1. ALBERINO Parrocchia di S. Francesco d'Assisi
(Comune di Siena) Vicaria foranea del Bozzone
Forania attuale: Siena centro
Anticamente era una piccola chiesa dedicata ai SS. Giacomo e Filippo, circondata dai boschi e
isolata dalla città. La tradizione vuole che venisse visitata nel 1212, nel 1216 e nel 1226 da
S. Francesco d'Assisi che vi istituì un gruppo di confratelli i quali crescendo di numero, col passare
degli anni, ottennero dal papa Gregorio IX nel 1236 di trasferirsi nella primitiva sede della
parrocchia urbana di S. Pietro a Ovile. Il luogo, legato alla memoria del santo, non venne comunque
abbandonato e il papa Niccolò IV, nel 1290, lo decorò di speciali indulgenze, essendo stata ampliata
la chiesa e reso più agevole tutto il romitorio. Al 1318 risale la donazione effettuata da Francesco di
Dino di Spontoncino cittadino senese del popolo di S. Pietro a Ovile ai Francescani del terreno
circostante l'eremo per custodire il leccio che secondo la tradizione risaliva ai tempi del santo
d'Assisi. Vari lasciti nel corso dei secoli permisero il mantenimento dello stabile e l'uffiziatura del
santuario che nel 1613 fu addirittura posto sotto la protezione sovrana. Dopo la soppressione dei
religiosi conventuali del 1810 il luogo restò abbandonato fino al 1825, quando il professor abate
Luigi De Angelis, proposto della Collegiata di Provenzano, lo riscattò facendolo restaurare e
ridonandolo al pubblico culto l'anno successivo. Dopo la sua morte, nel 1836, la chiesa fu acquistata
dal chirurgo Andrea del fu Orazio Peruzzi, oriundo di Cortona domiciliato in Siena ed ex religioso
francescano, che ne affidò l'uffiziatura ai padri dell'Osservanza, curando il restauro generale dello
stabile e l'erezione dell'oratorio a parrocchia formalmente decretata dall'arcivescovo Giuseppe
Mancini il 24 maggio 1844. Con altro decreto addizionale del 16 dicembre dello stesso anno furono
sanzionati gli obblighi che il fondatore intendeva imporre ai rettori e il presule assegnò alla nuova
istituzione la giurisdizione di buona parte di case e poderi smembrati dalla parrocchia di
S. Eugenia. Il 17 gennaio del 1854 vi fu eretto il fonte battesimale e il 16 settembre la chiesa,
ampliata e resa funzionale, venne solennemente benedetta da monsignor Domenico Mensini
vescovo di Grosseto. Il 7 dicembre 1960 fu consacrata la nuova parrocchiale dedicata al Cuore
Immacolato di Maria nella cui erezione profuse le sue forze il sacerdote Francesco Lorenzini. Reso
necessario dall'incremento urbanistico, il tempio moderno è attivo come parrocchia compresa nella
forania di Siena Centro con succursale l'antico oratorio francescano. Anticamente sul poggio di
Ravacciano si trovava un convento di Francescane del titolo dei SS. Maria e Damiano.
Raccomandate nel 1227 dal pontefice Gregorio IX a fra Pacifico, custode dell'eremo dell'Alberino,
le suore, dette le Racchiuse, furono sovvenute dalle elemosine dei fedeli e dal governo senese. Lo
stesso vescovo Tommaso Balzetti, nel 1256, chiese per esse contributi pubblici finché l'anno
successivo, essendo vacata la parrocchia di S. Lorenzo alle Vigne poco distante, vennero in essa
trasferite dal papa Alessandro IV. Nel nuovo monastero rimasero fino al 1783, quando si
accorparono alle altre di S. Niccolò presso porta Romana.
G. MERLOTTI, Memorie storiche delle parrocchie suburbane della Diocesi di Siena (a cura di M.
MARCHETTI), Siena 1995 (= G. MERLOTTI), pp. 55-59; L. DE ANGELIS, Storia dell'Arbolo di
S. Francesco, Siena 1827; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 129, 187, 193.
2. ARDENGA (ABBADIA) Parrocchia di S. Andrea Apostolo
(Comune di Montalcino) Vicaria foranea di Buonconvento
Forania attuale: Amiata-Montalcino
Fu antica pieve e abbadia dei monaci vallombrosani di pertinenza della diocesi aretina. Il nome di
Ardenga, secondo le fonti, sarebbe derivato dal conte Ardengo di Ranieri della potente famiglia
degli Ardengheschi, proprietaria di gran parte dei castelli della Maremma toscana e del feudo di
S. Quirico. Nel 1464 il pontefice Pio II, con bolla emanata da Petriolo il 15 aprile, assegnò gran
parte dei beni dell'Abbadia come finanziamento alla cattedrale di Montalcino, altri alla mensa
capitolare dello stesso luogo, altra parte alla mensa arcivescovile di Siena (i poderi della Befa),
altri convertiti in moneta, per l'impresa di Terra Santa, i rimanenti, infine, per fondare una
commenda di giuspatronato della nobile famiglia Tuti. Con la morte del papa gran parte delle
disposizioni non andarono ad effetto, per cui i canonici di Montalcino rimasero privi dei beni loro
promessi che vennero invece gestiti dagli abati commendatari fino all'ultimo di essi, il cardinale
diacono Gregorio Salviati che vi rinunciò intorno al 1780. Due anni dopo la commenda fu
soppressa da Pio VI e il granduca Pietro Leopoldo attribuì le rendite ai canonici di Montalcino, ma
essendosi generate alcune vertenze all'interno del collegio capitolare, ne fece beneficiario il
vescovo pro tempore con l'obbligo del mantenimento dei rettori e degli stabili. La cura rimase
sempre di pertinenza della diocesi di Siena anche dopo il decreto del 30 luglio 1783 che ne
rimetteva il giuspatronato alla mensa vescovile di Montalcino e nel 1844 vi fu eretto il fonte
battesimale. Il 5 agosto 1986 la parrocchia è stata soppressa e il territorio dal 1988 fa parte della
cura di S. Lorenzo in S. Pietro di Montalcino compresa nella forania Amiata-Montalcino.
G. MERLOTTI cit., pp. 49-51; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 50, 129, 184, 193; L. MARRI
MARTINI, L'Abbadia Ardenga in "B.S.S.P." XLV (1938), pp. 93-100.
3. BAGNAIA Parrocchia dei SS. Vincenzo e Anastasio
(Comune di Murlo) Vicaria foranea di Corsano
Forania attuale: Maremma - Val di Merse
Scarsi sono i documenti relativi alla parrocchia la quale dovette essere di antica istituzione. Nel
diploma dell'imperatore Enrico IV dato in Roma il 4 giugno 1081 e diretto all'abate del monastero
di S. Eugenio è citata la chiesa di S. Anastasio in Haniaria il cui toponimo potrebbe rimandare alla
nostra Bagnaia. Certo è che i rettori dipendevano dai Benedettini di S. Eugenio il cui patronato
venne riconfermato dai diplomi di Federico I nel 1182 e nel 1185 e dalle bolle di Alessandro III e di
Innocenzo III. Nelle prime decadi del secolo XIV è probabile che cessassero i diritti esercitati fino
ad allora dalla potente istituzione religiosa sulla parrocchia che, come altre , risentì della forte crisi
economica e demografica che investì la campagna senese nella seconda metà del Trecento. Con
decreto del 31 luglio 1425 Pietro da S. Pietro, vicario generale del vescovo Antonio Casini, unì a
Bagnaia la chiesa dei SS. Quirico e Giulitta alle Stine per le difficoltà di sostentamento dei parroci.
Nel 1445 il conte Niccolò di Iacopo di Galgano Bichi acquistò dai fratelli ser Antonio notaro e
Cione speziale, figli del fu Giovanni di Tura da Bagnaia, la proprietà del luogo e da allora la nobile
famiglia divenne sostenitrice del culto e del mantenimento della chiesa. Nel 1574 il cardinale
Alessandro Bichi vi volle eretta una congregazione sotto il titolo dell'Annunziata e nel corso dei
secoli altri componenti dotarono gli altari e vi fondarono cappellanie per assicurare il servizio
religioso e le doti alle fanciulle povere della zona. La chiesa, annessa a S. Rocco a Pilli, è tuttora
ente ecclesiastico civilmente riconosciuto compreso nella forania Maremma - Val di Merse.
Del territorio faceva parte la parrocchiale dedicata ai SS. Quirico e Giulitta alle Stine, nominata dai
documenti dei primi anni del secolo XII, ma certamente assai più antica. Il castello omonimo
apparteneva al gastaldo longobardo Warnefrit che lo assegnò con il vicino villaggio di Feriano (oggi
scomparso) ed altri possessi all'abbazia di S. Eugenio nel 730. La chiesa subì certamente le
distruzioni che il luogo ebbe a soffrire nella seconda metà del Quattrocento, per ordine del governo
di Siena, e nel secolo successivo quando, in occasione della guerra contro gli imperiali di Carlo V i
contadini uccisero il prete Iacopo genovese, cappellano di Bagnaia rifugiatosi alle Stine, che aveva
appiccato il fuoco alla salmeria per salvarsi dai suoi persecutori come riferisce Alessandro Sozzini.
Impoveritesi le rendite già alla fine del Trecento, la parrocchia fu accorpata a Bagnaia nel 1411; due
anni dopo a Mugnano; nel 1425 ancora a Bagnaia e ad essa definitivamente nel 1438. Quando nel
1575 il visitatore apostolico Francesco Bossi vi fece il sopralluogo, la trovò in pessimo stato e ne
ordinò il restauro entro due anni. Nel 1598 la chiesa era agibile ma scarsamente dotata di apparati
liturgici. Il problema delle entrate di quel beneficio, che non permettevano l'acquisto degli arredi e
l'accantonamento di risorse per la manutenzione ordinaria, fu evidenziato nel corso del Seicento dai
vari visitatori, colpiti dal miserabile stato della costruzione. Di volta in volta i presuli che la videro
ordinarono qualche restauro alle strutture murarie perché non crollassero del tutto, fino a che, per
decreto dell'arcivescovo Anton Felice Zondadari, alla fine del Settecento venne sconsacrata,
trasferendo gli obblighi alla cappella della Natività della Vergine fatta edificare dai marchesi Ballati
Nerli alle Stine Alte. Qui esisteva anche un oratorio dedicato a S. Antonio, pure annesso a Bagnaia,
che nel 1649 minacciava di cadere.
G. MERLOTTI cit., pp. 59-62; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 52,53,129,151,185,194,212; F.
D. NARDI, Il reticolato ecclesiastico e le sue emergenze in età moderna, in AA.VV., Tra Siena e il
Vescovado: l'area della Selva, Siena 1997, pp. 365-475.
4. BARONTOLI Parrocchia di S. Pietro
(Comune di Sovicille) Vicaria foranea di Barontoli
Forania attuale: Maremma - Val di Merse
Anticamente prioria dei monaci benedettini del monastero di S. Eugenio, ebbe forse verso la fine
del secolo XIII un rettore autonomo, direttamente di nomina vescovile. Incorporò le popolazioni
delle due parrocchie dei SS. Nicola e Lucia e SS. Giacomo e Cristoforo di Viteccio quando,
soppresse nel corso della seconda metà del Trecento, i loro beni confluirono in altrettante prebende
canonicali. La chiesa fu elevata alla dignità di vicaria foranea dal cardinale Francesco Maria
Tarugi arcivescovo di Siena con decreto emanato il 31 ottobre 1598 e le vennero assegnate come
subalterne le cure di Fogliano, Monsindoli, Ginestreto, Volte, Cerreto Selva, Montecchio e
S. Bartolomeo a Pilli. Intorno alla metà del secolo XVIII gli edifici furono oggetto di consistenti
restauri da parte dei rettori Giulio Massi e Francesco Fanti che curarono anche l'abbellimento
interno della chiesa. Attualmente attiva come parrocchia, risulta ente ecclesiastico civilmente
riconosciuto compreso nella forania Maremma - Val di Merse.
Del territorio facevano parte le antiche parrocchiali dedicate ai SS. Giacomo e Cristoforo e
Niccolò e Lucia poste nel distretto di Viteccio, ambedue di giurisdizione del Capitolo
metropolitano. La prima, col titolo di rettoria, fu governata da un titolare prescelto dal canonico
beneficiario fino al Cinquecento. Il 28 febbraio 1565 l'arcivescovo Francesco Bandini Piccolomini,
esaminatene le scarse condizioni economiche la unì a Barontoli con l'obbligo da parte di quel
curato del pagamento di un censo annuo di libbre tre di cera bianca lavorata alla mensa. In
occasione della visita pastorale compiuta nel 1614 da Fabio Piccolomini, vicario del presule
Metello Bichi, i parroci di Barontoli e di Cerreto Selva concordarono, per motivi di governo
spirituale, di richiedere l'annessione della chiesa di Viteccio a Cerreto, anche se pochi anni dopo,
nel 1697, se la scambiarono nuovamente. Nel 1780, ridotta in pessime condizioni, fu demolita.
L'altra sotto il titolo dei SS. Niccolò e Lucia disponeva di rendite acquisite da lasciti degli abitanti
del posto, che nel 1357 furono in parte vendute dal vescovo Azzolino Malavolti. Ebbe un sacerdote
amovibile nominato dal presule fino al Trecento, quando associata alla prima fu uffiziata da quel
titolare. Nel 1575 l'edificio era trasandato e veniva usato poche volte al mese. Nel 1614
l'arcivescovo Petrucci vi riunì l'obbligo delle messe della soppressa parrocchiale dei SS. Giacomo
e Cristoforo, dato che tre anni prima il Capitolo metropolitano l'aveva concessa in uso alla famiglia
Turamini, proprietaria del vicino palazzo. Passata nel 1738 ai Martelli e quindi ai Franceschini, vi
si celebrava la tradizionale festa di S. Lucia. Nel 1797 il cardinale Anton Felice Zondadari
concesse alla popolazione un'indulgenza di quaranta giorni da lucrarsi la seconda domenica di
ottobre.
Nel perimetro parrocchiale era compresa la cappella di S. Marta a Quove fondata da Marta Fazioni
di Murlo, vedova di Giacomo Gigli, nel 1631. Ridotta in pessimo stato, con decreto del 26 maggio
1829 l'ordinario la interdiceva aggiudicandone i materiale e i diritti al parroco di Fogliano che
vendeva il sito ad Anna Barucci di Siena e impiegava i mattoni del distrutto oratorio per costruire
il nuovo cimitero della sua cura.
G. MERLOTTI cit., pp. 62-67; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 53,129,156,185,194,210; F. D.
NARDI, Il reticolato ecclesiastico e le sue emergenze in età moderna, in AA.VV., Tra Siena e il
Vescovado cit., pp. 365-475.
4. BASCIANO Parrocchia di S. Giovanni Evangelista
(Comune di Monteriggioni) Vicaria foranea di Monteriggioni
Forania attuale: Siena Nord
Una prima memoria della chiesa è il lodo pronunciato nel 1181 relativo alla vertenza insorta tra la
badessa di Montecellesi e l'altra del monastero di S. Maria in Colle nel Chianti in merito alla loro
elezione. I quattro arbitri nominati a dirimere la questione - Ugo abate di Abbadia a Isola, Ranieri
priore di S. Frediano di Lucca, Buono preposto della chiesa senese e Rustico canonico della
Metropolitana - si riunirono nella chiesa di S. Giovanni Evangelista di Quercegrossa (=Basciano) e
decisero di attribuire il giuspatronato di S. Maria in Colle al monastero di Montecellesi. G.
Merlotti ipotizza una prima esistenza della parrocchiale del territorio vicino a Quercegrossa e
precisamente nei pressi del podere La Capannetta della nobile famiglia Parigini, sia per la
mancanza assoluta di documenti comprovanti la memoria di una chiesa dedicata a S. Giovanni
Evangelista nella zona citata dal lodo, sia per la presenza tanto massiccia di "uno strato di cadaveri
sparsi per lungo tratto, ossami e rottami di terracotta da impedire ancora la coltivazione del
terreno; segno questo, se vuolsi, di un antico cimitero ivi rimasto dopo la traslazione della chiesa
nel castello di Basciano o di qualche catastrofe in tempo di guerra ivi seguita come in altre chiese
di questi pressi".
Di patronato dei Piccolomini, dal 1266 ne eleggevano il rettore, anche se spettava al pievano di
Lornano, per privilegio accordatogli da Innocenzo III, l'amministrazione e la nomina del curato in
tempo di vacanza. In seguito ai guasti provocati dalle armate di Arrigo VII, la parrocchia ebbe a
soffrire di un periodo di decadenza fino a che Donusdeo Malavolti, vescovo di Siena, permise nel
1323 al sacerdote Giovanni la vendita di alcuni beni da impiegare nel restauro degli stabili. Altro
non meno grave assalto fu quello subito dal castello nel 1389 ad opera dei Fiorentini che
inseguirono il capitano senese Paolo Savelli seminando distruzione fini a Fontebecci.Per le rendite
che non permettevano il mantenimento del curato, il 16 dicembre 1411 Basciano fu
temporaneamente unita alla parrocchia di S. Marco di Siena per poi tornare autonoma alcuni anni
dopo, grazie alla donazione effettuata da Biagio di Domenico da Ravacciano e dalla consorte
Bartolomea di un campo situato nel luogo detto Corpo Santo, per supplire alla spesa di
manutenzione della chiesa, comprese le pitture che vi si dovevano eseguire. Nel secolo XVIII gli
edifici furono restaurati integralmente a cura dei patroni e nel 1801 il cardinale Anton Felice
Zondadari vi eresse il fonte battesimale. Erano annesse al suo popolo due parrocchiali anticamente
soppresse: SS. Fabiano e Sebastiano di Larginano e S. Stefano a Ripa, ambedue poste sotto il
giuspatronato delle monache di Montecellesi nel secolo XII ed unite a Basciano rispettivamente
nel 1474 e nel 1425. Attualmente la chiesa risulta ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, attivo
come parrocchia e compreso nella forania di Siena Nord.
G. MERLOTTI cit., pp. 67-74; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 54, 130, 156, 185.
6. BIBBIANO Parrocchia di S. Lorenzo
(Comune di Buonconvento) Vicaria foranea di Buonconvento
Forania attuale: Val d'Arbia
Nel 1216 rientrava sotto il giuspatronato dell'abbazia di S. Antimo da cui passò al vescovado di
Siena alla fine del secolo divenendo di libera collazione. Nella chiesa si riunivano due compagnie
laicali sotto il titolo dell'Assunta e del Nome di Gesù, erette rispettivamente nel 1575 e nel 1601,
che curavano l'allestimento di feste religiose in particolari ricorrenze. Arricchita dai lasciti
testamentari degli abitanti del luogo, continuò la sua funzione fino al 1820, quando venne demolita
dalle fondamenta a causa del precario stato di conservazione. La nuova fabbrica sorse per volontà
del rettore Giovanni Fazi e della famiglia Chigi, proprietaria del castello di Bibbiano, nel sito dove
tuttora si trova e il 24 giugno 1819 lo stesso arcivescovo cardinale Anton Felice Zondadari
presenziò alla cerimonia della benedizione della prima pietra. L'architetto Alessandro Doveri
diresse i lavori che continueranno fino al 1824, vedendo il diretto interesse del granduca
Ferdinando III di Asburgo Lorena, ospite con la figlia il 21 agosto 1823 nella tenuta. Purtroppo, a
causa della conformazione cretacea del suolo, il luogo prescelto, come il precedente, si rivelò
problematico per la statica della costruzione. Il parroco ricordò nelle sue memorie: "circa il 1827,
accusando qualche patimento specialmente nella chiesa, fu stimato prudenziale porvi due catene,
l'una lungo il muro divisorio e l'altra all'arco di mezzo, ma non fu compenso bastante, per cui
convenne porne altre. A discarico dei deputati per tale omissione è la pretesa di essi che fu colpa
dell'ingegnere e del capomastro che fidandosi troppo del loro operato ricusarono di porre le catene
sulla nuova costruzione". Nel 1845, nel borgo denominato Segalari, dove si trovava l'antica
parrocchiale con i suoi annessi, fu eretta una croce a ricordo. Già dal 1780 il podere Segalari di
sotto, di pertinenza della chiesa, era stato ceduto dal rettore Giuseppe Montanelli alla famiglia
Chigi per risarcire i danni della canonica che, abbandonata nel 1820, fu in parte riutilizzata come
materiale per la nuova costruzione e in parte venduta ai fratelli Giuseppe e Pietro Volpi per farne
un'abitazione. Attualmente la chiesa, annessa a Buonconvento, risulta ente ecclesiastico civilmente
riconosciuto compreso nella forania della Val d'Arbia.
7. BOZZONE Parrocchia di S. Giovanni Battista
(Comune di Siena) Vicaria foranea del Bozzone
Forania attuale: Siena centro
Dedicata anticamente a S. Andrea, fu confermata a Buono vescovo di Siena da papa Clemente III
nel 1189 e da Innocenzo III nel 1210. Fu certamente nel Duecento una delle più importanti chiese
del contado uffiziata da cappellani nominati dai canonici della Metropolitana e sottoposti ad un
priore titolare. Da un documento del 1177 risulta che il Capitolo senese godeva di numerose
proprietà nel distretto della pieve e dalle fonti storiche posteriori spesso emerge che i rettori della
medesima erano tenuti in alta considerazione dalle istituzioni civili e religiose della città. Così, negli
"istrumenti" relativi alla vendita effettuata dal Comune di Siena nel 1247 del castello di Tentennano
ai Salimbeni figura come testimone ser Orlando Ugurgieri pievano del Bozzone; uno dei successori,
ser Giacomo di Bomeo ricoprì la carica di priore del clero secolare della diocesi ed ebbe un ruolo
importante nella vertenza sorta tra il vescovo Rinaldo Malavolti e lo Spedale di S. Maria della Scala
in merito al pagamento di speciali contribuzioni. Il dissidio, originato dalla pretesa giurisdizione dei
religiosi sulla istituzione cittadina, fu ricomposto il 18 aprile 1307 con la cessione alla Curia di un
podere posto nel territorio di S. Regina con il cui frutto potessero essere soddisfatte le imposte
senza più alcuna richiesta di sanatoria. Ser Giacomo fu confermato - dato il successo ottenuto -
nell'onorifico incarico anche negli anni seguenti e continuò a svolgere funzioni importanti come
vicario episcopale di Ruggero da Casole. I canonici della Metropolitana rimasero, direttamente o
attraverso sacerdoti da essi delegati, alla guida della pieve nei secoli successivi. Nel 1577 il pievano
volle investirsi del titolo di abate; ciò sotto il pontificato di Gregorio XIII, quando il presule
Francesco Bandini Piccolomini da Roma spedì un decreto di unione alla pieve del Bozzone del
popolo compreso nel distretto dell'abbazia della SS. Trinità di Alfiano. La denominazione, del tutto
arbitraria, venne riconosciuta dalla S. Sede dietro istanza del rettore Matteo di Cristoforo Grazini
che ottenne da Clemente VIII, il 5 febbraio 1603, il decreto ufficiale con bolla spedita
all'arcivescovo Francesco Maria Tarugi, il quale già aveva voluto la chiesa come vicaria foranea.
Sempre nel 1577, essendo rimasta vacante la parrocchiale di S. Pietro a Paterno, venne riunita per le
scarse rendite al Bozzone con decreto di Scipione Bandinelli vicario episcopale. Chiesa molto
antica, di cui si hanno notizie fin dal secolo XI, questa soffrì delle vicende storiche che portarono
alla distruzione del suo castello come la parrocchia di Larniano, suffraganea del Bozzone dal 1445,
di cui rimane una casa colonica già nell'Ottocento priva della chiesa. Attualmente la pieve del
Bozzone risulta ente ecclesiastico civilmente riconosciuto annesso a S. Regina e compreso nella
forania di Siena centro.
G. MERLOTTI cit., pp. 78-82; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 55, 130, 156, 185, 200.
8. BRENNA Parrocchia di S. Michele Arcangelo
(Comune di Sovicille) Vicaria foranea di Rosia
Forania attuale: Val di Merse - Maremma
Anticamente di giuspatronato dell'abbazia di S. Lorenzo all'Ardenghesca, come risulta da una bolla
di Celestino III del 1194, la parrocchia rientrava anche nelle competenze della vicina chiesa di
Rosia i cui rettori sono più volte citati dai documenti nella elezione dei nuovi titolari. A causa delle
scarse rendite, nel corso del Trecento si sostenne con i lasciti dei benestanti del luogo, i quali
tuttavia appena bastavano al mantenimento del curato e degli stabili. La visita dell'arcivescovo
Alessandro Zondadari del 1722 mise in evidenza il cattivo stato della chiesa e l'urgenza di radicali
restauri che per l'esiguità delle risorse finanziarie furono portati a termine solo nel 1741.
Attualmente la chiesa è ente ecclesiastico civilmente riconosciuto ed è attiva come parrocchia
compresa nella forania di Val di Merse - Maremma.
G. MERLOTTI cit., pp. 83-85; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 56, 130, 156, 185, 247.
9. BUONCONVENTO Parrocchia dei SS. Pietro e Paolo
(Comune di Buonconvento) Vicaria foranea di Buonconvento
Forania attuale: Val d'Arbia
I documenti ricordano la chiesa dal secolo XII, anche se assai scarse sono le fonti attendibili sulle
quali basarci per una organica ricostruzione della sua origine. Secondo alcuni storici una piccola
pietra marmorea inserita nel muro di raccordo tra la facciata del tempio e l'adiacente palazzo del
Taia, con incisa la croce e la data MCIII, potrebbe indicare l'epoca della sua fondazione. Nel 1206
l'edificio ospitò i messi di papa Innocenzo III designati quali arbitri in una controversia. Ubicata
nel sito dell'attuale, venne restaurata nel 1385 su deliberazione del Consiglio Generale della
Campana, dato lo stato di decadenza in cui versava. Nel 1459 papa Pio II vi tenne un concistoro
con i cardinali del seguito e probabilmente fu proprio nello stesso periodo che la comunità,
aumentata nel corso dei secoli per la riunione dei villaggi di Percenna e di Borgo Forello, poté
usufruire di un fonte battesimale eretto nella propria parrocchiale. Nel 1426 fu ad essa unita
temporaneamente la pieve dei SS. Celso e Nazzario con l'annesso di S. Biagio a Neci, per le scarse
rendite e nel 1598 venne dichiarata vicaria foranea dall'arcivescovo Francesco Maria Tarugi.
Agli altari si riunirono nel corso dei secoli diverse confraternite laicali: quella di S. Pietro, esistente
fin dal 1410 quella della Concezione, composta dalle donne del luogo, quelle del Corpus Domini e
del Rosario, le quali, soppresse nel 1785, confluirono nel 1791 nella Compagnia del SS.
Sacramento da cui derivò nel 1864 la confraternita della Misericordia tuttora operante. Nel corso
dei secoli XIV-XVI la chiesa si arricchì di importanti opera d'arte di scuola senese e nei primi anni
del Settecento fu interamente rinnovata nella sua architettura. Entro i confini parrocchiali
esistevano anticamente la chiesa di S. Giacomo a Borgo Forello, i cui materiali vennero impiegati
nel restauro della pieve nel 1705; l'oratorio del SS. Crocifisso di ubicazione incerta; la cappella di
S. Lucia, abbattuta agli inizi del Novecento e infine l'oratorio di S. Sebastiano, attuale sede della
Misericordia. Ai giorni nostri la chiesa dei SS. Pietro e Paolo, sede di parrocchia, fa parte della
forania della Val d'Arbia.
Posto lungo la via romana, il paese di Buonconvento disponeva di due spedaletti per dare albergo
ai viaggiatori: l'uno sotto il titolo di S. Antonio, l'altro della SS. Annunziata. Il primo, presso
l'oratorio della Compagnia di S. Sebastiano, venne fondato per disposizione testamentaria da
Biagio Tolomei il 12 gennaio 1298 e affidato alla cura dei frati predicatori. Usufruiva di una casa
con terreno posta nei pressi di Percenna detta Valle Quattrino e, per volontà di donna Ciancia del
fu Ciampolo di Albizo, vedova del testatore, di altri proventi ed immobili. Ad esso fu nel secolo
XV unito l'altro di Borgo Forello fornito di tre soli letti. Lo spedale della SS. Annunziata, istituito
da donna Francesca del fu Francesco Tolomei vedova di Nicola di Caterino Petroni l'11 marzo
1421, era dotato dell'usufrutto del podere chiamato Poderuccio posto nella corte di Bibbiano e
veniva amministrato dallo Spedale Grande di Siena al quale la testatrice aveva lasciato tutti i suoi
beni. Alla stessa istituzione furono riuniti ambedue i ricoveri alla metà del Settecento.
G. MERLOTTI cit., pp. 86-91; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 22, 56, 57, 130, 369; AA.VV,
Visita pastorale dell'Arcivescovo Gaetano Bonicelli a Buonconvento, Bibbiano, Percenna, Siena,
1991; A. LIBERATI, Buonconvento in "B.S.S.P." XL(1933), pp. 164-181.
10. CAMPRIANO Parrocchia di S. Giovanni Decollato
(Comune di Murlo) Vicaria foranea di Corsano
Eretta intorno al X secolo, forse dagli Ardengheschi, diventò col passare dei secoli di
giuspatronato dei Piccolomini, dei Tolomei, dei Gallerani, dei De Vecchi e dei Manetti, fino alla
rinuncia, previa partecipazione e risoluzione della Segreteria del Regio Diritto del 16 settembre
1784, con la quale divenne di libera collazione dell'ordinario diocesano. Compresa nell'omonimo
castello, la chiesa subì certamente le stesse vicende. Con diploma del 21 ottobre 943 Ugo di
Provenza confermò a Bernardo dei conti di Siena la proprietà del luogo; nel 1151 il conte Ugolino
di Ranuccio degli Ardengheschi consegnò al vescovo Ranieri i suoi possessi, non escluso
Campriano; il 23 novembre 1251 Baldistricca e Rinaldo di Cristoforo Tolomei comprarono da
Ranuccio di Filippo l'ottava parte del castello e del giuspatronato delle chiese del distretto; nel
1369 il governo senese distrusse la rocca che proteggeva molti fuoriusciti e nel memorabile
assedio persero la vita tre esponenti dei Tolomei, tre dei Piccolomini, due degli Scotti e uno dei
Marescotti; dopo l'acquisizione da parte della Repubblica, nel 1502, il luogo fu ceduto a Giulio e
ad Antonio di Ambrogio Spannocchi. Dal 5 agosto 1986 la parrocchia è stata soppressa.
Nel territorio è compreso l'oratorio dedicato al S. Nome di Maria Vergine di Barottoli; era un
antico podere di proprietà di Muzio Spannocchi, con un affresco sulla parete esterna
rappresentante la Madonna che cominciò ad operare prodigiose guarigioni nel 1615. L'anno
seguente l'arcivescovo Alessandro Petrucci ne decretò il culto e venne iniziata la costruzione di un
tempio portato a termine nel 1620. La confraternita laicale ivi istituita vide tra gli ascritti nel 1626
la serenissima Caterina di Mantova governatrice di Siena; anche la principessa Violante di Baviera
volle recarsi il 10 settembre 1719 col suo seguito in pellegrinaggio alla sacra immagine. Nel 1727
la Compagnia di Barottoli arricchì la propria chiesa di preziose reliquie estratte dalle altre della
Vergine che si conservavano nella cappella dello Spedale di S. Maria della Scala, provenienti da
Costantinopoli nel 1359. Con la soppressione, l'oratorio venne concesso al marchese Carlo Bichi
Ruspoli con l'obbligo della manutenzione della fabbrica e degli arredi, mentre ai nostri giorni è
appartenuto al pittore Fabrizio Clerici, seppellito nel vicino cimitero campestre di Radi.
G. MERLOTTI cit., pp. 91-94; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 58, 131, 151, 156, 186.
11. CASCIANO MASSE Parrocchia dei SS. Giusto e Clemente
(Comune di Siena) Vicaria foranea di Casciano Masse
Forania attuale: Siena centro
Anticamente pieve, venne assegnata da Clemente III nel 1189 al vescovo Buono, mentre Celestino
III ne attribuì parte di giuspatronato al Capitolo senese, al quale il vescovo Buonfiglio il 18 maggio
1224 riconfermò i diritti e le ragioni. Arricchitasi nel corso dei secoli di vari lasciti, per
disposizioni testamentarie ed altri accordi rientrò nelle competenze dello Spedale grande che aveva
incamerato molti dei possessi degli Antolini, precedenti patroni, e dei Malavolti - Forteguerri.
Questi ultimi rinunciarono a favore del Capitolo al loro assegnamento il 10 luglio 1876. Nel 1598
fu dichiarata vicaria foranea con subalterne le parrocchie di S. Colomba, Terrensano, Monastero,
Tressa, Tufi, Valli, Maggiano, S. Dalmazio, Uopini, Marciano e S. Petronilla. La sua giurisdizione
era assai estesa: comprendeva il territorio dell'antica cura di S. Andrea agli Agostoli, compreso il
colle di Galignano dove fu il monastero camaldolese di S. Maria della Rosa. Anche l'eremo di S.
Salvatore a Lecceto e il monastero dei SS. Maria e Giacomo a Belriguardo rientravano nel proprio
perimetro così come gli oratori di S. Lucia e della Madonna di Pianta Sala. Ridotta a semplice
oratorio quando Merlotti scriveva le memorie della diocesi, la chiesa di S. Andrea era stata cura
d'anime in epoca medioevale per essere accorpata il 20 agosto 1369 a S. Antonio in Fontebranda e
quindi nel secolo successivo, a Casciano per volontà del vescovo Antonio Casini. Sul poggio di
Galignano, presso il podere detto Poggio alla Rosa di pertinenza della prebenda canonicale di S.
Francesco di Sales della Collegiata di Provenzano istituita nel 1683, si trovava il monastero
camaldolese di S. Maria sorto per volontà del ricco cittadino Vannuccio di Andreolo da Sovicille.
Con istrumento stipulato il 24 ottobre 1324 nella sede del Camaldolesi di Firenze, egli dispose di
concedere la villa di Galignano in uso a quei religiosi che, accettando, convennero di offrire per la
festa di S. Romualdo un annuo censo di un cero di tre libbre con sopra una rosa d'argento, motivo
per cui la nuova istituzione prese il nome della Rosa. Nel 1339 per volontà del vescovo Donusdeo
che aveva messo a disposizione un terreno della mensa posto fuori porta Laterina, su cui erigere la
nuova fabbrica, gli eremiti lasciarono Galignano trattenendosi nel sito assegnato fino al 1554,
quando si trasferirono nel monastero di S. Mustiola, già dei Vallombrosani, di porta all'Arco,
mentre il vecchio edificio veniva distrutto dall'esercito spagnolo.
Il convento di Belriguardo, posto vicino alle sorgenti del Tressa, dirimpetto a Casciano, fu
edificato per volontà di Niccolò di Cino d'Ugo dei Pazzi, ricco banchiere senese, nel secolo XIV.
Con bolla del 21 marzo 1348 papa Clemente VI concesse al vescovo la facoltà di stabilirvi i
monaci e di eleggere il priore. Consacrato alla Madonna e a S. Giacomo Apostolo, fu abitato dai
Certosini fino alla distruzione provocata dalle armate spagnole nel 1554. Attualmente la chiesa di
Casciano delle Masse risulta ente ecclesiastico civilmente riconosciuto ed è attiva come parrocchia
compresa nella forania di Siena Centro.
G. MERLOTTI cit., pp. 99-111; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 58, 59, 131, 156, 186.
12. CASCIANO DI MURLO Parrocchia dei SS. Giusto e Clemente
(Comune di Murlo) Vicaria foranea di Murlo
Forania attuale: Val d'Arbia
L'antica parrocchiale dedicata ai SS. Giacomo e Niccolò si trovava secondo Antonio Pecci presso
il Doccio, nel sito dell'antico castello di Macereto, a poca distanza dal ponte omonimo sulla Merse.
I documenti del secolo XIV ricordano alcuni dei suoi rettori, fra cui ser Andrea che il 18 novembre
1314 vendette allo Spedale di Siena un appezzamento di terreno per riparare i danni causati agli
edifici dall'esercito di Arrigo VII del Lussemburgo. Annessi alla chiesa erano lo spedaletto di S.
Antonio con la chiesetta omonima sorti per volontà di Paolo di Benvenuto presso la sorgente delle
acque termali; ad esso spettava il giuspatronato dell'altro di S. Lucia in Siena. Il 12 dicembre 1427
esso fu donato allo Spedale di S. Maria della Scala che pochi anni dopo, nel 1456, lo cedette con i
bagni, ormai ridotti in pessime condizioni, a Tommaso Pecci con la riserva dell'oratorio e del
pellegrinaio. Poiché degradate, nel secolo XVII le fabbriche vennero concesse ai fratelli della
Compagnia della Immacolata Concezione di S. Lorenzo a Merse che avevano fatto istanza al
rettore per utilizzarne il materiale. La parrocchiale di Macereto subì le vicende dell'omonimo
castello. Appartenuto nel 1200 ai Chigi, a metà del secolo venne in parte distrutto dai Fiorentini e
passò alle famiglie dei Bulgarini e dei Tolomei. Attaccato nel 1313 dalle armate di Arrigo VII, fu
definitivamente abbandonato e raso al suolo forse dai Senesi perché non servisse da rifugio ai
nemici della patria. Probabilmente la chiesa continuò ad essere uffiziata fino alla fine del
Quattrocento da un sacerdote residente prima del trasferimento sul monte di Casciano nella sede di
un antico monastero di Benedettine dedicato ai SS. Giusto e Clemente. Qui nel 1252 una contessa
avrebbe donato secondo la tradizione alle monache di S. Regina presso Siena, tutti i suoi possessi.
Esse si sarebbero allora portate nella zona lasciando la precedente abitazione ridotta a parrocchia
con giuspatronato attivo e iniziando la costruzione della nuova residenza. Nel 1430 acquistarono
vasti possessi nel distretto di Macereto da Matteo di Cecco banchiere mostrando di saper
amministrare il patrimonio e di essere accorte nella gestione dei beni loro spettanti. Nel 1463 papa
Pio II soppresse formalmente il monastero anche se le religiose continuarono ad abitarvi fino al
secondo decennio del Cinquecento. Il 13 febbraio 1516 Ottaviano Castelli da Bologna, in qualità di
delegato apostolico, unì le sette monache rimaste a quelle di Ognissanti di Siena con relativo
passaggio di parte degli immobili. Altre porzioni consistenti di essi vennero attribuite alla Mensa
arcivescovile e alla cura insieme allo stabile della chiesa e ad altri privilegi. Attualmente la chiesa
risulta ente ecclesiastico civilmente riconosciuto ed è attiva come parrocchia compresa nella
forania della Val d'Arbia.
G. MERLOTTI cit., pp. 111-115; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 131, 186, 194, 200.
13. CASENOVOLE Parrocchia di S. Giovanni Evangelista
(Comune di Civitella P.co Grosseto) Vicaria foranea di Civitella
Forania attuale: Val di Merse - Maremma
Esisteva in epoca medioevale nella zona la canonica di Punzano ricordata nell'atto di donazione
che il vescovo Rodolfo fece di alcuni beni di suolo ai propri canonici nel 1081. Antichissima era
anche la pieve di Ancaiano situata nella valle d'Ombrone e appartenente al Capitolo del Duomo.
Gran parte del suo territorio pervenne al monastero di Montecellesi nel 1137 per donazione dei
conti Ardengheschi, compreso il giuspatronato sulla chiesa, che nel 1181 venne regolato con
pacifica transazione tra il medesimo e i canonici, previo versamento di un censo annuale.
Riconfermata nel 1197 dall'abate di S. Lorenzo dell'Ardenghesca come pertinenza delle monache
di Montecellesi con la riserva di alcuni diritti che esse facevano soddisfare al pievano, nel corso
dei secoli rimase attiva come parrocchia dipendente dal vescovo di Siena. Il suo rettore, ser
Duccio, nel 1307 fu presente all'adunanza del clero senese voluta dal presule Rinaldo Malavolti per
discutere in merito alla vertenza sorta con lo Spedale Grande relativa alle contribuzioni dovute dai
luoghi pii ai legati e ai nunzi apostolici. Il fatto è indicativo perché, data l'importanza della
riunione alla quale parteciparono tutti i curati o personalmente o per delega, non trovandosi sul
documento menzione della canonica di Punzano, si può supporre che essa fosse stata già
soppressa. E ancora, non essendo citata Casenovole, è certo che ancora non esisteva come
parrocchia, per cui Ancaiano raccoglieva tutte le popolazioni della zona. Inoltre, per quest'ultima,
non trovandosi nel prosieguo del tempo altri riferimenti, è da ritenere che rimanesse attiva ancora
per poco e che fosse trasferita presso il vicino castello di Casenovole. Per la scarsità delle rendite
la nuova cura non permetteva il mantenimento di un sacerdote, per cui ne fu conferita l'ufficiatura
all'ordine dei Domenicani che nel secolo XVII avevano dei possessi nella zona. I medesimi vi
istituirono la Compagnia del Rosario e curarono l'amministrazione spirituale delle popolazioni
circostanti. Per la munificenza della nobile famiglia Chigi che nell'Ottocento era proprietaria del
castello, si permetteva ai parroci di celebrare le funzioni religiose nell'oratorio di loro pertinenza,
dato lo stato di rovina della parrocchiale per la quale si resero necessari lavori di restauro nel 1861.
Attualmente la chiesa risulta ente ecclesiastico civilmente riconosciuto annesso a Pari e compreso
nella forania della Val di Merse - Maremma.
G. MERLOTTI cit., pp. 115-119; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 59, 60, 131, 186.
14. CASTELNUOVO TANCREDI Parrocchia di S. Bartolomeo
(Comune di Buonconvento)
Vicaria foranea di Buonconvento
Si trova nel sito che fu occupato nel sec. XIII dalla fortezza appartenuta ai Guiglieschi quindi, nel
prosieguo del tempo, dalla villa dei nobili Bargagli, Tancredi, Malavolti e Savini. Di antica
istituzione, era sotto il patronato del pievano di Piana, diritto che poi passò al vescovo di Siena agli
inizi del Trecento. Per le scarse rendite dovette essere accorpata, pur temporaneamente, alle
parrocchie vicine, mantenendo comunque autonoma la propria titolarità fino alla soppressione
avvenuta nel 1986. All'altare si riuniva la Confraternita del SS. Sacramento. Nel distretto vi erano
la cappella padronale sotto il titolo della Natività di Maria SS. (1776) e l'oratorio di Montesoli
dedicato alla Presentazione di Maria.
G. MERLOTTI cit., pp. 119-121; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 60, 131, 156, 185, 186,
369; AA.VV., Fattorie in Valdarbia, Siena 1987, pp. 31-53.
15. CASTIGLION DEL BOSCO Parrocchia di S. Michele Arcangelo
(Comune di Montalcino) Vicaria foranea di Buonconvento
Di antica istituzione, si trovava all'interno dell'omonimo castello che nel Duecento appartenne,
secondo la tradizione, alla famiglia dei Cacciaconti del ramo poi detto dei Giuseppi. Fu acquisito
nel 1337 dai Piccolomini i quali al momento della presa di possesso, dovettero scontrarsi con i
famigli del vescovo Donusdeo Malavolti che ne pretendeva il diritto di proprietà. Divenuto asilo
dei nobili fuoriusciti in lotta con la Repubblica di Siena, nel 1369 subì la stessa sorte della fortezza
di Campriano con la quasi totale distruzione. E' probabile che la chiesa da allora possa essere stata
traslata nel luogo attuale, dove si formò il nuovo villaggio. Per le scarse rendite e il numero esiguo
di anime, fu più volte associata ad altre parrocchie (Abbadia Ardenga e Bibbiano) mantenendo
comunque invariata la propria titolarità fino alla soppressione del 1986. Il precario stato di
mantenimento indusse l'arcivescovo Leonardo Marsili nel 1684 ad ordinarne il restauro compiuto
ad opera del nobile Francesco Del Cotone in cambio della proprietà dell'antica sede parrocchiale.
