbe stata fondata dai monaci di S. Miniato al Monte presso Firenze nella seconda metà del secolo XI. Acquisita dall'abbazia di S. Eugenio e ad essa confermata dal pontefice Alessandro III nel 1176, fu sede di cura d'anime con un sacerdote residente. Nel 1536 l'arcivescovo Francesco Bandini Piccolomini la incorporò a Pontignano e nel 1575 la soppresse incamerando i suoi beni nel beneficio di Cellole. La chiesa, sconsacrata, vene adibita ad altri usi. L'11 maggio 1981, a causa del consistente sviluppo edilizio, la titolarità parrocchiale è stata nuovamente ripristinata nella moderna chiesa inaugurata il 5 giugno 1994, durante il XXII Congresso Eucaristico Nazionale celebrato in Siena e dedicata al Corpus Domini. Rientrava nel territorio anche il monastero di S. Maria Maddalena detto il Monasterino fondato secondo la tradizione da S. Brunone intorno al 1070. Accoglieva una comunità di monache agostiniane più volte sovvenzionato dalla pubblica beneficenza nel corso del Trecento. Ridottesi a poche unità, il 25 ottobre 1433 decisero capitolarmente di riunirsi alle altre del monastero di S. Giovanni Battista di Siena, costituito dallo stesso santo. Con approvazione del pontefice Eugenio IV del 1446 le religiose abbandonarono la loro sede che venne trasformata nel 1494 in semplice beneficio di giuspatronato della famiglia Sansedoni. Quando il delegato apostolico Francesco Bossi nel 1575 lo visitò, conservava ancora il titolo del monastero di S. Giovanni pur essendo stato soppresso da tempo. In seguito l'istituzione confluì nella dignità del Tesorierato della Metropolitana.

G. MERLOTTI cit., pp. 465-470; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 121, 148, 191, 198.

83. TORRI Parrocchia di Santa Mustiola (Comune di Sovicille) Vicaria foranea di Rosia Forania attuale: Val di Merse - Maremma

Ricco monastero dei vallombrosani posto sotto la tutela della S. Sede è menzionato nelle bolle dei pontefici Alessandro II del 1069 ed Eugenio III del 1152. Nella seconda vengono indicati alcuni beni di sua pertinenza come la chiesa di S. Maria alla Croce posta in S. Quirico e lo Spedaletto di Cuna di Val d'Arbia. Lo stesso papa nel documento ordina che l'abate sia eletto e consacrato direttamente dalla Curia romana, concedendo la sepoltura nella chiesa e proibendo a chicchessia molestie ai religiosi nell'esazione delle decime e nel godimento delle proprietà. L'abate di Torri il 5 ottobre 1156 donò al vescovo Ranieri e al governo di Siena l'intero Montacuto di Rosia con la riserva di un annuo canone di un cero di tre libbre nel giorno della ricorrenza di S. Mustiola. Alla seconda metà dello stesso secolo risalgono i lavori di ampliamento degli edifici e di costruzione della grandiosa chiesa consacrata solennemente il 28 ottobre 1189 dal vescovo Buono assistito da Uldebrando Pannocchieschi, Martino e Gualfredo, presuli rispettivamente di Volterra, Massa e Roselle. Lo stesso giorno furono aperte al culto anche altre cappelle situate nei dintorni del monastero: una dedicata al Salvatore e a S. Mustiola, una alla Santa Croce, una a S. Gregorio Magno e una ai SS. Apostoli Simone e Giuda. Merlotti suppone che venissero assegnate ai sacerdoti secolari per essere uffiziate e in particolare quella di S. Gregorio che risulta menzionata in un atto del 1244, retta da un titolare esterno. Nel 1251 i monaci ottennero da Innocenzo IV un privilegio dal quale apprendiamo quanto estesa fosse la loro giurisdizione spirituale e temporale; essa comprendeva la chiesa di S. Gregorio a Torri, la cappella di S. Quirico posta nel medesimo luogo, la cappella di S. Florenzo di Anterigoli, il patronato delle chiese di Stigliano, Frontignano, Malignano, S. Remigio, Tavarnelle, Recenza, Ortennano, Montecapraia di Cerreto, Modine, Montecchio, la potestà sugli spedaletti di Torri e Monteroni, le proprietà di Campagnatico, di Vaiano, di Orgia e i diritti di decima su Torri, Stigliano e Brenna. Il 18 ottobre 1272 l'abate don Placido concesse in enfiteusi a Donusdeo dei Tolomei la trigesima parte per indiviso del castello di Campagnatico per l'annua retribuzione di una libbra di pepe e con l'obbligo di costruire un mulino e goderne la terza parte delle rendite. Un altro atto del 13 novembre 1281 mostra che una parte dei terreni posti nel distretto di Monteverdi sull'Ombrone furono venduti forse per iniziare altri lavori di miglioria e per innalzare il campanile giacché nel 1323 fu fusa una campana che oggi si trova nel Duomo di Siena. La crisi economica della seconda metà del Trecento costrinse gli abati a cedere gran parte delle proprietà per far fronte ai debiti contratti con i banchieri senesi. Soppressa l'istituzione nel 1442 da Eugenio IV, i monaci si trasferirono all'abbadia di Alfiano e gli arcivescovi di Siena ne divennero perpetui rettori per volontà di Pio II nel 1462. Tre anni più tardi Paolo II la incorporò alla mensa e il cardinale Francesco Piccolomini cercò di ampliarne la consistenza economica recuperando beni come Montacuto di Rosia ricomprato nel 1477 dal Comune di Siena. Nel 1593 l'arcivescovo Ascanio Piccolomini restaurò la chiesa e sei anni dopo il suo successore cardinale Francesco M. Tarugi la dichiarò vicaria perpetua e cura con fonte battesimale. Dal 1988 a Torri è stato annesso il territorio della soppressa Stigliano. Insieme costituiscono una unità parrocchiale compresa nella forania di Val di Merse - Maremma.