Vi si adunava la Compagnia di S. Michele Arcangelo, soppressa nel 1789. Nel distretto si trovava
la cappella gentilizia di Casale Borghesi.
G. MERLOTTI cit., pp. 121-124; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 61, 62, 132, 156, 186, 194.
16. CELLOLE IN PONTIGNANO Parrocchia di S. Martino
(Comune di Castelnuovo B.ga)
Vicaria foranea di Canonica a Cerreto
Forania attuale: Siena Nord
Zona appartenuta in epoca altomedioevale ai conti di Staggia, fu assegnata nel 994 da Tegrim,
figlio di Ildebrando e della contessa Ava Matilde, alla sua sposa Sandrada. Anticamente retta dai
monaci camaldolesi di S. Pietro a Roti sussidiati dal Comune di Siena, la chiesa è qualificata come
parrocchia nei documenti dei secoli XIII-XIV; essendo rimasta vacante, nel 1464 fu conferita ai
religiosi dello stesso ordine del Vivo d'Orcia che probabilmente la lasciarono agli inizi del
Cinquecento. Per le scarse rendite che non permettevano il mantenimento di un prete secolare, nel
1574 venne unita a S. Miniato a Noceto dall'arcivescovo Francesco Bandini Piccolomini dietro
pagamento di un censo annuale di due libbre di cera bianca alla mensa arcivescovile. Nel 1640 vi
fu eretto l'oratorio dedicato alla Madonna del Rosario dall'omonima confraternita. Nulla di
sostanziale cambiò nel corso dei secoli fino al trasferimento della titolarità alla soppressa chiesa
della certosa di Pontignano, avvenuto nel 1810, dove tuttora la parrocchia è attiva nella forania di
Siena Nord. Nel distretto si trovavano altre chiese, notevoli per l'antichità della loro istituzione, che
nel prosieguo del tempo vennero accorpate a Cellole. La canonica di S. Michele Arcangelo al
Bozzone fu il primo centro religioso della zona, retto da un priore, che accoglieva un collegio
sacerdotale per adempiere agli uffizi parrocchiali. Nel 1189 prete Magio o Madio dirigeva la
comunità che andò ad estinguersi come cura d'anime rimanendo incorporata a Cellole fin dal
secolo XIV. Nel 1503, forse a soddisfazione di certi obblighi, restava come titolo beneficiale
goduto da messer Giacomo, vicario generale della diocesi; i suoi possessi, traslati alla nuova
parrocchia, nell'Ottocento, in seguito alle vendite effettuate, appartenevano ai Bandini Piccolomini
proprietari della vicina villa di Fagnano. Anche l'altra parrocchia di S. Lorenzo a Pontignano era
molto antica. Il suo rettore, ser Cino, nel 1307 intervenne al capitolo del clero senese voluto dal
vescovo Rinaldo Malavolti per risolvere le vertenze sorte con lo Spedale di S. Maria della Scala.
Essendo stata portata a compimento la costruzione della certosa nel cui perimetro si trovava la
chiesa, essa cominciò comunemente a denominarsi "Pontignanello". Nel 1536 l'arcivescovo
Francesco Bandini Piccolomini, considerando l'inutilità di una cura d'anime così vicina al grande
monastero, ne decretò la riunione al medesimo dietro pagamento di un censo annuale di uno scudo
d'oro di sale alla Mensa. Monsignor Tiberio Borghesi il 5 luglio 1787 l'accorpò infine a Cellole
dichiarando la secolarizzazione della chiesa che venne ridotta ad uso di colonica. S. Michele
Arcangelo a Misciano rientrava nel Medioevo nelle competenze del Capitolo senese che vi
nominava un rettore. Divenuto parte della collegiata della Pieveasciata, passò nelle ragioni della
nobil famiglia dei Cerretani. Nel 1418 il vescovo Antonio Casini, constatata la quasi totale
mancanza di anime, riunì la parrocchia a S. Lorenzo a Pontignano e l'edificio fu abbandonato nel
secolo successivo. La certosa di Pontignano, fondata nel 1343 dal celebre giureconsulto monsignor
Bindo di Falcone Petroni, notaio apostolico, proposto della Cattedrale di Colonia e cugino del
cardinale Riccardo, si ampliò con il passare dei secoli fino a raggiungere l'attuale vastità.
Nonostante il saccheggio subíto nel 1554 dall'esercito di Carlo V, risorse più splendida grazie ai
lavori che nel corso del Cinque-Seicento furono portati a compimento con alacrità e
determinazione dai religiosi Certosini. Soppressa nel 1784, per non mandare in rovina una fabbrica
tanto imponente, il granduca Pietro Leopoldo chiamò in Pontignano i monaci Camaldolesi che vi
dimorarono fino al 1810, quando la chiesa e parte del monastero accolsero il parroco di S. Martino
a Cellole mentre il rimanente fu alienato per vendita alla famiglia Masotti di Buonconvento.
G. MERLOTTI cit., pp. 124-131; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 62, 132, 157, 185, 194,
369.
17. CERRETO CIAMPOLI (CANONICA A CERRETO)
Parrocchia dei SS. Pietro e Paolo
(Comune di Castelnuovo B.ga)
Vicaria foranea di Canonica a Cerreto
Secondo il pievano ed erudito settecentesco Annibale Mazzuoli sarebbe stata fondata nel 1093 da
un nobile degli Antolini per lo scampato pericolo di una malattia. Certo è che la potente famiglia,
oriunda di Siena, aveva il giuspatronato del Vescovado e della pieve, retta da un collegio di
canonici fin dai tempi più antichi. Nel 1224 il vescovo Buonfiglio ne confermò il possesso al
Capitolo e alla metà del secolo parte del patronato passò alla famiglia dei Cerretani. Il 29 gennaio
1297 la Repubblica acquistò da Guidaretto del fu Corrado da Cerreto Ciampoli una delle nove parti
per indiviso del castello e signoria del medesimo a patto e condizione dell'immissione nelle ragioni
della pieve, trascorso un periodo di quattro anni. L'anno seguente Bisdomino di Berengario degli
Antolini donò al rettore dello Spedale di S. Maria della Scala i propri diritti sulla chiesa. Nel 1381 i
possessi della Canonica a Cerreto furono arricchiti dal lascito testamentario di Guglielmaccio del
fu Ciampolo Cerretani che legò alla medesima tutte le proprietà delle vicinanze del castello di
Selvole. Nel 1598 l'arcivescovo Francesco Maria Tarugi dichiarò la chiesa vicaria foranea
assegnandole come dipendenti le parrocchie di Pievasciata, Cellole in Pontignano, Cerreto e
Vagliagli. Attualmente la parrocchia è soppressa e il suo popolo dal 1988 risulta annesso a
Pievasciata.
Rientrava nelle pertinenze della Canonica la chiesa di S. Stefano al Cerretino, situata non lontano
dalle mura del castello di Cerreto. Di antichissima fondazione, era attiva come parrocchia nel
1298, quando Guidaretto Cerretani ne cedette al Comune di Siena una delle nove parti per indiviso.
Essendo vacata per la morte del sacerdote Durante Dulcelli che ne era stato investito fin dal 1573,
rimase senza rettore per un cinquantennio. Le visite pastorali effettuate nel Seicento misero in luce
le pessime condizioni dello stabile e la mancanza di una casa per l'abitazione del curato, tanto da
indurre a richiamare i patroni Cerretani a intervenire tempestivamente. Nei secoli successivi risulta
uffiziata alcune volte all'anno dai pievani della Canonica.
Secondo alcune fonti storiche citate da G. Merlotti, nella zona si trovava anche una chiesa dedicata
a S. Niccolò poi riunita alla precedente. Il 22 aprile 1425 fu data in economia a ser Alberto di
Pietro da Montecastello e nel prosieguo degli anni sarebbe passata nelle competenze dei rettori
della Canonica. Per pubblico istrumento del 31 marzo 1717 i beni immobili di sua pertinenza,
consistenti in una casetta e tre appezzamenti di terreno, vennero venduti da Sebastiano Nenci
all'abate Niccolò Cerretani il quale con il retratto, costituì un annuo censo a favore dei pievani di
Cerreto su altre proprietà site nel padule di Rosia.
G. MERLOTTI cit., pp. 95-99; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 24, 62, 132, 185, 194.
18. CERRETO (S. GIOVANNI) Parrocchia di S. Giovanni Evangelista
(Comune di Castelnuovo B.ga)
Vicaria foranea di Canonica a Cerreto
Forania attuale: Siena Nord
In epoca medioevale rientrava nel giuspatronato dei canonici della Metropolitana e della famiglia
Ricasoli. Nel 1224 il vescovo Buonfiglio confermò al proposto della Cattedrale il possesso dei
diritti sulla chiesa spettanti per donazione dei suoi antecessori Leone (1030) e Gualfredo (1081).
Tuttavia, intorno alla metà del Quattrocento, tali ragioni dovevano essersi estinte dato che papa Pio
II non ne fece menzione nel relativo atto di attribuzione. Nel XVII secolo il giuspatronato era
esercitato contemporaneamente dalle famiglie Ottorenghi, Petroni e Del Taia, all'ultima delle quali
spettava ancora nell'Ottocento. La visita apostolica di monsignor Bossi nel 1575 rilevò un pessimo
stato generale della fabbrica che dovette essere prontamente restaurata. Nella seconda metà
dell'Ottocento il parroco Antonio Lavagnini fece eseguire consistenti lavori anche nella chiesa che
tuttora è attiva come parrocchia compresa come forania di Siena Nord.
G. MERLOTTI cit., pp. 131-133; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 62, 63, 132, 151, 186.
19. CERRETO SELVA Parrocchia di S. Stefano
(Comune di Sovicille) Vicaria foranea di Barontoli
Anticamente di giuspatronato vescovile, era retta da parroci direttamente nominati dal presule
senese. Il sito della chiesa è forse quello dell'avito castello distrutto definitivamente alla fine del
Trecento dai Fiorentini, del quale i documenti riferiscono l'esistenza. Nel corso dei secoli l'edificio
sacro subì vari rimaneggiamenti fino a quelli settecenteschi che gli hanno conferito l'attuale
aspetto. All'altare della Vergine del Carmine si riuniva l'omonima confraternita istituita nel 1725.
La parrocchia è stata soppressa nel 1986.
G. MERLOTTI cit., pp. 134-136; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 63, 151, 185, 195, 201.
20. CIVITELLA MARITTIMA Parrocchia di S. Maria in Montibus
(Comune di Civitella (GR)) Vicaria foranea di Civitella M. ma
Forania attuale: Val di Merse – Maremma
L'antica chiesa, affidata da Lucio II alla giurisdizione dei padri benedettini dell'Ardenghesca (1144),
fu riconfermata ai medesimi da Celestino III nel 1194. I conti di Civitella, come patroni, donarono
parte dei loro diritti alla badessa del monastero di Montecellesi alla quale, dopo alcune divergenze,
gli stessi monaci confermarono nel 1197 quanto loro spettava sui beni della predetta chiesa,
riservandosi comunque dei privilegi che le religiose facevano soddisfare al pievano pro tempore.
Apprendiamo da un atto rogato il 3 febbraio 1263 che il rettore Gallico doveva dare all'abate
Benedetto di S. Lorenzo all'Ardenghesca ogni anno a titolo di censo per la festa dell'Assunzione
libbre 7 di cera, 50 pani e 10 soldi; per la festa di S. Stefano 2 libbre d'incenso e 20 soldi; nonché
nelle feste di S. Maria, S. Salvatore, S. Benedetto e nel primo giorno della luna di Quaresima
assistere personalmente ai diversi uffici nell'abbazia. Riguardo alla titolazione Merlotti precisa: "Al
lato della chiesa esiste un oratorio sotto la denominazione di S. Maria de' Monti ov'esisteva una
compagnia laicale sotto il medesimo titolo. Nelle vicinanze del castello incontrasi pure un luogo
addimandata la pieve vecchia. Qui è tradizione che già esistesse l'antico battistero e non altrove e
che questo era il luogo dove anticamente era la pieve di S. Maria in Montibus. Venuto a popolarsi il
castello degli Ardengheschi, fu osservato che ritenere il sacro fonte fuori del paese era troppo di
disagio ed è per questo che fu trasferito dentro. Fu prescelto allora l'oratorio a destra della chiesa
plebana allora sacro ai SS. Giacomo e Filippo e lasciato questo titolo, prese l'atro di S. Maria de'
Monti, ove di già era stato trasferito il fonte. Venuti altri tempi, fu fondata ed ingrandita la presente
pieve conosciuta col titolo dei SS. Fabiano e Sebastiano ed intanto il sacro fonte fu trasferito nella
nuova chiesa; ed allora fu che essa prese il titolo di S. Maria de' Monti ed allora fu che la già
nominata chiesa dei SS. Giacomo e Filippo non divenne che una semplice succursale".
Già dal Cinquecento la parrocchiale era sovvenuta da un'opera che curava i lavori di mantenimento
e le spese necessarie. Nel 1598 l'arcivescovo Francesco M. Tarugi decretò solennemente la chiesa
vicaria foranea assegnandole per subalterne quelle di Paganico, Ardenghesca, Montantico,
Casenovole, Santo e Iesa. Nel 1618 Alessandro Petrucci scorporò le due ultime per motivi logistici
riunendole a S. Lorenzo a Merse. Numerosi erano gli edifici di culto, presenti nella zona di
Civitella, oltre ai già ricordati: l'oratorio di S. Ansano, non più esistente, posto a sinistra della
parrocchiale, sede della omonima compagnia; la chiesa di S. Materno, esterna al castello, fondato
dagli Ardengheschi; l'abbazia dei SS. Salvatore e Lorenzo all'Ardenghesca sul Lanzo, detta di
Monte Lucci, istituita dai medesimi signori nel X secolo e da essi arricchita nel prosieguo del tempo
fino a raggiungere il ruolo di grande importanza che ebbe nel Medioevo. I Benedettini di
quest'ultima estendevano la loro giurisdizione su varie chiesa della zona ed erano direttamente
sottoposti alla Santa Sede come rileviamo dalle bolle di vari pontefici. Soppressa l'abbazia da
Eugenio IV nel 1440, i suoi beni furono attribuiti ai Canonici Regolari di S. Salvatore detti gli
Scopetini che allora occupavano il convento di S. Maria degli Angeli fuori della porta Nuova di
Siena. Il superiore assunse il titolo onorifico di abate dell'Ardenghesca con l'obbligo del
mantenimento degli stabili e del servizio religioso della cura. Con rescritto apostolico del 16
maggio 1653 la parrocchia suddetta fu dichiarata vicaria perpetua e al medesimo abate venne
imposta la nomina del cappellano curato. Con la soppressione degli ordini religiosi del 1780 la
parrocchia, quantunque di pertinenza della diocesi grossetana, fu riunita alla pieve di Civitella.
Attualmente quest'ultima risulta ente ecclesiastico civilmente riconosciuto ed è attiva come
parrocchia compresa nella forania di Val di Merse - Maremma.
G. MERLOTTI cit., pp. 136-141; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 64, 132, 157, 186, 195, 244,
248; RICCI A., La rocca degli Ardengheschi, Siena 1935; MARRI MARTINI, L'Abbazia di S.
Lorenzo al Lanzo, in "B.S.S.P.", XLV (1938), pp. 93-100; A. CANESTRELLI, L'Abbazia di S.
Lorenzo all'Ardenghesca, in "B.S.S.P" XVIII (1911), pp. 84-132, 187-232; G. PRUNAI, L'Abbazia
di S. Lorenzo all'Ardenghesca, in "B.S.S.P." LXVIII (9161), pp. 189-240.
21. COLLANZA Parrocchia di S. Giovanni Decollato
(Comune di Asciano) Vicaria foranea di Monteroni d’Arbia
I documenti attestano la sua esistenza dal secolo XII anche se l'origine dell'insediamento è
probabilmente più antica. Con decreto del 31 dicembre 1410 il vescovo Antonio Casini la unì in
perpetuo all'abbazia vallombrosana di S. Michele Arcangelo nel Poggio di S. Donato in Siena, ma
in seguito tornò ad essere parrocchia autonoma, forse grazie ai lasciti che le permisero di
accrescere lo scarso patrimonio immobiliare. Nel 1668 possedeva oltre ai campi limitrofi, due
appezzamenti di terreno in Siena fuori porta S. Marco, nella zona che nel 1843 fu ridotta a
pubblico piazzale quando venne corretto il percorso della regia strada grossetana. Posto in luogo
cretoso e soggetto a frane e cedimenti, l'edificio religioso dovette spesso essere risarcito: nel suo
testamento del 1363 il pittore Bonaccorso di Pace del popolo di S. Egidio erogò tre fiorini d'oro per
i restauri della chiesa; nel 1630 il rettore Angelo Marchetti profuse gran parte delle sue rendite nei
lavori murari, tanto da essere elogiato nella visita pastorale del 1645; nell'Ottocento fu quasi
interamente ricostruita con la casa canonica. Dal 1986 la parrocchia risulta soppressa. L'attuale
perimetro contiene diverse chiese che anticamente costituivano altrettanti insediamenti con cura
d'anime. Il diruto oratorio di S. Lucia a Medane, già sotto l'invocazione di S. Cecilia, rientrava
nella giurisdizione dei monaci di S. Eugenio come attestano le bolle di Alessandro III (1176) e di
Innocenzo III (1207). Passato nelle ragioni delle religiose del monastero dei SS. Abundio e
Abundazio, il parroco pro tempore doveva ad esse ogni anno un censo di sei pani, sei forme di
cacio, cento uova, nonché la metà dei ceri che i fanciulli offrivano il giorno di Pasqua con un
mezzo cero e un mezzo lumen Christi. Nel 1486 anche la nobile famiglia Petroni vantava dei diritti
in Medane che comunque continuavano ad essere esercitati in misura preponderante dalle stesse
monache le quali, nel 1557, per riparare i danni del loro monastero, vendettero tutte le loro
proprietà della zona. Fu allora che probabilmente la popolazione venne riunita a Collanza e
l'oratorio pubblico servì la villa Spennazzi. La scomparsa chiesa di S. Andrea a Usinina,
anticamente compresa nella giurisdizione dell'Abbazia del Bozzone, è ricordata nei documenti dei
secoli XIII e XIV come istituzione retta da un collegio di sacerdoti. Per lo spopolamento seguito
alla peste del 1348 fu quasi completamente abbandonata tanto che l'allora beneficiario risolse di
darla in affitto al parroco di S. Pietro a Ovile rinunciando nelle mani del vescovo la propria
titolarità. Nel 1436 il presule la concesse in economia al rettore di S. Pietro a Paterno, ma pochi
anni dopo, nel 1466, già non esisteva e il titolo era stato trasferito ad un altare della predetta chiesa.
Nel 1796 l'arcivescovo Anton Felice Zondadari, su istanza degli abitanti del luogo, ne decretò
l'associazione alla cure spirituali del parroco di Collanza.
L'antichissima chiesa di S. Donato a Lucano, già filiale della canonica di S. Maria di Salteano, era
parrocchia beneficiaria delle decime pagate dallo Spedale di S. Maria della Scala nel Medioevo.
Soppressa probabilmente nella seconda metà del Trecento, di essa non rimane nulla se non la
notizia che i suoi beni furono acquisiti dalla grancia di Cuna.
G. MERLOTTI cit., pp. 142-146; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 64, 133, 186.
22. COLLE MALAMERENDA Parrocchia dei SS. Simone e Giuda
(Comune di Siena) Vicaria foranea di Monteroni d'Arbia
Forania attuale: Siena centro
Merlotti ritiene che uno spedaletto di ignota fondazione, detto del Naviglio, abbia dato origine alla
parrocchia poiché i suoi rettori, sacerdoti, dirigevano contemporaneamente anche l'istituto che
viene ricordato fino alla metà del Trecento. Di giuspatronato laicale, la cura ebbe sempre un
parroco titolare pur con qualche eccezione dovuta alla scarsità delle rendite e per periodi limitati:
nel 1422 il vescovo Antonio Casini la unì a S. Eugenia e nel 1426 a Marciano, con S. Pietro
all'Arbiola; nel 1504 il cardinale Giovanni Piccolomini l'accorpò a S. Michele Arcangelo di Petroio
e nel 1536 al monastero senese di S. Maria degli Angeli detto il Santuccio. Le religiose, che
avevano l'obbligo di mantenere il curato, vi rinunciarono nel 1609 col patto di ritenere un censo
perpetuo di scudi 20 e lo stesso anno la chiesa di S. Stefano al Pecorile già dipendente da Vignano,
fu annessa a Colle con l'altra di S. Lorenzo a Borgovecchio di pertinenza della mensa
arcivescovile. Da allora la funzione pastorale continuò ad essere regolarmente svolta da un
religioso di nomina arcivescovile fino alla metà del secolo scorso. Ente ecclesiastico civilmente
riconosciuto, ai nostri giorni la chiesa risulta unita a S. Mamiliano in Valli ed è compresa nella
forania di Siena centro.
Nel distretto parrocchiale, un tempo assai popoloso, si trovavano diverse chiese e insediamenti le
cui origini rimandano certamente alla via Romana o Cassia che solca la zona. La parrocchia di
S. Lorenzo a Borgovecchio, di antica fondazione, appartenne secondo il Repetti nell'alto Medioevo
ai conti Winigisi. Passata sotto il giuspatronato dei canonici del Duomo con l'obbligo di proporne
il rettore, viene nominata come cura d'anime nei documenti dei secoli XII-XIV. Non sappiamo
quando sia stata soppressa, né quando la fabbrica abbia cambiato destinazione. Nell'Ottocento la
chiesa era stata trasformata in oratorio pubblico che il parroco di Colle aveva l'obbligo di
mantenere, anche se la famiglia Nerli, proprietaria della zona, ne usufruiva durante la villeggiatura.
La chiesetta di S. Stefano al Pecorile, detta di Vaccareccia, esisteva prima dell'anno 801, quando
venne sottoposta al monastero benedettino dei SS. Abondio e Abundazio. Ebbe sempre un proprio
titolare con funzioni di curato fino al 1492, anno in cui fu unita a Vignano per poi essere di nuovo
accollata alla vicina Malamerenda nel 1606. Come riferisce il Tizio, sul poggio di fronte alla
chiesa, nella destra della via Romana, fin dal 1346 era stato stabilito il luogo del pubblico supplizio
dal Comune di Siena dopo la dismissione dell'altro sito detto Corpo Santo nei limiti della
parrocchia di Basciano. Benché nel 1358 i Perugini si inoltrassero nel territorio e guastassero le
forche portandosi le catene nella loro città, si continuò lo stesso ad esercitarvi la giustizia fino al
1431. La chiesa di S. Stefano che fino ad allora aveva avuto la funzione di accogliere i corpi dei
condannati, cominciò a decadere. Verso la metà del Seicento fu interamente distrutta e il materiale
venne impiegato nei restauri della parrocchiale di Colle Malamerenda.
L'oratorio dello spedaletto di S. Maria Maddalena, non più esistente, doveva trovarsi nei dintorni o
in prossimità della località detta Coroncina. Fondato nel 1358, i suoi beni passarono ai Domenicani
che vi nominarono un rettore secolare. Alla fine del Trecento pagava una tassa al governo di Siena
e pare che fosse già subentrato nelle ragioni dell'altro detto del Naviglio. Venne soppresso intorno
alla prima metà del secolo XVIII.
G. MERLOTTI cit. pp. 147-152; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 65, 133, 186, 293.
23. S. COLOMBA Parrocchia dei SS. Pietro e Paolo
(Comune di Monteriggioni)
Vicaria foranea di Casciano delle Masse
Forania attuale: Siena nord
Merlotti, rifacendosi alle memorie raccolte dal curato Annibale Mazzuoli nel Settecento, asserisce
che la chiesa fu fondata nel 1076 dai coniugi Giacomo di Martinuccio e Colomba di Taddeo di
Arnano, dedicandola ai SS. Giacomo e Colomba. Nel 1093, Bisdomino di Berengario degli
Antolini di Siena, per grazia ricevuta, avrebbe ampliato l'edificio che dai documenti risulta sede
parrocchiale fin dal 1105. Partendo dal fatto che gli Antolini erano discendenti degli Ardengheschi,
i quali possedevano vari terreni nella zona, da quei conti Merlotti suppone derivasse l'origine della
chiesa, ipotesi suffragata dalla tradizione che ne vedeva fondatrice la contessa Ava di Staggia,
moglie di Ildebrando I dell'Ardenghesca. Un componente della nobile prosapia, il conte
Bernardino, nel 1105 lasciò al Capitolo del Duomo alcuni suoi immobili tra cui un terreno
coltivato dal prete di S. Colomba. E' probabile che i canonici ne facessero a loro volta donazione
alla parrocchia acquistandone il giuspatronato il quale venne ad essi riconfermato nel prosieguo del
tempo da vari presuli e pontefici: nel 1194 da Celestino III, nel 1224 da Buonfiglio, nel 1460 da
Pio II. Le famiglie degli Antolini e dei Bisdomini, come eredi degli Aldobrandeschi, mantennero
nel corso del Duecento e del Trecento i loro diritti sulla chiesa tanto che il curato pagava ad esse
un censo di staia 6 di fave nel mese di agosto e dieci uova e due forme di cacio il giorno di sabato
santo, onere che nel 1602 fu variato in denaro effettivo da corrispondere allo Spedale di S. Maria
della Scala. Arricchitasi grazie a numerose disposizioni testamentarie, nel Trecento la parrocchia
disponeva di diverse rendite e immobili ai quali nel corso dei secoli si ricorse per risarcire i danni
causati da fatti d'arme avvenuti spesso nel distretto. Nel 1364 la compagnia di Giovanni Acuto
seminò disastri e distruzione tanto che cinque anni dopo il chierico Guccio Forteguerri presentò
istanza al vescovo Azzolino per vendere un poderetto con il cui retratto acquistare un paio di buoi
per lavorare la terra della cura lasciata incolta e in stato miserevole. A tempi tanto difficili
seguirono epoche migliori durante le quali il patrimonio venne incrementato dai lasciti di Agostino
di Minuccio, detto Palla da Casabocci, (1375), da Nardo di Guido (1440) e di altre persone. Nel
1486, con breve di Innocenzo VIII, la chiesa ebbe il titolo di pieve dedicata al principe degli
apostoli. Dal 1599 si adunò nella medesima la confraternita laicale della Visitazione di
MariaVergine che nel 1623 prese il nome dei Sette Dolori. Aumentata di numero e disponendo di
risorse finanziarie sufficienti, deliberò nel 1636 di erigere un oratorio contiguo alla parrocchiale,
obbligandosi a pagare al sacerdote un censo annuo di tre libbre di cera lavorata. Ente ecclesiastico
civilmente riconosciuto, ai nostri giorni S. Colomba fa parte della forania di Siena nord. Nel
distretto esistono o furono uffiziati oratori ed edifici sacri degni di memoria: la cappella di
S. Caterina d'Alessandria del palazzo Petrucci, voluta dall'arcivescovo Alessandro; l'oratorio
dedicato a S. Michele Arcangelo di Arnano, edificato da Ceccarello Calzolesi e il monastero di
S. Leonardo al Lago, di antichissima fondazione, appartenuto agli eremitani di Lecceto.
G. MERLOTTI cit. pp. 152-160; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 65, 133, 151, 157, 186.
24. CORSANO Parrocchia di S. Giovanni Battista
(Comune di Monteroni d'Arbia) Vicaria foranea di Corsano
Forania attuale: Val d'Arbia
Di antica fondazione rientrava nel 1027 nella giurisdizione dei canonici senesi che riscuotevano le
annue prestazioni dai suoi rettori. Nel 1189 essi rinunciarono a favore del presule ad ogni loro
ragione, mantenendo tuttavia l'onorifico diritto della nomina del titolare. La memoria lapidea posta
sul tronco della prima colonna destra al lato dell'altar maggiore che riporta l'iscrizione "A. D.
MCLXXXIIII SECUNDA DOMINICA ANTE FESTUM OMNIUM SANCTORUM EST
DEDICATIO HUIUS ECCLESIAE FUIT" potrebbe essere una conferma del passaggio della
chiesa alla mensa episcopale, per cui il vescovo Buono avrebbe commissionato restauri radicali e
una solenne consacrazione del rinnovato edificio. Di fatto i canonici continuarono nel corso dei
secoli ad essere investiti del beneficio di Corsano e le bolle di vari pontefici attestano i privilegi
che essi godettero nella zona. Nel 1598 il cardinale Francesco M. Tarugi dichiarò la pieve sede di
vicaria foranea assegnandole come subalterne le parrocchie di Bagnaia, Radi, Frontignano,
Campriano, S. Salvatore a Pilli, Mugnano. Erano erette nella chiesa due compagnie laicali sotto il
titolo del Rosario (1615) e di S. Agata (sec. XVI), le quali uffiziavano i loro altari e procuravano
doti alle fanciulle povere; soprattutto per merito del parroco Giuseppe Maria Quinza nel Settecento
fu istituito un cospicuo fondo per la pia iniziativa che continuò ad essere praticata anche nel secolo
successivo. L'edificio sacro subì considerevoli danni in seguito ai terremoti del 1908, nella quale
occasione furono avviati i restauri che hanno conferito al complesso l'attuale aspetto. Attualmente
l'istituzione risulta ente ecclesiastico civilmente riconosciuto compreso nella forania della Val
d'Arbia. Il distretto parrocchiale comprendeva numerosi oratori, molti dei quali non più esistenti: la
chiesa di S. Margherita distrutta , già cura d'anime in epoca medioevale, il cui titolo fu unito a
quella di S. Ansano dell'omonimo castello fatto fabbricare dagli Spannocchi. Qui nel 1271 il
Comune di Siena teneva un giusdicente minore. Passato ai Tolomei nel Trecento, fu proprio un
discendente della nobile prosapia, il conte Rinaldo, a rivolgere istanza nel 1596 all'arcivescovo
Ascanio Piccolomini per aggiudicarsi le proprietà della fatiscente chiesetta di S. Margherita che
aveva risentito dei danni provocati dalla guerra di Siena, in cambio della sua ricostruzione e del
mantenimento del rettore. L'antica parrocchiale di S. Donnino a Sorra, di esclusivo patronato del
pievano di Corsano, apparteneva nel 1071 alle benedettine di Montecellesi. L'altra di S. Lucia,
attestata dai documenti del Duecento, cessò di esistere nella seconda metà del secolo successivo e
il suo patrimonio fu accorpato a Corsano. S. Michele Arcangelo a Palmolaia, nominata in un atto
di vendita del 1249, ebbe i suoi rettori fino alla fine del Cinquecento. Unita alle cure limitrofe a
partire dal Quattrocento, venne ridotta nel Seicento a semplice beneficio ecclesiastico fino alla
vendita effettuata nel 1771 alla famiglia Ballati Nerli.
La zona, per la presenza di numerose ville padronali, era assai dotata di oratori molti dei quali
tuttora esistenti: la cappella di S. Maria in Villa poi del B. Franco a Grotti, l'oratorio di
S. Gerolamo poi di S. Lucia al Colle, l'oratorio di S. Francesco a Casa al Bosco, la cappella del
Nome della B. V. M. a Corsano, l'oratorio della B. V. M. poi di S. Antonio da Padova al Pero,
l'oratorio di S. Nicola da Tolentino alla Villa di Mezzo, l'oratorio della Immacolata Concezione poi
di S. Francesco a Corsano, la cappella della B. V. M. alla Villa al Piano, l'oratorio di S. Orsola a
Monterosi, la cappella del B. Ambrogio Sansedoni poi di S. Margherita alla Selva, il romitorio del
B. Franco a Grotti.
G. MERLOTTI cit. pp. 161-169; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 66, 133, 195, 200, 234; A.
CAPPELLI, Storia di S. Giovanni Battista a Corsano, Siena 1967; F. D. NARDI, Il reticolo
ecclesiastico e le sue emergenze in età moderna cit.
25. CREVOLE Parrocchia di S. Cecilia
(Comune di Murlo) Vicaria foranea di Murlo
Confermata al vescovo Buono dal papa Clemente III nel 1189, ebbe sempre un titolare sottoposto
alla sua giurisdizione. Essendo compresa nel territorio dell'antico feudo dei presuli senesi e per di
più nei pressi della famosa rocca in cui risiedevano, la pieve nel Medioevo fu da essi tenuta in
particolare considerazione. Dalla seconda metà del Trecento iniziò la sua decadenza a causa delle
scarse rendite che non permettevano il mantenimento permanente di un sacerdote e tantomeno di
poter effettuare l'ordinaria manutenzione degli edifici. Tale crisi può essere messa in relazione alle
stesse vicende storiche che portarono intorno al 1379 alla occupazione di Crevole da parte dei
ghibellini fuoriusciti e, negli anni seguenti, alle note vertenze insorte tra episcopio e governo in
merito al possesso della rocca. Recuperata la piena giurisdizione nei primi anni del Quattrocento, il
cardinale Antonio Casini nel suo testamento del 1439 volle che in una delle stanze della fortezza
fosse edificato un oratorio in onore della Purificazione di Maria Vergine, disponendo inoltre un
lascito per le riparazioni della parrocchiale e per l'acquisto di una vigna da affidare al titolare.
Da allora i vescovi poterono continuare ad abitare il castello tanto che l'8 novembre 1459 vi morì
Antonio Piccolomini. Circa un secolo dopo, nel 1552, fu spogliato delle artiglierie dagli spagnoli
per servirsene contro Siena e, con la resa della città, fu distrutto perché ritenuto pericoloso dal
conte Sforza di S. Fiora comandante degli imperiali in Toscana dopo la partenza del marchese di
Marignano. Presso la rocca esisteva un villaggio fiorente che in seguito agli eventi cadde in rovina
fino ad essere quasi completamente abbandonato. Nel 1687 gli eremitani agostiniani lasciarono il
loro monastero di Montespecchio ormai ridotto in condizioni precarie e si trasferirono nei locali di
Crevole, che nel 1733 furono dichiarati clausura. Con la soppressione del 1781 la chiesa, grazie
all'aumentate rendite, tornò ad essere amministrata da un pievano di nomina vescovile. Dopo
essere stata annessa per diversi anni a Corsano, la cura è stata estinta nel 1986. Al suo territorio fu
unita forse nella seconda metà del Trecento l'altra parrocchiale di S. Michele Arcangelo a
Formignano, nominata nei documenti del secolo XIII e tuttora esistente. A conferma di quanto
detto, un atto del 4 ottobre 1366 attesta l'affitto concesso dal pievano di Crevole a Berto di Lando
da Torri dei terreni appartenenti alla chiesa accorpata. Nella zona era compreso anche l'oratorio
della Madonna del Buonconsiglio, presso il podere denominato l'Orsa, costruito nel 1756 dagli
Agostiniani per non perdere la memoria della loro antica sede di Montespecchio.
G. MERLOTTI cit. pp. 159-172 G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 67, 134, 151, 186, 195, 200,
220, 223; N. MENGOZZI, Il feudo di Vescovado di Siena, Siena 1911.
26. CUNA Parrocchia dei SS. Giacomo e Cristoforo
(Comune di Monteroni d'Arbia) Vicaria foranea di Monteroni d'Arbia
Forania attuale: Val d'Arbia
L'antica parrocchiale è ricordata in una bolla di Gregorio III del 13 maggio 1152 in cui si
confermava all'abate di S. Mustiola di Torri il possesso dello spedaletto annesso. Oltre che a
particolari e nobili, il giuspatronato spettò, nel prosieguo del tempo, anche al popolo di Cuna che
viene citato in una vertenza promossa nel 1305 contro il legato pontificio cardinale Orsini in
merito alla nomina di un rettore indesiderato. La protesta non sortì subito l'effetto sperato perché il
medesimo prelato l'anno seguente scelse il chierico Giunta di Pietro senza curarsi di altre ragioni
addotte dalle tradizioni, tuttavia, per sanare una volta per tutte ogni divergenza, rimise nella potestà
dei rettori dello Spedale di S. Maria della Scala ogni diritto in materia. Fu proprio uno di essi,
Giovanni di Tese dei Tolomei, che nel 1314 decise di riedificare l'edificio sacro già pericolante nel
1286, quando il vescovo Rinaldo Malavolti vi aveva inviato un canonico per fare la perizia dei
lavori da eseguire immediatamente. Nel 1419 il cardinale Antonio Casini unì temporaneamente
alla parrocchia l'antiva chiesa di S. Pietro all'Arbiola il cui popolo fu nel 1789 definitivamente
ripartito tra Cuna e Tressa di Val d'Arbia. I rettori dello Spedale Grande esercitarono le loro facoltà
sul mantenimento degli stabili, sulla presentazione dei parroci al presule, sul versamento della
congrua e su quant'altro concerneva l'amministrazione temporale della cura fino al 1788, anno in
cui i beni del pio stabilimento furono alienati o affittati a privati. In seguito la neoistituita
Direzione degli Spedali Riuniti di Siena si accollò solamente l'onere del sostentamento del curato,
partecipando in casi eccezionali alle spese di restauro fino alla definitiva rinuncia del 1879.
Attualmente la chiesa risulta ente ecclesiastico civilmente riconosciuto annesso a Monteroni e
compreso nella forania della Val d'Arbia.
Il territorio di pertinenza della cura comprendeva, oltre all'antica chiesa di S. Pietro all'Arbiola
sopra ricordata, la cappella dedicata a S. Anna che nell'Ottocento la famiglia Mocenni di Siena,
proprietaria, cedette al popolo di Cuna tramite la Curia.
G. MERLOTTI cit. pp. 172-176; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 68, 134, 151, 152, 157, 186,
255.
27. S. DALMAZIO Parrocchia di S. Dalmazio
(Comune di Monteriggioni) Vicaria foranea di Casciano delle Masse
Forania attuale: Siena nord
Citata in un atto di donazione del 12 marzo del 1086, pare che vi esercitassero dei diritti le
monache di Montecellesi in virtù del testamento del chierico Pietro di Rustichello (1092). I
documenti ricordano i suoi rettori dalla metà del Duecento così come il giuramento per l'accordo
tra Senesi e Fiorentini concluso nella parrocchiale l'8 agosto 1208. Dalla medesima deriva
l'omonima prebenda canonicale eretta nella Metropolitana, che nel 1366 era divisa in varie rendite
e serviva per il mantenimento di un religioso atto a prestare servizio spirituale. Nel 1410 i proventi
della cura, con quelli di S. Andrea di Ampugnano, vennero accorpati in un unico fondo che costituì
il canonicato del Duomo detto di S. Dalmazio riconfermato al Capitolo da papa Pio II il 19 agosto
1460. Beneficiario era un prelato che aveva l'obbligo di mantenere un prete amovibile per il
disimpegno delle incombenze parrocchiali. Con i decreti del 10 luglio 1781, del 2 marzo e 13
luglio 1782 fu ordinato dal granduca Pietro Leopoldo di Lorena che tutte le parrocchie di
giuspatronato ecclesiastico fossero conferite per concorso; i canonici trasferirono allora le loro
ragioni all'arcivescovo di Siena il quale, fatta aumentare la congrua, il 26 febbraio 1783 assegnò
S. Dalmazio ad un rettore perpetuo e inamovibile.
Vicino all'antica chiesa si trovava un piccolo oratorio abbandonato dove nel 1645 fu rinvenuta
un'immagine in terracotta della Madonna che il processo istruito da monsignor Ascanio
Piccolomini ascrisse al pubblico culto per le grazie ottenute dai fedeli; essendo compresa la
costruzione nel podere facente parte della prebenda goduta allora dal canonico Angelo Bartalucci,
per renderla più idonea decise di ampliarla impiegando la sua eredità e le sovvenzioni di diversi
benefattori. Il 15 maggio 1654 il Capitolo approvò la demolizione del vecchio oratorio e l'anno
seguente vennero iniziati i lavori del nuovo tempio affidato prima ad un eremita e in seguito ad un
sacerdote. Nel 1708 vi fu eretta una compagnia laicale sotto l'invocazione della Presentazione di
M. V., la quale custodì il santuario fino al 1785, anno in cui passò al parroco di S. Dalmazio che vi
trasferì la sede della propria cura. Due anni dopo l'arcivescovo Tiberio Borghesi decretò la totale
demolizione della vetusta parrocchiale sita in luogo solitario denominato S. Dalmazino e parte
della popolazione compresa nell'antica parrocchia soppressa di S. Martino a Quarto, già associata a
Marciano, venne smembrata e riunita a S. Dalmazio, la quale arrivò a comprendere nell'Ottocento
nel proprio perimetro l'abbazia che fu dei Cistercensi di S. Galgano, la villa di Montecellesi,
monastero benedettino passato poi ai Cappuccini e quindi ai Camaldolesi, e la parrocchia
soppressa di S. Maria, monastero delle monache benedettine di Vico Alto. Dopo alterne vicende
che soprattutto nel secolo, la videro accorpata a Uopini, attualmente la chiesa ha recuperato la sua
autonomia ed è attiva come parrocchia compresa nella forania di Siena nord.
S. Martino a Quarto, di giuspatronato delle benedettine di Montecellesi, come confermato dai papi
Eugenio III nel 1148 e da Alessandro III nel 1175, nonché dagli imperatori Federico I nel 1185 e
Ottone IV nel 1210, rientrò nel secolo XIV nelle ragioni dei Salimbeni. Fu parrocchia fino al
Cinquecento, nonostante il decreto di riunione in perpetuo a S. Lorenzo del Santo al Colle del
1463. Passata a Marciano, rimase sua succursale fino al 1787, quando ne venne dichiarata la
profanazione con vendita del materiale e del podere annesso completamente demolito nel 1859.
L'abbazia di S. Michele Arcangelo a Quarto ebbe origine nel 1330 per volontà del cardinale
Riccardo Petroni e accolse nove anni dopo i Cistercensi di S. Galgano che fin dal 1225 avevano
dimorato in Siena nel monastero della Madonna lasciato ai Domenicani. Le cronache del tempo
ricordano la processione solenne effettuata per l'insediamento nei nuovi edifici con l'esposizione
della testa di San Galgano che pare producesse il miracoloso evento della pioggia tanto invocata in
quelle campagne. Due secoli dopo l'abbazia fu dichiarata commenda degli Umiliati per passare alla
fine del Cinquecento ai Gesuiti che se ne servivano come residenza per le villeggiature autunnali.
Con la loro soppressione, nel 1777, i locali vennero venduti alla famiglia Bandini la quale ne era
ancora proprietaria nell'Ottocento, quando Merlotti rilevava che in seguito ad un incendio (1863)
tutto andò perduto; i possessori vollero comunque restaurare l'oratorio dedicato a S. Michele eretto
in tempi recenti a memoria dell'antica chiesa ormai ridotta a fienile.
Il monastero benedettino di S. Ambrogio di Montecellesi, fondato dal vescovo Giovanni II verso la
metà dell'XI secolo, era anticamente dedicato alla Madonna e le monache che lo abitavano presero
il suo nome. Una delle prime memorie dell'istituzione è la donazione effettuata il 6 agosto 1093 dai
coniugi Ranieri da Paterno e Adelasia sua consorte a suor Berta abbadessa, della parte delle ragioni
loro spettanti sulla parrocchiale di S. Prospero. Nel prosieguo del tempo, grazie ai numerosi lasciti,
le religiose allargarono i loro possessi all'interno e all'esterno della diocesi fino a raggiungere un
cospicuo patrimonio più volte confermato dai pontefici Eugenio III nel 1148 e Alessandro III nel
1175, e dagli imperatori Federico I nel 1185, Ottone IV nel 1210, Federico II nel 1224.
Abbracciata nel 1236 la regola cistercense, nel 1254 ricevettero da Innocenzo IV il permesso di
trasferirsi nel nuovo monastero di S. Prospero, costruito nei pressi della parrocchiale soppressa,
mantenendo comunque la proprietà dei locali di Montecellesi che furono ceduti nel 1537 ai
Cappuccini. Essi abitarono il convento fino al 1662, anche se dal 21 settembre 1659 papa
Alessandro VII lo aveva concesso ai Camaldolesi di Belriguardo i quali, risolte le vertenze con le
monache della Madonna che vantavano pretese sull'immobile, poterono fabbricare la foresteria e
trasformare lo stabile a seconda dei propri bisogni. In seguito al decreto del granduca Pietro
Leopoldo di Lorena del 16 luglio 1785 che ordinò il passaggio di quei religiosi alla soppressa
certosa di Pontignano, Montecelso passò a diversi proprietari: all'Accademia ecclesiastica di S.
Spirito di Siena, alla famiglia Rossi e nel 1812 alla nobile Vittoria Pannilini vedova Marsili e
consorte di Giulio Ragnoni Piccolomini dai quali pervenne tramite eredità ai Griccioli. Il
monastero delle benedettine di Vico Alto sotto l'invocazione di S. Michele Arcangelo era attivo già
nel XII secolo con l'annessa parrocchiale sotto il titolo di S. Maria di cui i canonici della
Metropolitana vantavano il giuspatronato. Il cappellano delle monache governava la cura che nel
Trecento comprendeva anche la chiesa di S. Antonio presso Torre Fiorentina. Soppressa
l'istituzione femminile nel Quattrocento, i beni andarono a due canonicati i cui titolari avevano
l'obbligo di mantenere un sacerdote che uffiziasse la chiesa e amministrasse i sacramenti. Il
fondatore cardinale arcivescovo Francesco Piccolomini volle che le prebende rimanessero indivise
e che servissero anche al mantenimento degli stabili i quali, non a caso furono giuridicamente
associati al distretto parrocchiale di S. Dalmazio che rientrava a sua volta nelle ragioni del
Capitolo. Nel 1886 la chiesa di Vico Alto fu unita alla parrocchiale dell'Osservanza e attualmente
rientra nel territorio della cura della B. Anna Maria Taigi.
G. MERLOTTI cit. pp. 177-185; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 69, 134, 157, 187, 195.
28. S. EUGENIA Parrocchia dei SS. Eugenia e Vittorio
(Comune di Siena) Vicaria foranea del Bozzone
Forania attuale: Siena centro
Nel 1081 ne era rettore ser Giovanni che sottoscrisse il documento della donazione di alcuni beni
effettuata dal vescovo Rodolfo alla sua chiesa cattedrale. Fu secondo la tradizione tra le chiese su
cui i vescovi di Arezzo tra il VII e l'VIII secolo avrebbero preteso la piena giurisdizione e forse le
antiche Rogazioni dismesse nel 1685 che lì si concludevano starebbero a dimostrare l'acquisizione
di un diritto faticosamente raggiunto. L'edificio venne interamente trasformato nella prima metà
del secolo XVIII dal parroco Giovanni Pietro Amati, ma in occasione del terremoto del 1798 crollò
quasi tutto. L'anno seguente fu riaperto al culto alla presenza dell'arcivescovo Anton Felice
Zondadari. Nel 1838, per volontà di monsignor Giuseppe Mancini, gran parte della popolazione
della campagna di Busseto, compresa nel territorio parrocchiale, andò a far parte della nuova cura
dell'Alberino. Attualmente la chiesa risulta ente ecclesiastico civilmente riconosciuto ed è attiva
come parrocchia facente parte della forania di Siena Centro. Nella zona detta di Busseto sorgeva il
monastero femminile dell'Annunciazione fondato forse nel 1373 quando quelle religiose dette le
Romite ricevettero un donazione dalla famiglia Piccolomini. Unite nel 1390 al monastero di S.
Maria degli Angeli in Valli, abbandonarono l'edificio che esisteva ancora nel 1446, anno in cui
frate Pietro francescano custode, domandò al governo senese un contributo per risarcirlo. Fu
distrutto totalmente nel 1554 al tempo dell'assedio di Siena con l'altro dell'ordine dei Servi sotto il
titolo della Visitazione, istituito nel 1525 dalla venerabile Agnese vedova di Pietro Malavolti, nei
pressi della porta Pispini.
G. MERLOTTI cit., pp. 185-188; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 70, 134, 187; 1991;
A. LIBERATI, cit., in "B.S.S.P." LXII-LXIII (1955-1956), pp. 263-264; G. PRUNAI in "B.S.S.P."
LXXIII-LXXV (1966-1968), pp. 200-236.
29. FOGLIANO Parrocchia di S. Giovanni Battista
(Comune di Siena) Vicaria foranea di Barontoli
Forania attuale: Val di Merse - Maremma
Confermata al vescovo Buono da Clemente III nel 1189, l'antica pieve dedicata ai SS. Giovanni e
Paolo era retta da un collegio di canonici alle dipendenze di un priore. I documenti riferiscono i
nomi dei titolari che dal secolo XIII si avvicendarono alla direzione della chiesa e le memorie
raccolte dal parroco Girolamo Pallini nel 1756 ampliano il quadro della sua storia anche se spesso,
come era in uso tra gli eruditi del tempo, le supposizioni e le fantasie superano la veridicità.
Merlotti, che dal Pallini attinge, mette in guardia dagli evidenti intenti di anticipare, oltre i limiti
consentiti dalle scarse testimonianze, l'epoca della fondazione tradizionalmente attestata ai tempi
della contessa Ava di Montemaggio. Le rendite annesse alla cura, cospicue in epoca medioevale,
nei secoli successivi furono assottigliate dalle numerose vendite effettuate per far fronte alle spese
di mantenimento degli stabili che soffrirono, soprattutto nel Cinquecento, dei danni arrecati dalle
truppe imperiali. Sigismondo Cinquini con atto del 26 giugno 1567, cedette gran parte dei terreni
parrocchiali a Cornelio Marsili per riattare chiesa e canonica ormai inabitabili. Già nel corso del
Quattrocento era stata più volte rinunciata dai suoi titolari per la ristrettezze economiche al punto
che il vescovo Antonio Casini l'aveva unita a S. Eugenia. Lo stesso papa Pio II, per ovviare allo
sconcerto delle assegnazioni delle parrocchie ai canonici che raramente vi dimoravano, aveva
ordinato al vicario generale dell'arcivescovo Francesco Piccolomini di aumentare le rendite di
Fogliano al sacerdote delegato, un tale ser Tommaso ungherese, con l'obbligo di risiedervi,
lasciando il rimanente degli emolumenti al titolare come prebenda che costituì il canonicato di S.
Giovanni Battista. Nell'Ottocento la chiesa aveva bisogno di restauri; ritenuta troppo vasta per la
scarsa popolazione, il sacerdote Niccolò Tommaso Lurini la fece ridurre a meno della metà della
navata centrale dall'architetto Fantastici, diroccando la torre e usando il materiale per la nuova
canonica e il poderetto. La spesa di 1600 fiorini fu considerata enorme. Il 27 settembre 1830
l'arcivescovo Giuseppe Mancini consacrò la nuova chiesa, concedendo due anni dopo al rettore il
titolo di proposto per i tanti sacrifici sostenuti. Attualmente la chiesa risulta annessa a Montecchio
ed è compresa nella forania di Val di Merse - Maremma.
Nel distretto parrocchiale si trovava l'antica cura sotto il titolo di S. Croce di Forcole confermata
con il suo castello nel 1189 da Clemente III al vescovo Buono. Ebbe i suoi titolari fino al secolo
XV, quando per l'insufficienza delle rendite venne riunita al beneficio di San Michele Arcangelo di
Palmolaia. Non sappiamo quando la chiesa cessò di esistere; certo è che i terreni di sua pertinenza
passarono a Fogliano e il 27 settembre 1763 furono ceduti dal pievano Pallini in enfiteusi al
conservatorio del Refugio. Nel 1787, dopo un anno di appartenenza al monastero del Santuccio, li
acquistarono i Tomeni di S. Salvatore a Pilli.
Presso la scomparsa chiesa di S. Croce nel Poggio omonimo esisteva l'altra dei SS. Michele
Arcangelo e Niccolò di giuspatronato del Capitolo della Cattedrale nel secolo XIII. Nominata
prioria di libera collazione dell'ordinario senese, nel 1425 fu unita alla parrocchiale di S.
Margherita di Montorgiali del Vescovado per le scarse rendite. Nella medesima occasione venne
anche pubblicato un decreto di scomunica diretto a coloro che avevano portato via dall'edificio
tutti i sacri arredi.
G. MERLOTTI cit., pp. 189-195; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 71, 135, 152, 157, 187,
195, 200.
30. FRONTIGNANO Parrocchia di S. Andrea
(Comune di Murlo) Vicaria foranea di Corsano
La chiesa fino alla metà del secolo XIII era una semplice cappellania sotto il patronato dei monaci
della SS. Trinità dell'abbazia di Torri, ad essi confermata dal pontefice Innocenzo IV nel 1251. Dal
1263 risulta retta da un sacerdote secolare, pur rimanendo nelle ragioni degli stessi religiosi. Nel
1335 si trovava in pessime condizioni e venne restaurata anche con il contributo del Comune di
Siena. Soppressa l'abbazia di Torri con breve di Eugenio IV nell'anno 1442, la cura si trovò a
sostenere uno stato di tale povertà da costringere il parroco Aldello di Niccolò ad affittare intorno
al 1482 le poche proprietà a frate Giacomo di Bartolomeo dell'ordine dei Predicatori. Fu allora che
il nobile Giacomo di Angiolo Baldi donò un terreno e restaurò le fabbriche dotandole del
necessario in cambio del giuspatronato per linea maschile concesso nel 1538 dall'arcivescovo
Francesco Bandini Piccolomini. Passata tutta la zona sotto la proprietà dei marchesi Zondadari che
curarono l'ampliamento della villa sui ruderi dell'antica fortezza già appartenuta ai Tolomei, la
chiesa risentì della loro munifica protezione per alcuni secoli. Dal 1986 la parrocchia risulta
soppressa. Il 27 maggio 1425 a Frontignano fu annessa l'antica chiesa del borgo di S. Biagio a
Filetta, di cui non rimangono tracce se non un oratorio di epoca successiva di omonima titolazione.
Il sito è ricordato fin dall'VIII secolo nell'atto di fondazione dell'Abbazia di S. Eugenio tra i
possessi ad essa conferiti dal gastaldo di Siena. Gli stessi monaci benedettini ne risultavano
proprietari anche alla fine del Trecento. La parrocchia rimase probabilmente attiva fino al 1442,
quando venne unita temporaneamente a Bagnaia dal vescovo Antonio Casini per essere
definitivamente estinta nel 1496. I suoi beni, consistenti in alcuni appezzamenti di terreno, furono
venduti dal parroco di Frontignano Giacinto Giomi nel 1736 al cardinale Vincenzo Bichi per
sopperire alle spese della nuova abitazione del mezzaiolo.
G. MERLOTTI cit., pp. 196-199; G. CATONI - S. FINESCHI cit., pp. 72, 135, 187
31. FUNGAIA Parrocchia di S. Michele Arcangelo
(Comune di Monteriggioni) Vicaria foranea di Monteriggioni
Fondata su un terreno di proprietà della pieve di Marmoraia, fu ad essa confermata da Innocenzo II.
Il 6 febbraio 1404 il vescovo Francesco Mormille ne concesse il giuspatronato alla chiesa di
S. Lorenzo del Santo al Colle a patto di alcuni gravami e censi da soddisfarsi annualmente. Poiché
le clausole non erano state rispettate, nel 1432 il rettore di Marmoraia rientrò in possesso dei propri
diritti. Dai documenti di nomina dei curati apprendiamo comunque che gli stessi parrocchiani, in
virtù delle decime pagate, avevano la facoltà di presentare all'ordinario i soggetti alla direzione della
loro chiesa come avvenne nel 1424. Le tenui rendite costrinsero nel 1492 l'arcivescovo Francesco
Piccolomini ad incorporarla temporaneamente all'altra di S. Stefano a Siena, ma tornò ad essere
autonoma due anni dopo. Nel 1520 il beneficio, benché dotato di alcuni appezzamenti di terreno per
spontanea elargizione delle nobili famiglie Bichi e Petrucci, non era ancora sufficiente al
mantenimento di un sacerdote per cui il 22 maggio 1592 subì di nuovo l'unione a S. Lorenzo del
Santo al Colle la quale, rimanendo soppressa dopo pochi mesi, diventò sua suffraganea. Nel 1638 il
sacerdote Paolo Terucci con l'aiuto dei nobili Tancredi, Orlandini e Bichi, proprietari di diversi
latifondi della zona, ingrandì gli edifici sui quali si tornò a lavorare nel 1869 mediante
contribuzione del Comune di Monteriggioni. Attualmente la parrocchia risulta soppressa.
La chiesa di S. Lorenzo del Santo al Colle, già parrocchiale fino al 22 dicembre 1592, è situata in un
luogo densamente popolato in epoche remote. Nulla sappiamo della sua fondazione e gli scarsi
documenti nominano solo i rettori a partire dal 1314. I suoi beni, accorpati a Fungaia, vennero
venduti nel corso del Sette-Ottocento a vari acquirenti fra cui Angiolo Perini-Brancadori (1788) e i
fratelli Ciupi (1758) che divennero proprietari della zona.
G. MERLOTTI cit., pp. 199-204; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 72, 135, 152, 187.
32. GINESTRETO Parrocchia di S. Donato
(Comune di Siena) Vicaria foranea di Barontoli
Forania attuale: Siena centro
La tradizione riportata da Merlotti, ma non suffragata dalle fonti storiche, vuole che la chiesa avesse
origine da un gruppo di eremiti provenienti da Napoli nel V secolo e stabilitisi in Toscana per
diffondere la fede. Certo è che la zona era ancora nel XIV secolo abitata da alcuni anacoreti che il
Comune sovveniva con elemosine, ma di essi non abbiamo altre notizie, né ci sono note la regola
professata e tantomeno la consistenza numerica raggiunta. I documenti citano come primo rettore
secolare messer Bindo (1317); altri titolari nel prosieguo dei tempi aumentarono le rendite del
beneficio al quale nel 1773 furono associati i proventi della cappella sotto il titolo di S. Giuseppe in
Duomo per le spese sostenute dal parroco Francesco Pineschi nei lavori di ristrutturazione degli
edifici. Nel 1829 il sacerdote Francesco Regoli mise mano al restauro della chiesa, ridotta in
pessime condizioni e nell'occasione Ettore Romagnoli l'arricchì di due antiche tavole di cui era
entrato in possesso, abitando nel distretto la villa della nobile famiglia Borgognini. Attualmente
annessa a Monastero, la parrocchia è compresa nella forania di Siena centro.
Unita a Ginestreto in epoche remote fu l'antica chiesa dedicata a S. Apollonia, non più esistente, che
nella visita pastorale del 1592 risultava già ad essa accollata.
G. MERLOTTI cit., pp. 204-207; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 73, 135, 152, 157, 187.
33. S. GIUSTO Parrocchia di S. Salvatore
(Comune di Murlo) Vicaria foranea di Murlo
La chiesa si trovava nel feudo dei conti Ardengheschi che vi esercitavano il loro potere dalla rocca
Gonfienti ad essa prossima. Nominato dai documenti fin dal 1130, il castello passò nel Duecento ai
nobili Ranuccini di Siena forse per via ereditaria e nel 1318, tramite atto rogato nella stessa
parrocchiale di S. Giusto, fu assegnato ai cinque componenti maschi della famiglia. I cronisti ci
fanno conoscere che per poco tempo essa ebbe la potestà del luogo perché nel 1333 le armate
massetane e pisane comandate da Ciupo Scolari si inoltrarono verso Siena e, piombate sulla
fortezza, la devastarono con tutta la sua corte, chiesa compresa. Nel 1391 i Fiorentini, con un
contingente spedito dalla Maremma al comando di Giovanni Acuto, si diressero nella zona per
impadronirsi della rocca, ma i Senesi, conosciuto il proposito, si affrettarono a raderla al suolo per
evitare un pericoloso insediamento nemico. Da quell'epoca Gonfienti venne abbandonata e si
sviluppò il villaggio di S. Giusto dove lo Spedale di S. Maria della Scala possedette una grancia e
un cospicuo patrimonio incrementato nel corso del Quattrocento da vari lasciti tra cui quello dei
Ranuccini. Il rettore volle che l'antica e malridotta chiesa fosse riedificata dalle fondamenta e nel
1488 ottenne dall'arcivescovo Francesco Piccolomini il suo giuspatronato; tuttavia le rendite
dovettero rimanere piuttosto limitate e nel corso dei secoli furono molti i titolari rinunciatari. Nel
1786 lo Spedale avviò la fabbrica della canonica che fu realizzata in poco tempo. Essendo rimasta
vacante la cura dal 1785, sette anni dopo poté avere un vicario perpetuo in virtù del rescritto
granducale del 1782 che la dichiarava parrocchia con titolare inamovibile. Dopo essere stata
accorpata nel Novecento a Murlo e a Montepertuso attualmente risulta estinta.
G. MERLOTTI cit., pp. 207-210; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 76, 187.
34. GRANIA Parrocchia di S. Martino
(Comune di Asciano) Vicaria foranea di Monteroni d'Arbia
Retta da un collegio di canonici, nell'alto medioevo era sottoposta alla giurisdizione del monastero
benedettino dei SS. Abundio e Abundazio. Clemente III nel 1189 la confermò al vescovo di Siena il
quale provvedeva ai bisogni spirituali dei villaggi della diocesi con l'istituzione dei plebanati i cui
rettori avevano alle proprie dipendenze gruppi più o meno numerosi di sacerdoti. La zona,
densamente popolata fino alla metà del Trecento, era caratterizzata da un reticolo di chiese con
piccoli borghi e si estendeva da Medane a Villanova, da S. Martino a Grania, da Ponzano a
Leonina. Nei primi decenni del secolo XIV la chiesa di Grania era ancora collegiata e come
apprendiamo dalle fonti storiche, i suoi membri venivano spesso nominati titolari delle vicine
rettorie. I documenti hanno tramandato i nominativi dei parroci che sicuramente furono alla
direzione della cura dal 1269; uno di essi, Giovan Francesco Alberti, conosciuto con il soprannome
di "Poetino" o "Poetonto" perché si dilettava a scrivere commedie, fu creato rettore del Collegio
Ferdinando di Pisa dal granduca nel 1587. Nominato curato di Grania nel 1597, vi restò fino al
1612.
Attualmente della chiesa, già soppressa, restano solo le rovine. Ugualmente scomparse risultano le
antiche vestigia delle parrocchiali di S. Biagio di Villanova, attiva fino ai primi del Quattrocento; di
S. Michele Arcangelo di Ponzano unita a Grania alla metà del Trecento; dei SS. Giacomo e
Cristoforo, sita nelle vicinanze di Grania, che nel 1435 fu accorpata a Leonina.
G. MERLOTTI cit., pp. 211-215; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 77, 138, 152, 187, 200.
35. IESA Parrocchia di S. Michele Arcangelo
(Comune di Monticiano) Vicaria foranea di S. Lorenzo a Merse
Forania attuale: Val di Merse - Maremma
Di giuspatronato laicale attribuito agli stessi parrocchiani, come si desume dagli obblighi che essi si
erano assunti fin dai tempi più antichi verso la loro chiesa, nel 1304 aveva per rettore ser Placido.
Lo stesso fu dichiarato commissario per le funzioni inerenti la donazione effettuata da Benvenuta,
consorte di Giovanni di Bonaccorso del Belagaio, di un podere posto in vicinanza di Renna allo
Spedale Grande di Siena e prestò il suo consenso, con pubblico atto stipulato a Petriolo il 17
gennaio 1307, a tutto ciò che il clero senese avrebbe decretato nella vertenza con lo Spedale in
merito alle contribuzioni spettanti ai nunzi apostolici da parte dei luoghi pii della diocesi. La
comunità, quasi fino ai giorni nostri, per tradizione passava ai parroci vari quantitativi di cera per le
feste di S. Ciriaco e di S. Andrea; inoltre ogni individuo maschio, compiuti i dieci anni, era tenuto a
pagare un soldo e quattro denari il giorno 8 di maggio da spendere per la cera necessaria nella festa
di S. Michele Arcangelo. Per mancanza di rendite sufficienti, nel 1470, dopo essere stata
lungamente vacante, la cura fu incorporata alla pieve di Tocchi della diocesi di Volterra, ma nel
1499 venne di nuovo riunita a Siena di cui tuttora è parte compresa nella forania di Val di Merse -
Maremma.
Nel perimetro parrocchiale erano comprese anticamente varie chiese oggi non più esistenti. S.
Andrea a Renna aveva nel 1147 un rettore, ser Giovanni presente ad un atto datato 8 aprile in cui fu
designato da Gherardino di Adolfino e da Guido di Ultadinello a conferire a loro nome al parroco
della chiesa di S. Lorenzo a Merse la protezione delle Spedale di Macereto. Di giuspatronato
laicale, ricevette nel 1339 un legato testamentario dal milite Orlando Malavolti, fratello germano
del vescovo Donusdeo, da corrispondere ad ogni anniversario della sua morte sui retratti
dell'albergo e dei possessi del bagno delle Caldanelle. Dopo quest'epoca si perdono le notizie della
parrocchia che nel 1410 risulta unita alla primaziale e nel 1466 sconsacrata, dal fatto che una sua
campana del peso di 300 libbre era stata posta nel campanile di Iesa. S. Lorenzo a Gamberucci, retta
da Guido di Berto nel 1301, faceva parte del villaggio-fortilizio appartenuto agli Ardengheschi nel
secolo XII e successivamente al governo senese. Il ricordato messer Orlando Malavolti nel 1339
legò anche a questa chiesa una somma in denaro da corrispondere nell'anniversario della sua morte.
Apprendiamo dai documenti che nel 1466, ormai distrutta, era subentrato nelle sue ragioni lo
Spedale di S. Marta di Siena. Alla famiglia Malavolti appartenne anche la signoria di Castiglioni
della Farma o di Montagna dove si trovava la chiesa di S. Matteo di cui era titolare nel1317 ser
Pietro di Arecchio. Esisteva forse solo come beneficio ancora nel 1413, quando fu conferita al
chierico Andrea di Ivone da Pari. L'oscurità delle vicende storiche che portarono alla distruzione e
all'abbandono della fortezza, decretati nel 1391 dai priori di Biccherna, non permettono allo stato
attuale di conoscere quale sia stata la sorte dell'edificio religioso. Sappiamo che la zona passò ai
nobili Vecchi nel 1558 con obbligo di corrispondere un annuo canone agli ospedali senesi di S.
Maria della Scala e di S. Marta, quest'ultimo fondato da Donusdeo Malavolti nel 1330 per
accogliere i sacerdoti viandanti.
G. MERLOTTI cit., pp. 215-219; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 77, 138, 157, 187, 195.
36. ISOLA D'ARBIA Parrocchia di S. Ilario
(Comune di Siena) Vicaria foranea di Monteroni d'Arbia
Forania attuale: Val d'Arbia
Di antica fondazione, secondo Merlotti potrebbe aver avuto origine dalla vicina canonica di S.
Maria a Salteano. I suoi rettori certi sono attestati dal XIII secolo e li troviamo nominati in vari atti
stipulati anche nelle epoche successive. Nel Quattrocento con le entrate parrocchiali fu formata
l'omonima prebenda canonicale per cui il titolare aveva il dovere di mantenersi un vicario amovibile
per il disimpegno del servizio spirituale. Il visitatore apostolico Francesco Bossi nel 1575 ordinò
che vi si celebrassero gli uffizi sacri nei giorni festivi e non ogni quindici giorni come di solito
avveniva. Nel 1776 l'arcivescovo Tiberio Borghesi formulò la proposta di unire la parrocchiale
all'altra di Tressa, ma le proteste della popolazione bloccarono l'intento fino a che con decreto del 9
febbraio 1787, la cura venne dichiarata vicaria perpetua e il canonico prebendario dovette assegnare
al parroco ora inamovibile buona porzione delle sue rendite conservando solo il diritto di patronato.
Attualmente la chiesa è attiva come parrocchia compresa nella forania della Val d'Arbia.
Il borgo dell'Isola era dotato di uno spedaletto fondato alla fine del Duecento da Biagio dei Tolomei
e da un altro costituito per volontà di Niccolò Cinughi nel 1340 in onore di Maria Vergine, che nel
1353 fu denominato di S. Niccolò dal vescovo Azzolino Malavolti il quale ne elesse come rettore
perpetuo Matteo di Berto detto il Mazza. Ancora del distretto faceva parte l'oratorio dedicato a S.
Lucia, sito lungo la via Romana, fondato per volontà testamentaria di Giulio Scala del 4 settembre
1587 e da questi affidato allo Spedale di S. Maria della Scala di cui era scrivano. Al momento in cui
si procedette all'alienazione dei beni della grancia di Cuna, il rettore dell'istituzione propose
l'interdizione della cappella, ma su istanza del parroco dell'Isola Filippo Bartalini, di Giuseppe Ricci
livellario del podere detto Isola Grande e di Michelangelo Ghezzi, compratore del podere il Pozzo,
il 25 aprile 1789 fu stipulata una donazione sul patronato in questione a favore dei detti compratori.
Dagli atti della sacra visita effettuata il 12 maggio 1846 risulta che l'oratorio si trovava in pessime
condizioni, senza un conveniente accesso a causa della correzione del percorso della strada regia,
invaso dall'umidità, al punto da essere interamente spogliato degli arredi trasportati nella
parrocchiale dell'Isola. Il 7 novembre dello stesso anno, gli eredi delle famiglie Ricci e Ghezzi, che
nel frattempo non abitavano più nel paese, con formale atto rinunciarono a favore dei superiori
ecclesiastici ad ogni loro diritto su S. Lucia di cui si decretò la profanazione. Ritengo opportuno
precisare che la chiesetta in questione non aveva nulla a che vedere con l'antica parrocchiale dei SS.
Lucia e Tommaso alla Troiola compresa nel distretto di Monsindoli e sita sulle colline oltre il
torrente Tressa a sinistra della Cassia procedendo verso Siena; la nostra doveva trovarsi
pressappoco lungo la poggiata da cui partiva l'omonimo borro in prossimità della fornace oggi
adibita a residenza dell'artista Massimo Lippi.
G. MERLOTTI cit., pp. 219-222; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 79, 139, 157, 187, 196.
37. LEONINA Parrocchia di S. Bartolomeo
(Comune di Asciano) Vicaria foranea di Monteroni d'Arbia
Costituita, con altre parrocchie della zona, come suffraganea della collegiata di S. Martino in
Grania, fu sotto la giurisdizione dei canonici senesi come appare nel decreto del vescovo
Buonfiglio che nel 1224 confermò ad essi, tra gli altri possessi, anche quello di Leonina. Nel
Quattrocento essi non vantavano più alcun diritto sulla chiesa, divenuta di libera collazione
vescovile probabilmente fin dalla metà del secolo precedente. In un atto del 1356, infatti, il rettore
Ambrogio di Tura, facendo quietanza al suo antecessore per aver ricevuto diversi oggetti, non
ricorda i patroni ai quali competeva la concessione del nullaosta e ancor più nella bolla del 19
agosto 1460 il pontefice Pio II non cita la parrocchiale tra i beni di pertinenza del Capitolo
metropolitano. Nel prosieguo del tempo due furono le chiese annesse alla medesima: S. Lorenzo a
Ripa d'Asciano e S. Giovanni Evangelista a Modine. La prima, di antica fondazione, era
amministrata nel Quattrocento dal pievano di Grania; nel 1593 fu accorpata a Leonina con sgravio
di eventuali censi per la sua povertà, divenendo cappella annessa. L'altra, ampiamente dotata dai
Berardenghi in epoca medioevale, venne nel 1013 dai medesimi donata all'abbazia di S. Salvatore
a Fontebona; passata nelle ragioni dell'abbazia di S. Lorenzo all'Ardenghesca nel secolo
successivo, e quindi dei Cistercensi di Torri nel Duecento, cominciò a decadere. Il parroco, nel
Trecento, nominato dai popolani e confermato dal rettore di Grania, era autonomo, ma
probabilmente la mancanza di patroni comportò l'assottigliamento delle rendite e il conseguente
deperimento degli stabili. Unita temporaneamente a Vescona (diocesi di Arezzo) con obbligo da
parte del titolare di rendere conto alla Curia di Siena dell'amministrazione, fu nel Quattrocento
alle dipendenze di Leonina. In occasione della visita pastorale del 1645 il reverendo Giovanni
Guerrini nell'esporre le pessime condizioni dell'edificio che non poteva riattare sia per la vastità (la
chiesa era lunga 18 braccia e larga 8 e mezzo) sia per la povertà della propria entrata, propose di
alienarlo a monsignor Fabio Chigi (poi papa Alessandro VII) il quale gliene aveva fatta istanza per
utilizzarne il materiale nella costruzione del proprio oratorio nella villa di Modine. Con pubblico
atto datato 15 settembre 1645, la chiesa venne ceduta in cambio di scudi 20 utilizzati per l'acquisto
di una campana, mentre l'acquirente riedificò il tempio dedicandolo a S. Girolamo.
La chiesa di Leonina, pericolante già da diverso tempo, fu restaurata nel 1873, ma risultando i
lavori poco idonei, per volontà del parroco Giovanni Pietricciani e con l'aiuto del marchese
Bonaventura Chigi Zondadari proprietario della vicina fattoria, si intervenne nuovamente negli
anni successivi. Il medesimo volle curare la sistemazione dell'oratorio di S. Lorenzo a Ripa,
mentre per quello di S. Girolamo a Modine chiese all'arcivescovo Giovanni Pierallini la
demolizione e il reimpiego del materiale concesso dal patrono per i riattamenti della parrocchia. Lo
stesso Chigi nel 1878 aveva già completata la ricostruzione delle fondamenta della cappella voluta
dal suo avo. Attualmente la chiesa di Leonina essendo stata soppressa la parrocchia, risulta alienata
a privati.
G. MERLOTTI cit., pp. 222-226; G. PIETRICCIANI, Leonina - Cenni topografici e storici, Siena
1878; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 80, 139, 188, 370.
38. LORNANO Parrocchia di S. Giovanni Battista
(Comune di Monteriggioni) Vicaria foranea di Monteriggioni
Forania attuale: Siena nord
Abitata anticamente da un collegio di sacerdoti, è menzionata nei documenti dei secoli XI-XIII
relativi ad accordi di vertenze che videro i rettori presenti in qualità di testimoni. Il primo è ser
Giovanni che il 4 novembre 1081 intervenne nell'atto di donazione effettuato dal vescovo Rodolfo a
favore dei suoi canonici. Ser Ubertino fu nominato fra gli arbitri incaricati di risolvere la
controversia insorta tra il vescovo di Volterra e l'abate di Abbadia a Isola il 26 gennaio 1178. Lo
stesso, cinque mesi dopo, partecipò al lodo concluso tra il medesimo abate e il rettore del romitorio
di S. Maria di Montemaggio in cui quest'ultimo si sottoponeva alla di lui giurisdizione. nel 1317 ser
Bernardino, nel denunziare lo stato della sua chiesa, affermò che per privilegio concesso da
Innocenzo III gli spettava l'amministrazione di tutto il plebanato costituito dalle seguenti chiese: S.
Giovanni Evangelista a Basciano, S. Stefano alla Ripa, S. Pietro a Brussano, S. Martino del Borgo,
S, Piero a Ponchiaro, S. Maria del Poggiolo, S. Margherita a Rencine, S. Sebastiano a Larniano, S.
Maria a Quercegrossa, S. Pietro a Gardina, S. Martino a Roccadistaggia, S. Lucio a Corpo Santo.
Che la titolarità di Lornano fosse di grande rilevanza ai fini giuridici e istituzionali lo dimostrano le
lettere spedite il 28 ottobre 1328 dal legato apostolico Giovanni cardinale diacono di S. Teodoro al
pievano, in cui nel dichiararlo conservatore di certi beni stabili dello Spedale grande di Siena
molestati da Bartolomeo di Luca e da Francesco suo figlio, gli dava facoltà di ricorrere alle censure
ecclesiastiche. Il 7 maggio 1418 la pieve fu conferita in commenda a Pietro di Matteo vescovo di
Calcedonia dell'ordine agostiniano dal vescovo Antonio Casini. Nel periodo in cui egli fu alla
direzione della chiesa ebbe riunita a sé anche la cura soppressa di S. Stefano alla Ripa,
definitivamente accorpata a Basciano nel 1425. I rettori che si succedettero dal 1444 al Cinquecento
compreso non furono buoni amministratori del beneficio: contrasti tra famiglie alle quali erano stati
concessi in locazione i terreni e vertenze contribuirono a impoverirne le entrate tanto che
all'indomani della caduta della Repubblica di Siena le condizioni della pieve erano pessime. Nel
1574 alcuni parrocchiani ricorsero alla Curia per denunciare l'impossibilità di celebrarvi le funzioni
sacre a causa della rovina degli edifici compromessi dalla guerra e la negligenza del curato
nell'assistenza spirituale del popolo. Il vicario generale impose al titolare canonico Fulvio Cittadini
di provvedere al necessario per la celebrazione e ordinò a Persio Rami da Poggibonsi, che riteneva i
frutti del beneficio, l'immediato esborso di quanto indebitamente era in suo possesso. Lo stato
compassionevole della parrocchiale è ugualmente descritto dal cardinale Francesco Bossi nella sua
visita del 1575; nell'occasione il sacerdote di Basciano ricevette l'incarico dell'uffiziatura e la
raccomandazione di rendere agibili gli edifici come di fatto avvenne. Nel corso del Settecento il
pievano Giovanni Baroni avviò nuovi restauri, ma possiamo definire l'intervento una vera e propria
ricostruzione protrattasi negli anni; nel 1728 l'arcivescovo Alessandro Zondadari la consacrò
decretandone l'anniversario la prima domenica di maggio. Giova ricordare che nel 1803, rimasta
vacante, per due mesi ebbe l'incarico di economo spirituale della cura Giacinto Pippi, nominato poi
rettore del Seminario e canonico della Metropolitana nonché vescovo di Montalcino e quindi di
Chiusi e Pienza. Attualmente Lornano risulta ente ecclesiastico civilmente riconosciuto e attivo
come parrocchia compresa nella forania di Siena nord.
Era compresa nel territorio la chiesa dei SS. Pietro e Lucio al Corpo Santo che nel Trecento aveva
un rettore. benché distrutta, nel 1609 si vedevano ancora le sue rovine. E’ da ritenere che servisse
per il servizio spirituale dei condannati a morte giustiziati nei paraggi fin dal secolo XIII. Vicino
esisteva nel 1247 anche un lazzaretto, come si ricava dal testamento di Tebaldo di Guiduccio del
popolo di S. Pietro a Ovile, al quale venne legato un lascito pecuniario per la cura degli ammalati.
G. MERLOTTI cit., pp. 230-235; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 80, 139, 153, 158, 188, 200.
39. LUCIGNANO Parrocchia di S. Giovanni Battista
(Comune di Monteroni d'Arbia)
Vicaria foranea di Monteroni d'Arbia
Forania attuale: Val d'Arbia
Fondata secondo il Merlotti dai primi conti di Siena, la chiesa, allora dedicata a S. Cristina, è
ricordata in un atto del 913 in cui il vescovo Teodorico ne nominava rettore ser Giovanni di
Oliperto. Il prelato, figlio del conte Bernardo I, vantava probabilmente diritti sulla zona come
starebbe a dimostrare il successore Gerardo, suo parente che ugualmente intorno al 947 conferì
personalmente l'investitura della chiesa a Balduino di Gualtieri. Nel 1186 il vescovo Gunterano
impose al titolare di Lucignano gravosi censi da pagare alla mensa, forse in virtù delle ragioni che
l'antica famiglia da cui i due presuli traevano origine aveva ab immemorabili sulla pieve. Non è poi
da sottovalutare che durante l'episcopato del predetto Teodorico abbiamo la prima notizia di un
Capitolo della Cattedrale il cui "canonico cardine", investito del beneficio di Lucignano, doveva
mantenere con il superiore un rapporto di stretta dipendenza anche economica, vantandone questi la
totale giurisdizione temporale. Di fatto nel corso del Duecento la cura non ebbe patroni laici e
venne affidata quasi sempre ai canonici della matropolitana che la ressero unitamente alla
parrocchiale di S. Agata in Siena, rinunciata nel 1280 a favore degli Agostiniani. Il pontefice Pio II
nel 1458 volle riunire in perpetuo il beneficio alla dignità dell'Arcidiaconato della Cattedrale senese
il cui titolare ebbe l'obbligo di nominare un cappellano amovibile per il servizio spirituale. Tale
disposizione rimase in vigore fino al 1784, quando con decreto dell'arcivescovo Borghesi il parroco
divenne vicario perpetuo e al canonico prebendario si affidò l'onere del suo mantenimento e di
quello degli edifici. nel 1846 fu eretta nella chiesa la Congregazione del Rosario che, insieme a
quella del SS. Sacramento, attiva dal Cinquecento, incrementò le pratiche devote della popolazione.
Attualmente la pieve è attiva come parrocchiale compresa nella forania della Val d'Arbia.
Nel perimetro si trovavano alcune chiese oggi scomparse: S. Maria Maddalena al Pino, parrocchia
citata nei documenti fin dal Trecento, era di giuspatronato laico ed estendeva il proprio territorio nel
comunello di pochi poderi posto vicino all'Arbia. Nel 1357 il suo rettore Simone Vanni dichiarò al
presule senese l'impossibilità di poterla governare per le rendite divenute inconsistenti e
probabilmente fu accorpata a Lucignano, anche se nel 1412 aveva ancora un cappellano.
S. Bartolomeo a Querciole, nominata nell'atto del 913 in cui il vescovo Teodorico investiva ser
Giovanni di Aliperto del beneficio di Lucignano, aveva allora come rettore ser Cristiano. Fu attiva
fino alla fine del secolo XIV, quando subì la sorte della precedente. La chiesa di S. Maria, poi di
S. Andrea, a Larnino sottoposta alla giurisdizione del Capitolo della Metropolitana, ebbe funzioni
parrocchiali autonome fino ai primi decenni del Quattrocento. In data 11 giugno 1418, essendo
rimasta vacante, venne conferita dal cardinale Antonio Casini a ser Giulio di Giovanni per passare
in seguito a Mariano di Trafiero cappellano del Duomo. E' ricordata nel testamento di Galgano di
Lolo, rettore dello Spedale, dell'8 dicembre 1362, in cui tra le altre disposizioni legò la somma di
lire venticinque da spendere in paramenti nuovi o in altri restauri e un analogo quantitativo di
denaro da impiegare nella fabbrica della nuova chiesa di cui non viene fatta menzione in altri
documenti. Nella zona si trovavano ancora la parrocchiale del villaggio di Montarone, retta da un
titolare fino agli esordi del secolo XIV, il cui popolo fu unito a Lucignano forse in conseguenza del
crollo demografico causato dalla pestilenza del 1348, e lo spedaletto dei SS. Niccolò, Domenico e
Ambrogio di Curliano o Curiano fondato per volontà testamentaria di Niccolò di Benzio nel 1327.
Posto sotto il giuspatronato dei Domenicani che nel 1399 accettarono la donazione effettuata dalla
vedova, nel 1640 venne da essi venduto con obbligo al compratore di tenere un letto per dare ricetto
ai pellegrini.
G. MERLOTTI cit., pp. 235-241; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 81, 139, 153, 158, 188, 196, 200; V. BRUCHI,
in "B.S.S.P." LXV(1958), p. 184; A. LIBERATI, in "B.S.S.P." XLV(1938), pp. 48-67.
40. MAGGIANO Parrocchia di S. Niccolò
(Comune di Siena) Vicaria foranea di Casciano delle Masse
Forania attuale: Siena centro
L'antica parrocchiale, sita fuori porta romana sotto il colle di S. Chiara, nel luogo posseduto
nell'Ottocento dalla famiglia Ferrini, è menzionata nei documenti del secolo XIII. Ebbe un suo
rettore per il servizio spirituale, che nel 1417 fu trasformato in cappellano amovibile dal cardinale
Antonio casini. Alla fine del Cinquecento il pontefice Sisto V la riunì alla Congregazione dei padri
Giorgini istituita nella parrocchiale di S. Giorgio in Siena ed uno di essi vi andava durante il giorno
per svolgere le funzioni consuete, mentre di notte ad un sacerdote dei dintorni era affidato il
compito di supplirlo in cambio di una soma di grano. Passati i beni della Congregazione al
Seminario, la cura di Maggiano divenne dalla metà del Seicento di patronato della medesima
istituzione fino al 1783 quando con decreto dell'arcivescovo Tiberio Borghesi, in ottemperanza al
rescritto granducale dell'anno precedente, fu nominato un vicario perpetuo. In seguito alla
soppressione del monastero di S. Maria Assunta a Maggiano del 1782, la titolazione della
parrocchiale venne traslata in quella chiesa mentre l'altra nel 1788, sconsacrata e alienata a Cosimo
Corbini, subì l'abbattimento.
Fondata per volontà del cardinale Riccardo Petroni che aveva destinato il suo immenso patrimonio
alla costruzione di diversi monasteri, la certosa di Maggiano sorse su un terreno della famiglia
Ugurgieri acquistato dagli esecutori testamentari del prelato. Nel 1324 i lavori erano terminati e vi
si installò un primo nucleo di Certosini che nel corso della seconda metà del secolo avviò
l'ampliamento delle strutture, finanziato in gran parte dal Comune di Siena e dall'eredità di
Niccoluccio Petroni il quale aveva destinato i possessi di Montauto e di Casale di Val d'Arbia a una
nuova istituzione claustrale. Ritenuto prioritario l'intervento sull'esistente monastero, fu ammensata
a questo la rendita del testatore che servì a portare avanti il progetto. Gli edifici sopportarono nel
1554 gli scontri tra Senesi e Spagnoli, ma i danni subiti vennero ben presto risarciti tanto che nel
1575 in occasione della visita apostolica, tutto risultò in ordine. La chiesa, dotata dai religiosi di
splendidi dipinti e arredi, fu consacrata solennemente dall'arcivescovo Alessandro Petrucci il 5
novembre 1623. Con la riunione dei Certosini di Maggiano a quelli di Pontignano avvenuta nel
1782, il monastero venne soppresso e alienato ad eccezione della chiesa che, tuttora ente
ecclesiastico civilmente riconosciuto, è attiva come parrocchia compresa nella forania di Siena
centro.
Sul poggio di Maggiano, poco distante dalla chiesa di S. Niccolò, si trovava il demolito monastero
delle Francescane di S. Chiara, fondato dal cardinale Petroni nel 1314 e dalla stessa famiglia dotato
di vari possessi in Val di Pugna e a Maggiano. Le religiose, nel 1554, a causa della guerra, furono
accolte in città nel monastero di S. Maria degli Angeli detto il Santuccio, dal quale si trasferirono
dopo alcuni giorni nei locali della Congregazione di S. Onofrio in Camollia dove rimasero
quarantatre anni. Il 15 settembre 1570 esse avevano comprato l'abbazia vallombrosana dei
SS. Giacomo e Filippo ai Pispini, che dopo gli opportuni restauri, fu dal 28 ottobre 1696 la loro
nuova sede. Nel sito dell'antico monastero, distrutto dai Senesi per non dare albergo ai nemici, fu
col tempo costruita una casa colonica con un oratorio dedicato a S. Chiara che nell'Ottocento
apparteneva alla famiglia Andreini.