G. MERLOTTI cit., pp. 51-54; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 122, 148, 154, 160, 191, 198, 201, 275.

84. TRESSA Parrocchia di S. Maria in Sylvis (Comune di Siena) Vicaria foranea di Casciano delle Masse Forania attuale: Siena centro

Sarebbe sorta, secondo la tradizione, da un tempio pagano dedicato alla dea Diana Tracia o Treissa da cui avrebbe preso il nome il vicino torrente del Tressa. Di epoca antichissima, è menzionata in un testamento del 1105 in cui Bernardino di Bernardo lasciò al Capitolo senese la terza parte della chiesa e del tenimento di S. Maria in Tressa affidata al figlio Bezio o Berizio. La famiglia dei Bostoli con i Forteguerri e gli Antolini ne vantava il giuspatronato nel Trecento forse per trasmissione ereditaria dagli Ardengheschi. Sebbene cura d'anime fin da tempi remoti, i suoi rettori sono conosciuti solo a partire dal 1227. Uno di essi, Bartolomeo di Girolamo, ne fu privato nel 1508 per un falso prodigio messo in atto al fine di risollevare dall'indigenza la situazione economica del beneficio. Egli, infatti, per incrementare il concorso di popolo alle funzioni religiose, aveva pagato un contadino perché con del sangue di galletto macchiasse le piaghe del crocifisso e spargesse voce dell'avvenuto miracolo. Smascherato dal vicario generale Giovanni Piccolomini, venne cacciato dalla diocesi. Durante la guerra di Siena, il 20 novembre 1554, la chiesa subì rilevanti danni da parte dell'esercito imperiale. Ricostruita negli anni successivi con la canonica e gli annessi, nel 1627 assunse l'attuale aspetto. Il perimetro parrocchiale fu ampliato nel corso dei secoli includendo la soppressa parrocchia della SS. Trinità e S. Giovanni al Laterino e le zone esterne di Fontebranda e S. Marco. Con decreto del 29 dicembre 1784 i due mulini posti fuori la porta di Fontebranda vennero scorporati dalla giurisdizione della parrocchia di S. Antonio e concessi a Tressa con i sobborghi e le case sparse del Laterino. Attualmente attiva come parrocchia, è compresa nella forania di Siena centro. Nel territorio, a poca distanza dalla chiesa, esisteva l'oratorio di S. Carlo a Fonte Bonetta edificato nel 1726 a spese dei mugnai e degli esecutori di giustizia che avevano comprato il sito dell'Amministrazione dell'Opera metropolitana. Abbandonatolo nel 1768, la Confraternita degli addetti alle esecuzioni capitali si trasferì in S. Giusto al Rialto degli Eremitami di S. Martino. Sulla costa di S. Marco si trovava il monastero di S. Paolo, fondato da Bice di messer Bando per un gruppo di religiose trasferite nel 1343 in Siena in luogo detto la Certosina, concesso dal vescovo Donusdeo Malavolti. Nella stessa zona nel 1362 fu istituito un asceterio femminile sotto il titolo di S. Michele Arcangelo da Giovanni Ansaldi da Vultabio di Genova, oblato dello Spedale di S. Maria della Scala. Nel suo testamento egli dispose che le suore pagassero annualmente in perpetuo a lui o alla moglie e poi al rettore dello Spedale e al vescovo un censo di sei libbre d'uva asciutta, due once di zafferano e un cesto di uva duracine. Nel 1394 i possessi del monastero, confluiti nella prebenda canonicale di ser Vinciguerra Saracini, minacciavano imminente rovina e furono affittati a Domenico di Donato da Siena. Presso la porta S. Marco era l'antica chiesa dei SS. Apostoli Simone e Giuda con l'annesso monastero dei religiosi armeni dell'ordine di S. Basilio. Dichiarata battesimale per il Terzo di Città nel 1271, divenne priorato dei Basiliani, riconfermato nel 1464 dal pontefice Pio II. Privata della cura d'anime, fu ridotta a semplice beneficio nei primi anni del Cinquecento e interamente distrutta intorno al 1554. Fuori della porta Laterina si trovava il romitorio dedicato alla SS. Trinità e a S. Giovanni fondato da donna Maria Bisdomini nel 797 con annesso il monastero di Benedettine di S. Caterina delle Ruote, ambedue concessi poi ai Cistercensi di S. Galgano e da essi affittati nel 1201 agli Eremitani di S. Salvatore della Congregazione leccetana di S. Lucia vicino a Spannocchia. Costretti ad abbandonare gli stabili nel 1257, la chiesa venne affidata a un prete secolare, pur rimanendo sotto la giurisdizione dei citati patroni. Il papa Eugenio IV nel 1443 l'aggiudicò interamente agli Agostiniani che la tennero fino al 1498, anno in cui, passando la popolazione alla parrocchia di Tressa, il beneficio confluì nella prebenda del suddiaconato detta del Laterino. Nei dintorni della SS. Trinità esisteva nel Trecento lo Spedaletto di Monna Scotta, al quale il 24 settembre 1364 il vescovo Azzolino dei Malavolti donò lire venticinque dal retratto dei diritti sui testamenti. Sulla sommità del poggio del Laterino, detta del Cardinale perché posseduto in parte dal Card. Francesco Piccolomini (1492), ebbero la loro sede gli eremiti camaldolesi detti della Rosa stabilitisi colà fin dal 1339 da Galignano. Gli edifici furono distrutti durante la guerra del 1554 e il luogo servì per costruire il cimitero a sterro voluto dal granduca Pietro Leopoldo nel 1786.