Anche i monasteri non più esistenti di Ognissanti e di S. Barnaba erano compresi nel territorio della
parrocchia. Il primo, dell'ordine benedettino della Congregazione camaldolese, si diceva fondato nel
XII secolo dal priore dell'eremo del Vivo d'Orcia; l'altro, dell'ordine cistercense, accoglieva dal
Duecento le religiose dette Bacucche o Fratelle. Si trovavano rispettivamente a sinistra della porta
Romana procedendo verso il borgo di Valli e a destra della medesima. Le suore di S. Barnaba nel
1330 ricevettero un indennizzo dal Comune che per dare luogo alla costruzione della porta Nuova
(Romana) aveva guastato il loro chiostro e parte della chiesa. Altrettanto avvenne nel 1410, quando
stessa sorte fu subita dal monastero. Nonostante il breve di soppressione emanato dal pontefice
Eugenio IV nel 1437 e ribadito da Pio II nel 1463, esse non vollero obbedire e rifiutarono
l'accorpamento imposto alle consorelle di Ognissanti, ricorrendo alla Curia romana che il 15
maggio 1467 intimò loro l'immediata unione. Al medesimo monastero furono aggregate nel 1516
anche le Camaldolesi di Casciano del Vescovado, già soppresse nel 1463. Le religiose di
Ognissanti, che nel 1492 avevano abbracciato la regola olivetana, furono costrette nel 1554 a
cercare rifugio in città per la guerra in corso. Accolte prima in S. Vigilio, cinque anni dopo, in
numero di ottantotto, vennero trasferite nel convento di S. Maria Maddalena posto sotto il
giuspatronato dell'abbazia di S. Galgano da cui nel 1565 fu scorporato.
Non lontano dal distrutto monastero di Ognissanti si trovava lo spedaletto di S. Caterina delle Ruote
fondato nella seconda metà del Trecento per volontà di Caterina Petroni e quello istituito da
Saladino di Pietro nel 1375. Ambedue disponevano di un oratorio per gli uffizi sacri e svolgevano
l'attività di ricovero dei pellegrini e dei viandanti. Nel 1750 le loro rendite furono accorpate allo
Spedale di S. Maria della Scala e i fabbricati vennero alienati. Nell'Ottocento la famiglia De Metz li
adattò a villa campestre con oratorio annesso dedicato a S. Caterina delle Ruote.
Lungo la via che conduce a Maggiano si trovava un eremo femminile dedicato alla SS. Annunziata
fondato dallo speziale Mino di Accarigio il 3 febbraio 1318, concedendone la gestione al
procuratore delle monache di Ognissanti. Le pie donne, che nel 1361 ottennero un sussidio dal
Comune per la costruzione dell'oratorio, vi rimasero fino al 1407, anno in cui con un decreto del
vescovo Francesco Mormille i beni di suolo del romitorio furono riuniti a quelli di Ognissanti e il
fabbricato venne affidato al convento dei Servi.
G. MERLOTTI cit., pp. 242-247; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 82, 139, 158, 188, 207, 313.
41. MARCIANO Parrocchia dei SS. Pietro e Paolo
(Comune di Siena) Vicaria foranea di Casciano delle Masse
Forania attuale: Siena nord
Il luogo è citato fin dal 983 nell'atto di fondazione dell'abbazia di Poggio Marturi presso Poggibonsi
in cui il conte Ugo di Brandeburgo, vicario imperiale di Ottone III, concesse alla nuova istituzione,
tra gli altri possessi, due poderi siti in quella corte e ancora nell'atto di assegnazione, datato 29
aprile 994, da parte di Tegrim, figlio del conte Ildebrando e di Ava del Montemaggio, di alcuni beni
alla moglie Sandrada. E' probabile che la parrocchiale avesse origine in quei remoti tempi anche se i
documenti ricordano il suo primo rettore, ser Cambio, nel 1307. Nel 1426 era retta da ser Giacomo
di Niccolò, prete di S. Bartolomeo in Camollia, e aveva riunite le cure di Colle Malamerenda e
dell'Arbiola. Nel secolo successivo, con decreto del 24 maggio 1565, le fu accorpata la chiesa di S.
Antonino a Torre Fiorentina, rimasta quasi priva di popolazione, e la cura di S. Martino a Quarto
anche se, riguardo a quest'ultima, non conosciamo la data precisa. Parte della medesima, poi, alla
fine del Settecento, fu inclusa nel comprensorio di S. Dalmazio con atto dell'arcivescovo Tiberio
Borghesi. Nel 1682 il parroco Francesco Mariani curò la sistemazione e i restauri degli edifici che
nella stessa forma si presentano ai nostri giorni. A causa del notevole sviluppo edilizio a nord della
città e dell'incremento demografico, la chiesa risultava inadatta e decentrata per cui nel 1963 si dette
inizio alla costruzione della nuova parrocchiale dedicata a S. Ansano della quale l'antica sede è
diventata succursale compresa nella forania di Siena nord.
Nel territorio si trovava la chiesa di S. Antonino che nel Trecento era di giuspatronato delle
Benedettine di S. Michele Arcangelo a Vico Alto le quali vi tenevano un cappellano. Unita per
pochi anni a S. Giovanni Evangelista a Cerreto, nei primi del Cinquecento tornò ad avere un
titolare. Subì le devastazioni della guerra alla metà del secolo per cui venne accorpata a Marciano.
Dagli atti della visita apostolica del 1575 apprendiamo che era stata ricostruita, ma fu ordinato lo
stesso di ampliarla. Nel 1640, minacciando rovina ed essendo in prossimità di una locanda
frequentata da donne di mala vita, se ne decretò l'abbattimento e con il retratto del materiale si
commise l'erezione di un altare dedicato a S. Antonino a Marciano. Sembra però che gli ordini non
fossero eseguiti perché a tuttoggi l'oratorio è in piedi poco lontano da Torre Fiorentina. le sue
pertinenze furono nel 1854 concesse in enfiteusi al professor Valenti il quale volle restaurare lo
stabile circondandolo di altre fabbriche che costituirono il nucleo della villetta dello Stellino.
Compresa nel territorio di Marciano è la villa di Belriguardo, già cenobio dei Camaldolesi, ivi
trasferiti dalla sede poco distante di S. Giacomo, conosciuta come Convento Vecchio. Iniziata la
costruzione del monastero il 10 giugno 1618, vi andarono ad abitare in virtù del breve pontificio di
Urbano VIII dell'8 novembre 1635 e l'anno seguente furono istituzionalmente riuniti a Pontignano
sotto un unico priore. Tuttavia per poco tempo i religiosi rimasero nel loro convento perché papa
Alessandro VII, il 20 agosto 1658, li volle a Montecellesi nel luogo in cui precedentemente erano
stati i Cappuccini.
Anche l'antica parrocchia di S. Prospero, posta sull'omonimo poggio, rientrò nei secoli scorsi nel
perimetro di Marciano. Sita probabilmente con il borgo nella zona dell'attuale Fortezza, è ricordata
in un atto del l 6 agosto 1093 con cui si donò alle monache di Montecellesi una porzione dei
possessi della medesima. L'11 marzo 1148 la cura venne dotata di alcuni beni da Ildebrandino e
Uguccione di Giovanni, così come il 9 settembre 1198 Buono vescovo le confermò la donazione
concessa dal predecessore Ranieri e il diritto di percepire le decime che in epoche lontane ritraeva
anche dal territorio di basciano e di Borgiano. Subiti gravi danni a causa delle guerre, il pontefice
Gregorio IX nel 1233 trasferì al vescovo la facoltà di traslare la parrocchia in S. Andrea, ma pare
che si rinunciasse all'accorpamento data la quietanza rilasciata il 9 marzo 1249 da ser Ventura di
Rinaldo al Comune per i sussidi concessi. Da allora non abbiamo documenti che ricordino la chiesa
come cura d'anime, sappiamo invece che le benedettine di Montecellesi, in virtù della citata
donazione del 1093, vantando sulla zona dei diritti, nella prima metà del Duecento avevano
cominciato a fabbricarvi il loro monastero per il quale la repubblica di Siena aveva accordate varie
elargizioni. Ottenuta dal pontefice Innocenzo IV la facoltà di trasferirvisi nel 1254, e presentatasi
l'esigenza di ampliare gli stabili, le religiose ottennero nel 1259 e nel 1278 altri aiuti dal Comune
per i lavori che continuarono fino al secolo successivo. L'istituto incluse probabilmente anche le
rendite della soppressa chiesa di S. Prospero e nel 1393, essendo ben organizzato, accolse le altre
Cistercensi che dimoravano in S. Maria Novella presso l'Antiporto di Camollia, il cui oratorio è
oggi uffiziato dalla Compagnia di S. Bernardino al Prato. Nel 1526 gli edifici vennero distrutti
durante la guerra perché non vi si acquartierassero i nemici dei Senesi e le religiose furono
temporaneamente rifugiate in S. Antonio in Fontebranda da dove nel 1534 si riunirono a quelle di
S. Agnese, dette le Trafisse,in via delle Sperandie.
G. MERLOTTI cit., pp. 248-254; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 83, 139, 158, 188, 196, 249.
42. MERSE Parrocchia di S. Lorenzo
(Comune di Monticiano) Vicaria foranea di S. Lorenzo a Merse
Forania attuale: Val di Merse - Maremma
Ebbe origine prima del secolo X e fu di giuspatronato dell'abbazia di S. Lorenzo all'Ardenghesca
con due porzioni dell'omonimo castello. Appartenne alla famiglia degli Ardengheschi, feudataria
della zona, la quale il 28 marzo 1108 la riconfermò con i suoi possessi al predetto monastero. Anche
le bolle inviate dai pontefici Lucio II (1144), Eugenio III (1145), Adriano IV, Alessandro III (1178),
Clemente III, Celestino III (1194), Gregorio IX (1238), Niccolò IV (1288) ribadirono i diritti
esercitati dall'abate sul grande patrimonio acquisito nei secoli di cui faceva parte la parrocchia di
S. Lorenzo. Con atto del 2 dicembre 1108 Ubaldo di Bernardo, nel donare alcune terre allo spedale
dei SS. Giacomo e Filippo a Macereto, volle in caso di mancato adempimento delle clausole
testamentarie, che spettassero alla chiesa di S. Lorenzo a Foiano, così si chiamava allora il villaggio
della Merse dal nome della vasta palude prospiciente. Nel prosieguo del tempo tra i beni della cura
rientrò anche lo spedale del Ponte a Macereto: il 9 aprile 1229 il parroco ser Giovanni vi rinunciò a
favore di Ugo preposto della Metropolitana mantenendo tuttavia il diritto per sé e i suoi successori
sulle porzioni dei frutti derivanti dal denaro speso in caso di costruzione di mulini nelle terre di
pertinenza del detto spedale. Nel 1202, per i forti contrasti con Siena, gli Ardengheschi rimisero le
loro ragioni nell'arciprete della Cattedrale e nell'abate di S. Eugenio, i quali pronunciarono un lodo
in cui fu deliberato che i conti dovessero pagare alla repubblica un tenue tributo annuo per tutte le
loro proprietà, comprese le pertinenze di S. Lorenzo all'Ardenghesca. Cominciata di fatto la
decadenza della nobile prosapia, il castello passò ai Marescotti e fu nel 1369 rovinato dai Senesi per
riparare alle scorrerie che questi compivano. Nel Cinquecento la chiesa rientrava ancora nella loro
giurisdizione. Essi si accollavano il mantenimento e i restauri degli edifici nominando il parroco,
ma il cardinale arcivescovo Francesco M. Tarugi revocò nel 1604 il privilegio e volle che fosse di
libera collazione. Esonerò pertanto i patroni dal deposito previsto dai canoni, restituendo loro le
cifre spese per il precedente e ultimo rettore Andrea da Tiferno. Nel 1618 il presule Alessandro
Petrucci decretò la chiesa sede di vicaria, staccandola da Murlo e assegnandole come suffraganee le
parrocchie di Iesa e del Santo comprese nella forania di Civitella e di Recenza facente parte di
Rosia. Nella stessa si riuniva la compagnia laicale sotto il titolo della Visitazione, costituitasi nel
Trecento al tempo del vescovo Azzolino Malavolti. La tradizione vuole che tre pastori di Tocchi,
Iesa e S. Lorenzo rinvenissero in quei boschi un'immagine con l'effigie del mistero della Visitazione
e decidessero di tenerla un anno ciascuno nelle loro terre. Siccome a causa degli spostamenti il
simulacro andava deperendo, nel 1716 fu fatto nuovamente intagliare da Pietro Montini. Nel 1784
l'arcivescovo Tiberio Borghesi, su istanza della Reale Segreteria di Stato, proibì la sua traslazione
restituendola alla Confraternita. Nel distretto, oltre all'oratorio della Compagnia adesso ricordato,
era presente quello della Madonna delle Piagge lungo la strada del castello. Attualmente la chiesa
risulta ente ecclesiastico civilmente riconosciuto ed è attiva come parrocchia compresa nella forania
di Val di Merse - Maremma.
G. MERLOTTI cit., pp. 226-230; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 85, 140, 158, 188, 196, 250-
251.
43. MONASTERO Parrocchia di S. Bartolomeo
(Comune di Siena) Vicaria foranea di Casciano delle Masse
Forania attuale: Siena centro
Secondo Merlotti dovette avere origine nella seconda metà del Duecento, anche se i suoi rettori
sono conosciuti solo a partire dalla metà del secolo successivo. I documenti non citano la parrocchia
nemmeno in occasione del concordato del 1307 stipulato dal vescovo Rinaldo Malavolti per
risolvere le vertenze insorte fra il clero e lo Spedale di S. Maria della Scala in materia di
contribuzioni, forse perché posta interamente sotto il giuspatronato del vicino monastero di S.
Eugenio. L'abate nel Trecento sanzionava la nomina del parroco presentato dal capitano del
comunello, vantando la giurisdizione sulle anime del distretto da tempi remoti. A conferma dei
propri diritti, il medesimo inviava bolle ai titolari del beneficio e imponeva oneri e obblighi anche
durante il Seicento. Il reverendo Alessandro Leni nel 1782 presentò al trono una supplica per
ottenere la totale autonomia che venne concessa l'anno successivo dietro pagamento di un modesto
tributo annuale ai religiosi di S. Eugenio. Il patronato fu attribuito al popolo ed ogni capofamiglia
ebbe la possibilità di sottoscrivere l'elezione del parroco che quattro anni dopo divenne vicario
perpetuo di esclusiva nomina regia. Attualmente la chiesa è attiva come parrocchia compresa nella
forania di Siena centro. Nel suo perimetro si trova l'abbazia di S. Eugenio, fondata nel 731 dal
gastaldo di Siena e arricchita di molti beni soprattutto nella valle di Orgia. Secondo la tradizione
sarebbe sorta nel luogo detto Polidiano, sede della corte regia, poco distante da una chiesa dedicata
a S. Martino. Affidata subito ai monaci neri della regola di S. Benedetto della Congregazione di S.
Giustina, fu sotto la protezione della S. Sede che nel corso degli anni riconfermò all'istituzione i
privilegi di cui godeva e i diritti su varie chiese della zona. Nel 1365 il monastero subì danni
rilevanti dalla compagnia militare guidata da Ambrosiolo, figlio naturale di Bernabò Visconti, per
cui il Comune concorse ai restauri. Per i disordini e le continue vessazioni che rendevano il luogo
insicuro, parte della comunità dei religiosi venne accolta in Siena nel 1437 in S. Spirito dove rimase
fino al 1448. Già il 29 ottobre 1446 il pontefice Eugenio III, per risollevare le condizioni del
monastero, lo aveva aggregato all'abbadia di S. Cirino a Isola dello stesso ordine. Nel 1497 i
religiosi ottennero dall'arcivescovo Francesco Piccolomini la chiesa di S. Marco, già sottoposta alla
loro giurisdizione dal 1274, perché servisse da ospizio in città, con obbligo di nominare un
sacerdote per la cura d'anime. Soppressa nel 1786 l'abbazia, i pochi monaci si rifugiarono in S.
Domenico dove rimasero fino al 1866. Gli edifici nel 1812 passarono alla famiglia Griccioli che nel
1819 ne curò i restauri e la trasformazione in villa padronale la quale, attualmente, funge da casa di
riposo delle Figlie della carità di S. Vincenzo de' Paoli. Davanti all'antico monastero si trova
l'oratorio della Compagnia laicale di S. Giovanni Evangelista, approvata canonicamente nel 1579.
Eretta fin dal 1532 per volontà di dodici uomini di Monastero, cominciò a radunarsi nella chiesetta
prospiciente l'abbazia, concessa dal curato in cambio di un canone annuo. L'edificio, trasformato
alla fine del Seicento e abbellito al suo interno dal lavoro di vari artisti, continuò ad accogliere il
sodalizio fino alla soppressione del 1785 e, dopo un periodo di interruzione terminato nel 1793, dal
ripristino fino ad oggi. Secondo Merlotti la primitiva chiesetta costituiva il centro della parrocchia
di Monastero, diretta da un sacerdote secolare eletto dai Benedettini di S. Eugenio prima che fosse
fondata quella dedicata a S. Bartolomeo. Nel 1003 Giovanni XVIII aveva accordato loro la
riscossione delle decime di alcune località dei dintorni e già dalla metà del secolo precedente ad essi
era attribuita la facoltà di nominare il rettore della cura comprendente i villaggi di Casale e di
Monastero Basso. La definitiva riunione avvenuta alla metà del Trecento di tutta la popolazione del
comprensorio avrebbe portato all'assetto attuale. A poca distanza dalla parrocchiale si vedono gli
edifici che costituirono il monastero dei SS. Abundio e Abundazio. Fondato secondo la tradizione,
da Pipino re d'Italia nell'801, accolse le monache di S. Benedetto che vi si trattennero fino alla
soppressione del 1810. Fu di giurisdizione dell'abate di S. Eugenio fin dal X secolo e ebbe cura
d'anime del territorio circostante che in un atto del vescovo Buonfiglio del 1250 appare così
delineato: "dall'incrociata che va a detta abbadia di S. Abundio dall'una e dall'altra parte della strada
che scende alla Tressa dov'è il mulino di ser Galgano e poi secondo scorre la Tressa ascendendo
fino al ponte della detta Tressa vicino alle terre ove già fu il mulino di Rinaldo di Gilio; e da detto
ponte per la costa e via pubblica per la quale si torna all'incrociata e dalla medesima incrociata
scendendo per la vigna di Albertino di Guido di Buccello, di modo che detta vigna s'intenda della
sopradetta parrocchia; e per il fossato di Vallefracida secondo scorre il fossato di detta valle fino al
mulino sopradetto di ser Galgano". In virtù dei privilegi accordati dai pontefici e ribaditi da
Giovanni XVIII nel 1003 e da Alessandro III nel 1176, all'abate di S. Eugenio competeva la nomina
dell'abbadessa di S. Abundio la quale, per la ricorrenza del santo titolare, doveva al suo cospetto, in
segno di sottomissione, offrire due ceri di tre libbre ciascuno. Nel 1355 suor Paola di Forese,
superiora, ottenne da papa Urbano V la perpetua clausura del monastero che da allora dipese dalla
S. Sede e quindi dall'ordinario della città. Inizialmente l'istituzione venne dotata di tre giuspatronati
su Grania, Pecorile e Vignano; nel prosieguo del tempo, per i lasciti e le donazioni, allargò il
proprio patrimonio fino ad includere la terza parte dei beni del B° Giovanni Colombini per volontà
testamentaria dell'8 maggio 1365. Anche Pio II non mancò di accordare alle religiose importanti
indulgenze quando, nel 1464, le onorò di una sua visita. In seguito alle vicende della guerra di metà
Cinquecento, durante la quale la comunità fu costretta a riparare in Siena in S. Girolamo, il
monastero subì rilevanti danni cui si provvide nel 1569 con il radicale restauro delle strutture
murarie e l'abbellimento delle due chiese dedicate ai titolari. Quella esterna fu nella prima metà del
Settecento completamente rinnovata con decori a stucco e opere d'arte. Dopo la soppressione, nel
1816, lo stabile fu acquistato dalla famiglia Mognaini che abbatté gran parte degli annessi e avviò la
trasformazione in villa campestre con la conseguente rovina dell'antica e primitiva chiesa ridotta a
tinaia.
Lungo la discesa della Tressa detta Costa del Romito esisteva un eremo intitolato alla B. M. V. dove
abitavano alcuni anacoreti detti di S. Isaac di Siria. Dipendevano dalla Casa della Misericordia alla
quale pagavano un canone annuo di due ceri. Nel 1326 ricevettero dal Comune un sussidio per
l'abbigliamento e il vescovo Azzolino dei Malavolti nel 1360 concesse loro di poter celebrare a
porte chiuse ogni giorno. Nel 1407 l'eremo venne dato a Giacomo di Benedetto, terziario
francescano, sua vita durante, per la soppressione dell'istituto della Misericordia. Passò quindi a
privati e nel 1584 apparteneva a un tal Mazzuoli fabbro che lo donò al monastero dei SS. Abundio e
Abundazio.
Oltre alla chiesa di S. Michele del villaggio del Casale, non più esistente, si trovava nel Piano delle
Fornaci, detto anticamente dei Nespoli, l'oratorio di S. Maria delle nevi annesso a uno spedaletto
voluto dallo Spedale di S. Maria della Scala che fin dal 1381 aveva attivato nella zona una fornace
di mattoni. Per soddisfare i bisogni spirituali di molti operai che vi si erano stabiliti con le loro
famiglie, nel 1522 fu iniziata la fabbrica la cui uffiziatura venne commessa al parroco di Monastero
due volte la settimana. Rimase attivo fino al 1750, quando in seguito alla soppressione di molti
spedaletti, l'edificio subì la secolarizzazione. Giova ricordare che nell'occasione la tavola d'altare di
Matteo da Siena venne concessa alla chiesa di S. Andrea a Montecchio.
Sull'incrociata delle due strade davanti alla parrocchiale di Monastero, nel luogo denominato la
Piazza, accanto al muro di cinta della clausura dell'abbazia di S. Eugenio, si vede un resto dell'arco
che fu l'oratorio della Contrada della Quercia. Essa aveva per insegna un campo azzurro con liste
bianche e nere trasversali con sopra una ghirlanda di alloro; il suo capitano si recava nella
Metropolitana per l'offerta dell'Assunzione, godendo del riconoscimento di contrada cittadina
confermato nel 1330 e nel 1611. Soppressa nel 1675 con le altre aggregate del Gallo, dell'Orso,
della Vipera, di Spadaforte e del Leone, per aver sostenuto con arroganza davanti ai giudici la
vittoria contestata di Spadaforte contro i diritti della Lupa, la sua popolazione fu inclusa nella
Chiocciola mentre l'ufficio di capitano venne a cessare con il nuovo regolamento granducale del
1777. La chiesa, inclusa nel terreno del monastero di S. Eugenio, fu smantellata e la statua della
Madonna che vi si venerava venne traslata nella parrocchiale con l'arme di appartenenza.
G. MERLOTTI cit., pp. 254-263; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 86, 140, 188, 196.
44. MONSINDOLI Parrocchia di S. Pietro
(Comune di Siena) Vicaria foranea di Barontoli
Forania attuale: Siena centro
Di antichissima fondazione, fu nel 1081 confermata da Arrigo IV ai monaci dell'abbazia di
S. Eugenio. Una memoria del 1118 scolpita nella colonna destra dell'altare di S. Antimo ricorda
"Monte Sindoli", la quale dovette essere località considerata nel Medio Evo capoluogo della vasta
contrada che si estendeva da Siena a Corsano, spesso rammentata in pubblici atti e testamenti come
quello del 1105 con cui Bernardo degli Ardengheschi donò ai canonici della Metropolitana alcuni
suoi beni ivi compresi. I documenti hanno tramandato i nomi di gran parte dei suoi rettori del
Trecento: ser Duccio, sindaco e amministratore dell'abbazia di S. Eugenio nel 1316, ser Tommaso
di Nardo presente il 29 novembre 1333 al testamento di Binduccio mugnaio che legò un lascito alla
sua chiesa, ser Fiorano che nel 1412 rinunziò alla titolarità per Casenovole. Il silenzio delle fonti
relativo alla prima metà del Quattrocento non ci chiarisce il motivo della riunione a Mugnano cui
risulta annessa nel 1460. Il suo stato di povertà mosse il cardinale Giacomo Ammannati, detto il
cardinal Papiense, che nella zona possedeva vasti beni ad intervenire nel 1466 con ingenti fondi per
restaurarla. Papa Sisto IV il 29 aprile 1474 gli concesse il giuspatronato attivo con facoltà di
trasferirlo ad libitum, come avvenne due anni dopo con atto del 29 novembre, al Consiglio del
Popolo del Comune di Siena. Il cardinale fino al 1479, anno della sua morte, mantenne la titolarità
della chiesa ove teneva un sacerdote come vicegerente. In seguito ai danni causati dalla guerra del
1555, il Concistoro ordinò al parente del rettore ser Lorenzo di Marcello della Grammatica,
rifugiatosi a Bologna, di provvedere alla sistemazione degli edifici a sue spese. Nel 1643 un fulmine
distrusse quasi tutto il tempio che venne riattato dal sacerdote Orazio Ciani il quale volle
provvederlo di opere d'arte e arredi. Anche ai primi dell'Ottocento furono eseguiti lavori dal parroco
Luigi Palmieri che "rifabbricò quasi del tutto tanto la chiesa che l'annessa canonica", fino al 1860,
quando il curato Antonio Gasparrini allungò la superficie della parrocchiale includendovi la
loggetta antistante l'antica porta d'ingresso. Attualmente la chiesa, annessa a Monastero, risulta ente
ecclesiastico civilmente riconosciuto compreso nella forania di Siena centro.
Nel territorio si trovavano ancora i resti di quella che fu l'antica sede della cura di S. Agostino o
Agostinello. Facente parte dell'abbazia di S. Eugenio forse fin dalla sua fondazione, nel 1081 viene
menzionata nel diploma di Arrigo IV con il castello omonimo come sottoposta al giuspatronato di
quei monaci. Che la località fosse di importanza strategica lo dimostra la presenza di un sindaco,
incaricato dal Comune di Siena a sovrintendere gli affari, con competenze distinte da quella della
vicina Monsindoli. Riconfermata dai pontefici ai Benedettini di Monastero nel corso del secoli XII
e XIII, fu cura d'anime fino al 1476 quando, su petizione del cardinale Papiense, venne riunita a
Monsindoli, di cui era commendatario, con obbligo del pagamento di un canone annuo ai precedenti
beneficiari. Non esiste più la chiesa dedicata ai SS. Lucia e Tommaso della Troiola, anch'essa sotto
il giuspatronato dell'abbazia di S. Eugenio. Antica sede di parrocchia, conosciamo i suoi rettori a
partire dal secolo XIV. Da un testamento dell'11 luglio 1348 apprendiamo che abbisognava di
urgenti restauri per i quali Tuccio di Neri disponeva un lascito. Nel 1413 il vicario del vescovo
Antonio Casini la accorpò temporaneamente a Colle Malamerenda per mancanza di sufficienti
rendite fino a che, con decreto del 20 giugno 1433, il presule Carlo Bartali la unì al beneficio di S.
Pietro in Castelvecchio, di cui era titolare ser Pietro di Tommaso del Besso, purché fosse offiziata.
Con bolla del 29 gennaio 1476 il pontefice Sisto IV la incorporava definitivamente a Monsindoli
cui risultava annessa anche allo scadere del secolo successivo. Dal borgo della Troiola, dove il
Governo di Siena teneva un sindaco all'inizio del secolo XV, non rimane più nulla se non un podere
che ne ricorda pressappoco il sito.
Ormai scomparsa l'antichissima S. Agnese, posta sull'omonima altura davanti a Poggio ai Frati e
compresa nella giurisdizione dell'abbazia di S. Eugenio come appare dalle bolle pontificie di
conferma. Fondata probabilmente prima dell'VIII secolo, viene citata nel diploma imperiale di
Arrigo IV del 1081 come annessa all'istituzione benedettina. Fu attiva fino agli inizi del secolo XVI,
quando pagava un'imposta al Comune di Siena, dopodiché ne perdiamo ogni traccia.
Del distretto faceva parte anche l'oratorio detto del Ceraiolo appartenuto alla famiglia dei Rustici
pittori e da essi abbellito.
G. MERLOTTI cit., pp. 263-269; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 86, 140, 180, 196.
45. MONTANTICO Parrocchia di S. Tommaso apostolo
(Comune di Civitella) Vicaria foranea di Civitella
Forania attuale: Val di Merse - Maremma
Secondo Merlotti anticamente la parrocchia aveva sede nella pieve di S. Giovanni Evangelista di
Monte Codano che sorgeva presso il castello detto di Gello, già degli Ardengheschi, occupato dai
ghibellini fuoriusciti nel 1270. L'esercito senese rase al suolo il fortilizio, ma l'anno seguente il
Governo senese lo fece restaurare ponendovi un podestà. La chiesa, confermata al vescovo Buono
da Clemente III nel 1189, era di giuspatronato degli Antolini che nel 1298 trasferirono i loro diritti
allo Spedale di S. Maria della Scala. Passata ai Tolomei nel 1379, fu riunita a Montantico forse nei
primi anni del Seicento. Nei dintorni del castello del Gello i documenti ricordano l'esistenza di altre
due chiese, la già parrocchiale di S. Niccolò, posta sotto il patronato dei Tolomei nel Trecento, che
passò a Montantico con decreto del cardinale Giovanni Piccolomini del 18 dicembre 1503; l'altra di
S. Bartolomeo associata alla medesima il 7 agosto 1459 da Antonio Piccolomini. In mancanza di
documenti sull'origine della cura di Montantico, Merlotti suppone che lo spopolamento causato
dalla peste del 1348 e le vicende politiche abbiano portato alla riunione delle chiese, ormai in stato
di deplorevole decadenza, all'omonimo castello fondato dagli Ardengheschi. Passato agli inizi del
Duecento ai Senesi, rientrò nelle ragioni dei nobili Buonsignori che, per le aderenze con la fazione
ghibellina, furono costretti a privarsene. Nel 1367 Francalancia dei Buonsignori lo cedette a Cione
di Alessandro Tolomei, ma di lì a poco un membro dei precedenti proprietari, Niccolò, se ne
impossessò forzatamente. Reintegrati nei loro diritti per sentenza giudiziale pronunciata il 15
novembre 1372, quattro anni dopo i Tolomei lo vendettero al Comune. E' probabile che la chiesa
del fortilizio, fondata dai medesimi, i quali nel Quattrocento ne erano nuovamente signori, sia
diventata cura di anime nella prima metà del secolo. La stessa famiglia ne fu patrona fino al 30
novembre 1744, quando con atto di vendita cedette tutta la proprietà al Seminario Arcivescovile di
Siena che la utilizzò come villa per le vacanze dei convittori fino al 1810, anno in cui, data in
enfiteusi la tenuta di Montantico, si utilizzò la proprietà del Vescovado. In epoca recente è stata
costruita una chiesa allo scalo ferroviario in cui si è trasferita la titolarità della parrocchia, ora
annessa a Paganico, compresa nella forania di Val di Merse - Maremma.
Nel castello esisteva un oratorio dedicato alla SS. Annunziata, uffiziato dalla omonima compagnia
laicale. Nell'Ottocento le sue condizioni erano pessime perché dopo le soppressioni venne
abbandonato e nessuno si curò più del mantenimento.
G. MERLOTTI cit., pp. 269-272; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 87, 140, 188, 200.
46. MONTAUTO Parrocchia di S. Andrea
(Comune di Asciano) Vicaria foranea di Buonconvento
Il castello prende nome dalla famiglia dei Giuseppi, ramificazione dei Cacciaconti, signori della
zona. Ebbe origine nel secolo XII a scopo di difesa. Alla metà del Duecento subì la distruzione da
parte dei Fiorentini, ma non venne abbandonato: nel 1284 il governo senese vi teneva un podestà
confermato nel prosieguo del tempo fino al 1342. Passato ai Turamini e da essi, per eredità, alle
monache di S. Chiara, fu venduto a quelle di S. Niccolò che lo cedettero nel 1691 alla famiglia
Pecci la quale vi impiegò cospicue somme per restaurarlo nel 1714. Nell'Ottocento apparteneva ai
Mocenni di Siena. Vicino all'attuale chiesa, già soppressa il secolo scorso, esisteva una parrocchiale
dedicata a S. Germano, anticamente posta sotto il giuspatronato dell'abbazia di S. Eugenio, di cui
nel 1346 il pievano di S. Maria a Sprenna vantava il diritto di approvare l'elezione del rettore.
Secondo il Pecci la pestilenza del 1348 fu la causa del trasferimento della cura d'anime alla chiesa
di S. Andrea, già esistente, nel cui patrimonio vennero inclusi i beni dell'altra. Tuttavia S. Germano
continuò a sussistere come suffraganea nel 1418 e negli anni successivi, essendo conferita dai vari
presuli allo stesso titolare di Montauto. Dagli atti delle visita pastorale effettuata nel 1602 dai
delegati di mons. Francesco Maria Tarugi apprendiamo che a quell'epoca era stata demolita, venne
pertanto imposto di celebrare i divini uffici nella cappella gentilizia dei Turamini, che rimase l'unica
sede della parrocchia. Alla medesima fu unita anche la chiesa dei SS. Fabiano e Sebastiano, già
curata, ridotta nell'Ottocento a un piccolo oratorio semiabbandonato. I documenti citano i suoi
rettori dal 1273 fino alla fine del secolo successivo. Accorpata a Montauto per volontà del vescovo
Donusdeo Malavolti nel 1348, data l'estrema povertà delle sue risorse, venne uffiziata forse dallo
stesso parroco, mantenendo comunque separati i propri fondi sui quali nel 1397 pagava una tassa
distinta. Nel secolo XV vi fu istituita la compagnia laicale di S. Bernardino da Siena, soppressa nel
1785, con il cui nome l'oratorio fu conosciuto nelle epoche successive. Nell'agglomerato di Casale
si trovava l'antica chiesa di S. Bartolomeo, anch'essa parrocchia fin da epoche remote, di
giuspatronato laicale come assicurò il sacerdote ser Pietro di Forte intorno al 1317, quando
denunciò di essere stato presentato dai signori Guiglieschi. e confermato dal vescovo Rinaldo
Malavolti. Nel 1366 i Certosini di Maggiano divennero assoluti padroni della zona grazie alla
famiglia Petroni che tanto si era distinta nell'istituire monasteri nel territorio. Niccoluccio di Petrone
del popolo di S. Martino in Siena, con suo testamento del 1 aprile 1336, aveva disposto che i suoi
beni del Casale e di Montauto di cui era usufruttuaria la moglie dovessero essere utilizzati alla sua
morte per la fondazione di una casa di religiosi. Il 3 luglio 1345 il priore di Maggiano fu incaricato
di procedere a dare effetto alla volontà del testatore, impiegando anche le proprietà lasciate nel
frattempo da ser Neri di Ugone. Tuttavia niente fu realizzato nell'immediato finché, nel 1366,
essendo bisognosi di ampliamenti e restauri gli stabili di Maggiano, il vicario generale del vescovo
Azzolino Malavolti decretò di utilizzare le rendite accantonate per la sistemazione della suddetta
Certosa. Da allora la villa di Casale appartenne ai monaci che ebbero l'incarico del disimpegno
degli uffici spirituali della cura nel 1489, quando l'arcivescovo Francesco Piccolomini, poi papa Pio
III, vendette loro i beni di S. Bartolomeo dipendenti in quell'epoca da Piana. Soppressi i Certosini
nel 1782, il popolo fu assegnato in parte a Montauto e in parte a Sprenna in Serravalle con grande
disagio per la distanza dell'una e dell'altra parrocchiale fino a che, con decreto dell'arcivescovo
Tiberio Borghesi del 1789, venne istituita una cappellania a Casale per l'assistenza dei fedeli. Il 25
giugno 1802, su istanza del nobile Marcello Sergardi divenuto proprietario della villa, il cardinale
Anton Felice Zondadari accordò il trasferimento della medesima nell'oratorio gentilizio di S. Maria
Maddalena, messo a disposizione per supplire allo stato deplorevole dell'antica chiesa.
Montauto era nel Medioevo assai popolosa. Posta al confine con la diocesi di Arezzo e di Pienza, fu
scelta da Niccolò Saracini per istituirvi uno spedale a sollievo dei religiosi viandanti francescani e
domenicani. Il figlio Cino, nominato esecutore testamentario, intorno al 1327, non avendo dato
effetto alle disposizioni paterne, ricorse al vescovo Donusdeo Malavolti per una proroga. Spettando
ad esso ogni diritto, essendo trascorso il tempo dell'applicazione ereditaria come prevedeva la
clausola, il presule nominò suo procuratore l'abate del monastero di Poggibonsi il quale si accordò
con Cino per edificare lo spedale in un luogo più comodo per i viandanti. Fu scelto Castiglion
Sinibaldi, detto Castiglioncello, presso Monteriggioni, dove già esisteva dal 1266 una analoga
istituzione fondata da Ghinibaldo Saracini da Strove, marito della Sapia ricordata da Dante, a cui si
accorpò il lascito abbandonando l'idea di erigere il fabbricato a Montauto.
G. MERLOTTI cit., pp. 273-278; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 88, 141, 158, 189.
47. MONTECCHIO Parrocchia di S. Andrea
(Comune di Siena) Vicaria foranea di Barontoli
Forania attuale: Val di Merse - Maremma
Di antica istituzione, i documenti ricordano un ser Giacomo rettore della chiesa nel 1294. Divenuta
semplice rettoria sotto il titolo dei SS. Apostoli Pietro e Andrea alle dipendenze degli Eremitani del
monastero di S. Maria Maddalena a Montecchio nel Trecento, si accrebbe per la soppressione della
vicina parrocchiale di S. Michele Arcangelo senza tuttavia raggiungere rendite sufficienti al
mantenimento di un curato autonomo. Il 5 ottobre 1418 fu riunita a Fogliano, il 13 maggio 1430 a
S. Antonio in Fontebranda, il 1 settembre 1431 a S. Desiderio, il 14 ottobre 1434 a un canonicato
del Duomo. I prebendari nominarono a loro volta un incaricato per il servizio religioso, tuttavia le
risorse erano così scarse da non permettere di trovare un sacerdote che la dirigesse per cui con
decreto del 31 gennaio 1505 il presule Giovanni Piccolomini la univa momentaneamente a S. Maria
in Tressa. Dal 1457 circa, svincolata dal patronato degli Eremitani, era diventata di libera collazione
e il titolare doveva pagare un tributo annuo alla mensa per la concessione della canonica e dei
terreni, che andava a pesare sulle non floride condizioni economiche. Finalmente, con l'annessione
della cura soppressa di S. Margherita a Costalpino, il beneficio potè disporre di un congruo
assegnamento dal 1567; ciò permise una certa stabilità nella direzione pastorale che riscontriamo
negli atti di nomina dell'epoca. Dal 1596 al 1636 ebbe come titolare Tullio Crogi, fratello della
venerabile Passitea, sulla cui figura non è stata fatta piena luce, promotore della Congregazione dei
Dodici Sacerdoti ivi fondata nel 1630 sotto la protezione di S. Caterina da Siena in rendimento di
grazie per la liberazione dal contagio della peste. Le fabbriche, restaurate dal parroco Giacomo
Martelli nella prima metà del Settecento, furono oggetto di un radicale intervento di trasformazione
per opera del sacerdote Luigi Gani nel secolo successivo. Per le esigenze della popolazione, ma
soprattutto per lasciare al solerte rettore un segno della sua gratitudine, l'arcivescovo Giuseppe
Mancini il 12 luglio 1847 istituì nella chiesa il fonte battesimale. Attualmente ente ecclesiastico
civilmente riconosciuto, è attiva come parrocchia compresa nella forania di Val di Merse -
Maremma.
Sull'altura che domina Montecchio esisteva il monastero di S. Maria Maddalena fondato per
donazione testamentaria del 23 aprile 1302 da Ugo de' Fabbri del fu Bencivenne. Approvato con
beneplacito apostolico del 16 febbraio 1305, accolse alcuni Eremitani di S. Agostino del poggio di
S. Agata e fu sovvenzionato da lasciti privati e contributi. Nel 1352 il superiore agostiniano fra
Giovanni legò un suo podere posto in Montecchio allo Spedale di S. Maria della Scala in cambio di
un onere annuo al nuovo asceterio; nel 1363 il Comune di Siena partecipò alla spesa per
l'ampliamento delle fabbriche; nel 1380 il medesimo decretò l'elemosina di un’annua
corresponsione di sale. Benché la struttura del monastero fosse ampia e funzionale, il padre
provinciale ritenne di privarsene nei primi dell'Ottocento. La chiesa e il refettorio vennero demoliti
nel 1808 e il materiale servì per i lavori a S. Agostino in Siena mentre il resto fu alienato e ridotto a
villa campestre dalla famiglia Bossini. Nel comprensorio si trovava l'antica parrocchiale di S.
Margherita a Costalpino esistente fin dal secolo XII, i cui rettori sono ricordati nei documenti del
Trecento. Ridottasi in povertà al punto da non invogliare alcun sacerdote a prenderne la direzione, il
vicario generale dell'arcivescovo Francesco Bandini Piccolomini con decreto del 6 marzo 1567 la
unì in perpetuo a Montecchio. Dagli atti della visita apostolica del 1575 apprendiamo che la chiesa
era in cattivo stato, vi si celebrava ogni quindici giorni e il cappellano non vi risiedeva.
Nell'Ottocento il fabbricato era stato trasformato, secondo quanto attesta Merlotti, in cappella
gentilizia contenente "opere dei più pregevoli pennelli senesi".
Nei dintorni di Costalpino, lungo la strada che porta a Rosia, un antico fabbricato detto S.
Galganello rientrava nella giurisdizione parrocchiale di Montecchio. Appartenente agli Incontri, il
luogo fu donato da Giacomo detto Mino di Enrico di Giliotto, del popolo di S. Pietro in
Castelvecchio di Siena, con atto dell'11 agosto 1298 all'abbazia di S. Galgano che vi costruì una
pertinenza con oratorio. Il vescovo Donusdeo Malavolti accordò, con decreto dato in Pari l'8 marzo
1309, di celebrarvi i divini uffizi a bassa voce e senza il suono della campana per non pregiudicare i
diritti della vicina parrocchia di S. Margherita. Nel 1575 vi si faceva la messa solo in presenza
dell'abate, essendo stato rovinato l’oratorio durante la guerra; il visitatore apostolico ordinò allora di
risarcirlo sotto pena di cinquanta scudi. Soppressa l'abbazia di S. Galgano, la fabbrica fu venduta a
particolari. Proseguendo, si incontra la cappella detta della Mater Misericordiae dell'Agazzara, fatta
innalzare da Angiolo Ottieri della Ciaia nel 1808, in cui si venerava l'immagine sacra del B. V. M.
ivi trasportata dall'oratorio del Poggio dedicato a S. Anna, situato nel perimetro parrocchiale di
Barontoli, dove era stata collocata dall'allora proprietaria Fulvia Piccolomini sposata con Agostino
Salvi.
Anche la chiesa dedicata all'Immacolata Concezione della Grotta, poco distante da Montecchio,
rientra nella sua giurisdizione. Verso la metà del Quattrocento, stando a quanto riporta il Gigli, un
contadino, arando un terreno, vide i buoi arrestarsi. Mentre si sforzava invano di farli ripartire,
scorse una piccola immagine della Madonna. Divulgatasi la notizia, molti si recarono a venerarla e
varie furono le grazie ottenute, al punto che i proprietari del fondo, Giovanni e Francesco Peri da
Siena e Antonio Panzi da Barontoli, nel 1434 supplicarono il pontefice Eugenio IV per edificarvi
uno spedale con cappella. Merlotti precisa che solo Giovanni di Bartolomeo Peri o Pieri diresse al
vescovo di Siena l'istanza in virtù della quale ottenne la facoltà di erigere un oratorio per sua
devozione con spedaletto annesso e il relativo godimento del giuspatronato con tutte le prerogative
concesse a forma delle leggi canoniche. Compiuta la chiesa, le visite dei fedeli divennero
frequentissime per cui il priore degli Eremitani di Montecchio, fra Galgano di Giovanni Matteo, si
dette tutte le premure possibili per ampliare la costruzione, come avvenne nel 1453. In benemerenza
della pia opera, papa Niccolò V concesse al religioso di potervisi stabilire e, alcuni anni dopo, gli
stessi Agostiniani furono investiti della sua uffiziatura. Nel 1575 essi ancora vi dimoravano
stabilmente gestendo l'oratorio, lo spedale e la confraternita ivi istituita dal 1443 sotto l'invocazione
di Maria SS., aggregata all'altra della S. Cintola. Nel 1763 fu deliberato dover tenere nella chiesa un
sacerdote che, con l'assegnamento di un conveniente onorario, presiedesse gli uffici religiosi
richiesti dai numerosi pellegrini, ma la soppressione seguita nel 1785 delle compagnie laicali
sembrò concludere la storia del santuario. Ripristinata la Confraternita il 9 giugno 1793, la chiesa
tornò a vivere una nuova epoca di splendore sia per i lavori di restauro condotti due anni dopo, sia
per il culto che continua ai giorni nostri. In luogo non identificato sorgeva la chiesa di S. Martino a
Sorra dipendente dal monastero di S. Eugenio nel Duecento. Già parrocchiale, riceveva dallo
Spedale di S. Maria della Scala la decima nel 1298. Gli scarsi documenti non ci illustrano la sua
storia; nel 1466 era già stata annessa a Montecchio anche se i suoi beni dovettero sussistere fino ai
primi anni del secolo successivo come fondo tassabile, essendo citati nei versamenti effettuati a
favore del governo e della mensa. Altre due chiese erano nella zona: S. Michele Arcangelo e S.