G. MERLOTTI cit., pp. 470-478; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 119, 149, 154, 155, 160, 191, 198.

85. TRESSA D'ARBIA Parrocchia di S. Michele Arcangelo (PONTE A TRESSA) (Comune di Siena) Vicaria foranea di Monteroni d'Arbia Forania attuale: Val d'Arbia

La prima parrocchiale, sita sulla collina detta il Poggio di Tressa, fu confermata nel 1189 dal pontefice Clemente III al vescovo Buono. Con testamento del 28 febbraio 1288 Memmo di Viviano del popolo di S. Desiderio in Siena la fece erede delle proprietà comprese nel distretto di S. Angiolo in Tressa ricevendo il diritto di patronato che esercitò nel 1297 con lo Spedale di S. Maria della Scala in occasione della nomina del rettore. Nel 1442 il Comune di Siena avrebbe supplito alla grave spesa della sua ricostruzione, secondo il parere del Repetti, essendo scarsissima di rendite così povera da non permettere nemmeno il mantenimento del titolare. Già il 15 febbraio 1426 era stata unita a Cuna per volontà del vicario generale del cardinale Antonio Casini; passata nelle pertinenze di S. Bartolomeo in Camollia, fu associata nel 1443 a S. Andrea a Montanini come aveva richiesto il canonico Angiolo di Silvestro da Cortona che denunciò la precaria condizione degli stabili minaccianti imminente rovina. Il 30 luglio 1566 l'arcivescovo Francesco Bandini Piccolomini l'accorpò definitivamente a S. Pietro a Ovile senza tuttavia riuscire a risolvere il problema della cronica indigenza della parrocchia. Monsignor Leonardo Marsili, resosi conto del disagio spirituale sofferto dalla popolazione per la mancanza dell'assistenza continua di un vicario perpetuo, in occasione della visita compiuta nel 1692 scorporò il semplice beneficio di S. Giovanni Battista fondato a favore del parroco di S. Pietro dal reverendo Giovan Battista Feci con testamento del 6 aprile 1662 all'altare maggiore della chiesa, concedendolo al curato di Tressa che in tal modo avrebbe potuto contare su una congrua entrata. Al medesimo il titolare di Ovile rilasciò un appezzamento di terreno posto intorno alla chiesa, le decime e gli emolumenti incerti in cambio di un canone annuo di una libbra di cera, della manutenzione dei sacri arredi e della fabbrica e del giuspatronato. Con le soppressioni dello Spedale di Tressa, situato sulla sinistra della via Romana, e della Compagnia laicale di S. Maria decretata dal granduca Pietro Leopoldo nella seconda metà del Settecento, resosi libero l'oratorio di quest'ultima, vi si trasferì la sede della parrocchiale. L'antica canonica, in gran parte demolita, fu ridotta ad usi profani dalla famiglia Martinozzi acquirente del fondo confinante, già appartenuto al S. Maria della Scala. Il 27 aprile 1789 l'arcivescovo Tiberio Borghesi riunì alla cura una parte della popolazione spettante alla soppressa S. Pietro all'Arbiola. Lo Spedale di Tressa, dedicato alla Vergine e a S. Michele Arcangelo, fu fondato nei primi anni del secolo XIII da Ugolino di Quintavalle e Bernardino di Gerugno, oblati dello Spedale Grande di Siena, che a tale effetto avevano acquistato una casa da donna Castellana di Torriciano e da Ildebrandino di Silvano. Il 24 febbraio 1226 dotarono l'istituzione di molti beni di loro proprietà situati tra l'Isola e Monteroni, nella valle di Presciano ed al Bozzone, destinando inoltre l'assegnamento di cinquecento lire senesi per il sostentamento dei pellegrini. Già dal 1215 Ermanno vescovo di Chiusi aveva accordato al nascente stabilimento un'indulgenza di trenta giorni a chiunque avesse contribuito con elemosine alla sua erezione. Posto sotto la giurisdizione del proposto della Cattedrale, dei monaci di S. Galgano e del S. Maria della Scala, sorsero ben presto divergenze tra la patrona donna Teodora, vedova del fondatore Ugolino e un tal Federigo di Rimpretto. Essa, nel farsi oblata camaldolese, nel 1232 trasferì i propri diritti all'abbazia di S. Salvatore della Berardenga con la quale si scontrarono i fratelli Staldo e Corrado che attribuirono di concerto con il vescovo Buonfiglio la direzione dello Spedaletto al S. Maria. Nel 1249, dopo vari tentativi di accordo, l'abate di S. Salvatore vi rinunciò e il rettore Ranieri Caccianeve poté prenderne regolare possesso. La sua attività continuò anche nei secoli successivi al 1580, quando fu eretta la Compagnia della Madonna della Consolazione nei locali di cui lo Spedale era proprietario e al quale il sodalizio pagava annualmente un censo di sei libbre di cera. Nel 1671 l'oratorio venne considerevolmente ingrandito e la pia unione se ne servì fino alla soppressione del 1785, anno in cui accolse la sede della parrocchia, anche se nel 1791 la Compagnia fu nuovamente ripristinata. Lo Spedaletto, insieme agli altri del territorio, in forza del decreto sovrano del 10 novembre 1750, divenne di pertinenza del S. Maria della Scala. E' tuttavia da ritenere che almeno in parte fosse concesso ai fratelli della Consolazione che ancor oggi vantano la proprietà di un locale nel medesimo sito. La canonica e la chiesa, riattate nel Novecento, hanno subito trasformazioni di non lievi entità. Ai giorni nostri la cura è ancora attiva compresa nella forania della Val d'Arbia. Nel suo perimetro si trovava l'antica chiesa di S. Maria di Salteano (o Sartiano), forse abbazia dei Vallombrosani già sotto il titolo della SS. Trinità, il cui rettore ser Teoderigo avrebbe partecipato il 28 ottobre 1189 alla solenne consacrazione di S. Mustiola a Torri. Istituita come canonica intorno al IX secolo, accoglieva un collegio di sacerdoti addetti alla cura d'anime. Uno dei suoi priori, ser Cristoforo di Rinaldo Tolomei, il 17 gennaio 1274 fu presente come testimone al contratto di vendita della rocca di Tentennano effettuato da parte del Comune di Siena alla famiglia dei Salimbeni. Da una bolla del pontefice Martino IV del 1282 si ricava che il rettore di Salteano venne inviato da questi come cappellano addetto a rendere omaggi al governo per gli aiuti ricevuti contro i nemici della Chiesa. Passate le proprietà nel corso del Trecento allo Spedale di S. Maria della Scala, verso la metà del secolo furono acquisite dal vescovo Donusdeo Malavolti che le accorpò alla propria mensa, tenendovi un sacerdote amovibile per il disimpegno spirituale. Nel 1528 il cardinale Giovanni Piccolomini ampliò i possessi della tenuta permutando alcuni terreni con i Certosini di Maggiano e ricevendo altrettanti appezzamenti lungo l'Arbia.