Teodoro. La prima, riunita per le poche rendite a Montecchio da Donusdeo Malavolti il 18 gennaio
1343, era parrocchiale in epoche remote, come l'altra, di cui si sono perse completamente le tracce,
che secondo Merlotti doveva trovarsi nella zona prossima alle Volte.
Allo stato attuale, nonostante la cura impiegata, non è stato possibile rintracciare gran parte dei
documenti dell’archivio che risultano dispersi per l’incuria dei titolari.
G. MERLOTTI cit., pp. 279-286; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 88, 141, 189, 196.
48. MONTELISCAI Parrocchia dei SS. Pietro e Paolo
(Comune di Siena) Vicaria foranea di Bozzone
Forania attuale: Siena nord
Di antica fondazione, rientrava nel giuspatronato dei Camaldolesi del monastero di S. Pietro a Roti
fin dal XII secolo. Spesso i suoi rettori vengono nominati in pubblici atti del Due-Trecento come
intermediari o testimoni: nel 1296 il pontefice Bonifacio VIII, con un breve diretto al priore
Rinaldo, ordinò di ammonire tutti coloro che accettavano o ritenevano decime spettanti allo Spedale
di S. Maria della Scala; l'anno successivo il medesimo lo incaricò di esaminare e decidere su una
questione insorta fra Neri di Ranieri e lo Spedale in merito a certe riscossioni; sempre nel 1296
Rinaldo, nel Consiglio generale della Campana adunato per designare i procuratori del Comune di
Siena, si dichiarò come delegato della Santa sede e del vescovo. Passata nelle ragioni dei
Camaldolesi di S. Mustiola della Rosa nel 1593, la cura ebbe un religioso secolare da essi incaricato
per l'assistenza spirituale, ma le sue rendite erano così esigue che la S. Sede impose nel 1663 un
decoroso appannaggio a favore di un vicario perpetuo a carico del detto monastero. L'abate Pietro
Maria Salvini promise allora all'arcivescovo Ascanio Piccolomini di dare al nuovo designato la
somma di cinquanta scudi ogni trimestre, la casa di abitazione, due piccoli appezzamenti di terreno
e i proventi incerti di chiesa, obbligandosi alla manutenzione dei fabbricati, degli arredi liturgici e
delle masserizie in cambio del mantenimento dei diritti goduti sulla parrocchia. Nel 1784 la stessa
congregazione camaldolese dovette aumentare la congrua, che ammontava a scudi settantadue, a
cento come prevedeva il decreto granducale per le chiese di giuspatronato ecclesiastico. Soppresso
il monastero di S. Mustiola nel 1810, la cura di Monteliscai, diventata di libera collazione
dell'ordinario, rimase attiva come lo è tuttora, compresa nella forania di Siena nord.
Nel distretto si trovava in epoca antica il monastero di S. Giorgio a Lapi sito in località detta
Montegrimaldi, di cui Merlotti precisa: "e se ancora oggi non ne rimanessero le rovine ed i rottami
delle vecchie fabbriche sulle quali è stato di recente innalzato un più moderno oratorio dello stesso
titolo, in un podere poco lungi dalla villa del Serraglio..., difficilmente se ne ravviserebbe la
topografica situazione". In origine esisteva nella zona una chiesa dedicata a S. Giorgio, fondata nel
1109 dall'orefice Ranuccio di Guido da Monteliscai e donata ai Camaldolesi di S. Pietro a Roti.
Secondo la tradizione, riportata dal Benvoglienti, avrebbe preso il nome di S. Giorgio a Lapi per
certi acquisti di beni, effettuati nel 1185 da un tal Martinello di Apo, che andarono ad incrementarne
le proprietà. Le monache camaldolesi, designate nel 1160 dall'abate del Vivo d'Amiata alla
direzione dell'asceterio, aumentarono a loro volta le rendite dell'istituzione attraverso l'acquisizione
nel 1163 delle terre comprese da Colle Pinzuto fino al Serraglio e dal torrente Bozzone fino al
Bolgione, nonché con la cessione nel 1165 da parte di Teodora di Malpillo e del marito Giovanni
del luogo denominato Gamberaia. Sovvenute dalle elargizioni del Comune di Siena in varie
occasioni, perdute gran parte delle loro entrate durante il secolo XIV ed essendosi ridotte a poche
unità, il 18 febbraio 1409 le religiose furono unite alle Benedettine di Valli. La chiesa di S. Giorgio
a Lapi, affidata ad un cappellano che svolgeva funzioni di parroco, rimase nelle loro ragioni fino al
1437, quando passò alla congregazione dei Camaldolesi di S. Mustiola della Rosa, i quali vi tennero
un loro sacerdote. Andato distrutto il monastero forse durante le operazioni militari del 1554,
ventuno anni dopo la chiesa era ridotta in pessime condizioni. Il visitatore apostolico nel 1575
impose che il rettore vi risiedesse, apportando restauri all'edificio e costruendo un'idonea abitazione.
Probabilmente ben poco fu realizzato, tranne qualche intervento per non mandare completamente in
rovina il tempio, perché nei primi del Seicento S. Giorgio venne annessa a Monteliscai come
succursale. Con la soppressione di S. Mustiola, nel 1810, i Camaldolesi abbandonarono le loro
pertinenze e l'oratorio passò a privati.
Appartiene al distretto anche l'oratorio della Confraternita laicale sotto il titolo della Maternità della
B. V. M. del Bolgione fabbricato per volontà di mons. Giovanni Cinughi, primo vescovo di
Montalcino e Pienza e visitatore generale del cardinale diacono di S. Eustachio Francesco
Piccolomini arcivescovo di Siena, nel 1466 su istanza dei fratelli Giovanni, Ludovico e Gaspero di
Matteo di Giovannello cittadini senesi, e di Mariano di Stefano, Ambrogio di Luca di Danza e
Agostino di Giacomo abitanti nel comunello di Monteliscai. Non era ancora terminata la chiesa
quando il 22 agosto 1467 lo stesso Cinughi, per infervorarne il completamento, concesse
un'indulgenza di quaranta giorni a chi la visitasse. Il 25 maggio 1474 Guglielmo, vescovo ostiense,
per lo stesso fine la insignì di un'altra di cento giorni, così come il cardinale Fabio Mignanelli, il 13
ottobre 1552, di sette anni.
Soppressa nel 1785, la confraternita fu ricostituita il 2 febbraio 1794.
G. MERLOTTI cit., pp. 287-292; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 89, 141, 188, 313.
49. MONTEPERTUSO Parrocchia di S. Michele Arcangelo
(Comune di Murlo) Vicaria foranea di Murlo
Forania attuale: Val d'Arbia
Prossima all'omonimo castello, ne subì le vicende. Gli Ardengheschi, fondatori, lo consegnarono
nel 1151 al vescovo Ranieri in pegno di sottomissione alla Repubblica di Siena con tutti i
possedimenti dall'Ombrone al Chianti e dalla Merse all'Elsa. Buono, presule senese acquistò piena
giurisdizione nel 1213 quando Ubertino di Donadei e Ugolino di Alfreduccio, allora proprietari, la
donarono alla sua mensa. Lo stesso, comprati altri beni dai medesimi, riuscì ad estendere la propria
signoria a tutto il territorio fino a Vallerano, concedendola in feudo ai venditori, salvo il dominio
diretto e gravandoli di vari censi con l'obbligo del solenne giuramento di fedeltà a sé e ai successori
in perpetuo. Nel maggio 1257 il vescovo Tommaso Balzetti diresse invano una petizione al
Consiglio della Repubblica per ottenere il pieno riconoscimento della sua autorità sulle terre del
Vescovado, ma né la tassazione né i sindaci supervisori vennero aboliti. Nel 1271 il governo senese
inviò il proprio esercito a Montepertuso alla guida di messer Orlandino da Canossa per reprimere i
ghibellini ivi rifugiatisi e dopo tre mesi di assedio lo rase al suolo. Solo allora, per risarcire il
presule dei danni sofferti, fu ordinato di non mandare un podestà per amministrare la giustizia in
quei territori, lasciandone allo stesso la libera elezione. Tre anni dopo Bernardo Gallerani ottenne
per i cittadini della sua giurisdizione lo sgravio dalle pubbliche imposte con l'obbligo di armarsi in
caso di guerra. I resti del castello e il borgo di Montepertuso, con atto del 21 ottobre 1510,
passarono interamente alla mensa che si accollò il mantenimento del custode ottenendo le esenzioni
e i privilegi rimasti in vigore fino al 1774. La fortezza, di cui doveva sussistere almeno una
porzione, fu interamente abbattuta nel 1554 da un distaccamento di imperiali che misero a ferro e
fuoco tutto ciò che rimaneva. Di antica fondazione, la chiesa fu cura d'anime fin dai tempi più
remoti. I suoi rettori, noti all'inizio del Duecento, figurano in atti pubblici come testimoni. Dal
secolo XV il distretto parrocchiale si ampliò con l'annessione di varie chiese della zona ormai
ridotte in stato di estrema povertà: nel 1426 divenne sua suffraganea la pieve a Carli; stessa sorte
subì anche la parrocchiale di S. Maria a Resi; l'11 ottobre 1569 fu la volta di S. Stefano a Sovignano
che ritenne fino al 1606; infine, lo stesso anno, anche S. Lucia in Villa di S. Giovanni le fu associata
fino ai primi del secolo successivo. Agli altari della chiesa si riunivano due confraternite laicali
sotto il titolo del SS. Nome di Gesù e dell'Assunzione di Maria; quest'ultima detta dei Celesti, si
costituì autonomamente nel proprio oratorio della Befa. Attualmente annessa a Vescovado di
Murlo, è compresa nella forania della Val d'Arbia e ospita una comunità.
Nel territorio rientra l'oratorio di Resi, già parrocchiale di S. Maria, poi di S. Anna, attualmente
trasformato in abitazione. Di antica fondazione, fu parrocchia fino al 1432, quando venne accorpata
a Montepertuso. Ebbe i suoi rettori nominati nel Trecento in vari atti pubblici. Subì la distruzione da
parte dei ghibellini fuoriusciti, nel 1271, ma, essendo l'unico edificio sacro della piccola comunità,
venne riattato e vi si continuò ad uffiziare fino al secolo scorso.
La cappella dell'Assunzione di Maria alla Befa era sottoposta all'omonima confraternita che
dispensava ogni anno vesti alle fanciulle povere. Con la soppressione del 1785 il fabbricato passò in
enfiteusi alla famiglia Marchetti di Pompana, la quale corrispondeva il canone stabilito allo Spedale
di Montalcino. Per il mantenimento del culto fu assegnata una somma da pagarsi dal Patrimonio dei
Resti al parroco di Montepertuso. Rovinato per la vetustà, nel 1835 venne restaurato e ridotto nelle
dimensioni; nel 1871 il piano, posto sotto il livello del suolo, fu rialzato.
La cappella di S. Girolamo di Pompana appartenne ai locali signori Turbanti, essendo edificata dal
sacerdote Girolamo della stessa famiglia e dal medesimo dotata di un campicello nel 1602.
Nell'Ottocento veniva uffiziata alcune volte durante l'anno per clausola testamentaria del fondatore.
G. MERLOTTI cit., pp. 292-297; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 89, 141, 188, 273.
50. MONTEPESCINI Parrocchia dei SS. Pietro e Paolo
(Comune di Murlo) Vicaria foranea di Murlo
Forania attuale: Val d'Arbia
Il territorio di Montepescini fu donato al vescovo di Siena da Rodolfo di Ildebrando in antica epoca
come si ricava dal diploma imperiale di Arrigo III, emanato nel 1055, in cui venivano confermati al
medesimo i possessi ottenuti. Secondo Merlotti questi sarebbero stati ripresi dagli Ardengheschi
nella seconda metà del secolo XII, lasciando al presule semplici ragioni e speciali diritti ribaditi nel
1189 dal pontefice Clemente III. Il castello, oggi ormai distrutto, subì l'occupazione dei Fiorentini
alla metà del Duecento e verso la fine del secolo successivo. I Senesi tuttavia ne ritornarono in
possesso e su deliberazione della Biccherna del 29 agosto 1391 fu deciso di risistemarlo e di
accogliervi gli abitanti. Al totale atterramento in seguito agli eventi della guerra di Siena di metà
Cinquecento, ridotto ad un ammasso di rovine, venne lasciato nella più completa decadenza finché
la Balia lo cedette il 23 settembre 1601 a Simone Borghesi con i terreni circostanti. La chiesa
esisteva probabilmente già nel Duecento anche se i documenti citano i suoi rettori solo a partire dal
1307. La funzione di cura d'anime doveva essere svolta in epoche remote dalla vicina pieve di
Coppiano, una delle più antiche della zona, fondata dagli Ardengheschi già nel secolo X. Nel 1130
Antolino di Giovanni e Grima sua consorte effettuarono una donazione a suo favore nelle mani di
Oderigo, proposto della cattedrale, che con il Capitolo ne riteneva la giurisdizione come appare
dalla bolla di conferma di Celestino III del 1194 e dal breve del vescovo Buonfiglio del 1224. Il suo
titolare messer Ugone, l'11 novembre 1192 fu curatore testamentario di donna Juga della Ronda per
dare effetto a una donazione a favore dell'eremo di Montespecchio. Un altro curato, messer
Galgano, il 29 aprile 1276 venne dichiarato dal vescovo Bernardo proprio fidecommissario nell'atto
di vendita di alcuni terreni a messer Orgese che li acquistava a nome di Ranuccio di Ranieri degli
Ardengheschi. Merlotti asserisce che la pieve a Coppiano sarebbe stata distrutta nel 1332 dai soldati
massetani e pisani, capitanati da Ciupo degli Scolari, con Montepescini e Rocca Gonfienti e che da
quell'epoca, ridotta a semplice beneficio ecclesiastico, la sede di titolarità parrocchiale fosse
passata alla vicina Montepescini E' tuttavia da precisare che fino al 1490 l'antica pieve ebbe un suo
rettore nominato dal vescovo, al quale non erano attribuite funzioni curate. Attualmente la chiesa di
Montepescini, annessa a casciano di Murlo, risulta ente ecclesiastico civilmente riconosciuto
compresa nella forania della Val d'Arbia.
Nei limiti parrocchiali si trovano gli avanzi del monastero di S. Maria di Montespecchio degli
eremiti agostiniani. Consacrato secondo la tradizione al tempo del pontefice Alessandro III, il 15
aprile 1170, accoglieva già da molti anni i religiosi che nel 1016 raggiungevano i cinquecento
individui. Ampliati i possessi con le numerose donazioni effettuate dalla consorteria degli
Ardengheschi a partire dal 1190 e da privati cittadini nei secoli successivi, l'istituzione divenne
molto importante nel Medioevo. La Repubblica di Siena nel 1259 concorse con una cospicua
somma ai lavori di restauro dell'eremo che continuò ad essere centro di vita contemplativa fino al
1433 quando, con decreto del priore generale dell'ordine, fu incorporato al monastero di
S. Salvatore a Lecceto. Tuttavia esso non venne completamente abbandonato se nel 1449 accolse il
Capitolo degli Eremitani. Nel 1686, resosi inabitabile, venne definitivamente lasciato dai pochi
monaci che si ritirarono nella chiesa plebana di Crevole, loro accordata dall'arcivescovo Leonardo
Marsili, dove rimasero fino al 1781.
G. MERLOTTI cit., pp. 298-302; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 90, 141, 153, 158, 189, 200.
51. MONTERIGGIONI Parrocchia di S. Maria Assunta
(Comune di Monteriggioni) Vicaria foranea di Monteriggioni
Forania attuale: Poggibonsi
L'antica chiesa, sita in località denominata il Santo, apparteneva alla giurisdizione degli
Ardengheschi e nel 1001 fu donata dalla contessa Ava o Averarda Matilde dei conti di Pistoia,
consorte di Ildebrando I degli Ardenghi, all'abbazia di S. Salvatore a Isola. Con la fondazione del
castello di Monteriggioni da parte dei Senesi, la titolarità parrocchiale venne trasferita al nuovo
edificio all'interno della cinta muraria dove, tra il 1226 e il 1235, sarebbe stato firmato un accordo
tra Senesi e Fiorentini. I suoi rettori, menzionati in atti pubblici come testimoni o arbitri di contese,
dirigevano il collegio di sacerdoti loro assegnato per il servizio spirituale di tutto il territorio; usanza
canonica questa, che, a differenza di altre pievi della diocesi, a Monteriggioni dovette perdurare nei
secoli almeno fino al Quattrocento, grazie alle buone rendite beneficiarie. Nel 1411 le fu unita la
parrocchiale di Rencine con tutti i suoi possessi e il 30 maggio ne venne data solenne partecipazione
al popolo affinché non sorgessero resistenze. Alla fine del Cinquecento le fabbriche, ridotte in
cattivo stato, subirono un radicale rifacimento per volontà del sacerdote Giovanni Franciuoli da
Staggia e, in occasione della visita pastorale del 1598, il cardinale Francesco M. Tarugi, prendendo
atto delle ingenti spese, dichiarò la parrocchiale sede di vicaria foranea sottoponendole le cure di
Lornano, Petroio, Basciano, Poggiolo, Riciano e Fungaia. Altri restauri furono intrapresi dal
reverendo Giuseppe Bigelli nel 1747, il quale ipotecò il podere del Santo con obbligo di estinguere
la somma, presa in prestito dalla cappella del SS. Crocifisso eretta nel Duomo di Siena, nel tempo di
dodici anni; alla fine del Settecento anche il sacerdote Giacomo Mecacci profuse denari e premure
nell'abbellimento degli stabili e della chiesa, che il 7 novembre 1790 venne consacrata
dall'arcivescovo Tiberio Borghesi. Nell'occasione fu benedetto anche il nuovo campanile costruito
utilizzando il materiale ritratto dalla soppressa parrocchiale di S. Giovanni a Stecchi. Attualmente la
chiesa è attiva come parrocchia compresa nella forania di Poggibonsi.
L'antica chiesa di S. Giovanni Evangelista a Stecchi o Sterzi, sita sul monte Ala dove nei primi anni
del Duecento sorse il castello di Monteriggioni, apparteneva fin dal 1001 all'abbazia di S. Salvatore
a Isola. Concessa con privilegio del pontefice Innocenzo II ai canonici di Marmoraia, fu nel 1404
riunita alla precedente insieme alla cura di Strove. Accorpata il 17 febbraio 1452 al beneficio di S.
Margherita a Rencine, passò nel 1565 a Monteriggioni su istanza del rettore Niccolò Costanti. Nel
1737 i beni della chiesa, consistenti in un podere denominato S. Giovanni, furono venduti dal
sacerdote Giuseppe Bigelli alle monache di S. Maria Maddalena per restaurare la proprietà del
Santo mentre nell'edificio sacro si eresse una confraternita laicale sotto il titolo della Madonna del
Rosario che rimase attiva fino alla soppressione del 1785. nell'occasione, come precedentemente
detto, il tempio subì la secolarizzazione e lo smantellamento con l'impiego delle pietre nella
edificazione del campanile di S. Maria Assunta.
Non esiste più l'altra parrocchiale di S. Margherita a Rencine i cui rettori sono noti dal secolo XIV.
Già unita con decreto del 7 aprile 1565 dell'arcivescovo Bandini Piccolomini a Monteriggioni,
passò nel 1627 al marchese Niccolò Giugni i cui eredi nel 1734 l'ingrandirono. Nuovi lavori
intrapresi nel 1861 portarono all'abbattimento dei preesistenti edifici e all'erezione di un nuovo
oratorio.
Non lontano dal castello di Monteriggioni su un ripiano di terreno a sinistra della via Fiorentina,
una villa campestre ricorda l'eremo di S. Bartolomeo di Caminata fondato dai padri dei Servi di
Maria nei primi decenni del Trecento. Arricchitosi di varie donazioni e sovvenuto dalle elemosine
del Comune di Siena, fu centro di vita spirituale fino al Cinquecento, quando con deliberazione del
28 settembre 1549 il padre generale dell'ordine lo incorporò a quello di Siena. I possessi, dati in
enfiteusi, furono definitivamente alienati dopo la soppressione del 1810.
Dentro il castello venne istituito per volontà testamentaria del banchiere senese Guido di Niccolò
Finetti del 6 settembre 1455 uno spedaletto sotto il titolo di S. Antonio. Si trovava in un edificio
presso la porta Franca e disponeva di varie rendite consistenti in case e poderi che per clausola non
potevano essere messi in vendita, pena il passaggio di proprietà alla chiesa di S. Giovanni a Stecchi.
Lo Spedale di S. Maria della Scala, come principale erede del testatore, consegnò nel 1459 al
Comune di Monteriggioni la nota di tutti beni spettanti all'istituzione che ebbe vita breve e finì per
essere inclusa nelle rendite di detta chiesa in cambio di una dote da conferire a una povera fanciulla
del posto.
Nel distretto si trovano i resti del fortilizio di Stomennano dove sorse l'antica parrocchiale di
S. Maria concessa dalla contessa Ava all'abbazia di S. Salvatore a Isola ai primordi dell'XI secolo.
Nel castello, donato dai signori Ubaldino, Paganello, Rustico, Bellafante di Soarzo e da Berta di
Ottaviano ai Senesi intorno al 1163, fu concluso un famoso trattato di pace tra la repubblica e i
Fiorentini nel 1254 rogato da ser Brunetto di Bonaccorso di Latino, maestro di Dante. La chiesa,
che nel 1173 aveva un suo rettore, venne aggregata alla Collegiata di Marmoraia da Innocenzo II
con S. Giovanni Evangelista a Stecchi.
G. MERLOTTI cit., pp. 302-312; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 91, 141, 188, 200, 313, 249.
52. MONTERONI Parrocchia dei SS. Giusto e Donato
(Comune di Monteroni d' Arbia)
Vicaria foranea di Monteroni d'Arbia
Forania attuale: Val d'Arbia
Compresa anticamente nel plebanato di Lucignano d'Arbia, la chiesa dedicata a S. Donato si trova
menzionata in un testamento del 1257 con il quale Provenzano di Ranuccio le assegnò un legato.
I suoi rettori, noti a partire dal 1263, in epoche remote venivano presentati all'ordinario per
l'approvazione dal pievano di Lucignano. Aveva annesso uno spedaletto spettante nel secolo XIII
all'abate di Torri. Una istituzione analoga fu fondata nella zona da Biagio Tolomei con testamento
del 22 gennaio 1298. Egli volle che sorgesse nella casa con chiostro comprata da un tale Andrea
Schermi e che se ne occupassero i frati Francescani. Nel 1316 la consorte donna Biagia di Ciampolo
d'Albizo acquistò dalla cognata l'usufrutto di alcuni terreni posti nel villaggio di Casale per
assegnarne una quarta parte a ciascuno degli spedali costituiti dal marito e cioè oltre a Monteroni, a
quelli dell'Isola, di Buonconvento e di Pienza. Confinava con la parrocchia la chiesa di S. Giusto,
diretta da un parroco autonomo fino alla seconda metà del Trecento, ad essa accorpata il secolo
successivo con conseguente unione di titolarità. Nel 1698 l'arcivescovo Francesco M. Tarugi la
decretò sede di vicaria foranea dichiarando alla sua dipendenza le cure di Cuna, Quinciano, Tressa,
Grania, Leonina, Isola, Colle Malamerenda, Collanza e Lucignano. Attualmente è stato portato a
compimento l'edificio sacro la cui costruzione fu iniziata nel 1964; la parrocchia risulta attiva e
compresa nella forania della Val d'Arbia.
Faceva parte de suo territorio, oltre alla citata S. Giusto, di cui non rimangono resti, la chiesa di
S. Pietro all'Arbiola. Di antica istituzione, nel 1276 era retta da ser Alberto che presenziò all'atto di
acquisto di un appezzamento di terreno da parte dello Spedale di S. Maria della Scala. Un altro, ser
Accorso, oltre ad intervenire nel 1307 alla famosa adunanza del clero senese voluta dal vescovo
Rinaldo Malavolti per risolvere le vertenze relative alle prestazioni dovute ai nunzi apostolici, fu
testimone nel 1324 al pubblico istrumento con cui Giovanni di Tese Tolomei, rettore dello Spedale
Grande di Siena, decretò di far deviare l'acqua dell'Arbia per alimentare il mulino di Monteroni.
Riunita per le scarse rendite a Cuna nel 1419 e a Marciano nel 1426, passò via via a far parte delle
prebende di vari canonici fino a che, il 10 maggio 1565, l'arcivescovo Francesco Bandini
Piccolomini l'assegnò alla parrocchia di . Salvatore di Siena. Constatato il danno spirituale subito
dalla popolazione, l'8 novembre 1566 il medesimo la rese nuovamente autonoma. Con decreto del
27 giugno 1589, infine, venne annessa a Monteroni in perpetuo con obbligo del pagamento di due
libbre di cera bianca alla mensa. Il 18 aprile 1789 l'arcivescovo Tiberio Borghesi, accogliendo le
istanze dei parroci, scorporò il popolo della soppressa cura dell'Arbiola da Monteroni, ripartendola
per comodità di servizio tra Cuna e Tressa e ordinò la secolarizzazione del luogo sacro che non
esiste più attualmente. Furono accorpati alla cura del capoluogo gli abitanti del castello di
S. Fabiano agli inizi del Cinquecento. Qui si trovava fin dal Duecento la parrocchiale sotto il titolo
dei SS. Fabiano e Sebastiano. Nel 1409 il fortilizio, appartenuto a Giovanni di Niccolò Terrocci,
subì la distruzione da parte delle soldatesche di Ladislao re di Napoli. Venduto al cardinale Niccolò
Forteguerri nel 1460, fu trasformato in seguito in villa campestre con oratorio. La chiesa, affidata
nel 1501 al sacerdote Michele di Giovanni da Siena, rettore contemporaneamente di Armaiolo nella
diocesi aretina e di S. Eugenia, veniva a soffrire di un servizio scarso e discontinuo. Per questo il
patrono indirizzò un'istanza all'arcivescovo Francesco Piccolomini il quale, con atto del 7 giugno
1501, la unì a Monteroni convertendo le rendite ad essa spettanti in un semplice beneficio sotto lo
stesso titolo.
G. MERLOTTI cit., pp. 312-317; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 92, 142, 188, 207.
53. MUGNANO Parrocchia di S. Giacomo
(Comune di Monteroni d'Arbia) Vicaria foranea di Corsano
Pochi sono i documenti relativi alla chiesa di cui conosciamo comunque i rettori a partire dal 1297.
Sita in prossimità dell'omonimo castello, oggi distrutto, doveva in epoche remote esser al centro di
una contrada densamente popolata. Le fonti storiche ci tramandano notizie delle scorrerie subite nel
1370 da parte dei Fiorentini e dei Perugini capitanati dal conte Luzio e dei conseguenti danni
arrecati alla popolazione dai Senesi che, per allontanare i nemici, bruciavano i campi riducendo alla
fame e alla povertà quegli abitanti. Il 25 aprile dell'anno successivo, tuttavia, i priori del governo
deliberarono di restaurare la fortezza nello spazio di quindici mesi, come avvenne. L'edificio
religioso, assai più ampio dell'attuale, non servendo più per accogliere così pochi fedeli, fu ridotto
nel 1766 dal parroco Pietro Bertini che utilizzò la parte eccedente ad uso di sacrestia e di canonica.
A causa del progressivo spopolamento, nel 1833 i parrocchiani non superavano le settantotto unità,
diminuite nel secolo scorso con l'abbandono delle campagne seguito al secondo conflitto mondiale.
Attualmente la cura risulta soppressa.
Nel territorio si trovava un monastero di Gesuati, attivo nel Quattrocento, al quale il Comune di
Siena corrispondeva un'annua elemosina. Di esso parla il Faluschi che aveva ricavato notizie della
sua esistenza nell'archivio delle Riformagioni. Probabilmente era sito nel podere denominato
nell'Ottocento il Paradiso, termine con cui la Congregazione fondata dal Beato Giovanni Colombini
era solita chiamare gli stabili di propria pertinenza.
G. MERLOTTI cit., pp. 317-319; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 93, 142, 158, 189.
54. MURLO Parrocchia di S. Fortunato
(Comune di Murlo) Vicaria foranea di Murlo
Forania attuale: Val d'Arbia
Il territorio rientrava fin dalle più antiche epoche nelle ragioni dei vescovi senesi come si rileva dal
diploma dell'imperatore Arrigo III, datato tra il 1053 e il 1056, che confermò loro i beni acquistati
legittimamente e legalmente nella zona. Il 14 maggio 1151 il conte Ugolino di Ranuccio degli
Ardengheschi donò al vescovo Ranieri le proprietà del feudo di Murlo possedute dalla nobile
prosapia, ma il 25 ottobre 1186 Arrigo VI ne concesse piena giurisdizione al Comune di Siena,
privando la chiesa dei diritti fino allora esercitati e costringendo i presuli a convenire mediante
concordati e patti con la Repubblica il mantenimento dei privilegi. Nel corso del Duecento furono
acquisiti diversi terreni dalla mensa vescovile intorno a Montepertuso e Vallerano, che andarono ad
allargare il già ampio patrimonio immobiliare su cui più volte si richiese l'esenzione da certe tasse e
dagli oneri imposti dal Comune. La signoria episcopale comprendeva sette comunità, ciascuna delle
quali teneva una separata amministrazione di cui i rispettivi camarlinghi rendevano conto al vicario
civile e criminale. Si governava con propri statuti, leggi e bandi emanati dall'ordinario ed in
mancanza di questi si ricorreva al diritto comune. Tali statuti, essendo antichissimi, vennero
riformati dai deputati di ciascuna corte nel 1323 con l'assistenza di ser Ghino di Forese da Torrita,
vicario di Murlo, per commissione di monsignor Donusdeo Malavolti. Murlo, capoluogo, aveva un
giusdicente nominato dal presule cui era demandata la cognizione delle cause civili, criminali e
miste e la funzione di conservatore dei libri delle comunità, dei protocolli e degli atti pubblici; ad
esso competeva la facoltà di rogare testamenti e scritture di vario genere rendendone conto al
superiore ecclesiastico. Per il governo della comunità del Vescovado erano incaricati tre priori
residenti al Castello, a Timoni e all'Andica con ufficio semestrale, mentre il camarlingo rimaneva
nelle sue funzioni un anno. Il consiglio con carica biennale era composto da ventidue membri,
undici del castello e gli altri dei rimanenti paesi. Il territorio si estendeva tra le vie romana e
grossetana da Campriano a Montepescini fino a S. Giusto con confine il fiume Ombrone e dalla
parte superiore fino a Formignano, Grotti, Corsano a confine con lo Stile. Merlotti indica con
precisione: "incominciava il confine dallo Stile al Vado, conduceva a Quarantalla e seguitava per lo
Stile fino alla strada, andava a Saltennano e per essa via fino alla stradetta seguitandola fino a
Capramorta, alla via passava e proseguiva dove un tempo era la dogana e da lì tornava allo Stile e
seguitava fino al Vado di Pietramonte a piè del fossato di Rigotorto e quindi usciva e dirigevasi per
il mezzo del Castellare minore e capitava al Casalone alla Spina e veniva a Cerbaiola e andava parte
per Serge al canto alla Mignattaia confinando colla corte di Campriano e veniva al capoluogo detto
le Fonti. Da qui andava agli olivi di Carnascialino a Montazzi e di lì al bosco detto Carpineto e
andava al piè del Monte Cucco ed al piè del Campo al Sole fino a casa Nutri mediante la via. Da qui
andava al fossato della Valle e seguitava alquanto per il fossato e poi per il fossone fino a
Montegiugnoli e quindi prendeva la via confinando colla corte di S. Ansano e seguitava per la via
fin presso al cantone della chiusa di Viamaggio dove voltava la via di Poggio a' Sodi e di lì al
torrente Crevole passava e saliva al poggio alle Pignole detto oggi Poggio alle Verdi. Voltava
alquanto per il poggio e tornava alla Crevole e passava e prendeva il bosco e poi la fossa capitando
al luogo detto la Fossa e seguitava fino alle Sedicelle e di lì al fossato di Farneto e confinava colla
corte di Formignano". Il 24 marzo 1400 furono approvate nuove capitolazioni raggiunte tra Curia e
Comune che regolamentavano la complessa materia dei diritti e delle attribuzioni. Quattro anni
dopo il presule poté tornare in possesso della rocca di Crevole, occupata nel 1379 dai ghibellini
fuoriusciti e quindi dalla Repubblica, a condizione di custodirla e di riconsegnarla ad ogni ordine
governativo. Solo il 24 luglio 1778 il feudo del vescovado tornò ad essere sottoposto alle leggi dello
stato con l'abolizione dei privilegi fino ad allora goduti e ad istanza dell'arcivescovo Tiberio
Borghesi il granduca concesse un indennizzo di duecentocinquanta scudi annui alla mensa con patto
di non richiedere canoni, fitti e laudemi.
Prima sede parrocchiale di Murlo fu la pieve di S. Maria a Carli, menzionata in un atto di donazione
datato 4 novembre 1081 del vescovo Rodolfo e nella bolla di Clemente III del 20 aprile 1189 diretta
al vescovo Buono con cui gli confermava la chiesa e il territorio già facente parte della sua mensa.
Accorpata alla chiesa del castello forse intorno alle prime decadi del Trecento, la Pieve vecchia,
come venne indicata da allora, rimase adibita al culto sotto la direzione di un eremita. Di fatto, da
quell'epoca i documenti riportano la serie continua dei rettori nominati alla direzione della cura di
Murlo senza più citare i pievani dell'altra. Secondo la tradizione, non suffragata però da prove
storiche, S. Fortunato sarebbe sorta come monastero dei Predicatori: unici indizi della presenza di
componenti dell'ordine nella zona sono le notizie certe di un cappellano, frate Leonardo attivo nel
1466, e di un Domenico di Checco da Siena che con frate Antonio da Roma nel 1474 governava la
Confraternita della Madonna delle Nevi ivi eretta. Nel 1598 la chiesa fu prescelta dal cardinale
Francesco M. Tarugi come sede di vicaria con annesse Crevole, S. Lorenzo a Merse - smembrata
nel 1618 da monsignor Alessandro Petrucci -, Casciano di Vescovado, Montepescini, Vallerano, S.
Giusto, Montepertuso con le sue succursali di Resi, S. Lucia in Villa e Sovignano. Ricostruito dalle
fondamenta nel 1589, l'edificio sacro rimase attivo fino al 1929, quando venne inaugurata la nuova
parrocchiale nel borgo di vescovado con lo stesso titolo. Rovinata nel 1966, ne fu costruita una
nuova nel 1974 che attualmente risulta sede della cura d'anime compresa nella forania della Val
d'Arbia.
L'attuale paese di Vescovado era composto da due villaggi. Il primo, denominato Andica, aveva un
oratorio dedicato alla Natività della B. V. M. dal 1572; l'altro, detto Tinoni, accoglieva uno
spedaletto sotto il titolo di S. Leonardo con cappellina chiamata dal popolo il Madonnino.
Nel vicino agglomerato di Lupompesi si trovava l'oratorio di S, Macario con annessa la
Confraternita laicale della Madonna del Carmine eretta nel 1654; la comunità di Montorgiali aveva
l'antica parrocchiale dei SS. Biagio e Margherita, riunita come beneficio nel 1425 a S. Michele nel
Poggio di S. Croce di Forcolo presso Fogliano, mentre la popolazione faceva già parte di
Montepertuso. Una chiesa di S. Margherita, già ridotta a un cumulo di macerie nell'Ottocento,
secondo Merlotti dovette essere nella zona la primitiva sede della cura d'anime poi accorpata
all'altra di S. Biagio in epoche remote. Donato al vescovo da Rodolfo di Ildebrando, il possesso del
territorio di Montorgiale venne confermato da Arrigo III alla metà del secolo XI. Il comunello
doveva essere allora densamente popolato. Nel 1355 vi risiedevano alcuni eremiti sovvenzionati dal
governo di Siena con un'annua elemosina elargita nel 1399 ad alcune donne che conducevano nella
zona una vita solitaria di penitenza.
G. MERLOTTI cit., pp. 320-328; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 93, 142, 189, 200, 274, 286.
55. ORGIA Parrocchia di S. Bartolomeo
(Comune di Sovicille) Vicaria foranea di Rosia
Forania attuale: Val di Merse - Maremma
La località è menzionata nell'atto di donazione di Warnefrit del 730 a favore dell'abbazia di S.
Eugenio e nel diploma imperiale di Arrigo IV del 1081 con cui si riconfermavano alla medesima i
possessi che le appartenevano. Da quest'ultimo documento apprendiamo dell'esistenza di una chiesa
dedicata a S. Paolo posta sotto la giurisdizione dei benedettini di Monastero. Passato in quell'epoca
il castello alla potente famiglia degli Ardengheschi, il 27 febbraio 1156, con solenne contratto
rogato in Siena nella chiesa di S. Maria, il colle di Orgia fu trasferito al vescovo Ranieri compratore
per quattrocentotrenta lire di denari. Nonostante ciò, alcuni dei vecchi proprietari continuarono a
tenere la signoria di una parte della rocca fino al 1197, anno in cui, secondo la cronaca di Andrea
Dei, fu conquistato dai Senesi e considerato di pertinenza della Repubblica. Gli attriti tra essa e i
conti portarono nei primi decenni del Duecento all'intervento del vicario imperiale per dirimere
l'intricata questione della legittimità dei diritti senza addivenire ad una risoluzione definitiva fino a
che, nel 1342 con deliberazione del Consiglio generale, il governo stabilì di distruggere il forte.
Anticamente, oltre alla ricordata chiesa di S. Paolo, non più esistente, si trovavano nel villaggio
quella della SS. Trinità con annesso uno spedaletto, anch'essa distrutta, e l'attuale parrocchiale di S.
Bartolomeo di cui conosciamo i rettori a partire dalla metà del secolo XIII. La prima, di
giuspatronato dei Benedettini di S. Lorenzo dell'Ardenghesca, rimase attiva forse fino al 1440,
quando papa Gregorio IV soppresse l'abbazia; l'altra, fondata nei primi anni del Duecento, fu
sempre sede di cura d'anime, probabilmente in sostituzione della precedente dedicata a S. Paolo.
Merlotti ricorda tra i suoi titolari un ser Bartolomeo di M° Giovanni, detto il Vecchietta, che
rinunciò all'incarico nel 1504 e annota: "questo curato era soprannominato [così] forse perché nelle
esterne sue fattezze assomigliavasi a Lorenzo di Pietro detto il Vecchietta che morì nel 1482. Egli
possedeva alcuni terreni dello Spedale nel popolo di Orgia. Nel 1475 per istrumento del 5 dicembre,
comprò da Giovanni di Gaspare di Meo, da Marianna sua madre e da donna Francia d'Agnolo di
Nannozzo da Tocchi sua moglie, una casa parte coperta e parte scoperta con una piazzola sotto altra
casa che egli possedeva nel comune di Orgia in luogo detto il Colle. Rogò ser Bartolomeo del fu
Giacomo di Nuccino notaio. L'anno di poi, per altro istrumento del 2 maggio, lo stesso pittore
comprò un terreno posto in corte di Orgia in luogo detto Arraia o Carraia da un certo Giacomo del
fu Leonardo d'Angelo da Brenna. Ne rogò l'istrumento in Siena ser Lorenzo di Matteo notaio".
Attualmente annessa a Brenna, la chiesa è compresa nella forania di Val di Merse - Maremma. Nei
suoi dintorni si trova il romitorio della Natività di Maria fondato nel 1300 in un profondo vallone
nel mezzo di un bosco detto Montagutolo. Uffiziato da poveri eremiti, il 28 febbraio 1410 il
vescovo Antonio Casini, per sopperire all’indigenza che non permetteva l’acquisto degli arredi
sacri, emanò un decreto di indulgenza per coloro che avessero contribuito con elemosine alle spese
necessarie. La famiglia De Vecchi, patrona dell'oratorio, nel 1721 curò la costruzione di un nuovo
tempio che venne consacrato il 18 settembre dai canonici Bandini, Ugurgieri e Venturi con solenne
processione e traslazione dell'antica pittura eseguita nel 1308.
G. MERLOTTI cit., pp. 328-331; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 95, 142, 189, 226, 230, 234.
56. OSSERVANZA Parrocchia di S. Bernardino da Siena
(Comune di Siena) Vicaria foranea del Bozzone
Forania attuale: Siena centro
Il luogo detto della Capriola accoglieva in epoche remote un eremo con chiesa dedicata a S.
Onofrio, appartenente ai Marescotti. Il 21 maggio 1392 il monaco frate Stricoccio di Niccolò
Marescotti, nel farsi oblato dello Spedale di S. Maria della Scala, donò al pio stabilimento tutti i
possessi del suddetto eremo ed altri di sua pertinenza situati nella corte di S. Lorenzo a Merse. Il 27
ottobre 1404 il rettore dello Spedale Giovanni di Iacopo Ghianderoni consegnò l'edificio della
Capriola a Bernardino degli Albizzeschi che profondeva la sua opera nell'assiduo servizio degli
infermi. Egli vi aggiunse una piccola abitazione chiamandoci alcuni frati Minori Conventuali di S.
Francesco con l'intenzione di riportarli alla prima istituzione della regola con titolo di Osservanti.
Essi, avendo fin dal 1423 concepito l'intento di ingrandire la chiesa rendendola elegante e maestosa,
poterono contare sulla munificenza del Comune di Siena che elargì grandi quantità di pubblico
denaro per l'innalzamento della fabbrica terminata nel 1451. Il 12 settembre di quell'anno il tempio
fu consacrato dal nuovo vescovo di Chiusi Alessio di Antonio de' Cesari, incaricato dal pontefice
Niccolò V , e lo stesso governo nel 1455 volle donare la campana appartenuta alla fortezza di
Samprugnano. Per volontà di Pandolfo Petrucci, signore di Siena e protettore degli Osservanti, a
cominciare dall'ultimo decennio del Quattrocento fu promosso un notevole sviluppo edilizio e
artistico. Lo stesso nobile, con testamento del 2 ottobre 1510, legò ai religiosi una somma annua per
la celebrazione degli uffizi a suffragio della sua anima e scelse di essere sepolto affidandosi alle
loro cure, come di fatto avvenne il 24 maggio 1512. In occasione della guerra di Siena del 1554 gli
edifici subirono consistenti danni subito riparati dai religiosi al loro ritorno. Nuovi lavori nel
convento, intrapresi nel 1665, furono portati a compimento nel 1686. Anche nella prima metà del
secolo successivo non mancarono gli interventi: nel 1704 il padre Billò fece innalzare il fabbricato
della libreria e del refettorio, nel 1705 cominciarono i restauri della chiesa, nel 1709 fu costruita la
loggia davanti all'ingresso, nel 1717 si iniziò la trasformazione del campanile, ecc... finché il 17
gennaio 1753, ridotto in ottimo stato di consistenza, il tempio venne nuovamente consacrato
dall'arcivescovo Alessandro Cervini. Con la soppressione del 1810 diverse parti del convento
passarono a privati cittadini, mentre la chiesa rimase aperta al pubblico come parrocchia. Cinque
anni dopo gli Osservanti tornarono alla loro sede dove restarono fino al 1866, quando per le leggi
dell'asse ecclesiastico del neoregno d'Italia, furono di nuovo allontanati. Alcuni anni dopo, tuttavia,
riacquistarono i locali già di loro pertinenza installandovi una nuova famiglia claustrale cui venne
affidata la direzione della parrocchia. La cura d'anime dell'Osservanza, istituita con decreto del 4
giugno 1721 dall'arcivescovo Alessandro Zondadari, comprendeva principalmente nuclei familiari
appartenuti alle limitrofe parrocchie delle Tolfe, di S. Eugenia e di S. Petronilla. Il padre guardiano
fu incaricato delle mansioni sacerdotali nei primi anni, ma dopo il 1776 fu assegnato per rettore uno
di quei religiosi proposto dal superiore dell'ordine e approvato dal presule senese. L'altare
parrocchiale, tra i molti della chiesa, era il primo a sinistra delle porta d'ingresso, sacro
all'Immacolata Concezione. Anticamente il territorio rientrava in gran parte nella giurisdizione di
S. Pietro a Ovile, che si trovava nel luogo della fabbrica del convento di S. Francesco incluso nella
cinta muraria della città nel 1471. Secondo Merlotti è probabile che tutta la zona della Capriola
venisse scorporata dalla medesima nel 1236, quando con bolla del pontefice Gregorio IX si assegnò
l'attuale sede alla parrocchia di S. Pietro a Ovile per permettere ai Minori Conventuali dell'Alberino
di edificare la loro nuova residenza; nell'occasione l'assistenza spirituale sarebbe stata ripartita tra le
cure circonvicine.
Il 23 gennaio 1944 la chiesa dell'Osservanza fu quasi rasa al suolo da un bombardamento aereo
alleato; ricostruita dal 1945 al 1949 e solennemente consacrata, è attualmente attiva come
parrocchia compresa nella forania di Siena nord.
Le apparteneva l'oratorio di S. Maria della Croce al Ponticino Rosso detto della Madonnina Rossa,
non più esistente, posto in fondo alla vecchia strada che conduceva al convento. Era stato edificato
dai frati intorno alla metà del Quattrocento e conservava importanti opera d'arte del Riccio o di
Giomo del Sodoma che nell'Ottocento risultavano deperite.
G. MERLOTTI cit., pp. 331-336; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 142, 189.
57. PAGANICO Parrocchia di S. Michele Arcangelo
(Comune di Civitella) Vicaria foranea di Civitella
Forania attuale: Val di Merse - Maremma
La tradizione attesta la sua fondazione al 1219 per ordine dei gonfalonieri della Repubblica di Siena
al fine di potenziare il settore meridionale dello stato. Il castello, che nel 1261 aveva subito
l'occupazione dei ghibellini confederati di Manfredi, tornato al governo di Siena nel 1278, fu
accerchiato di potenti mura e dotato di vasti possessi. Gli Umiliati del monastero di S. Tommaso in
Siena che in qualità di camarlinghi del pubblico erario avevano presieduto all'ingrandimento delle
fortificazioni, chiesero al Comune nel 1293 la concessione di alcuni immobili per costruirvi un
monastero. Approvata la domanda due anni dopo con spesa di seimila lire, il vescovo Rinaldo
Malavolti nel 1297 si portò a Paganico con la sua corte per benedire la prima pietra delle chiesa
dedicata all'Immacolata Concezione e a S. Michele Arcangelo. Portata a compimento la fabbrica,
gli Umiliati ricevettero varie donazioni dal governo e da privati cittadini, che permisero di disporre
di mezzi di sussistenza adeguati all'installazione di una famiglia religiosa dipendente dal convento
di Siena. La cura d'anime rimase comunque a carico del sacerdote della chiesa di S. Michele
Arcangelo di Monteverdi, annessa all'abbazia di S. Lorenzo sul Lanzo e alla pieve di S. Giovanni
Battista di Ancaiano fino al 1340, anno in cui il maestro generale dell'ordine rese autonomo il
monastero di Paganico assegnandogli un superiore che il vescovo Donusdeo Malavolti investì della
titolarità di proposto con l'obbligo dell'assistenza spirituale della comunità. Il 16 ottobre 1420 il
vescovo Antonio Casini, preso atto della trascuratezza di quei religiosi, avocò a sé il diritto di
concedere il riconoscimento canonico al parroco per evitare sconcerti e malumori che potessero
turbare l'andamento della vita parrocchiale. In seguito alla soppressione di quei frati del 7 febbraio
1571, la chiesa fu dichiarata pieve di libera collazione da assegnare al clero secolare alla morte
dell'allora rettore frate Benigno Lazzari Umiliato, come avvenne il 7 gennaio 1577, quando con
decreto dell'arcivescovo Francesco Bandini Piccolomini venne designato Matteo Ansidei da
Gubbio. Per le scarse rendite e per l'aria malsana la situazione dei parroci rimaneva assai
problematica, per cui il granduca Francesco I dei Medici il 28 maggio 1583 dotò il beneficio della
metà dello stabile appartenuto allo Spedale detto la Locanda di Casabianca e di una casa con orto
sita all'interno del villaggio in cambio del giuspatronato. Nella stessa epoca il castello fu concesso
ad Antonio dei Medici a titolo di marchesato per passare, il 5 maggio 1630, in feudo al nobile
senese Giovanni Patrizi e ai suoi discendenti maschi. Estintasi la famiglia, il 22 gennaio 1747 la
corte di Paganico tornò alla corona e i Patrizi di Roma ereditarono gli allodiali dei precedenti
signori, compresa la vasta tenuta del circondario. In qualità di sostenitori del culto e dei bisogni
spirituali della popolazione, quei proprietari contribuirono a dotare la chiesa del necessario,
finanziando la locale opera laicale e donando tra l'altro l'importante reliquia del corpo di S. Teodoro
M. fin dal 1571. Attualmente sede di parrocchia, è compresa nella forania della Maremma - Val di
Merse.
Era dentro il castello di Paganico uno spedaletto, posto nel fabbricato all'ingresso della porta senese,
che aveva l'obbligo di mantenere un letto per i pellegrini e di trasmettere gli esposti da Civitella al
Sasso di Maremma; con la soppressione degli Umiliati rimase a carico della prepositura fino
all’estinzione del 10 novembre 1750. Nel perimetro parrocchiale si trovava l'antica cappella di S.
Michele Arcangelo di Monteverdi, fondata dagli Ardengheschi e concessa nel 1108 all'abbazia di S.
Lorenzo sul lanzo. Essa rientrava tuttavia anticamente nel distretto della pieve di S. Giovanni
Battista di Ancaiano il cui rettore nel 1224 si oppose all'abate patrono dell'Ardenghesca in merito al
diritto di elezione del titolare conteso da ambedue. Il lodo pronunziato il 14 agosto da due arbitri
attribuì al secondo la facoltà di nomina con prerogative temporali e spirituali mentre al primo,
presente all'istallazione, fu accordata la sola investitura spirituale. Altre vertenze si ripresentarono a
causa del pagamento delle decime negli anni seguenti, fino all'accorpamento definitivo di Ancaiano
a Casenovole avvenuto nella seconda metà del Trecento.
G. MERLOTTI cit., pp. 336-339; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 95, 143, 189, 201, 212, 258.
58. PARI Parrocchia di S. Biagio
(Comune di Civitella) Vicaria foranea di Civitella
Forania attuale: Val di Merse - Maremma
Residenti nel vicino castello di Montagutolo, gli Ardengheschi estendevano il loro potere anche su
Pari. Nel 1202 ne furono spogliati dal governo di Siena che progressivamente riuscì ad entrare nelle
ragioni del loro feudo: nel 1254 Guido, Pepo, Ranieri ed altri della nobile prosapia si sottomisero
alla Repubblica e diciassette anni dopo fu deliberato che nel castello risiedesse un giudice minore
civile. Divenuto proprietà dei Ranuccini, fu da essi donato al vescovo Donusdeo Malvolti che vi
stabilì Bartolomeo di Orlando, suo congiunto, il 28 giugno 1331. L'ultimo decennio del secolo
Orlando Malvolti lo pose, insieme agli altri beni che possedeva nella zona, sotto la protezione di
Firenze, la quale rimase in atto fino alla definitiva sottomissione a Siena del 1464. Cessata la loro
signoria, Pari fu residenza di un notaio col titolo di vicario, quindi di un podestà, fino alla legge del
1 agosto 1838 relativa alla riorganizzazione dei tribunali di giustizia, con la quale si soppresse
quella magistratura e le sue attribuzioni vennero affidate al vicario di Campagnatico.
La parrocchiale di S. Biagio, da tempo immemorabile di libera collazione dell'ordinario senese,
ebbe annessa la pieve esterna al castello di S. Giorgio in Valona verso al fine del XIV secolo. Di
antica istituzione, quest'ultima è menzionata nella bolla di Clemente III del 20 aprile 1198 tra le
chiese confermate al vescovo Buono. Ad essa nel 1339 Orlando di Meo Malavolti, fratello germano
del vescovo Donusdeo, assegnò in perpetuo un legato per gli uffizi di suffragio, impiegando una
parte dei redditi derivanti dalla proprietà dei Bagni delle Caldanelle. Allargatosi il territorio di
pertinenza della cura di Pari con la detta inclusione e trovandosi la chiesa di S. Biagio in precarie
condizioni, il 15 maggio 1460 gli abitanti rivolsero un'istanza al pontefice Pio II, che si trovava ai
bagni della vicina Petriolo, proponendo di restaurarla a proprie spese in cambio del giuspatronato
per la nomina dei rettori. Accordata la richiesta a condizione di rimettere in buono stato anche la
canonica con la spesa complessiva di cento fiorini, nel 1466 i lavori erano stati già completati come
risulta dagli atti della visita pastorale effettuata da mons. Giovanni Cinughi per commissione
dell'arcivescovo Francesco Piccolomini. L'8 agosto 1497 fu immesso nel possesso della pieve il
sacerdote Bartolomeo di Mariano prescelto dagli abitanti del castello. Il 31 ottobre 1564, in seguito
alla rinuncia del sacerdote Achille Sergardi, nacque una vertenza sul diritto di giuspatronato tra i
parrocchiani e l'ordinario al quale competeva secondo i canoni del Concilio di Trento, la nomina del
curato. Dal momento che il nuovo incaricato Pirro Manni risultava ben accetto al presule, si
rinunziò a procedere, ma alla sua morte, il 18 giugno 1572, il problema si ripresentò. Il vicario
generale di Francesco Bandini Piccolomini si affrettò a designare un economo spirituale per la
vacante cura di Pari, indicendo il concorso cui si oppose il sindaco del luogo e solo il 12 luglio
1581, dopo tanti dibattimenti, si arrivò da parte della Curia all'effettivo riconoscimento della
concessione di Pio II che rimase operante fino al 1789, quando la facoltà di nomina passò al
granduca di Toscana.
La chiesa di S. Biagio, ristrutturata alla metà dell'Ottocento, è tuttoggi sede di parrocchia, compresa
nella forania di Val di Merse - Maremma. Al fianco destro dell'edificio si trova l'oratorio di S.
Croce dell'omonima compagnia laicale dedicata ai SS. Fabiano e Sebastiano, ingrandito alla fine del
Cinquecento. Un'altra congregazione detta del SS. Rosario fu eretta nel 1599 all'altare laterale
sinistro della chiesa curata; con le sue rendite faceva trasportare gli esposti alla grancia di S. Giusto
e manteneva un letto per dare albergo ai pellegrini. Molti altri edifici religiosi si trovavano nel
comprensorio. La già ricordata pieve di S. Giorgio di Valona, sita nel luogo detto Querce al Filo, a
mezzogiorno del castello, su un'altura poco distante dall'Ombrone, faceva parte nell'Ottocento del
podere detto "la chiesa di S. Giorgio" di proprietà dei Chigi Benedetti di Camollia che pagavano al
parroco di Pari un censo annuo. Dalla visita apostolica di Francesco Bossi del 1575 apprendiamo
che a quella data era stata abbandonata e versava in pessime condizioni. In occasione dei lavori di
restauro della parrocchia di Pari nel 1850 furono tratte dai ruderi di S. Giorgio molte pietre, alcune
delle quali scolpite a motivi zoomorfi che vennero collocate nelle pareti delle case.
La chiesa di S. Pietro a Montagutolo, già curata ai primi del Trecento, occupa il sito che fu della
fortezza degli Ardengheschi. Conosciamo il suo rettore, ser Mino, del 1307, che presentò il proprio
legale consenso a quanto decretato nel Capitolo generale del clero senese voluto dal vescovo
Rinaldo Malavolti, ma per l'antica origine molti altri lo dovettero precedere. Esisteva non lontano
dal villaggio l'oratorio di S. Lucia, ricordato nel Cinquecento dalle visite pastorali, che
nell'Ottocento serviva da stanza di deposito del cimitero della pieve. La chiesa di S. Martino di
Crespoli o Greppoli era situata secondo Merlotti "a meno di mezzo miglio di distanza dalla
R. Strada Grossetana in faccia all'altra che porta a Pari, sulla piaggia che va alla locanda del Leccio
e precisamente nella selva oggi di proprietà dei signori fratelli Giuggioli di Siena". Sede di
parrocchia fino dagli inizi del secolo XVI, fu probabilmente annessa al castello come l'altra di
S. Valentino per le scarse rendite. Questa si trovava alla destra del torrente Farma "in prospetto
della R. Via Grossetana che scende dall'opposta parte della locanda delle Serre prima che volti a
destra verso Petriolo". Fondata in epoche remote, il suo titolare ser Leone sottoscrisse nel 1081 la
donazione di alcuni beni fatta dal vescovo Rodolfo al proprio Capitolo. Nel 1236 il pievano ser
Bernardo fu nominato arbitro nella vertenza che opponeva l'abate dell'Ardenghesca allo Spedale
del Sasso. In essa dimorava ancora nel Trecento un collegio di sacerdoti diretti da un rettore da essi
nominato, che sussisté fino agli inizi del secolo successivo, quando, per lo spopolamento della zona,
fu annessa a Pari e rimase come semplice beneficio. Compresa nel plebanato di S. Valentino era la
parrocchiale di S. Niccolò nei pressi di Petriolo, istituita dal Comune di Siena nel secolo XIII. Non
essendo dotata di sufficienti rendite, il Consiglio della Campana deliberò la concessione di un
assegnamento annuo al rettore, nella seduta dell'11 dicembre 1332. Non approvando il vescovo
quanto deciso, perché contrario ai canoni, il 23 febbraio 1338 fu stabilito di comprare un
appezzamento di terreno per il sostentamento del parroco. Nel 1343 la chiesa venne restaurata dal
rettore del Duomo di Siena e due decenni dopo passò sotto la direzione della cura del Santo. A Pari
erano annesse anche la chiesa di S. Tommaso apostolo al bagno delle Caldanelle, fondata dal
vescovo Donusdeo Malavolti intorno al 1330, e quella di S. Ansano. La prima si trovava "a un
quarto di miglio della R. Via Grossetana che sale alla locanda del Leccio", l'altra "alla sinistra della
R. Via Grossetana e dell'altra comunale di pari sul principio ove si diparte dalla via regia su di un
risalto di terreno ov’è una casa colonica". Quest'ultima era attiva fin dalla prima metà del Duecento
come risulta dall'atto di elezione del rettore dello Spedale del Sasso di maremma del 24 settembre
1236, in cui fu presente come testimone il suo titolare ser Ildezo. Nel 1592 S. Ansano, con S. Lucia
e S. Valentino, priva ormai di rendite consistenti, venne conferita dal vicario generale al giovane
chierico Pompilio Mealdi. Nel perimetro parrocchiale di Pari era compreso anche il monastero
agostiniano di S. Antonio di Val d'Aspra, fondato secondo la tradizione dal beato Biagio da Opima
nel IV secolo.
G. MERLOTTI cit., pp. 340-345; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 96, 143, 190.
59. PENTOLINA Parrocchia di S. Bartolomeo
(Comune di Chiusdino) Vicaria foranea di Rosia
Confermata ai vescovi di Siena da Clemente III nel 1189 e da Innocenzo III nel 1210, era retta nel
1247 da un ser Bonaveglia, testimone presente al testamento di Ugolino di Bernardo frate. Le
congetture del Merlotti attribuiscono la sua fondazione ai canonici di Rosia come parrocchia di
confine dotata di fonte battesimale e da essi dipendente almeno fino all'inizio del Trecento. Nel
1524 gli Spannocchi ne ottennero il giuspatronato da Clemente VII per aver provveduto ai restauri e
all'accrescimento delle proprietà, ma alla fine del secolo fu dichiarata nuovamente di libera
collazione dell'ordinario dall'arcivescovo Francesco M. Tarugi per alcune inadempienze alle
ingiunzioni prescritte. Nel primo decennio del XIX secolo i marchesi Ferroni, proprietari del
villaggio, curarono a proprie spese la ristrutturazione della chiesa che minacciava rovina.
Attualmente la cura risulta soppressa.
Pentolina fu scelta da Nello d'Inghiramo Pannocchieschi come sede di uno spedale con cappella in
onore di Maria SS. e dei SS. Francesco e Lucia. Con un testamento del 9 febbraio 1321 rogato nel
castello di Gavorrano, dispose di essere sepolto nella chiesa di S. Francesco di Siena lasciando tra
gli altri legati allo Spedale di S. Maria della Scala il distretto del castello di Tatti a condizione di
fondare il ricordato istituto per cui destinò la somma di duemila lire.
Nelle vicinanze del borgo, a Monte Capraia, esisteva una cappella appartenuta ai Vallombrosani di
Torri, ad essi confermata da Innocenzo IV nel 1251.
G. MERLOTTI cit., pp. 347-350; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 98, 143, 189, 197, 200.
60. PERCENNA Parrocchia di S. Lorenzo
(Comune di Buonconvento) Vicaria foranea di Buonconvento
Forania attuale: Val d'Arbia
Castello fondato dai Cacciaconti - Giuseppi e, secondo la tradizione, assai popolato nel Medio Evo,
fu il 6 dicembre 1208 tassato dal governo di Siena con il massimo delle quote imposte agli
insediamenti più ricchi. Il Consiglio della Campana, il 20 dicembre 1266, deliberò di tenervi un
podestà a custodia dei diritti del Comune. Occupato dai guelfi fuoriusciti e ridotto in rovina, il 23
novembre 1270 venne deciso di risarcirlo a spese delle vicine comunità e di accorparlo a
Buonconvento sotto la direzione di un unico vicario. Per i dissapori insorti, i due agglomerati
vennero più volte separati nel corso del Trecento; nel 1366 i Percennesi ottennero dalla Repubblica
il permesso di rifabbricare la fortezza, ormai diruta, a proprie spese con l'abolizione delle gabelle
per quattro anni e sei anni dopo furono nuovamente dichiarati autonomi. Nel 1409 il castello subì
l'assedio di Ladislao, re di Napoli, senza tuttavia cedere. Alla fine del secolo comunque già non
esisteva più e le sue carbonaie vennero vendute nel 1496 dalla Balia ad Andrea di Giovanni Lami
da Buonconvento. Nel 1157 i conti Ildobrandino e Bernardo Cacciaconti, proprietari di Percenna, ne
concessero la metà al Capitolo dei canonici di S. Pietro in Roma, ottenendo dal pontefice Adriano
IV alcune torri nel forte di Radicofani. Sul luogo, al contempo, esercitavano pure la loro
giurisdizione da epoche remote i Benedettini di S. Antimo che nel 1236 accorparono alla
prepositura di S. Lorenzo la chiesa di S. Cristina in Caio sita "a circa due miglia da Buonconvento
per quella parte che volge a Montalcino". Passata l'abbazia, l'11 agosto 1282, ai Guglielmiti, essi
continuarono a nominare i rettori come fino ad allora avevano fatto i predecessori. Nel 1462 il
pontefice Pio II, istituendo la diocesi di Pienza e Montalcino, assegnò alla sua mensa i beni rimasti
di S. Antimo con l'episcopale giurisdizione sulla chiesa di Percenna la quale era diretta dal 1437
nello spirituale governo dai frati cassinesi di S. Giustina del convento di S. Spirito in Siena; motivo
questo, secondo Merlotti, dell'interruzione della serie dei titolari fino alla seconda metà del
Settecento. E' da rilevare in proposito l'errore in cui incorse l'erudito senese sia perché quei religiosi
rimasero in città poco più di un decennio, sia per i diritti della Santa Sede che prevedevano la
completa autonomia nella scelta del parroco da investire. Infatti nel 1513 il pontefice Giulio II,
istituendo in Vaticano una cappella a proprio nome, aggregò alle sue cospicue rendite la chiesa di S.
Giacomo Apostolo alla Lungara e quella di Percenna potendone usufruire per le ragioni vantate ab
immemorabili. Inoltre, nel 1689, il Capitolo della basilica di S. Pietro concesse in enfiteusi a
Giovanni Belli e ai suoi discendenti il benficio prepositurale, compresa la facoltà di riscossione
delle decime con l'esclusione solo del patronato attivo che rimase nelle proprie attribuzioni anche
nel secolo seguente. Nel 1765 gli eredi dell'affittuario rinunciarono ai loro diritti che due anni dopo
passarono alla Congregazione di Monte Oliveto, richiedente, e quindi, nel 1773, a Flaminio Del
Taia. Smembrata intanto Percenna dalla diocesi di Pienza e riunita a Siena per breve del pontefice
Clemente XIV dello stesso anno, fu assegnata al reverendo Giovanni Simone Tozzi che la resse fino
al 1811. Le mutate condizioni storiche e politiche e il giurisdizionalismo dello stato che fin dal
governo di Pietro Leopoldo di Lorena aveva voluto assicurare alle parrocchie i mezzi di sussistenza
idonei pena la soppressione, portarono nel 1816 il soprintendente dell'amministrazione ecclesiastica
ad intentare una causa al livellario dei beni per reintegrarne nel pieno possesso il sacerdote titolare.
La vertenza si concluse con l'atto di transazione del 15 aprile 1825 con cui il nobile Giulio del fu
Flaminio del Taia conseguì il diritto di patronato sulla cura di Percenna potendo così nominarne il
rettore. Dopo dieci anni di vacanza in cui le cure spirituali rimasero affidate ad un economo, il
sacerdote Bartolomeo Calusi poté essere alla guida della chiesa a tutti gli effetti riscuotendo le
decime e contando sull'intervento finanziario del patrono per la manutenzione straordinaria. Esso,
infatti, nel 1830 avviò la ristrutturazione degli edifici a proprie spese trasformandone
completamente il primitivo assetto. Nella chiesa si riuniva la Compagnia sotto il titolo della
Madonna del Carmine istituita nel 1754 e affiliata nel 1857 all'Arciconfraternita della SS. Trinità
dei Pellegrini e Convalescenti di Roma, fondata da S. Filippo Neri.
Attualmente la parrocchia, annessa a Buonconvento, è compresa nella forania della Val d'Arbia.
Faceva parte dell'antico comprensorio della cura la chiesa già ricordata di S. Cristina in Caio,
appartenuta ai monaci di S. Antimo fin dalla fondazione dell'abbazia ed unita da essi alla
prepositurale il 25 dicembre 1235. Sorta probabilmente su un insediamento antichissimo, nel 1786
fu distrutta dall'Amministrazione del Patrimonio ecclesiastico di Montalcino per riutilizzarne i
materiali. Così Merlotti la descrive: "era una fabbrica formata tutta a pietre conce di figura rotonda
con diversi concavi, per la maggior parte quasi distrutti, ove sembra che un tempo vi fossero
venerati alcuni idoli della gentilità; e molto più ciò confermasi perché non sono molti anni, come
dice il cav. Pecci, che nei pressi di questa chiesa si ritrovò un piccolo vitello di metallo che ai suoi
tempi tuttora si conservava da alcune persone particolari della terra di Buonconvento.
Si vedevano pur anco in questa fabbrica diverse pietre con figure di animali che nella suindicata
epoca furono collocate nella muraglia della chiesa di Percenna". Convertita in chiesa cristiana, S.
Cristina, pur essendo di pertinenza dei Benedettini di S. Antimo, rientrava nella giurisdizione
episcopale di Siena come appare dalla bolla di conferma del pontefice Clemente III al vescovo
Buono del 20 aprile 1189.
Tre spedali con relativi oratori esistevano nel Medioevo nel castello di Percenna: il primo fondato
per testamento del 1283 da Giovanni di Lamberto nella sua casa posta sul poggio denominato
Scotti; l'altro, voluto da Biagio di Tolomeo Tolomei con testamento del 21 gennaio 1298, fu
consegnato nel 1302 da sua moglie Ciancia ai padri agostiniani; l'ultimo, infine, istituito da Martino
o Sozzino della famiglia Sozzini nella contrada del Vespro in casa della consorte Fiora nel 1390. Di
essi non rimane traccia.
G. MERLOTTI cit., pp. 350-355; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 99, 143, 190, 205, 369.
61. S. PETRONILLA Parrocchia di S. Petronilla
(Comune di Siena) Vicaria foranea di Casciano delle Masse
Forania attuale: Siena nord
Merlotti, per descrivere il sito dell'antica chiesa, riporta ciò che Assunto Picchioni aveva rilevato:
"era situata in luogo basso e non molto distante dal borgo e precisamente in un campo che rimane a
destra di chi si incammina verso Vico, ove i contadini nello scavare il terreno... hanno trovato i di
lei fondamenti, il qual campo si spetta alle monache sotto il titolo di tal parrocchia patrone...".
Istituita in epoca anteriore al X secolo dai canonici del Duomo, fu ad essi riconfermata dal vescovo
Rodolfo con atto di donazione del 1081 e dal pontefice Celestino III con bolla del 17 aprile 1194.
Rimase sede di cura d'anime fino al 1560 circa, quando venne trasferita nella chiesa delle monache
di S. Petronilla, riparatesi in città nel 1553 a causa della guerra culminata con l'assedio del 1555.
Esse, con il consenso dell'arcivescovo, mantennero la giurisdizione sul loro possesso acquistando la
facoltà di nominarne il rettore fino al 1782, quando con sovrano rescritto il granduca Pietro
Leopoldo di Lorena rese obbligatorio ai patronati ecclesiastici il conferimento tramite concorso.
L'arcivescovo Tiberio Borghesi, con decreto dell'8 luglio 1783, ordinò alle medesime l'onorario per
il parroco, un orto e una prestazione annua in denaro per rendere congrua la rendita del benefizio,
conservando loro il giuspatronato. A S. Petronilla furono annesse la soppressa parrocchia di
S. Basilio al Prato dopo la distruzione del 1555 e, successivamente, il 7 settembre 1669, una parte
della popolazione di S. Bartolomeo in Camollia già estinta nel 1526 e accorpata a S. Stefano alla
Lizza. In virtù di tale unione il curato ebbe l'onere di pagare dodici staia di grano annualmente al
confratello di S. Stefano a risarcimento di decima, da cui venne esonerato nel 1782 nella circostanza
della soppressione della cura dei SS. Vincenzo e Anastasio. Dopo la chiusura del convento dei
Cappuccini del 1866 la loro chiesa dedicata all'Immacolata Concezione, sita presso l'Antiporto di
Camollia, era rimasta inutilizzata. Dietro pressanti richieste da parte del curato e della popolazione,
l'8 dicembre 1895 venne aperta al pubblico e accolse la titolarità parrocchiale ancor oggi attiva e
compresa nella forania di Siena nord. Gli antichi locali di S. Petronilla, venduti nel 1903 e profanati
due anni dopo, furono interamente abbattuti dal proprietario Roberto Vivarelli.
Faceva parte del distretto parrocchiale il convento di S. Croce dei frati Armeni fondato dalla
famiglia Aringhieri. La loro chiesa sotto il titolo dei SS. Apostoli Filippo e Mattia, edificata dal
Comune intorno al 1260, fu ingrandita e perfezionata nel 1294 con il consenso del vescovo Rinaldo
Malavolti a condizione di non pregiudicare le vicine cure di S. Bartolomeo e di S. Basilio e lo
Spedale che Torello di Baccelliere si apprestava ad istituire. Notevolmente arricchito nel corso del
Trecento, godeva di grande prestigio anche durante il secolo successivo e il suo priore Graziano di
Nanni nel 1462 era generale dell'ordine degli Armeni in Toscana. Colpita duramente dalla guerra di
metà Cinquecento, alcuni decenni dopo della grande chiesa rimaneva un modesto oratorio che nel
1604, già abbandonato dai frati, venne demolito per correggere il percorso viario. Al suo posto , in
memoria, fu innalzata la Cappella della S. Croce o del S. Sepolcro di Gesù Cristo di Gerusalemme.
Nel 1652 il pontefice Innocenzo X ordinò l'estinzione delle istituzioni religiose ormai prive di
effettiva aggregazione concedendo ai presuli di convertire a loro arbitrio le rendite in altri usi. Fu
allora che parte dei beni dl convento di S. Croce passarono agli Olivetani mentre il sito della
clausura detta Parco di Doccia, pervenne alla famiglia Pieri, la quale nell'Ottocento ne era ancora
proprietaria.
Lo Spedale di ser Torello, chiamato anche di S. Croce o del S. Sepolcro, si trovava a sinistra
uscendo da porta Camollia, vicino alla fortezza della Castellaccia. Istituito nel 1294 da ser Torello
di Baccelliere del popolo di S. Bartolomeo nel fabbricato innalzato alla fine del secolo XII su un
terreno di proprietà dei canonici del Duomo, ne riservò a se stesso e agli eredi il patronato con la
condizione di non dipendere da altri. Nel 1428 apparteneva ai Tolomei, cui era pervenuto per
eredità e accoglieva la Compagnia di S. Girolamo nata per volontà di sette devoti, tra i quali
Giovanni Piccolomini del Mandolo, Antonio di Filippo Scotti e Giovanni di Tommaso del Minella,
che due anni dopo ottennero dal rettore dello Spedale di S. Maria della Scala le stanze sotto le volte
del medesimo dette di S. Cristina; vi si adunavano anche gli ascritti della Compagnia di S. Ansano
che nel 1437 si spostarono nell'oratorio degli Ugurgieri preso S. Vigilio. Dell'ospedale di ser
Torello distrutto a causa della guerra del 1554, rimase la chiesa demolita nei primi anni del Seicento
per il riassetto stradale della zona.
Tra la porta Camollia e l'Antiporto esisteva una piccola chiesa dedicata a S. Biagio fondata dal
Comune e ricordata nel 1210. Restaurata nel 1339, seguì la sorte di molti altri edifici distrutti
dall'esercito imperiale a metà Cinquecento.
La parrocchia di S. Basilio, posta a sinistra uscendo da Camollia "dove fa capo la via di Pescaia e
un tempo vedevasi una seconda porta", è menzionata in un atto del 998 con cui i conti Bernardo,
Ranieri e Gualfredo con Guilla di Ranieri sottoposero la chiesa di S. Pietro alla Magione alla
giurisdizione del vescovo di Firenze. Nel 1170 Alessandro III la dichiarò sotto la protezione della
Santa Sede, confermandole l'esazione delle decime. Diretta dal Capitolo della cattedrale, nel 1194
fu da Celestino III ad esso riconfermata. Nel 1229 il Comune comperò da Ranieri del Porrina da
Casole d'Elsa una piazza ed un muro per riattare la seconda porta prospiciente Camollia e avviò un
progetto di riassetto della zona che prevedeva anche il restauro della vicina S. Basilio la quale, nel
corso dei secoli successivi, fu più volte sovvenzionata dalla pubblica amministrazione. Anch'essa
venne interamente distrutta dalle armate spagnole e fiorentine nel 1554. Annesso alla chiesa era lo
Spedale omonimo attivo dagli ultimi decenni dl secolo XI e diretto dai sacerdoti Bonfiglio e
Sezzone che probabilmente, insieme a quello denominato di Citto di Lambertesca Malavolti sito nei
paraggi e fondato nel 1154, andò a costituire l'altro di ser Torello della fine del Duecento.
Nei pressi dell'Antiporto, a sinistra, esisteva un oratorio dedicato alla Visitazione della B. M. V.
fatto edificare nel 1459 da Alessandro Mirabelli. La Biccherna, nel giorno della ricorrenza del
titolo, vi mandava un'offerta di dodici libbre di cera gialla. Ridotto in pessime condizioni, fu
interdetto il 20 giugno 1776 dall'arcivescovo Tiberio Borghesi. Il rettore di S. Stefano alla Lizza, al
quale apparteneva dalla soppressione di S. Bartolomeo in Camollia nel cui distretto rientrava, la
vendette il 26 giugno 1780 a Giovanni Calosi per usi profani. Davanti all'attuale curata di S.
Petronilla si trova la chiesa della Compagnia di S. Bernardino al Prato, già monastero femminile
delle Cistercensi, chiamato di S. Maria Maddalena o di S. Maria Novella. Le suore vennero ad
abitarvi nel 1297 da S. Giusto a Rontennano per assistere gli infermi del vicino Spedale di S. Croce,
rimanendovi circa un secolo prima del collocamento in S. Prospero. Nel 1450 Aldobrandino di
Galgano Tolomei fondò in quel luogo uno Spedaletto con il titolo di Gesù Cristo che il 2 maggio
1493 venne ceduto in perpetuo dall'arcivescovo Francesco Todeschini Piccolomini con l'annessa
chiesa del monastero di S. Maria Novella concessa allora ad Antonio Alberi arcidiacono della
diocesi orvietana, ai Canonici Regolari di S. Antonio di Vienna. Essi vi istituirono uno spedale per
appestati la cui giurisdizione rimase alla mensa arcivescovile. Poca vita ebbe l'ospizio, colpito dagli
eventi della guerra del 1554 e abbandonato alla fine del secolo. Nel 1582 la Compagnia di S.
Giovanni della Morte ottenne di seppellirvi i giustiziati come chiesa prossima al Prato in cui
avvenivano le condanne capitali; nel 1685 la famiglia Accarigi, proprietaria, la cedette alla
Compagnia di S. Bernardino, che fin dal 1590 uffiziava un piccolo oratorio nei pressi
dell'Osservanza, poi distrutto, la quale ancor oggi ne usufruisce.
Non esiste più il convento di S. Maria delle suore di S. Petronilla della religione francescana
fondato intorno al 1219 dal senese Vitale di Donato il quale nel 1233 lo dotò di immobili per
sopperire ai loro bisogni. Posto sotto la protezione del cardinale Ugo vescovo di Velletri, nel 1223
Onorio III lo insignì di vari privilegi e nel 1234 Gregorio IX lo raccomandò all'Arte dei Pizzicaroli
affinché ne avesse cura e amministrasse le sue rendite. Il Comune lo ingrandì nel 1248, nel 1259 e
nel 1293 fino a renderlo un blocco omogeneo a contatto con la pubblica via. Doveva essere dotato
di convenienti appartamenti se accolse il 10 marzo 1442 il papa Eugenio IV con la sua corte di
ritorno dal Concilio di Costanza. Vi era annesso lo Spedale di S. Barbara, fondato da Sozzo
Bandinelli nel 1326 e sottoposto alla giurisdizione dell'abbadessa fino alla riunione dei suoi beni al
S. Maria della Scala. Riformato nel 1486, veniva diretto da un religioso direttamente incaricato
dalla superiora. Le claustrali dirigevano tramite un cappellano anche la cura d'anime della
popolazione limitrofa, servendosi di un piccolo oratorio dedicato a S. Lucia retto nel 1466 da ser
Giuliano da Verona, esperto nell'arte della medicina. Nel 1553 esse furono accolte nell'abbazia di S.
Michele Arcangelo e in seguito in una parte del monastero di S. Tommaso degli Umiliati, che dopo
la loro soppressione del 1571, ottennero completamente e ribattezzarono S. Petronilla. Gli edifici
abbandonati, fatti fortificare dalla Repubblica per difendere la città, furono in gran parte distrutti
dall'esercito di Cosimo I dei Medici nel 1554; rimase la chiesa poi utilizzata come parrocchiale fino
al 1895.
Rientrava nel perimetro parrocchiale anche la chiesa dell'Immacolata Concezione con annesso
convento dei Cappuccini ivi trasferitivi da Montecellesi nel 1631 e definitivamente nel 1660. Dopo
l'incendio del 1689 la fabbrica fu ulteriormente ingrandita e continuò ad ospitare i religiosi fino alla
soppressione del 1866. Adibito a lazzaretto fino al 1884, il locale diventò nel prosieguo degli anni
alloggio per militari, infermeria, convitto di arti e mestieri, abitazione e magazzino; è del novembre
1991 un progetto di massima di ristrutturazione con lo scopo di destinarlo a centro sociale per
disabili. La suddetta chiesa, invece, accolse la sede della parrocchia di S. Petronilla fin dal 1895.
Rientrava nel territorio anche l'oratorio di S. Maria degli Angeli a Palazzo Diavoli, ancora esistente.
Il resede, appartenuto alla famiglia Guglielmi, passò ai Turchi con l'annesso antico ospedale
denominato dei Tignosi non più attivo già nel 1466. La cappella fu edificata nel 1516 da Girolamo
di Biagio Turchi che ottenne per sei anni di vendere nella sua osteria pane, vino e carne con
l'esenzione dalla gabella. Il 29 dicembre 1620, in virtù del legato testamentario del proprietario
Placido Placidi, fu destinata a cappellania sotto il titolo della natività di Maria vergine, fondata con
atto del 18 settembre 1642 sotto il giuspatronato della stessa famiglia. In occasione dei restauri del
1854 fu scoperto un oratorio sotterraneo in cui, secondo il Gigli, avrebbe avuto origine la
Compagnia laicale di S. Sebastiano poi trasferitasi in S. Pietro alla Magione.
G. MERLOTTI cit., pp. 355-366; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 99, 149, 158, 189, 210;
AA.VV, S. Petronilla: eventi storici e vicende dalle origini alla parrocchia dei nostri giorni,
Roccastrada (GR) 1995.
62. PIANA Parrocchia dei SS. Innocenti
(Comune di Buonconvento) Vicaria foranea di Buonconvento
Forania attuale: Val d'Arbia
Di antichissima origine, fu una canonica che accoglieva un collegio di sacerdoti sotto la direzione di
un rettore. Nel 1081 ne era titolare ser Leone, presente al sinodo diocesano celebrato dal vescovo
Rodolfo. Arricchita dall'acquisto di numerose proprietà, soprattutto da parte di ser Rinaldo di
Orlando Malavolti, nel 1291 il vescovo Rinaldo della stessa famiglia la unì alla propria mensa
governandola per mezzo di un delegato. Acquisita dallo Spedale di S. Maria della Scala, alla fine
del Trecento vennero potenziate le strutture difensive del complesso che accolse il 7 luglio 1538 il
pontefice Paolo III reduce dal Concilio di Nizza. L'arcivescovo Francesco M. Tarugi il 15 settembre
1599 dichiarò perpetui i rettori della chiesa ponendo fine alla loro amovibilità e obbligandoli per
questo al pagamento annuo di una soma di vino moscatello al tempo della vendemmia. Il primo
vicario fu Ippolito Draghi, morto nel 1633, che ornò di pitture gli altari. Attualmente annessa a
Buonconvento, la parrocchia è compresa nella forania della Val d'Arbia.
La villa di Piana appartenne ai Tolomei fin da epoche remote. Giovanni di Tese della nobile
prosapia, nel farsi oblato del S. Maria della Scala, nel 1314 ne decise la donazione al pio istituto
che, forzatamente, il 28 maggio 1504 la dovette cedere a Camillo Petrucci per volontà di Pandolfo.
Passata ai De Vecchi, ospitò monsignor Fabio dopo il suo esonero dalla cattedra di Teologia per le
aderenze al partito giansenista nell'ultimo decennio del Settecento. Nell'Ottocento ne erano
proprietari i marchesi Lavaggi.
La villa di Castelrosi, poco distante, era un antico castello che nel 1316 subì la distruzione da parte
dei ghibellini. Divenuta proprietà dei Piccolomini, fu lasciata per volontà testamentaria di
monsignor Orazio Piccolomini d'Aragona, decano della Metropolitana e vicario generale della
diocesi, al Capitolo della Cattedrale il 21 aprile 1717.
Si trova compreso nello stesso distretto territoriale anche il villaggio del Ponte d'Arbia (oggi
parrocchia autonoma sotto il titolo della Sacra Famiglia) così denominato dal ponte fatto costruire
dal Comune di Siena nel 1388 e restaurato nel 1656 dal governatore Mattia dei Medici. Aveva
anticamente una chiesa dedicata a S. Pietro, al cui rettore era affidata la cura spirituale di quella
parte di popolazione, che secondo Merlotti sarebbe stata riunita a Piana dopo la pestilenza del 1348.
Menzionata in un atto di vendita ivi stipulato il 16 settembre 1241, era retta nel 1272 da ser
Bartolomeo che ricevette quell'anno un podere in Borgo d'Arbia ed una tavola dipinta per la sua
chiesa dal rettore dello Spedale di S. Maria della Scala, esecutore testamentario di ser Bonadote di
Caponero, le cui ultime volontà erano state sottoscritte l'11 luglio 1270. Si ricorda pure tra i suoi
parroci ser Giovanni, testimone di un atto stipulato il 16 gennaio 1358 nel castellare dei Malavolti e
presente nel 1367 al contratto con cui il vescovo Azzolino concesse ai suoi canonici la vendita di
alcuni possessi. Nel 1466 la cura d'anime non esisteva più e le rendite del beneficio costituivano una
prebenda goduta dall'arcidiacono della Metropolitana Tommaso Piccolomini; la manutenzione della
chiesa di S. Pietro spettava al cappellano di Piana.
L'antico villaggio fortificato di Saltemnano, sito alla destra del torrente Sorra, aveva una canonica
dedicata a S. Michele Arcangelo, fondata nella seconda metà dell' XI secolo e posta sotto la
giurisdizione del vescovo di Siena. Il suo titolare, ser Brunone, fu presente all'atto stipulato il 19
aprile 1186 in Siena per risolvere certe controversie insorte tra i curati di S. Giovanni e di S. Pietro
in Castelvecchio. In altri documenti del Trecento si fa riferimento ai rettori di Saltemnano come
priori di quella che dovette essere una vera e propria parrocchia poi aggregata a Piana. Nel 1449,
come ricaviamo dal testamento di Rinaldo Ciotti da Siena, la chiesa era rovinata e per questo venne
ordinato di riedificarla a spese dei suoi eredi e di dotarla di una tavola con l'immagine della
Madonna e dei SS. Michele Arcangelo e Giacomo Apostolo, nonché di erigervi un secondo altare in
onore di S. Biagio con rispettiva icona del santo.
G. MERLOTTI cit., pp. 366-371; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 99, 144, 153, 159, 190, 201
63. PIEVASCIATA Parrocchia di S. Giovanni Battista
(Comune di Castelnuovo B.ga)
Vicaria foranea di Canonica a Cerreto
Forania attuale: Siena nord
Antica canonica retta da un collegio di sacerdoti, fu fondata in epoche remote e venne confermata a
Buono vescovo di Siena da Clemente III nel 1189. I documenti ricordano tra i suoi titolari ser
Stefano, vivente nel 1081, ser Ugone di Ciano, morto il 30 agosto 1305, attivo procuratore del
Capitolo della Metropolitana, e ser Bartolo di Bartolomeo legato apostolico della Badia a Settimo
nel 1351. Divenuta in progresso di tempo di giuspatronato della famiglia Ciampoli da Cerreto, fu
nel 1412 incorporata per le sue scarse rendite alla parrocchia dei SS. Quirico e Giulitta di Siena per
tornare autonoma tre anni dopo sotto un singolo pievano. Erano comprese nel suo plebanato le
chiese di S. Leonardo a Catignano, S. Cristoforo a Vagliagli, S. Bartolomeo a Coschine, S. Martino
a Cellole, S. Miniato a Noceto, S. Lorenzo a Pontignanello. Le furono poi unite S. Leonardo a
Catignano nel 1466 e altre parrocchie limitrofe già incluse nella propria giurisdizione. Attualmente
annessa a Vagliagli, è compresa nella forania di Siena nord.