G. MERLOTTI cit., pp. 478-483; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 120, 149, 160, 191.

86. TUFI Parrocchia dei SS. Matteo e Margherita (Comune di Siena) Vicaria foranea di Casciano delle Masse Forania attuale: Siena centro

Secondo la tradizione la località avrebbe accolto nell'VIII secolo la corte regia dei gastaldi dei re longobardi nei pressi della scomparsa chiesa di S. Martino di pertinenza dei vescovi di Siena. Giuseppe Merlotti, nel tentativo di trovare un fondo di veridicità alla notizia, ne ipotizzava la fondazione in terreni donati dai conti Winigisi alla Chiesa, proprietà sulle quali in seguito sarebbe stata edificata anche S. Matteo di cui i documenti ricordano il primo rettore fin dal 1153. Non lontano da essa sorse fin da epoche remote un omonimo monastero di Benedettine che ricevette nel 1288 dal presule Rinaldo Malavolti numerosi donativi di terreni già facenti parte del patrimonio della sua mensa. Ad esso nel 1305 furono unite le eremite di S. Damiano del monastero di S. Margherita in Castelvecchio, giunte da Grosseto nel 1270. La comunità di claustrali nel 1509 dovette trasferirsi in S. Maria Maddalena dell'ordine agostiniano e l'arcivescovo Giovanni Piccolomini decretò in seguito il passaggio della loro chiesa a sede di parrocchia, essendo aumentato il numero delle anime per l'accorpamento dei popoli di S. Apollinare e dei SS. Frediano e Teodoro. Da allora la cura è rimasta attiva, compresa nella forania di Siena centro. Dell'antica parrocchiale di S. Apollinare, posta oltre il torrente Tressa, rimane un oratorio annesso alla villa omonima di proprietà dei Piccolomini nella seconda metà dell'Ottocento. Ebbe un rettore autonomo probabilmente fino alla metà del Trecento, quando il comunello risentì del forte decremento demografico conseguente alla peste. Nel 1366 era amministrata spiritualmente da ser Mino, abitante nella canonica di S. Pietro in Castelvecchio, mentre nel 1392 fu riunita ai SS. Quirico e Giulitta e nel 1401 a S. Donato a Siena. Rimase attiva fino alla metà del secolo successivo e il suo territorio venne annesso a S. Matteo ai Tufi. La chiesa dei SS. Frediano e Teodoro, fondata secondo la tradizione da donna Maria Bisdomini nel 797, fu nel Duecento retta da un canonico della Metropolitana e uffiziata da un collegio di religiosi. Caduta in stato di assoluta povertà, nel 1373, su istanza di Francesco Malavolti, venne riunita alla sua prebenda canonicale. Trovandosi nei pressi del sito occupato dal monastero degli Olivetani, fuori porta Tufi, fu ad esso annessa nel 1406 dal pontefice Gregorio XII che la scorporò dalla parrocchia di S. Matteo in cambio di un censo da destinare alla mensa per gli immobili ad essa appartenuti. Minacciando rovina per deplorevole abbandono, nel 1437 fu totalmente demolita e il suo titolo venne trasferito a una cappella dei monaci. Dal 1509 la giurisdizione di S. Matteo ai Tufi comprese anche le anime della chiesa soppressa. Il monastero di S. Benedetto, edificato dal Beato Bernardo Tolomei su un terreno concessogli dal rettore dello Spedale della Misericordia nel 1323, accolse un numero sempre crescente di religiosi tanto che il governo dovette elargire sovvenzioni per il loro mantenimento. L'infuriare del contagio del 1348 causò la morte del virtuoso istitutore le cui reliquie, secondo i cronisti, confuse con quelle degli altri estinti, andarono perdute. Dopo la catastrofe i monaci cominciarono a ingrandire le loro fabbriche ottenendo dal Comune vari sussidi; l'alta considerazione di cui godevano fece sì che tra essi venissero prescelti nel 1375 gli incaricati al controllo delle entrate della pubblica camera insieme alla comunità dei Camaldolesi della Rosa e l'anno seguente fossero chiamati ad assistere agli scrutini per l'elezione delle persone idonee agli uffizi e alle magistrature urbane e foranee. Nel 1377 ottennero l'esenzione dalle gabelle e dazi sul sale e altre concessioni confermate nel secolo successivo. Distrutto il monastero nella guerra del 1554, il generale dell'ordine Pio Nuti da Torrita nel 1566 lo fece riattare riportandolo al primitivo assetto; fu poi abbellito nel 1771 da Vittorio del Testa Piccolomini che volle rinnovare la memoria della riunione al cenobio della soppressa parrocchiale dei SS. Frediano e Teodoro ponendo una lapide in una cappella della chiesa. Nel 1810 i religiosi furono costretti dagli ordinamenti vigenti ad abbandonare la loro sede trasformata in stabilimento di mendicità per il Dipartimento dell'Ombrone. La chiesa, ceduta al parroco di S. Matteo, nel 1817divenne lazzaretto dei petecchiali. Il 10 ottobre 1820 il complesso venne alienato e interamente demolito a reintegro del prezzo sborsato, rimanendovi appena i sotterranei con poca parte del fabbricato dove nel 1833 il proprietario costruì un oratorio dedicato alla memoria del Beato Tolomei. Infine, con sovrana risoluzione del 22 febbraio 1843, il terreno venne concesso all'Arciconfraternita di Misericordia da poco eretta a Siena, la quale lo adibì a Cimitero monumentale. A sinistra della porta Tufi, nel sito dell'attuale ospedale "A. Sclavo", si trovava il monastero di S. Maria Maddalena fondato da Margherita del fu Sanese di Benedetto nel 1339 con il consenso del vescovo Donusdeo Malavolti. Accolse inizialmente quattro religiose agostiniane che nel prosieguo del tempo divennero talmente numerose da abbisognare di una sede idonea. Pandolfo Petrucci edificò a proprie spese una nuova fabbrica con una grande chiesa di pietra tiburtina, che lasciò incompleta per la morte, legando tuttavia per terminarla una cospicua somma con suo testamento rogato in Siena il 2 ottobre 1511. Altre tre comunità femminili furono unite all'asceterio: le Camaldolesi di S. Mamiliano in Valli nel 1507, le Domenicane di S. Caterina delle Ruote di Porta Laterina nel 1508, le Benedettine dei SS. Matteo e Margherita ai Tufi nel 1509. Nel 1510 venne ad esse accordata per opera del medesimo patrono l'abbadia della SS. Trinità di Alfiano con la clausola voluta dal pontefice Giulio II di un canone da pagare alla camera apostolica e di un'annua pensione a favore del cardinale diacono di S. Eustachio commendatario. Nel 1526 il governo decise di abbattere il monastero per timore che potesse servire da rifugio ai nemici e le religiose, accolte per un anno nel palazzo Petrucci, ottennero l'avito fabbricato con orto, chiesa di S. Marta e abitazioni denominate il Noviziato di S. Agostino, luogo in cui secondo la tradizione avrebbero risieduto anticamente i principi e gli imperatori di passaggio in Siena con le loro corti. Qui, il 17 giugno 1539, le monache iniziarono la costruzione della loro sede spendendo l'ingente somma di scudi fiorentini sedicimila. Il demolito complesso della Maddalena si trovava nella giurisdizione della parrocchia di S. Agata il cui territorio si estendeva originariamente dalla porta detta l'Arco di S. Agostino fino alla zona dove intorno al 1325 furono erette le mura che inclusero il borgo omonimo. Nel comprensorio della parrocchia dei Tufi, vicino al piano della Tressa, un piccolo oratorio oggi dedicato a S. Bernardino ricorda la sua vocazione all'ordine francescano. Cadente per vetustà, venne restaurato nel 1727 e nel 1795 fu dato a mantenere ai Martelli, proprietari della vicina villa detta il Borghetto dove è presente una cappella privata intitolata a S. Ubaldo.