Faceva parte del territorio la chiesa di S. Martino a Selvole, confermata dal pontefice Clemente II
nel 1189 al vescovo di Siena. Di giuspatronato della famiglia Malavolti da epoche lontane, nel 1419
aveva già accorpato l'antica S. Lorenzo a Cagliano, più tardi riunita a Vagliagli. La storia di Selvole
si lega ovviamente a quella dell'omonimo castello, distrutto nel 1230 dai Fiorentini. Posto al confine
tra i due stati, fu più volte alle dipendenze dell'uno o dell'altro e subì attacchi rovinosi, l'ultimo dei
quali, nel 1554, ne segnò la completa rovina. I Malavolti , signori del luogo ancora nell'Ottocento,
avevano fatto edificare un oratorio in memoria dell'antica parrocchiale di cui Merlotti accenna nella
sua Relazione. La chiesa di S. Leonardo a Catignano, posta nel Duecento sotto il patronato della
famiglia Tondi, fu cura d'anime riunita alla meta del Quattrocento a Pievasciata. Nel 1788 il podere
spettante al beneficio fu acquistato dai Sergardi Biringucci, padroni della zona dove Lodovico
Sergardi, meglio conosciuto con il nome accademico di Quinto Settano, aveva edificato la propria
villa. Nel perimetro parrocchiale rientrava anche la villa di Scopeto con l'oratorio dedicato a
S. Bartolomeo appartenuta alla famiglia Sozzini e poi passata ai Malavolti.
G. MERLOTTI cit., pp. 372-376; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 103, 144, 189, 200.
64. PILLI CANONICA Parrocchia di S. Bartolomeo
(SAN ROCCO A PILLI) (Comune di Sovicille) Vicaria foranea di Barontoli
Forania attuale: Val di Merse - Maremma
Ebbe origine dalla canonica di S. Maria a Pilli ridotta a fortezza nel 1366 dal governo di Siena. La
parrocchiale di S. Bartolomeo è documentata dal 1389, con ser Donato di Stefano titolare. Per le
scarse rendite che non permettevano di mantenere un sacerdote, i popolani si offrirono di
provvedere ai bisogni in cambio del giuspatronato concesso dalla S. Sede nel secondo decennio del
secolo XV e riconfermato il 22 aprile 1459 dal pontefice Pio II. Tale privilegio, passato al granduca
nella seconda metà del Settecento, venne attribuito con rescritto del 30 luglio 1819 al nobile
Francesco Pannocchieschi d'Elci per il merito di aver fatto restaurare la chiesa. Nel 1572
l'arcivescovo Francesco Bandini Piccolomini concesse alla parrocchiale una reliquia di S.
Bartolomeo apostolo; l'anno seguente vi fu eretta la confraternita laicale del SS. Rosario, soppressa
nel 1785, e nel 1653 monsignor Ascanio Piccolomini le accordò il fonte battesimale per evitare ai
neonati l'inconveniente di essere condotti fino a Fogliano. Per la pericolosità delle strutture che
minacciavano imminente rovina, il parroco Giovanni Francesco Sguazzini nel 1744 fu costretto a
servirsi per le funzioni dell'oratorio della Confraternita di S. Rocco e ad indebitarsi con la
Congregazione di S. Pietro in Duomo, obbligando tutti i beni a sua disposizione, per avere il denaro
necessario ai restauri degli edifici. Nel 1823 la situazione della chiesa si fece di nuovo precaria
rendendo improcrastinabile l’intervento di consolidamento delle strutture murarie. Il marchese
d'Elci, proprietario della villa di Cavaglioni, realizzò il progetto di rifabbricarla affidando ad
Agostino Fantastici il compito di condurre a termine i lavori. Nel 1831 il tempio venne consacrato.
Per il terreno franoso che causava crepe e fenditure ai muri mettendo in pericolo i fedeli, un nuovo
edificio di culto fu ultimato nel 1967. Attualmente la chiesa risulta attiva come parrocchia compresa
nella forania di Val di Merse - Maremma.
Faceva parte del territorio di S. Rocco l'omonimo oratorio della Confraternita formatasi nel 1561
nella chiesa di S. Bartolomeo. Nel 1568 i confratelli decisero di erigere la loro sede nelle vicinanze
dove continuarono a riunirsi fino alla soppressione del 1785. Quando nel 1792 fu ripristinato, il
sodalizio dovette usufruire della parrocchiale poiché l'oratorio era stato venduto e secolarizzato.
Una nuova cappella fu innalzata nel 1815 da Angelo Ticci ministro della tenuta di Cavaglioni.
Anticamente faceva parte del distretto la chiesa di S. Stefano a Vigliano, concessa nel 1224 dal
vescovo Buonfiglio ai propri canonici. Rare sono le notizie che la riguardano: esisteva ancora nel
1397; nel 1679 una cappellania sotto il titolo della Madonna di Loreto, fondata sulla omonima villa,
rimaneva forse a memoria dell'antica istituzione ecclesiastica ormai soppressa.
G. MERLOTTI cit., pp. 376-379; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 104, 145, 159, 189, 249.
65. PILLI S. SALVATORE Parrocchia di S. Salvatore
(Comune di Sovicille) Vicaria foranea di Corsano
Esisteva come parrocchia alla fine del Duecento, probabilmente fondata in epoca anteriore come
filiazione della canonica di S. Maria a Pilli. I Marescotti ne avevano il giuspatronato che tennero
fino al 1731: quando nominavano il parroco non potevano tuttavia prescindere dalla presenza del
priore di S. Maria, forse in virtù degli antichi diritti derivanti dall'origine dell'istituzione
ecclesiastica. Nel 1392 includeva nella propria giurisdizione la chiesa di S. Martino a Sorra,
estendendosi in quello che fu il comprensorio della ricordata canonica, trasformata in forte nella
seconda metà del secolo. Intorno agli ultimi decenni del Settecento gli edifici vennero ristrutturati
dai rettori Alessandro Rossi e Francesco Fazioni e nuovamente nel 1865 dal parroco Pietro Rubetti.
Estinta nel 1896, la popolazione è attualmente compresa nella parrocchia di S. Bartolomeo a Pilli.
La canonica di S. Maria sorgeva nei pressi di Brusciano o Brucciano, in località detta il Castello. Il
suo priore, ser Orlando, è citato come testimone in un atto del 1266. Nel 1338 era retta dal facoltoso
ser Sozzo di Nino da Chianciano che elargì al Santa Maria della Scala la cospicua somma di
trecento fiorini d'oro per il bene della sua anima. Il 27 novembre 1366 il governo di Siena decise di
fortificare i fabbricati della canonica per far fronte alle scorrerie di Giovanni Acuto ai danni del
contado e, probabilmente, di essa rimase solo la titolarità di cui nel 1384 era investito Andrea di
Graziano presente al consesso dei canonici della Cattedrale per l'elezione contestata dal papa del
nuovo vescovo Michele di Paolo Pelagalli, religioso domenicano. Il medesimo partecipò l'8 gennaio
1418 al conferimento della laurea dottorale ad Angiolo di Andrea da Perugia. Precedentemente, il
21 agosto 1384, egli era stato implicato in una rissa con i monaci di S. Agostino a causa del preteso
diritto di percezione del corrispettivo funerario in occasione delle esequie del frate apostata
Bencivenne: a colpi di spada il canonico si sarebbe impossessato del cadavere arrogandosi il diritto
di seppellirlo in quanto parroco di S. Marco - oltre a canonico di S. Maria a Pilli - in cui forse il
defunto dissidente risiedeva. Nel 1412 il beneficio di Pilli fu incorporato alla pieve di Lucignano
fino all'11 dicembre 1419, quando passò a S. Bartolomeo. La fortezza di S. Maria, i cui lavori erano
cominciati nel 1366, fu ampliata alla fine del secolo. Il Consiglio della Campana il 16 maggio 1396
ne ordinò il consolidamento a sicurezza del villaggio di Pilli; il 17 gennaio 1398 dispose che il
capitano del popolo eleggesse un operaio a sovrintendere alla pianificazione affinché il tutto fosse
realizzato entro sei mesi. Ancora nel 1408 si pensava di potenziare la costruzione come
apprendiamo da un'istanza dei cittadini di Pilli al governo. Probabilmente la fabbrica venne distrutta
a metà Cinquecento in occasione della guerra di Siena; Merlotti nell'Ottocento assicurava di averne
viste le rovine sull'altipiano del Castello prima di scendere al piano delle Segalaie.
A Brusciano o Brucciano esisteva anticamente la parrocchia di S. Stefano di cui conosciamo il
primo rettore nel 1255. Probabilmente dovette essere in qualche relazione con la chiesa di S. Luca
in Palchetto, situata in Siena lungo la via di Malcucinato dietro il palazzo del Comune, se nel 1357
il curato di Brucciano ser Bonifazio di Binduccio si oppose ai Canonici Regolari di S. Frediano di
Lucca, residenti in S. Martino, ai quali il governo aveva ceduto i diritti sulla chiesa di sua
pertinenza. Soppressa la parrocchia nella seconda metà del secolo XIV e ridotta a semplice
beneficio, continuò ad avere un titolare fino al 1665, quando Lodovico Canestrelli permutò alcuni
appezzamenti di terreno spettanti alla cappella con una bottega e casa poste nel popolo di S.
Desiderio. Rientrava nella giurisdizione parrocchiale di S. Salvatore a Pilli anche la chiesa di S.
Lorenzo posta nell'omonimo villaggio, menzionato nei documenti del Due-Trecento. Ser Goro ne
era rettore nel 1307 e ser Musciatto di Rinaldo nel 1325 figura come suo curatore nell'atto di
vendita di un appezzamento di terra. I Marescotti ne avevano il giuspatronato, come risulta dalla
scrittura di quietanza del 1332 lasciata dal sacerdote Gatto di Giovanni a Stricca figlio di Rinaldo di
Gilberto della nobile prosapia in virtù di un legato in denaro per i riattamenti della fabbrica.
Soppressa nella seconda metà del secolo XIV, la popolazione fu inglobata nelle vicine parrocchie.
Dagli atti della visita apostolica del 1575 risulta che uno degli altari laterali di S. Bartolomeo a Pilli
era dedicato a S. Lorenzo in memoria della chiesa ormai diruta nel cui sito fu ordinato di apporre
una croce e che i suoi beni erano stati accorpati alla medesima.. Divenutone proprietario lo Spedale
di Siena, il quale già dal 1411 possedeva a S. Rocco il podere detto la Grancia (ottenuto dalla
Compagnia dei Disciplinati) che affittava dal 1648 per la villeggiatura degli alunni del Seminario
Soleti, nel 1744 vi fece edificare un oratorio dedicato a S. Lorenzo per non perderne la memoria.
Esisteva nel piano delle Segalaie l'antica chiesa dei SS. Giacomo e Filippo ridotta in pessimo stato
nel Quattrocento e del tutto priva di arredi. Nel 1434 Sebastiano di Tinelloccio di ser Nino fece
istanza al vescovo Carlo Bartali perché, riattata a proprie spese, accogliesse un religioso addetto alla
cura d'anime in cambio del conferimento del giuspatronato. Il presule accolse la richiesta e la
fabbrica venne portata a compimento, ma di lì a non molto, per le scarse rendite, dovette essere
unita a Frontignano (1459). Passata a Bagnaia nel 1468, la chiesa divenne semplice beneficio
ecclesiastico di giuspatronato dei Bichi e quindi dei conti d'Elci. Quest'ultimi riedificarono sullo
stesso luogo la cappella ancora in essere che fu annessa a S. Salvatore.
Davanti alla parrocchiale fu attivo uno Spedaletto dedicato a S. Andrea di cui si ha notizia alla fine
del Trecento. Riteneva quattro letti, due per gli uomini e due per le donne; era amministrato da uno
o due incaricati eletti a vita dal Comune, i quali dovevano rendere conto annualmente della loro
gestione, far celebrare due uffizi per i defunti con otto sacerdoti pagando una libbra di cera al
parroco ogni volta, mantenere accesa la lampada della chiesa, offrire due doppieri di cera per
l'associazione dei cadaveri, somministrare un'elemosina di trenta lire a ciascuna puerpera della zona
con trenta libbre di pane, quindici mezzetti di burro e quindici coppie di uova per il tempo di
quindici giorni, nonché procurare una dote di quindici fiorini ad una fanciulla povera destinando
ogni avanzo ai bisognosi. Riunito al S. Maria della Scala nel 1750, il locale passò in proprietà ai
Bichi Ruspoli che nell'Ottocento facevano celebrare la festa in memoria dell'istituzione nella
ricorrenza di S. Simone, elargendo un sussidio alle povere partorienti.
G. MERLOTTI cit., pp. 380-386; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 106, 145, 153, 159, 190,
197, 201, 208, 224.
66. POGGIOLO Parrocchia di S. Maria Assunta
(Comune di Monteriggioni) Vicaria foranea di Monteriggioni
Forania attuale: Siena nord
Tutta la zona, secondo Merlotti, venne donata da Ugolino di Soarzo degli Aldobrandeschi conte di
S. Fiora, al vescovo Ranieri e al governo di Siena nel 1163; esclusi dai diritti acquisiti per volontà
dell'imperatore Arrigo IV nel 1186, i presuli senesi dovettero addivenire a patti e condizioni con il
Comune, rinunciando alla giurisdizione di vaste contrade, ma trattenendone altre sotto il loro diretto
dominio. Tra queste vi era il castello di Purghiano, sito su un'altura lungo la riva sinistra del torrente
Rota, ad occidente del monte su cui sorge il Poggiolo. Esso venne confermato dai pontefici
Clemente III nel 1189 e Innocenzo III nel 1210 al vescovo Buono e i suoi abitanti più volte, nel
corso del secolo XIII, ebbero rapporti con Siena. Da un atto del 7 giugno 1256 risulta che
prestarono obbedienza al podestà e ai suoi ufficiali, forse per le mutate condizioni politiche che
avevano portato all'esautorazione dei presuli e all'inglobamento del castello nell'area di influenza
governativa. La chiesa di S. Maria ivi eretta continuò ad essere attiva come cura d'anime fino al
1300 circa e ne figura parroco ser Pietro di Binduccio, nominato in alcuni atti pubblici dal 1238 al
1261. Da allora nessun documento ci informa delle sorti dell'agglomerato, mentre appare sempre
più citato il villaggio del Poggiolo con la sua chiesa dedicata a S. Maria nella quale forse era stata
traslata la titolazione dell'altra di Purghiano. Nel 1317 il pievano di Lornano vantava il diritto di
amministrazione del Poggiolo, per privilegio concesso da Innocenzo III con relativa facoltà di
nominare il rettore esercitata anche dal popolo e dalla famiglia Malavolti. Secondo Merlotti
quest'ultima poteva essere subentrata nelle ragioni patronali per la munificenza con cui aveva dotato
la cura di Lornano nella quale possedeva diversi poderi tra cui Campo dei Fiori. Il Comune di Siena
nel 1375 sovvenzionò i restauri degli edifici e cinque anni dopo il vescovo Luca Bertini vi istituì
una rettoria inamovibile in cambio dell'onere annuo di staia dodici di orzo da pagare alla sua mensa.
Il 27 settembre 1406 la chiesa fu concessa in commenda a Pietro di Matteo vescovo di Calcedonia
dell'ordine degli Eremitani di S. Agostino unendovi nel 1412 Terrenzano. Dopo la rinuncia del
titolare, avvenuta nel 1417, la cura per volontà del vescovo Carlo Bartali acquisì nuovi possessi e
venne diretta da suo fratello germano, ser Matteo, che con testamento del 1444 le legò un lascito di
cento fiorini. Per le scarse rendite di cui usufruiva, il 27 febbraio 1564 fu unita ai SS. Quirico e
Giulitta di Siena per essere dichiarata vicaria perpetua il 30 gennaio 1690 dall'arcivescovo Leonardo
Marsili. I proventi del beneficio rimanevano tuttavia scarsi, nonostante gli aumenti concessi nel
1742 e nel 1784 per cui, con decreto del 15 giugno 1803, il cardinale Anton Felice Zondadari la rese
di nuovo autonoma e di libera collazione, recuperandole in parte le antiche terre di sua pertinenza.
Nel 1825 il parroco Giuseppe Sensi poté riottenere in enfiteusi un appezzamento denominato
S. Martino dietro l'annua responsione di scudi ventidue. La proprietà, già spettante alla parrocchia,
era passata nel Cinquecento ai SS. Quirico e Giulitta il cui rettore, il 7 settembre 1694, l'aveva
concessa in affitto perpetuo; tuttavia duecentosessantun anni dopo, lungi dall'essere riconsegnata
libera da vincoli come si sperava per gli antichi diritti, rimaneva gravata di un pesante canone che
solo nella seconda metà dell'Ottocento fu reso inesigibile da monsignor Pierallini. Merlotti rileva
che nei dintorni della località esisteva l'antica chiesa di S. Martino a Roccadistaggia posta dal
pontefice Innocenzo III sotto la giurisdizione di Lornano. Nella zona il 18 giugno 1877 il marchese
Bonaventura Chigi Zondadari rinvenne "diversi resti umani di cadaveri carbonizzati, diverse armille
di rame, coi loro rispettivi spilli che servivano a raccogliere le vesti, denominate dagli archeologi
mignatte perché simili a quelli animali, e diversi pezzetti di ambra lavorati, benché il tutto fosse
putrefatto dall'umidità naturale del terreno". La chiesa del Poggiolo, dove dall'11 giugno 1784
riposavano le spoglie mortali di Francesco Bindi Sergardi artefice del prosciugamento del Pian del
Lago, subì nel 1879 un drammatico crollo di cui Merlotti, già parroco di essa fino a due anni prima,
relaziona: "Era la domenica di Quinquagesima (23 febbraio 1879) ed un vento impetuoso non mai
sentito a memoria di uomini di questa contrada, e l'acqua cadeva dal cielo a torrenti; molti perciò si
astennero dall'andare in chiesa ma di quei pochi due soli, il sacerdote celebrante ed altro individuo
perderono istantaneamente la vita tra le macerie. Altri trasportati semivivi nelle case vicine
cessarono ben presto di vivere..., altri rimasero gravemente feriti fino al numero di trentotto..."
La chiesa venne restaurata a partire dallo stesso anno e ridotta allo stato attuale. Sviluppatosi nella
seconda metà del Novecento l'insediamento delle Badesse nella parte pianeggiante del territorio, vi
fu costruita una nuova chiesa nel 1965, che l'8 dicembre 1988 è divenuta sede parrocchiale sotto il
titolo di S. Bernardino con annessa la popolazione del Poggiolo, compresa nella forania di Siena
nord. Vari oratori sono ed erano esistenti nella zona: la cappella di S. Francesco d'Assisi, poco
distante dalla parrocchiale, eretta nel 1691 dal parroco Giovan Battista Mazzoni ed adattata
nell'Ottocento a deposito mortuario; l'oratorio della Visitazione della B. M. V., fondato intorno al
1587 da Achille di Niccolò Sergardi nella villa detta dei Colli; l'altro dedicato a S. Francesco
d'Assisi nel 1756 nella villa del Pozzo appartenuta alla famiglia Andreini e passata ai marchesi
Lavaggi; quello di S. Leopoldo nella villa della Muraglia degli Andreini, del 1848 e infine l'oratorio
di S. Rocco alle Badesse fatto erigere nel 1761 dalle monache della Madonna dette le Trafisse,
acquistato nell'Ottocento dai Pozzesi. Sempre secondo Merlotti, nei pressi della parrocchiale del
Poggiolo doveva trovarsi un oratorio dedicato a S. Andrea, forse fondato da Cristoforo d'Andrea nel
secolo XIV, il cui rettore ser Niccolò è ricordato in un atto dell'11 giugno 1322.
G. MERLOTTI cit., pp. 386-395; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 106, 145, 159, 190, 210,
248.
67. PRESCIANO Parrocchia di S. Paolo
(Comune di Siena) Vicaria foranea del Bozzone
Forania attuale: Siena centro
Figura come parrocchia nei documenti della prima metà del XIII secolo. Facente parte dell'antico
castello omonimo, subì la distruzione per mano della Compagnia del conte Luzio nel 1370. Il
governo nel 1381 ne curò la ricostruzione e alcuni anni dopo, nel 1398, per tutelare la zona di
rilevante importanza strategica, decretò di edificare una fortezza nei paraggi, di cui le fonti
tramandano la memoria. Il 28 aprile 1405 fu deciso l'impiego di un ulteriore stanziamento per il
consolidamento della fabbrica e il 23 marzo 1431 si deliberò di circondarla di mura e di ultimare il
cassero. Nulla rimase di essa, probabilmente rovinata nel corso della guerra di metà Cinquecento e
comunque da non confondere con l'insediamento attuale, dato che doveva essere posizionata sul
poggio di S. Vigilio, dal nome dei monaci camaldolesi proprietari di uno spedaletto nella zona fin
dal 1261. Per le scarse rendite, il 10 gennaio 1410 i beni della chiesa furono affittati al parroco di
Vico d'Arbia per cinque anni e il 9 aprile 1588 la medesima venne annessa a Valdipugna. Il 3 aprile
1697 il nobile possidente Camillo Finetti, auditore del tribunale fiorentino, offrendosi di riparare a
proprie spese ai danni degli edifici e di dotare il beneficio di proventi necessari al mantenimento del
rettore, ottenne dall'arcivescovo Leonardo Marsili la ricostituzione a parrocchia autonoma di
Presciano posta sotto il suo giuspatronato. Tuttavia, sempre per motivi economici, nel 1721,
Alessandro Zondadari la accorpò a Vico d'Arbia ed essendo in gran parte rovinata la chiesa, si
cominciò ad uffiziare l'oratorio di S. Antonio da Padova messo a disposizione dalla famiglia Pieri
proprietaria. Il presule si fece comunque promotore dei restauri del sacro tempio che, ridotto nelle
dimensioni, fu riaperto al culto il 25 gennaio 1744. Con la sistemazione della canonica, nel 1759, la
parrocchia ebbe nuovamente un titolare. Nel 1962 tutto il suo territorio, insieme a quello della
soppresse Collanza e Leonina, andò a costituire la nuova cura di Taverne d'Arbia compresa nella
forania di Siena centro.
A Presciano fu unita nel 1752 la chiesa di S. Giacomo a Monselvoli, già sede di parrocchia di
giuspatronato laicale nel Trecento. Per gli scarsi assegnamenti venne ceduta dal vescovo Luca
Bertini nel 1379 ai monaci vallombrosani di S. Michele Arcangelo del Poggio di S. Donato in
Siena, i quali vi tennero un vicario amovibile addetto alla cura d'anime. Quando nel 1565 i loro beni
passarono all'ordine cavalleresco di S. Stefano come commenda goduta dalla famiglia Petrucci,
anche Monselvoli ne subì la sorte fino alla metà del Settecento. L'oratorio, ricostruito dai padroni,
venne uffiziato dalla Compagnia laicale sotto l'invocazione di S. Isidoro Agricola, attuale titolare
della parrocchia di Taverne d'Arbia. Nell'insediamento antico nei pressi dell'Arbia le fonti ricordano
una chiesa dedicata a S. Bartolomeo "de Taverna" di pertinenza delle monache di Montecellesi nel
1175, e un'altra di S. Margherita in "Tavernulae" esistente nel 1004; di cui si sono perse le tracce.
Rimane il menzionato oratorio di S. Antonio da Padova facente parte della villa già appartenuta ai
conti Pieri dove fu seppellito nel 1838 l'illustre cittadino Ettore Romagnoli.
G. MERLOTTI cit., pp. 395-400; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 107, 145, 153, 159, 189,
197.
68. QUERCEGROSSA Parrocchia dei SS. Giacomo e Niccolò
(Comune di Castelnuovo B.ga) Vicaria foranea di Monteriggioni
Forania attuale: Siena nord
Esisteva nella zona fin dalla metà del secolo XII una canonica di S. Maria affidata a un priore, la
quale nel 1317 era ancora sotto lo stesso titolo e veniva amministrata dal parroco di Lornano per
privilegio concessogli dal pontefice Innocenzo III. Secondo Merlotti l'antica chiesa doveva trovarsi
sul poggio del castello di Quercegrossa e sarebbe stata distrutta nel 1232 dai Fiorentini, ragion per
cui al rettore della vicina Lornano fu raccomandata l'assistenza spirituale di quel popolo. Nel 1339
il Comune di Siena deliberò uno stanziamento per restaurare il tempio e ancora nel 1343 elargì un
nuovo contributo per perfezionarne la fabbrica. L'attuale chiesa, sita a poca distanza dalla
precedente, oratorio dello spedale dei SS. Giacomo e Niccolò, venne riattata nel 1812 e consacrata
da Giacinto Pippi, vescovo di Chiusi e Pienza, nel 1817. Ancora attiva come parrocchia, è compresa
nella forania di Siena nord.
Fu annessa a Quercegrossa, forse nel secolo XVII, l'antica chiesa di S. Michele Arcangelo a Petroio.
Confermata dall'imperatore Arrigo IV nel 1074 alla Badia fiorentina, passò nel prosieguo del tempo
alle monache agostiniane di S. Maria degli Angeli dette del Santuccio di Siena. Nel 1317 il suo
giuspatronato spettava al priore della canonica di S. Fedele e nel 1358 era retta da ser Ambrogio di
Francesco contemporaneamente parroco di S. Quirico in Castelvecchio. Per le scarse rendite nel
1415 fu unita a S. Bartolomeo in Camollia, nel 1426 a Marciano, nel 1465 a S. Stefano a Ripa, nel
1468 a S Lorenzo al Santo al Colle e a S. Bartolomeo di Coschine, nel 1504 a Colle Malamerenda
fino al definitivo accorpamento a Quercegrossa. Lo spedale dei SS. Giacomo e Niccolò ebbe origine
alla fine del Duecento per volontà di fra Giacomo di Falcone Carmelitano; riceveva elemosine dal
Comune di Siena e rimase attivo fino alla fine del Cinquecento. A metà del secolo successivo venne
concesso come semplice beneficio al cappellano di Petroio, dipendente dalle monache del Santuccio
e ormai privato della cura d'anime, associata a Basciano. Tuttavia, per le lagnanze dei parrocchiani
che lamentavano lo scarso servizio spirituale, l'arcivescovo Ascanio Piccolomini nel 1658
procedette alla riunione dei proventi della chiesa di Petroio e dello Spedale il cui assegnatario
divenne parroco di Quercegrossa con obbligo di un canone di quattro libbre di cera annue da pagare
alle religiose di Siena, come di fatto avvenne fino al 1710. Risale probabilmente a quell'epoca il
trasferimento della sede parrocchiale dall'area del primitivo insediamento alla attuale, dove si
trovava il ricordato Spedaletto.
G. MERLOTTI cit., pp. 400-407; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 145, 190, 201, 212.
69. QUINCIANO Parrocchia di S. Albano
(Comune di Monteroni d'Arbia)
Vicaria foranea di Monteroni d'Arbia
Forania attuale: Val d'Arbia
La tradizione vuole che la chiesa fosse fondata nel secolo VIII come canonica retta da un priore
posto a capo di un collegio di sacerdoti. Alcuni dei suoi titolari nel Duecento ricoprirono la carica di
vicari generali del vescovo di Siena e svolsero importanti incarichi nella diocesi. Divenuta
parrocchia sotto la guida di un curato nel corso del Trecento e ridottasi la popolazione, passò nel
1443 ai Canonici Regolari di S. Salvatore di S. Maria degli Angeli in Valli, i quali comperarono
nella zona diversi beni immobili formando una tenuta di sei poderi. Essi vi tennero un sacerdote
amovibile per il disbrigo delle mansioni spirituali fino al 1653, anno in cui il curato fu vicario
perpetuo congruato dal monastero in cambio del giuspatronato. Con la soppressione degli ordini
religiosi del 1780 Quinciano, svincolata dai Canonici Regolari, diventò parrocchia di regia nomina.
Attualmente risulta annessa a Monteroni d'Arbia con il territorio che fu di Sovignano ed è compresa
nella forania della Val d'Arbia.
Rientrava nel suo distretto la chiesa di S. Pietro in Campo o di Caggiola posta sotto il patronato
dell'abbazia di S. Antimo nel 1051 e dei monaci benedettini di S. Eugenio nel 1081. Cura d'anime
fino alla metà del Trecento, fu nel 1420 definitivamente annessa a Quinciano dal vicario generale
del vescovo Antonio Casini.
E' ancora esistente la cappella fatta edificare dai proprietari Pieri Nerli nella seconda metà
dell'Ottocento su disegno dell'architetto Giuseppe Partini.
G. MERLOTTI cit., pp. 407-411; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 107, 145, 190, 197.
70. RADI Parrocchia di S. Pietro
(Comune di Monteroni d'Arbia) Vicaria foranea di Corsano
Forania attuale: Val d'Arbia
Fondata intorno al secolo X, fu di giuspatronato della famiglia senese dei Placidi proprietari
dell'omonimo castello attaccato dalla Compagnia di Giovanni Acuto e dai Fiorentini rispettivamente
nel 1365 e nel 1393. Nel 1676 la zona apparteneva ai Bichi, quindi ai Bichi Ruspoli verso la metà
del secolo successivo, Alessandro, ultimo discendente della famiglia, nel 1822 lasciò in eredità il
possesso di Radi a Niccolò Forteguerri Pannilini. La chiesa fu cura d'anime fin dal secolo XIII,
confinante con l'altra di S. Donato a Fontanelli, ad essa riunita nel corso del Trecento. Alla sua
destra si trova l'oratorio della Madonna del Carmine che accolse dal 1712 l'omonima congregazione
laicale posta sotto la direzione del parroco titolare. Attualmente risulta annessa a Monteroni d'Arbia
con il territorio di Campriano incorporato dal 1988. San Donato a Fontanelli esisteva fin dal 1079,
quando Ignazio di Baroncello ne donò il giuspatronato al monastero di S. Maria di Casciano. Ebbe
un rettore nominato dal popolo dal Duecento fino al 1395, quando venne definitivamente accorpata
a Radi. Nel 1466 Giovanni Cinughi, visitatore delegato dell'arcivescovo Francesco Piccolomini,
trovandola in pessime condizioni, ne decise la demolizione.
Apprendiamo dal testamento di Cione di Aldello Placidi del popolo di S. Andrea a Siena, datato 1
settembre 1330, che il castello di Radi entrò in possesso di Placido di Ugone della stessa famiglia
con la condizione di un legato a favore dei frati domenicani di Camporegio ai quali sarebbe spettato
il mantenimento di alcuni religiosi nell'oratorio di S. Biagio sito nella proprietà. L'edificio fu
ricostruito dai Bichi Ruspoli di Roccalbegna nel 1772 ed è ancora in funzione come cappella privata
della villa padronale.
Nei pressi del castello, poco distante da una torre di fortificazione, si trovava un tabernacolo, ridotto
ad oratorio da Alessandro Bichi Ruspoli, oggi distrutto con un affresco commissionato da Carlo
Piccolomini nel 1521. Merlotti attesta che era privo di altare.
G. MERLOTTI cit., pp. 411-415; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 108, 146, 159, 190, 205,
293; AA.VV, Fattorie in Valdarbia, Siena 1987.
71. RECENZA Parrocchia di S. Giovanni Battista
(Comune di Chiusdino) Vicaria foranea della Merse
Confermata nel 1189 dal pontefice Clemente III al vescovo Buono, fu di giuspatronato degli
Ardengheschi fino agli inizi del secolo XIII, quindi dei Tolomei che lo cedettero nel 1305 ai
Petroni. Questi ne rimasero unici beneficiari fino al 1720, quando, con donazione inter vivos, l'abate
Riccardo la trasferì ai nobili Franci suoi parenti diretti. Il 16 febbraio 1774 Adriano Franci a sua
volta concesse il diritto ai Palmieri che nominavano il 18 marzo 1778 il nuovo parroco Alessandro
Fabiani. Posta per un breve periodo sotto l'amministrazione dell'abbazia di Torri, dalla metà del
Duecento cominciò ad essere retta da un secolare che autonomamente provvedeva alla cura delle
anime. Soppressa nel 1969, il suo territorio fu accorpato ad Orgia, attualmente annessa a Brenna.
Nel distretto si trovavano altre parrocchie unite nel prosieguo del tempo a Recenza: S. Pietro in
Bossoleto apparteneva alla metà del secolo XIII all'abbazia di Torri; i Tolomei e i Petroni ne
divennero patroni rispettivamente nel 1287 e nel 1418, anno in cui il vescovo Antonio Casini ordinò
la sua demolizione trasferendo la titolazione alla chiesa di S. Valentino di Montecapraia, la quale
prese il nome di S. Pietro a Ortennano. Petrone di Giovanni Petroni, proprietario dell'immobile,
acconsentì alle disposizioni associandola allo Spedale di S. Caterina delle Ruote fuori porta
Romana. Anche l'antica parrocchiale di S. Giacomo a Cerreto il 19 marzo 1425 fu annessa a
Recenza con l'approvazione dei soliti Petroni. Le sue rendite erano nel 1466 di pertinenza delle
monache di S. Giusto a Casciano del Vescovado, le quali non si curavano del mantenimento degli
stabili che minacciavano rovina. La chiesa, distrutta, fu sostituita da un oratorio dedicato a S.
Filippo Neri edificato dalla famiglia Nini nella villa di Cerreto.
La chiesa di S. Valentino a Montecapraia fu nel Trecento sotto la direzione di un sacerdote pagato
dai Petroni. Precedentemente, nel 1251, era stata confermata dal pontefice Innocenzo IV all'abbazia
di Torri per divenire nel 1275 di pertinenza della casata degli Incontri che la cedettero ai Tolomei
tre anni dopo. I Petroni, subentrati ai precedenti proprietari, curarono la fortificazione del castello e
accettarono che l'oratorio assumesse il titolo di S. Pietro. Merlotti nell'Ottocento ne aveva visti i
resti consistenti in un casolare abbandonato nei cui dintorni il parroco di Recenza aveva un
possesso denominato Lecceta.
G. MERLOTTI cit., pp. 415-419; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 109, 146, 190, 200.
72. REGINA (S.) Parrocchia di S. Regina
(Comune di Siena) Vicaria foranea del Bozzone
Forania attuale: Siena centro
La tradizione vuole che fosse fondata verso la metà del secolo XII per volontà di Roberto di
Giovanni Lombardi, miracolosamente liberato dalla prigionia nell'isola di Lesbo grazie
all'intercessione della santa titolare. Tornato a Siena, nel 1275 esternò al vescovo il proposito di
mettere in atto il proprio voto e, aggiogati due buoi per il trasporto di una pietra, fu deciso di
scegliere come luogo il punto esatto in cui si fossero fermati. Secondo gli annalisti camaldolesi la
chiesa sarebbe stata eretta invece dalle monache dell'ordine benedettino che vi risiedevano ancor
prima della consacrazione avvenuta il 7 settembre 1252 con l'intervento dei vescovi di Siena,
Arezzo e Volterra. Arricchitosi l'asceterio per i numerosi legati, fra cui quello di Contessa di
Casciano del Vescovado, venne deliberato dalle religiose di scegliere come residenza quest'ultima
località per meglio amministrare gli interessi derivanti dai beni loro pervenuti nella zona e di
delegare un sacerdote alla cura d'anime della parrocchia di S. Regina, riservandosene il
giuspatronato. Con la soppressione del 1463 e la definitiva chiusura del monastero avvenuta nel
1516, i possesso delle Benedettine furono assegnati parte alle monache di Ognissanti alle quali
erano state riunite, parte al parroco di Macereto e il rimanente alla Mensa arcivescovile. In
quell'epoca S. Regina divenne di libera collazione dell'ordinario e ancor oggi risulta attiva,
compresa nella forania di Siena centro. Tra i suoi rettori figurano ser Pepo di Arinaldo, vivente nel
1327; ser Bartolo di Talamuccio che nel 1349 riceveva le decime dallo Spedale di S. Maria della
Scala e, più vicino a noi, Niccolò Sebastiano Sciarelli che vi rimase come titolare dal 1764 al 1780
prima di essere nominato vescovo di Colle di Val d'Elsa.
Sempre secondo la tradizione, nel villaggio di S. Regina sarebbe esistita in epoche remote una
chiesetta dedicata alla B. M. V. detta alla "Ruina" che con il tempo avrebbe preso l'attuale
denominazione accogliendo le monache devote al culto della martire francese la cui reliquia nel
1610 venne donata da Elisabetta di Baviera alla venerabile Passitea Crogi in occasione del suo
secondo viaggio in Francia, chiamata dalla regina Maria de' Medici. La Cappuccina volle a sua
volta impreziosirne la parrocchia e il 22 agosto dello stesso anno con solenne processione fu traslata
dal monastero di S. Egidio alla nuova sede.
G. MERLOTTI cit., pp. 419-423; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 110, 146, 159, 190, 197.
73. RICIANO Parrocchia di S. Bartolomeo
(Comune di Monteriggioni) Vicaria foranea di Monteriggioni
Secondo Merlotti l'antica canonica, risalente all'VIII secolo, doveva trovarsi nel villaggio detto della
Chiocciola e più precisamente nella colonica denominata Casa Bucci. Di giuspatronato dei Canonici
della Metropolitana, venne ad essi confermata dal vescovo Buonfiglio nel 1224 e dal pontefice
Gregorio IX nel 1228. Intorno alla fine del secolo avvenne probabilmente il passaggio dalla
primitiva sede all'attuale nella quale si continuò ad uffiziare fino ai giorni nostri. Nel Settecento
furono intrapresi lavori di ingrandimento dello stabile e a cura delle famiglie Brancadori e Palmieri
la chiesa venne dotata di nuove pitture. All'altare del SS. Sacramento si riuniva l'omonima
Confraternita eretta nel 1721 ad istanza del sacerdote Giacomo Castellini. Attualmente la parrocchia
risulta soppressa ed inclusa in S. Dalmazio, compresa nella forania di Siena nord.
Nel territorio di sua pertinenza, densamente popolato nell'antichità, rimangono resti di resedi rurali
e castelli in prossimità dei quali frequenti furono nel passato i ritrovamenti di sepolcreti. Nella villa
del Caggio dei Colombini fu edificato l'oratorio dedicato al B. Giovanni, già distrutto
nell'Ottocento. Una cappella intitolata a S. Francesco d'Assisi rimane nella villa già Palmieri.
G. MERLOTTI cit., pp. 423-426; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 110, 146, 153, 154, 159,
190.
74. ROSIA Parrocchia di S. Giovanni Battista
(Comune di Sovicille) Vicaria foranea di Rosia
Forania attuale: Val di Merse - Maremma
La parrocchiale, anticamente canonica e pieve, risulta nel 1134 dedicata a S. Pietro Apostolo. Il
pontefice Alessandro III aggregò ad essa numerose chiese dei dintorni: S. Bartolomeo a
Castelvecchio, S. Michele Arcangelo di Malignano, S. Martino a Favallano, S. Gregorio di Torri, S.
Bartolomeo di Orgia, SS. Fabiano e Sebastiano di Stigliano, S. Gervasio di Brenna, S. Margherita di
Monte Sizi, S. Biagio di Filetta e S. Vincenzo di Bagnaia. Uno dei suoi primi rettori di cui abbiamo
notizia, ser Federigo, intervenne come testimone nel 1179 ad un contratto stipulato nella chiesa di
Malignano con cui gli Ardengheschi di Civitella si obbligarono a difendere Siena in caso di guerra.
Nel 1189 Clemente I confermò la chiesa al vescovo Buono e lo stesso anno, il 28 ottobre, il suo
pievano partecipò alla cerimonia della dedicazione del nuovo tempio dell'abbazia di Torri. Diretta
da un collegio di canonici presieduto da un titolare, nel Duecento si arricchì di alcune donazioni e i
suoi rettori ricevettero importanti incarichi dalla S. Sede e dal Capitolo metropolitano: nel 1254 ser
Andrea (?) venne prescelto da Alessandro IV per sciogliere le Benedettine del monastero dei SS.
Abundo e Abundazio dalla scomunica loro inflitta dal legato apostolico; nel 1274 ser Salinguerra,
membro del Capitolo, elesse il rettore dello Spedale di S. Maria della Scala e nel 1297 fu nominato
collettore delle decime ed elemosine di pertinenza della Sede apostolica. Nel 1598 Francesco M.
Tarugi dichiarò la chiesa vicaria foranea con annesse le parrocchie di Sovicille, Torri, Ponte allo
Spino, Orgia, Pentolina, Stigliano e Brenna. Nel 1892, durante la visita pastorale, l'arcivescovo
Celestino Zini fu proprio a Rosia colpito da malattia che lo condusse alla morte, il 19 maggio dello
stesso anno. Attualmente attiva come parrocchia, è compresa nella forania di Val di Merse -
Maremma.
Nelle vicinanze del paese si trova l'oratorio di S. Michele Arcangelo di Malignano fatto edificare
dalla famiglia Finetti in memoria dell'antica chiesa oggi distrutta già appartenuta all'abbazia di Torri
alla metà del secolo XIII. Dai ricordati nobili dipesero il palazzo e la fortezza di Rosia per
successione ereditaria dalla famiglia Rocchi che ne era entrata in possesso dai Pecci, i quali a loro
volta li avevano acquistati dagli Azzoni nel Quattrocento.
G. MERLOTTI cit., pp. 426-431; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 111, 146, 154, 190, 197,
200.
75. SANTO Parrocchia dei SS. Giacomo e Filippo
(Comune di Monticiano) Vicaria foranea della Merse
Posta in una zona densamente popolata nel Medioevo, la parrocchia ebbe origine agli inizi del
secolo XIV per allargare probabilmente il proprio territorio in seguito alla soppressione delle
numerose chiese ivi esistenti da epoche remote e cadute in decadenza con i villaggi cui facevano
capo dopo la peste del 1348. Dedicata inizialmente ai SS. Giacomo e Cristoforo, nel 1305 è
ricordata in un atto di compravendita con cui il camarlingo dello Spedale di S. Maria della Scala
acquistò un appezzamento di terreno vicino a Petriolo. Nel corso del Quattrocento attraversò un
periodo di decadenza a causa delle scarse rendite per cui dovette essere più volte accorpata alle cure
vicine. Sempre per lo stesso motivo i sacerdoti titolari non esitavano ad abbandonarla per una
migliore sistemazione, lasciando spesso privi i popolani dei conforti spirituali in attesa di un
sostituto. Per porre fine a tanto sconcerto, nel 1760 l'arcivescovo Alessandro Cervini decretò di
concederla in giuspatronato al rettore dello Spedale Grande, proprietario della locale grancia,
affidando al medesimo i terreni della parrocchia e il diritto di esazione delle decime in cambio del
mantenimento del curato, della sua nomina e della manutenzione degli stabili. Soppressa nel 1986,
la parrocchia è stata annessa a Iesa facente parte della forania di Val di Merse - Maremma.
Rientrava nel suo distretto la popolazione di Petriolo, ma non la sua chiesa dedicata a S. Niccolò,
posta oltre il ponte sulla Farma, di pertinenza di Pari. Esiste nel villaggio un oratorio sotto il titolo
di S. Giovanni donato nel 1130 ai canonici della Metropolitana dai coniugi Antolino di Giovanni e
Grima. Riconfermato ai medesimi dal vescovo Buonfiglio nel 1224 e dal pontefice Gregorio IX nel
1228, il secolo successivo, nel 1304, fu interamente ricostruito a spese del governo di Siena e
sottoposto al pievano di S. Valentino. Nel 1715 il rettore dello Spedale di S. Maria della Scala,
livellario di alcuni stabili nella zona, lo fece di nuovo restaurare per comodo della popolazione e dei
villeggianti.