G. MERLOTTI cit., pp. 484-492; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 122, 149, 191.

87. UOPINI Parrocchia dei SS. Marcellino, Pietro ed Erasmo (Comune di Monteriggioni) Vicaria foranea Casciano delle Masse Forania attuale: Siena nord

La chiesa, una delle più antiche della diocesi, nel 1171 dipendeva dal priore della canonica di S. Michele Arcangelo del Bozzone, al quale Alessandro III papa aveva concesso la nomina del rettore. Il giuspatronato passò dal Quattrocento, per privilegi ed eredità, a varie famiglie nobili quali i Pieri di Grosseto, i Marinelli di Siena, i Bichi Ruspoli e i Grottanelli de' Santi fino a che nel 1860 la parrocchia fu dichiarata di patronato regio. I suoi titolari sono conosciuti a partire dal 1249; disponeva di diversi beni stabili divisi in più appezzamenti di terreno, per la maggior parte situati lontano da essa, che i parroci nel prosieguo del tempo permutarono con altre proprietà più comode o vendettero per reinvestirne il ricavato nei restauri delle fabbriche. Questi furono condotti nel 1680 da Cristoforo Bizzarri e in seguito ai terremoti del 1798 e del 1859. Sistemata nuovamente nel 1947, è ancora attiva come centro parrocchiale compreso nella forania di Siena nord. Ad essa era annessa la chiesa già curata di S. Maria Maddalena di Santo Nuovo detta del Castagno presso la villa di Montarioso, ii cui rettori ci sono noti dal 1283 al 1358. Rientrò nella giurisdizione della canonica di S. Michele Arcangelo del Bozzone per privilegio conferito dal vescovo Ranieri nel 1151, fino alla sua soppressione da collocare alla seconda metà del Trecento. Nel 1575 il visitatore apostolico la trovò talmente degradata da ordinare l'immediato ripristino; altri restauri vennero effettuati nel 1861 in concomitanza ai lavori intrapresi nella parrocchiale di Uopini da cui dipendeva. Faceva parte del territorio lo Spedaletto di Cacciavolpe voluto dal beato Giovanni Colombini sotto il titolo di S. Leonardo. Distrutto durante la guerra del 1554, fu ricostruito nella seconda metà del secolo con l'oratorio dedicato al fondatore. Nell'Ottocento, divenutone proprietario il professore Francesco Nenci direttore della Scuola di Belle Arti, venne restaurato e abbellito. La villa detta del Colombaio, già appartenuta ai Sansedoni aveva annesso l'oratorio ancora esistente dedicato a S. Giulia sul quale nel 1721 era stata fondata una perpetua uffiziatura dalla nobildonna Giulia Pinocci vedova di Scipione Bandinelli, con i proventi del podere ad essa spettante. Sempre nella zona la famiglia Grottanelli de’ Santi possedeva una cappella gentilizia all’interno del proprio palazzo.

G. MERLOTTI cit., pp. 525-529; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 123, 149, 192, 198.

88. VAGLIAGLI Parrocchia di S. Cristoforo (Comune di Castelnuovo Berardenga) Vicaria foranea di Canonica a Cerreto Forania attuale: Siena nord

Dipendente dalla canonica di S. Fedele a Paterno nel secolo XIV, rimanda le sue origini ad epoche più antiche. E' citata in un atto di cessione del 1227 come confinante con un terreno che il Comune di Siena doveva acquistare. Ancora nel 1412 il priore di Paterno ser Guido Squarcialupi ricevette l'incarico dell'assistenza spirituale del popolo per le scarse risorse economiche che non permettevano la nomina di un rettore autonomo. Il 24 maggio 1565 l'arcivescovo Francesco Bandini Piccolomini la riunì a Marciano affidando al correttore della Confraternita laicale della Visitazione e ad altri parroci delle limitrofe chiese il disimpegno delle funzioni religiose. Per non disattendere ai decreti del Concilio di Trento il cardinale Francesco Maria Tarugi rimise ordine nella cura associandole nel 1598 S. Bartolomeo a Coschine, già riunita a S. Maria di Chieci, e costituendo così un beneficio in grado di sopperire al mantenimento del titolare. Attualmente attiva come centro parrocchiale, è compresa nella forania di Siena nord. Ad essa annesso è l'oratorio della Compagnia della Visitazione eretta nel 1585 e soppressa nel 1785, ma ripristinata sotto lo stesso titolo come Compagnia di carità. L'antica chiesa di S. Bartolomeo a Coschine apparteneva alle Benedettine di Montecellesi nel secolo XII. Divenuta di giuspatronato di Pievasciata nel Trecento, passò nel Quattrocento a costituire una nuova unità con S. Maria a Chieci, poi affidata al decanato del Capitolo metropolitano. Definitivamente annessa a Vagliagli con i suoi beni nel 1648, nel corso del secolo successivo subì il depauperamento delle proprietà vendute dai parroci per rinvestirne il ricavato nella conduzione della primaziale. S. Maria a Chieci fu per volontà del pontefice Niccolò V unita a S. Miniato a Noceto a sua volta incorporata a Cellole di Pontignano. Ridotto a semplice beneficio ecclesiastico fin dal 1408, nel 1449 fu separata da Coschine per essere inclusa nei possessi della Certosa fino a che nel 1648 Ascanio Piccolomini l'assegnò alla prebenda decanale. Faceva parte del distretto anche la chiesa di S. Lorenzo a Cagliano, parrocchia nel sec. XIII. Nel 1410 la sua popolazione era stata affidata al titolare di Selvole e sussisteva il solo beneficio che i documenti ricordano anche nel secolo successivo.

G. MERLOTTI cit., pp. 492-498; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 124, 149, 192, 198, 369.

89. VAL DI PUGNA Parrocchia di S. Tommaso (Comune di Siena) Vicaria foranea del Bozzone Forania attuale: Siena centro

Nel 1189 il pontefice Clemente III confermò il diritto di patronato del tempio, allora dedicato a S. Maria, al vescovo Buono. Il secolo successivo non appare più dai documenti la prima titolazione, ma quella dell'attuale chiesa che dipendeva dall'abbazia di Alfiano. Unita per le scarse rendite alla pieve di S. Giovanni Battista di Siena nei primi decenni del Trecento, tornò ad essere autonoma intorno al 1356. Nella seconda metà del Cinquecento le furono accorpate le popolazioni di S. Maria a Bulciano e della SS. Trinità di Alfiano ed essa stessa risultò, pur per un breve periodo, annessa a Presciano. Di nuovo disgiunta, fu sede parrocchiale, come lo è ai nostri giorni, compresa nella forania di Siena centro. L'antica parrocchia di S. Maria a Bulciano, di cui i documenti ricordano i rettori a partire dal 1225, fu nei primi anni del Trecento riunita alla prebenda dell'Arcidiaconato del Capitolo della Metropolitana. Visitata nel 1665 e trovata in pessimo stato, ne venne decretata la demolizione. Il monastero dell'abbazia di Alfiano, fondato da Pagano di Rolando nel secolo XII in onore della SS. Trinità, venne ceduto il 4 luglio 1124 ai Vallombrosani di Passignano. Ad esso era unita la cura sotto il medesimo titolo in seguito annessa a Bulciano. Nel 1510 i beni dell'abbazia, già commenda ecclesiastica, passarono per intervento di Pandolfo Petrucci alle monache agostiniane di Santa Maria Maddalena dimoranti nei pressi della porta Tufi, le quali lasciarono al parroco di Val di Pugna le decime di quel distretto per le uffiziature.

G. MERLOTTI cit., pp. 498-501; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 125, 149, 192, 201.

90. VALLERANO Parrocchia di S. Donato (Comune di Murlo) Vicaria foranea di Murlo

Il luogo è ricordato nel diploma dell'imperatore Enrico III della metà del secolo XI con cui confermava al vescovo di Siena il possesso dei luoghi del Vescovado acquistati legittimamente o pervenuti tramite donazione. Nel 1130 Antolino di Giovanni donò la chiesa al Capitolo dei canonici e nel 1189 il pontefice Clemente III la riconobbe al vescovo Buono il quale, nei primi decenni del secolo successivo, ne incrementò le rendite. Nel Trecento cominciò la decadenza della parrocchia di cui le fonti non riportano i nominativi dei rettori dopo il 1341. Nel 1412 fu riunita a S. Lorenzo a Merse e dal 1468 al 1547 a Montepescini. Nel 1554 subì pesanti danni dalle armate imperiali, ma non per questo cessò la propria funzione di cura d'anime, essendo conferita il 24 settembre dello stesso anno ad un nuovo titolare. L'edificio sorge in prossimità del fossato ricco di massi di marmo nero venato di verduggiolo con i quali a suo tempo fu fabbricato il Duomo di Siena e decorata la Collegiata di Provenzano. Secondo il Benvoglienti tra le rocce si vedevano ancora nella sua epoca filoni d'argento. Soppressa definitivamente nel 1986, la chiesa, ormai prossima al crollo, è stata attualmente sottoposta dai proprietari ad un radicale intervento di ricostruzione.

G. MERLOTTI cit., pp. 502-503; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 125, 150, 160, 192, 273.

91. VALLI Parrocchia di S. Mamiliano (Comune di Siena) Vicaria foranea di Casciano delle Masse Forania attuale: Siena centro

La chiesa nel XIII secolo era posta, con il monastero annesso di religiose camaldolesi, sotto la direzione del priore dell'ordine e il cappellano esercitava la cura d'anime delle popolazioni della zona. Passato il giuspatronato al popolo di Valli nel 1415, i sindaci della comunità poterono acquisire il diritto di nomina dei titolari confermati dal vescovo e dall'abate camaldolese. Le monache si erano stabilite nel luogo fin dal Duecento; accolsero nel 1263 le religiose provenienti da S. Maria Maddalena del distrutto castello di Poggibonsi e aumentarono le loro rendite fondiarie ricevendo nel 1370 la soprintendenza dello Spedale di S. Pietro, detto dei SS. Filippo e Giuliano d'Altopascio, sito nel fabbricato lungo la via Romana denominato nell'Ottocento la locanda della Campana. Il medesimo, citato nel Costituto senese fin dal 1292, era amministrato dalle donne ospitaliere di Altopascio e venne fondato probabilmente da un componente della famiglia dei Tolomei come si rileva dal testamento del 1298 di Biagio della nobile prosapia, in cui stabiliva che l'istituto avrebbe dovuto assumere il giuspatronato dei quattro spedali da lui voluti a Corsignano, Buonconvento, Monteroni e Isola, in caso di cessazione della propria discendenza diretta. Nel 1409 al monastero di S. Mamiliano furono accorpate le Camaldolesi di S. Giorgio a Lapi che rientrò da allora nelle sue pertinenze e vi restò fino al 1437, quando l'abbadessa vi rinunciò a favore degli eremiti di S. Mustiola della Rosa. Infine, nel 1507, ridotte a poche unità, con bolla del pontefice Giulio II, le religiose vennero trasferite in S. Maria Maddalena ai Tufi e la loro chiesa divenne parrocchiale come rimane attualmente, compresa nella forania di Siena centro. Faceva parte del territorio lo Spedaletto dei lebbrosi con la chiesa annessa di S. Lazzaro, citato dalle fonti fin dal 1176. Ingrandito a spese del Comune nel 1292 e nel 1514, subì la distruzione nella guerra del 1554. Venne in seguito ricostruito grazie ai finanziamenti pubblici e privati e ampliato nel 1675, ma nel 1754, in ossequio alla legge granducale che riuniva tutti gli Spedaletti del contado al S. Maria della Scala, fu incorporato al medesimo e alienato in seguito a particolari, avendo cessato la sua funzione. Nei paraggi si trova l'antica chiesa di S. Maria di Betlem detta popolarmente di Bellemme che la tradizione volle edificata nell'XI secolo. Secondo il Gigli nel Trecento appartenne ai vescovi betlemitani con lo Spedaletto annesso di S. Guglielmo. Nel 1464 il pontefice Pio II la concesse alla sua famiglia come prebenda canonicale in favore dei figli e discendenti di Laudomia Piccolomini. Rientrava nel territorio l'oratorio della Madonna della Neve della Compagnia di Valli fondata il 24 agosto 1486. I suoi capitoli, approvati dal cardinale Piccolomini nel 1492, furono riformati nel 1614. Secondo il Buondelmonti nel 1630 vi avrebbe avuto origine la Congregazione dei Sette Dolori di Maria Vergine poi eretta nella basilica dei Servi. Andata soggetta alla legge della soppressione del 1785, come le altre compagnie della Toscana, fu ripristinata nel 1792 ma l'oratorio venne venduto e trasformato in abitazioni. Nel distretto parrocchiale si trova la chiesa di S. Maria degli Angeli nel luogo in cui era stato fondato nel sec. XIV un asceterio per otto suore dell'ordine dei Servi di Maria da Neri di Domenico di Gabriello Piccolomini. Tale istituzione, approvata da Gregorio XI ad istanza del vescovo Azzolino Malavolti, viene ricordata come romitorio di S. Maria de' Piccoli o delle Picciole e rimase attiva fino al 1433, anno in cui le religiose furono accorpate alle Agostiniane del Santuccio. Nel 1434, su istanza di Pietro di Paolo da Siena dell'ordine dei Canonici Regolari di S. Salvatore che abitavano lo Spedaletto di S. Niccolò, già palazzo Gucci de' Siri, presso Camollia, il vescovo Carlo Bartali concesse in perpetuo gli edifici richiesti di cui due anni dopo presero solenne possesso in Bologna dai Commissari della Santa sede. Accresciuti nel prosieguo del tempo e ottenute varie prerogative di giuspatronato su diversi immobili, i Canonici stabilirono di ingrandire la loro chiesa che fu portata a termine nella seconda metà del Quattrocento e nella quale rimasero fino alla soppressione del 1780.

G. MERLOTTI cit., pp. 503-512; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 31, 126, 150, 160, 188.