A Petriolo esisteva anche il monastero femminile di S. Michele Arcangelo di cui si ha notizia come
istituto sovvenzionato dal Comune di Siena nel 1335. Con decreto datato 1 ottobre 1540
l'arcivescovo Francesco Bandini Piccolomini lo soppresse incorporandolo al S. Maria degli Angeli
di Siena. Ad esso era annesso lo spedale omonimo fondato da Paolo di Benvenuto, più volte
beneficato dal governo nel corso del Duecento e del Trecento. Passato alla famiglia Pecci, fu nel
1418 affittato a privati.
Un altro spedale sotto il titolo della S. Croce era stato istituito nei pressi per volontà di Niccolò di
Cristoforo Borghesi nel 1423: doveva servire esclusivamente ai frati predicatori quando si recavano
ai bagni, rimanendo sotto la giurisdizione dei propri figli. Anche gli Umiliati di Paganico avevano
nel 1383 a Petriolo un ospizio con chiesa ad essi riservata per lo stesso motivo.
G. MERLOTTI cit., pp. 431437; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 113, 147, 159, 191.
76. SOVICILLE Parrocchia di S. Lorenzo
(Comune di Sovicille) Vicaria foranea di Rosia
Forania attuale: Val di Merse - Maremma
Il castello non ebbe nei tempi antichi una parrocchiale per essere in prossimità delle due pievi di S.
Giovanni Battista a Ponte allo Spino e di S. Giusto a Balli con la vicina canonica di Trecciano ai cui
rettori era demandata la cura d'anime di tutta la zona. Il fortilizio, fondato secondo la tradizione nel
246 d. C. dalle nobili famiglie dei Cerretani e dei Beltramini, è citato in un documento del 1179 con
il nome di Sufficillum; era nel 1189 sotto la giurisdizione dei vescovi di Siena, ma intorno alla metà
del secolo successivo appartenne ad Arnolfo di Daniello dal quale passò a Geri dei Lombardi nel
1274. La sua chiesa, eretta probabilmente agli inizi del Duecento, ebbe un parroco incaricato al
servizio spirituale dalla popolazione solo nel Trecento. Nel 1510 fu unita a Orgia per le scarse
rendite, sette anni dopo gli eredi di Pietro Feliciano Benassai, fondatore di una cappella in onore
dell'Immacolata, assegnarono al curato una casa nel castello e un appezzamento di terreno
lavorativo con castagneto in luogo detto le Burracce, beni che contribuirono a risollevare
dall'indigenza la parrocchia. Nel 1879 il tempio subì una radicale trasformazione con l'inversione
della navata e la ricostruzione della facciata nella parte absidale. Attualmente la chiesa sede
parrocchiale, è compresa nella forania di Val di Merse - Maremma.
G. MERLOTTI cit., pp. 442-446; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 113, 147, 154, 159, 191,
198, 201.
77. SOVICILLE: PONTE ALLO SPINO Parrocchia di S. Giovanni Battista
(Comune di Sovicille)
Vicaria foranea di Rosia
Forania attuale: Val di Merse - Maremma
Fu canonica dedicata a S. Maria fin dai primordi del cristianesimo. Annessa all'abbazia di Torri nel
XIII secolo, rimase anche sotto la giurisdizione dei vescovi di Siena ai quali era stata confermata
dal pontefice Clemente III nel 1189. Con la soppressione della suddetta abbazia, nel 1465, la pieve
fu accorpata alla Mensa con i beni ad essa spettanti venduti in seguito, il 25 ottobre 1867, dal
governo italiano. Il suo titolare, coadiutore amovibile del presule, nel 1559 venne dichiarato vicario
perpetuo con il compito di provvedere al servizio spirituale come residente. Nel 1857, per volontà
dell'arcivescovo Ferdinando Baldanzi, gli edifici furono restaurati per impedirne la rovina.
Attualmente annessa a Sovicille, è compresa nella forania di Val di Merse - Maremma.
Faceva parte del distretto parrocchiale la chiesa di S. Andrea ad Ampugnano, antica curata posta fin
dal 1108 sotto la giurisdizione dell'abbazia di S. Lorenzo sul Lanzo. Conosciuta sotto diverse
titolazioni (S. Bartolomeo - S. Tommaso) ebbe un proprio rettore fino al 1410, quando venne
accorpata alla prebenda canonicale del venerabile Antonio di Francesco da Pisa sua vita durante.
Dagli atti della visita compiuta nel 1575 si ricava che era stata ridotta a semplice cappellania e come
tale il 29 dicembre 1784 fu riunita in S. Antonio in Fontebranda a condizione di un onere annuo da
corrispondere al deputato del popolo di Ampugnano per le messe celebrate dal parroco di Sovicille.
Era compresa nel territorio anche la canonica di S. Michele Arcangelo a Trecciano, dipendente
dall'ordinario di Volterra. Già cura d'anime fin dai tempi più remoti, fu diretta da un priore
nominato a capo di un collegio di sacerdoti ivi residenti almeno fino alla metà del Trecento. Per le
scarse rendite venne soppressa la parrocchia e come semplice beneficio passò nel 1441 a Tommaso
Petrucci fino a che il pontefice Paolo II nel 1465 l'incorporò alla mensa arcivescovile di Siena al cui
presule spettò da allora la giurisdizione. Il parroco di S. Giovanni a Sovicille vi celebrava una volta
al mese, mentre l'assistenza spirituale della popolazione venne trasferita al pievano di S. Giusto a
Balli dipendente dalla diocesi di Colle di Val d'Elsa dal 1592.
A Ponte allo Spino si trova l'oratorio dell'omonima Compagnia sotto l'invocazione di Maria SS.,
eretta nel 1578. I fratelli si obbligarono a pagare annualmente al parroco di S. Giovanni a Sovicille
un canone di due libbre di cera e nel 1594 ordinarono i capitoli del loro sodalizio. La chiesa fu
riedificata nel 1600 a spese del cardinale Fabio Chigi, il futuro Alessandro VII, in onore
dell'Immacolata Concezione, trasformando una precedente cappella su disegno di Francesco Vanni.
Lo stesso religioso donò alla Confraternita il corpo di S. Aurelio martire che nel 1611 venne ceduto
in parte al Conservatorio di S. Raimondo al Refugio per essere collocato sul sarcofago del fondatore
Aurelio Chigi. Ripristinata dopo la soppressione del 1785, la Compagnia di Ponte allo Spino dal 27
aprile 1794 continua ad uffiziare il proprio oratorio.
G. MERLOTTI cit., pp. 437-442; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 114, 147, 154, 191.
78. SOVIGNANO Parrocchia di S. Stefano Protomartire
(Comune di Monteroni d'Arbia) Vicaria foranea di Murlo
Citata come località in cui i canonici del Duomo di Siena possedevano delle proprietà dal 1171, il
villaggio aveva una chiesa la cui fondazione rimane sconosciuta. Nel 1331 era retta da ser Andrea
di Nuccio, dipendente probabilmente da una delle canoniche vicine. Nel 1412 veniva amministrata
dal pievano di Murlo, mentre nel 1466 era goduta come commenda dal vescovo di Corneto. Per le
scarse rendite fu unita alle due parrocchie di S. Lucia in Villa e di S. Giovanni Evangelista a
Pompeggiano e, insieme ad esse, venne accorpata l'11 ottobre 1569 a Montepertuso. Il 6 febbraio
1609 l'arcivescovo Camillo Borghesi ritenne opportuno renderle l'autonomia, ma lo stato di assoluta
povertà in cui versava e la mancanza di casa curata costrinsero mons. Ascanio Piccolomini ad
associarla nel 1676 al beneficio di S. Leonardo di Cacciavolpe presso Uopini. Il vescovo
successivo, Celio Piccolomini, decretò l'accumulo dei proventi della parrocchiale per dare inizio
alla costruzione dell'abitazione per il rettore, la quale, dopo interventi superficiali e sommari
possidenti della zona. Nuovi lavori vennero eseguiti nel 1854 dal sacerdote Giuseppe Parenti nella
canonica; quattro anni dopo il medesimo fece ristrutturare una capanna donata dal marchese
Girolamo Ballati Nerli, trasformandola in abitazione e nel 1871 rinnovò la facciata della chiesa
danneggiata dal terremoto del 1869, con i sussidi ricevuti dal Comune di Monteroni e dal
proprietario della fattoria Bartolomeo Mignanelli, ma spendendo complessivamente la
considerevole cifra di lire quattromila. Dopo vari accorpamenti subiti nel corso del Novecento, la
parrocchia è stata soppressa nel 1986. Nella propria giurisdizione rientrava la chiesa dei SS. Lucia e
Giovanni alla Villa Petroni di Pompeggiano, anticamente dedicata solo alla santa siracusana.
Aggregata a Montepertuso nel 1569 con Sovignano, andò a decadere nel prosieguo del tempo fino
alla trasformazione della fabbrica in oratorio che i parroci Bernardino Borghi nel 1845 e Giuseppe
Parenti nel 1875 fecero interamente restaurare. La vicina chiesa di S. Giovanni Evangelista,
esistente dal XIII secolo, aveva possessi nella zona, che probabilmente furono accorpati alla
precedente dopo la grande peste del Trecento. S. Lazzaro, detta S. Lazzarello, aveva nel 1317 un
curato sottoposto alla giurisdizione della famiglia Tolomei. Compresa nel plebanato di Crevole,
rimase attiva fino alla metà del Trecento, quando il villaggio subì la distruzione da parte
dell'esercito imperiale e la zona venne annessa a Campriano. La chiesa sussisté fino al secolo
successivo, ma, caduta in rovina, fu ridotta a casa colonica. Con decreto emanato dall'arcivescovo
Giuseppe Mancini, nel 1845 i due poderi rimasti vennero riuniti a Sovignano.
G. MERLOTTI cit., pp. 446-451; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 115, 147, 191, 198.
79. SPRENNA IN SERRAVALLE Parrocchia di S. Lorenzo
(Comune di Buonconvento)
Vicaria foranea di Buonconvento
L'antica pieve fu fondata secondo la tradizione dal vescovo Rodolfo che la donò intorno al 1081 al
suo Capitolo. Dedicata ai SS. Giovanni Battista e Giovanni Evangelista venne confermata a Buono,
vescovo di Siena, nel 1189 dal pontefice Clemente III. Accoglieva un collegio di canonici,
sovvenuti dalle oblazioni dei fedeli, direttamente dipendenti dal presule. I suoi rettori sono citati a
partire dalla metà del Duecento come pievani di S. Maria a Sprenna dalla quale ebbe origine la
prebenda canonicale di S Lorenzo accorpata alla cura d'anime. Entratovi in possesso come titolare
nei primi anni del Seicento, il canonico Girolamo Fanti, in osservanza delle norme del Concilio di
Trento che obbligavano la residenza ai nominati, cominciò a fare costruire l'abitazione per il
sacerdote amovibile fino allora ospitato in Serravalle e contemporaneamente richiese alla S. Sede la
trasformazione della pieve in vicaria perpetua che venne accordata da Paolo V con bolla del 26
maggio 1614. Antonio Bartoli da Monte S. Savino fu il primo incaricato della lunga serie che è
continuata fino ai giorni nostri. Il Capitolo metropolitano, in segno di ricognizione dell'atto di
dominio esercitato dall'ordinario, si obbligò al pagamento di un censo annuo alla mensa consistente
in staia nove di grano, nove di orzo e nove di biada. Il 28 aprile 1786, in seguito alla soppressione
della Compagnia dei SS. Fabiano e Sebastiano in Serravalle avvenuta l'anno precedente,
l'arcivescovo Tiberio Borghesi decretò di traslarvi la parrocchiale utilizzando la chiesa e i fabbricati
di pertinenza dei monaci di Maggiano come canonica. L'antica chiesa di Sprenna rimase aperta al
culto e gli edifici annessi furono lasciati al Capitolo. Il 22 novembre 1793 monsignor Alfonso
Marsili decise lo scorporo degli immobili suddetti dalla parrocchia di Serravalle e la loro riunione a
S. Bartolomeo di Casale, succursale di Montauto, per comodo della popolazione. Attualmente
trasformata in abitazione, dell'antica pieve si sono perse le tracce; rimane l'oratorio di Serravalle, ex
sede della cura soppressa nel 1986 e confluita nel beneficio della S. Famiglia del Ponte d'Arbia.
Fece parte del territorio la chiesa dei SS. Giacomo e Filippo di Borgo Forello nei pressi di
Buonconvento. I documenti riportano i nomi di due dei suoi rettori: ser Duccio nel 1307 e ser
Antonio di Michele da Montalcino, monaco di S. Lorenzo dell'Ardenghesca, nel 1317. Altro,
riguardante i secoli precedenti, non conosciamo se non che era sede parrocchiale dell'omonimo
castello in gran parte devastato nel 1316 dalla banda armata dei ghibellini di Uguccione della
Faggiuola. Distrutto pressocché completamente nel 1385 per dare impulso al potenziamento della
vicina Buonconvento, venne lasciata la chiesa con gli edifici dell'ospizio annesso. Nel 1548 vi era
fondata una cappellania sotto il titolo di S. Cristina. In occasione della visita pastorale effettuata nel
1627 allo spedaletto, emerse dall'esame dei testimoni più anziani che la chiesa era considerata per
tradizione la più antica pieve della zona e che vi erano stati collocati i precordi dell'imperatore
Arrigo VII del Lussemburgo, ivi morto nel 1313.
G. MERLOTTI cit., pp. 451-455; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 116, 148, 191, 200.
80. STIGLIANO Parrocchia dei SS. Fabiano e Sebastiano
(Comune di Sovicille) Vicaria foranea di Rosia
Posta sotto la giurisdizione dell'abate di S. Lorenzo all'Ardenghesca come attestano le bolle dei
pontefici Lucio II del 1144, Eugenio III del 1145, Alessandro III del 1178, Celestino III del 1194,
Gregorio IX del 1238, passò in seguito all'abbazia della SS. Trinità di Torri che dalla metà del
Duecento vi esercitò i propri diritti in comune con la precedente. Nel 1462 l'arcivescovo di Siena ne
ebbe la libera collazione in seguito alla nomina ad abate perpetuo del monastero di Torri e da allora
continuò ad essere sede parrocchiale fino alla soppressione del 1986. Nel 1854 la chiesa fu
restaurata per volontà del nobile Giulio Placidi, proprietario della zona, la cui famiglia fin dal 1489
aveva comperato la grancia di Stigliano dal rettore dello Spedale di S. Maria della Scala.
Attualmente il territorio, annesso alla cura di Torri, è compreso nella forania di Val di Merse -
Maremma.
G. MERLOTTI cit., pp. 455-459; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 118, 148, 160, 191, 200.
81. TERRENSANO Parrocchia di S. Lorenzo
(Comune di Siena) Vicaria foranea di Casciano delle Masse
Forania attuale: Siena centro
La località è ricordata nell'atto di fondazione dell'abbazia di Poggio Marturi nel 983 e in un
documento di compravendita del 1048. Non sappiamo se in quei tempi vi fosse una chiesa dato che
il primo rettore menzionato risale al 1221. Nel 1412, per le scarse rendite, il beneficio fu accorpato
al Poggiolo, quindi, cinque anni dopo, a Casciano delle Masse. Nel 1501 risultava riunito alla
prepositura di S. Silvestro di Travale della diocesi di Volterra e nel 1528 a Mugnano. Tornata ad
essere autonoma, la parrocchia ebbe un suo titolare dalla metà del Cinquecento fino ai giorni nostri.
Annessa a Monastero dal 1998, è compresa nella forania di Siena centro.
Fa parte del distretto territoriale l'antico oratorio di S. Michele Arcangelo a Certano sottoposto alla
giurisdizione dell'abbazia di S. Eugenio a Monastero fin dal secolo XI. Divenne cura d'anime dalla
metà del Duecento, retta da un sacerdote nominato dall'abate benedettino ed approvato
dall'ordinario. I documenti ricordano i parroci avvicendatisi fino al 1568, anno in cui fu riunita a
Terrensano. Rientrava nella giurisdizione della medesima anche la chiesa dei SS. Giacomo e Biagio
nel castello di Belcaro, fondata dalla famiglia Marescotti nella seconda metà del secolo XII. Fu
probabilmente sede di cura d'anime fino alla metà del Trecento e subì le sorti del fortilizio,
devastato nel 1259 dai Fiorentini e nel 1269 dai Senesi che sospettavano i proprietari di
appartenenza al partito ghibellino. Risolti i problemi con i nobili possessori, Belcaro fu restaurato
l'anno seguente. Passato ai Salimbeni nei primi anni del Trecento, venne nuovamente attaccato nel
1374 e, pervenuto in potere di Nanni di Vanni Savini, fu donato nel 1375 a Caterina Benincasa per
erigervi un monastero di religiose. Il proposito non ebbe effetto per la morte della santa avvenuta a
Roma nel 1380 e la fortezza appartenne da allora ai Bellanti che la vendettero nel 1525 ai Turamini
i quali avviarono i lavori di trasformazione degli edifici in villa signorile, e nel 1554 Belcaro fu sede
del quartier generale francese durante la guerra di Siena e dovette sostenere gli assalti degli
imperiali di Carlo V fino alla resa. Ritornato in possesso dei suoi proprietari nel 1726 Girolamo di
Crescenzio Turamini lo cedette a Paolo di Egidio Camaiori da Giuncarico. Gli acquirenti curarono
la ristrutturazione degli stabili e il restauro della cappella compiuto nel 1868.
Al momento non è stato possibile, nonostante la cura impiegata dal sottoscritto e dal sac. don
Lorenzo Bozzi, rintracciare l’archivio parrocchiale che per l’incuria dei titolari risulta disperso.
G. MERLOTTI cit., pp. 459-465; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 119, 148, 191, 198.
82. TOLFE Parrocchia di S. Paterniano
(Comune di Siena) Vicaria foranea del Bozzone
Forania attuale: Siena nord
La sua origine rimanda, secondo la tradizione, all'VIII secolo. La località avrebbe preso il nome da
messer Telfo di Griccio, francese, proprietario di un fondo nella zona dove si vuole che ospitasse S.
Brunone di Soleria d'Asti, presente a Siena intorno al 1070 per risolvere gli attriti sorti tra il
governo e il papa Alessandro II. Il giuspatronato della chiesa appartenne ai Malavolti nel Trecento e
dal secolo successivo fino al Settecento ai Tondi, le cui eredi Luigia e Margherita, suore del
monastero di S. Caterina del Paradiso, rinunciarono ai loro diritti nel 1782. Il primo rettore della
parrocchiale citato dai documenti risale al 1175 come concedente a titolo di enfiteusi di un
appezzamento di terra a Martinello di Pietro da Guilliano. Il villaggio, fortificato fin da epoche
remote, fu di pertinenza delle citate famiglie dei Malavolti e dei Tondi; subì la distruzione nel 1553
da parte delle armate del marchese di Marignano e un rilevante spopolamento negli anni successivi
al punto che nel 1589 i suoi abitanti ammontavano a sole cinquanta unità. La situazione non dovette
migliorare nel prosieguo dei tempi. La chiesa venne restaurata nel 1760 dal sacerdote Michelangelo
Zeni che dovette prendere a censo una cospicua somma dai fondi della cappella di S. Biagio eretta
nella parrocchiale di S. Cristoforo a Siena e, in seguito, agli inizi dell'Ottocento fino all'ultimo
intervento intorno al 1960. Attualmente risulta annessa a S. Miniato alle Scotte e compresa nella
forania di Siena nord.
Faceva parte del distretto la parrocchia di S. Miniato a Noceto, scorporata nel 1787 dal popolo di S.
Martino a Cellole cui era stata riunita fin dal 14 agosto 1574. Secondo il Repetti sarebbe stata
fondata dai monaci di S. Miniato al Monte presso Firenze nella seconda metà del secolo XI.
Acquisita dall'abbazia di S. Eugenio e ad essa confermata dal pontefice Alessandro III nel 1176, fu
sede di cura d'anime con un sacerdote residente. Nel 1536 l'arcivescovo Francesco Bandini
Piccolomini la incorporò a Pontignano e nel 1575 la soppresse incamerando i suoi beni nel
beneficio di Cellole. La chiesa, sconsacrata, vene adibita ad altri usi. L'11 maggio 1981, a causa del
consistente sviluppo edilizio, la titolarità parrocchiale è stata nuovamente ripristinata nella moderna
chiesa inaugurata il 5 giugno 1994, durante il XXII Congresso Eucaristico Nazionale celebrato in
Siena e dedicata al Corpus Domini. Rientrava nel territorio anche il monastero di S. Maria
Maddalena detto il Monasterino fondato secondo la tradizione da S. Brunone intorno al 1070.
Accoglieva una comunità di monache agostiniane più volte sovvenzionato dalla pubblica
beneficenza nel corso del Trecento.
Ridottesi a poche unità, il 25 ottobre 1433 decisero capitolarmente di riunirsi alle altre del
monastero di S. Giovanni Battista di Siena, costituito dallo stesso santo. Con approvazione del
pontefice Eugenio IV del 1446 le religiose abbandonarono la loro sede che venne trasformata nel
1494 in semplice beneficio di giuspatronato della famiglia Sansedoni. Quando il delegato apostolico
Francesco Bossi nel 1575 lo visitò, conservava ancora il titolo del monastero di S. Giovanni pur
essendo stato soppresso da tempo. In seguito l'istituzione confluì nella dignità del Tesorierato della
Metropolitana.
G. MERLOTTI cit., pp. 465-470; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 121, 148, 191, 198.
83. TORRI Parrocchia di Santa Mustiola
(Comune di Sovicille) Vicaria foranea di Rosia
Forania attuale: Val di Merse - Maremma
Ricco monastero dei vallombrosani posto sotto la tutela della S. Sede è menzionato nelle bolle dei
pontefici Alessandro II del 1069 ed Eugenio III del 1152. Nella seconda vengono indicati alcuni
beni di sua pertinenza come la chiesa di S. Maria alla Croce posta in S. Quirico e lo Spedaletto di
Cuna di Val d'Arbia. Lo stesso papa nel documento ordina che l'abate sia eletto e consacrato
direttamente dalla Curia romana, concedendo la sepoltura nella chiesa e proibendo a chicchessia
molestie ai religiosi nell'esazione delle decime e nel godimento delle proprietà. L'abate di Torri il 5
ottobre 1156 donò al vescovo Ranieri e al governo di Siena l'intero Montacuto di Rosia con la
riserva di un annuo canone di un cero di tre libbre nel giorno della ricorrenza di S. Mustiola.
Alla seconda metà dello stesso secolo risalgono i lavori di ampliamento degli edifici e di
costruzione della grandiosa chiesa consacrata solennemente il 28 ottobre 1189 dal vescovo Buono
assistito da Uldebrando Pannocchieschi, Martino e Gualfredo, presuli rispettivamente di Volterra,
Massa e Roselle. Lo stesso giorno furono aperte al culto anche altre cappelle situate nei dintorni del
monastero: una dedicata al Salvatore e a S. Mustiola, una alla Santa Croce, una a S. Gregorio
Magno e una ai SS. Apostoli Simone e Giuda. Merlotti suppone che venissero assegnate ai sacerdoti
secolari per essere uffiziate e in particolare quella di S. Gregorio che risulta menzionata in un atto
del 1244, retta da un titolare esterno. Nel 1251 i monaci ottennero da Innocenzo IV un privilegio dal
quale apprendiamo quanto estesa fosse la loro giurisdizione spirituale e temporale; essa
comprendeva la chiesa di S. Gregorio a Torri, la cappella di S. Quirico posta nel medesimo luogo,
la cappella di S. Florenzo di Anterigoli, il patronato delle chiese di Stigliano, Frontignano,
Malignano, S. Remigio, Tavarnelle, Recenza, Ortennano, Montecapraia di Cerreto, Modine,
Montecchio, la potestà sugli spedaletti di Torri e Monteroni, le proprietà di Campagnatico, di
Vaiano, di Orgia e i diritti di decima su Torri, Stigliano e Brenna. Il 18 ottobre 1272 l'abate don
Placido concesse in enfiteusi a Donusdeo dei Tolomei la trigesima parte per indiviso del castello di
Campagnatico per l'annua retribuzione di una libbra di pepe e con l'obbligo di costruire un mulino e
goderne la terza parte delle rendite. Un altro atto del 13 novembre 1281 mostra che una parte dei
terreni posti nel distretto di Monteverdi sull'Ombrone furono venduti forse per iniziare altri lavori di
miglioria e per innalzare il campanile giacché nel 1323 fu fusa una campana che oggi si trova nel
Duomo di Siena. La crisi economica della seconda metà del Trecento costrinse gli abati a cedere
gran parte delle proprietà per far fronte ai debiti contratti con i banchieri senesi. Soppressa
l'istituzione nel 1442 da Eugenio IV, i monaci si trasferirono all'abbadia di Alfiano e gli arcivescovi
di Siena ne divennero perpetui rettori per volontà di Pio II nel 1462. Tre anni più tardi Paolo II la
incorporò alla mensa e il cardinale Francesco Piccolomini cercò di ampliarne la consistenza
economica recuperando beni come Montacuto di Rosia ricomprato nel 1477 dal Comune di Siena.
Nel 1593 l'arcivescovo Ascanio Piccolomini restaurò la chiesa e sei anni dopo il suo successore
cardinale Francesco M. Tarugi la dichiarò vicaria perpetua e cura con fonte battesimale. Dal 1988 a
Torri è stato annesso il territorio della soppressa Stigliano. Insieme costituiscono una unità
parrocchiale compresa nella forania di Val di Merse - Maremma.
G. MERLOTTI cit., pp. 51-54; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 122, 148, 154, 160, 191, 198,
201, 275.
84. TRESSA Parrocchia di S. Maria in Sylvis
(Comune di Siena) Vicaria foranea di Casciano delle Masse
Forania attuale: Siena centro
Sarebbe sorta, secondo la tradizione, da un tempio pagano dedicato alla dea Diana Tracia o Treissa
da cui avrebbe preso il nome il vicino torrente del Tressa. Di epoca antichissima, è menzionata in
un testamento del 1105 in cui Bernardino di Bernardo lasciò al Capitolo senese la terza parte della
chiesa e del tenimento di S. Maria in Tressa affidata al figlio Bezio o Berizio. La famiglia dei
Bostoli con i Forteguerri e gli Antolini ne vantava il giuspatronato nel Trecento forse per
trasmissione ereditaria dagli Ardengheschi. Sebbene cura d'anime fin da tempi remoti, i suoi rettori
sono conosciuti solo a partire dal 1227. Uno di essi, Bartolomeo di Girolamo, ne fu privato nel 1508
per un falso prodigio messo in atto al fine di risollevare dall'indigenza la situazione economica del
beneficio. Egli, infatti, per incrementare il concorso di popolo alle funzioni religiose, aveva pagato
un contadino perché con del sangue di galletto macchiasse le piaghe del crocifisso e spargesse voce
dell'avvenuto miracolo. Smascherato dal vicario generale Giovanni Piccolomini, venne cacciato
dalla diocesi. Durante la guerra di Siena, il 20 novembre 1554, la chiesa subì rilevanti danni da
parte dell'esercito imperiale. Ricostruita negli anni successivi con la canonica e gli annessi, nel 1627
assunse l'attuale aspetto. Il perimetro parrocchiale fu ampliato nel corso dei secoli includendo la
soppressa parrocchia della SS. Trinità e S. Giovanni al Laterino e le zone esterne di Fontebranda e
S. Marco. Con decreto del 29 dicembre 1784 i due mulini posti fuori la porta di Fontebranda
vennero scorporati dalla giurisdizione della parrocchia di S. Antonio e concessi a Tressa con i
sobborghi e le case sparse del Laterino. Attualmente attiva come parrocchia, è compresa nella
forania di Siena centro.
Nel territorio, a poca distanza dalla chiesa, esisteva l'oratorio di S. Carlo a Fonte Bonetta edificato
nel 1726 a spese dei mugnai e degli esecutori di giustizia che avevano comprato il sito
dell'Amministrazione dell'Opera metropolitana. Abbandonatolo nel 1768, la Confraternita degli
addetti alle esecuzioni capitali si trasferì in S. Giusto al Rialto degli Eremitami di S. Martino. Sulla
costa di S. Marco si trovava il monastero di S. Paolo, fondato da Bice di messer Bando per un
gruppo di religiose trasferite nel 1343 in Siena in luogo detto la Certosina, concesso dal vescovo
Donusdeo Malavolti. Nella stessa zona nel 1362 fu istituito un asceterio femminile sotto il titolo di
S. Michele Arcangelo da Giovanni Ansaldi da Vultabio di Genova, oblato dello Spedale di S. Maria
della Scala. Nel suo testamento egli dispose che le suore pagassero annualmente in perpetuo a lui o
alla moglie e poi al rettore dello Spedale e al vescovo un censo di sei libbre d'uva asciutta, due once
di zafferano e un cesto di uva duracine. Nel 1394 i possessi del monastero, confluiti nella prebenda
canonicale di ser Vinciguerra Saracini, minacciavano imminente rovina e furono affittati a
Domenico di Donato da Siena. Presso la porta S. Marco era l'antica chiesa dei SS. Apostoli Simone
e Giuda con l'annesso monastero dei religiosi armeni dell'ordine di S. Basilio. Dichiarata
battesimale per il Terzo di Città nel 1271, divenne priorato dei Basiliani, riconfermato nel 1464 dal
pontefice Pio II. Privata della cura d'anime, fu ridotta a semplice beneficio nei primi anni del
Cinquecento e interamente distrutta intorno al 1554. Fuori della porta Laterina si trovava il
romitorio dedicato alla SS. Trinità e a S. Giovanni fondato da donna Maria Bisdomini nel 797 con
annesso il monastero di Benedettine di S. Caterina delle Ruote, ambedue concessi poi ai Cistercensi
di S. Galgano e da essi affittati nel 1201 agli Eremitani di S. Salvatore della Congregazione
leccetana di S. Lucia vicino a Spannocchia. Costretti ad abbandonare gli stabili nel 1257, la chiesa
venne affidata a un prete secolare, pur rimanendo sotto la giurisdizione dei citati patroni. Il papa
Eugenio IV nel 1443 l'aggiudicò interamente agli Agostiniani che la tennero fino al 1498, anno in
cui, passando la popolazione alla parrocchia di Tressa, il beneficio confluì nella prebenda del
suddiaconato detta del Laterino. Nei dintorni della SS. Trinità esisteva nel Trecento lo Spedaletto di
Monna Scotta, al quale il 24 settembre 1364 il vescovo Azzolino dei Malavolti donò lire
venticinque dal retratto dei diritti sui testamenti. Sulla sommità del poggio del Laterino, detta del
Cardinale perché posseduto in parte dal Card. Francesco Piccolomini (1492), ebbero la loro sede gli
eremiti camaldolesi detti della Rosa stabilitisi colà fin dal 1339 da Galignano. Gli edifici furono
distrutti durante la guerra del 1554 e il luogo servì per costruire il cimitero a sterro voluto dal
granduca Pietro Leopoldo nel 1786.
G. MERLOTTI cit., pp. 470-478; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 119, 149, 154, 155, 160,
191, 198.
85. TRESSA D'ARBIA Parrocchia di S. Michele Arcangelo
(PONTE A TRESSA) (Comune di Siena) Vicaria foranea di Monteroni d'Arbia
Forania attuale: Val d'Arbia
La prima parrocchiale, sita sulla collina detta il Poggio di Tressa, fu confermata nel 1189 dal
pontefice Clemente III al vescovo Buono. Con testamento del 28 febbraio 1288 Memmo di Viviano
del popolo di S. Desiderio in Siena la fece erede delle proprietà comprese nel distretto di S. Angiolo
in Tressa ricevendo il diritto di patronato che esercitò nel 1297 con lo Spedale di S. Maria della
Scala in occasione della nomina del rettore. Nel 1442 il Comune di Siena avrebbe supplito alla
grave spesa della sua ricostruzione, secondo il parere del Repetti, essendo scarsissima di rendite
così povera da non permettere nemmeno il mantenimento del titolare. Già il 15 febbraio 1426 era
stata unita a Cuna per volontà del vicario generale del cardinale Antonio Casini; passata nelle
pertinenze di S. Bartolomeo in Camollia, fu associata nel 1443 a S. Andrea a Montanini come aveva
richiesto il canonico Angiolo di Silvestro da Cortona che denunciò la precaria condizione degli
stabili minaccianti imminente rovina. Il 30 luglio 1566 l'arcivescovo Francesco Bandini
Piccolomini l'accorpò definitivamente a S. Pietro a Ovile senza tuttavia riuscire a risolvere il
problema della cronica indigenza della parrocchia. Monsignor Leonardo Marsili, resosi conto del
disagio spirituale sofferto dalla popolazione per la mancanza dell'assistenza continua di un vicario
perpetuo, in occasione della visita compiuta nel 1692 scorporò il semplice beneficio di S. Giovanni
Battista fondato a favore del parroco di S. Pietro dal reverendo Giovan Battista Feci con testamento
del 6 aprile 1662 all'altare maggiore della chiesa, concedendolo al curato di Tressa che in tal modo
avrebbe potuto contare su una congrua entrata. Al medesimo il titolare di Ovile rilasciò un
appezzamento di terreno posto intorno alla chiesa, le decime e gli emolumenti incerti in cambio di
un canone annuo di una libbra di cera, della manutenzione dei sacri arredi e della fabbrica e del
giuspatronato. Con le soppressioni dello Spedale di Tressa, situato sulla sinistra della via Romana, e
della Compagnia laicale di S. Maria decretata dal granduca Pietro Leopoldo nella seconda metà del
Settecento, resosi libero l'oratorio di quest'ultima, vi si trasferì la sede della parrocchiale. L'antica
canonica, in gran parte demolita, fu ridotta ad usi profani dalla famiglia Martinozzi acquirente del
fondo confinante, già appartenuto al S. Maria della Scala. Il 27 aprile 1789 l'arcivescovo Tiberio
Borghesi riunì alla cura una parte della popolazione spettante alla soppressa S. Pietro all'Arbiola.
Lo Spedale di Tressa, dedicato alla Vergine e a S. Michele Arcangelo, fu fondato nei primi anni del
secolo XIII da Ugolino di Quintavalle e Bernardino di Gerugno, oblati dello Spedale Grande di
Siena, che a tale effetto avevano acquistato una casa da donna Castellana di Torriciano e da
Ildebrandino di Silvano. Il 24 febbraio 1226 dotarono l'istituzione di molti beni di loro proprietà
situati tra l'Isola e Monteroni, nella valle di Presciano ed al Bozzone, destinando inoltre
l'assegnamento di cinquecento lire senesi per il sostentamento dei pellegrini. Già dal 1215 Ermanno
vescovo di Chiusi aveva accordato al nascente stabilimento un'indulgenza di trenta giorni a
chiunque avesse contribuito con elemosine alla sua erezione. Posto sotto la giurisdizione del
proposto della Cattedrale, dei monaci di S. Galgano e del S. Maria della Scala, sorsero ben presto
divergenze tra la patrona donna Teodora, vedova del fondatore Ugolino e un tal Federigo di
Rimpretto. Essa, nel farsi oblata camaldolese, nel 1232 trasferì i propri diritti all'abbazia di S.
Salvatore della Berardenga con la quale si scontrarono i fratelli Staldo e Corrado che attribuirono di
concerto con il vescovo Buonfiglio la direzione dello Spedaletto al S. Maria. Nel 1249, dopo vari
tentativi di accordo, l'abate di S. Salvatore vi rinunciò e il rettore Ranieri Caccianeve poté prenderne
regolare possesso. La sua attività continuò anche nei secoli successivi al 1580, quando fu eretta la
Compagnia della Madonna della Consolazione nei locali di cui lo Spedale era proprietario e al quale
il sodalizio pagava annualmente un censo di sei libbre di cera. Nel 1671 l'oratorio venne
considerevolmente ingrandito e la pia unione se ne servì fino alla soppressione del 1785, anno in cui
accolse la sede della parrocchia, anche se nel 1791 la Compagnia fu nuovamente ripristinata.
Lo Spedaletto, insieme agli altri del territorio, in forza del decreto sovrano del 10 novembre 1750,
divenne di pertinenza del S. Maria della Scala. E' tuttavia da ritenere che almeno in parte fosse
concesso ai fratelli della Consolazione che ancor oggi vantano la proprietà di un locale nel
medesimo sito. La canonica e la chiesa, riattate nel Novecento, hanno subito trasformazioni di non
lievi entità. Ai giorni nostri la cura è ancora attiva compresa nella forania della Val d'Arbia. Nel suo
perimetro si trovava l'antica chiesa di S. Maria di Salteano (o Sartiano), forse abbazia dei
Vallombrosani già sotto il titolo della SS. Trinità, il cui rettore ser Teoderigo avrebbe partecipato il
28 ottobre 1189 alla solenne consacrazione di S. Mustiola a Torri. Istituita come canonica intorno al
IX secolo, accoglieva un collegio di sacerdoti addetti alla cura d'anime. Uno dei suoi priori, ser
Cristoforo di Rinaldo Tolomei, il 17 gennaio 1274 fu presente come testimone al contratto di
vendita della rocca di Tentennano effettuato da parte del Comune di Siena alla famiglia dei
Salimbeni. Da una bolla del pontefice Martino IV del 1282 si ricava che il rettore di Salteano venne
inviato da questi come cappellano addetto a rendere omaggi al governo per gli aiuti ricevuti contro i
nemici della Chiesa. Passate le proprietà nel corso del Trecento allo Spedale di S. Maria della Scala,
verso la metà del secolo furono acquisite dal vescovo Donusdeo Malavolti che le accorpò alla
propria mensa, tenendovi un sacerdote amovibile per il disimpegno spirituale. Nel 1528 il cardinale
Giovanni Piccolomini ampliò i possessi della tenuta permutando alcuni terreni con i Certosini di
Maggiano e ricevendo altrettanti appezzamenti lungo l'Arbia.
G. MERLOTTI cit., pp. 478-483; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 120, 149, 160, 191.
86. TUFI Parrocchia dei SS. Matteo e Margherita
(Comune di Siena) Vicaria foranea di Casciano delle Masse
Forania attuale: Siena centro
Secondo la tradizione la località avrebbe accolto nell'VIII secolo la corte regia dei gastaldi dei re
longobardi nei pressi della scomparsa chiesa di S. Martino di pertinenza dei vescovi di Siena.
Giuseppe Merlotti, nel tentativo di trovare un fondo di veridicità alla notizia, ne ipotizzava la
fondazione in terreni donati dai conti Winigisi alla Chiesa, proprietà sulle quali in seguito sarebbe
stata edificata anche S. Matteo di cui i documenti ricordano il primo rettore fin dal 1153. Non
lontano da essa sorse fin da epoche remote un omonimo monastero di Benedettine che ricevette nel
1288 dal presule Rinaldo Malavolti numerosi donativi di terreni già facenti parte del patrimonio
della sua mensa. Ad esso nel 1305 furono unite le eremite di S. Damiano del monastero di S.
Margherita in Castelvecchio, giunte da Grosseto nel 1270. La comunità di claustrali nel 1509
dovette trasferirsi in S. Maria Maddalena dell'ordine agostiniano e l'arcivescovo Giovanni
Piccolomini decretò in seguito il passaggio della loro chiesa a sede di parrocchia, essendo
aumentato il numero delle anime per l'accorpamento dei popoli di S. Apollinare e dei SS. Frediano
e Teodoro. Da allora la cura è rimasta attiva, compresa nella forania di Siena centro. Dell'antica
parrocchiale di S. Apollinare, posta oltre il torrente Tressa, rimane un oratorio annesso alla villa
omonima di proprietà dei Piccolomini nella seconda metà dell'Ottocento. Ebbe un rettore autonomo
probabilmente fino alla metà del Trecento, quando il comunello risentì del forte decremento
demografico conseguente alla peste. Nel 1366 era amministrata spiritualmente da ser Mino, abitante
nella canonica di S. Pietro in Castelvecchio, mentre nel 1392 fu riunita ai SS. Quirico e Giulitta e
nel 1401 a S. Donato a Siena. Rimase attiva fino alla metà del secolo successivo e il suo territorio
venne annesso a S. Matteo ai Tufi. La chiesa dei SS. Frediano e Teodoro, fondata secondo la
tradizione da donna Maria Bisdomini nel 797, fu nel Duecento retta da un canonico della
Metropolitana e uffiziata da un collegio di religiosi. Caduta in stato di assoluta povertà, nel 1373, su
istanza di Francesco Malavolti, venne riunita alla sua prebenda canonicale. Trovandosi nei pressi
del sito occupato dal monastero degli Olivetani, fuori porta Tufi, fu ad esso annessa nel 1406 dal
pontefice Gregorio XII che la scorporò dalla parrocchia di S. Matteo in cambio di un censo da
destinare alla mensa per gli immobili ad essa appartenuti. Minacciando rovina per deplorevole
abbandono, nel 1437 fu totalmente demolita e il suo titolo venne trasferito a una cappella dei
monaci. Dal 1509 la giurisdizione di S. Matteo ai Tufi comprese anche le anime della chiesa
soppressa. Il monastero di S. Benedetto, edificato dal Beato Bernardo Tolomei su un terreno
concessogli dal rettore dello Spedale della Misericordia nel 1323, accolse un numero sempre
crescente di religiosi tanto che il governo dovette elargire sovvenzioni per il loro mantenimento.
L'infuriare del contagio del 1348 causò la morte del virtuoso istitutore le cui reliquie, secondo i
cronisti, confuse con quelle degli altri estinti, andarono perdute. Dopo la catastrofe i monaci
cominciarono a ingrandire le loro fabbriche ottenendo dal Comune vari sussidi; l'alta
considerazione di cui godevano fece sì che tra essi venissero prescelti nel 1375 gli incaricati al
controllo delle entrate della pubblica camera insieme alla comunità dei Camaldolesi della Rosa e
l'anno seguente fossero chiamati ad assistere agli scrutini per l'elezione delle persone idonee agli
uffizi e alle magistrature urbane e foranee. Nel 1377 ottennero l'esenzione dalle gabelle e dazi sul
sale e altre concessioni confermate nel secolo successivo. Distrutto il monastero nella guerra del
1554, il generale dell'ordine Pio Nuti da Torrita nel 1566 lo fece riattare riportandolo al primitivo
assetto; fu poi abbellito nel 1771 da Vittorio del Testa Piccolomini che volle rinnovare la memoria
della riunione al cenobio della soppressa parrocchiale dei SS. Frediano e Teodoro ponendo una
lapide in una cappella della chiesa. Nel 1810 i religiosi furono costretti dagli ordinamenti vigenti ad
abbandonare la loro sede trasformata in stabilimento di mendicità per il Dipartimento dell'Ombrone.
La chiesa, ceduta al parroco di S. Matteo, nel 1817divenne lazzaretto dei petecchiali. Il 10 ottobre
1820 il complesso venne alienato e interamente demolito a reintegro del prezzo sborsato,
rimanendovi appena i sotterranei con poca parte del fabbricato dove nel 1833 il proprietario costruì
un oratorio dedicato alla memoria del Beato Tolomei. Infine, con sovrana risoluzione del 22
febbraio 1843, il terreno venne concesso all'Arciconfraternita di Misericordia da poco eretta a
Siena, la quale lo adibì a Cimitero monumentale.
A sinistra della porta Tufi, nel sito dell'attuale ospedale "A. Sclavo", si trovava il monastero di
S. Maria Maddalena fondato da Margherita del fu Sanese di Benedetto nel 1339 con il consenso del
vescovo Donusdeo Malavolti. Accolse inizialmente quattro religiose agostiniane che nel prosieguo
del tempo divennero talmente numerose da abbisognare di una sede idonea. Pandolfo Petrucci
edificò a proprie spese una nuova fabbrica con una grande chiesa di pietra tiburtina, che lasciò
incompleta per la morte, legando tuttavia per terminarla una cospicua somma con suo testamento
rogato in Siena il 2 ottobre 1511. Altre tre comunità femminili furono unite all'asceterio: le
Camaldolesi di S. Mamiliano in Valli nel 1507, le Domenicane di S. Caterina delle Ruote di Porta
Laterina nel 1508, le Benedettine dei SS. Matteo e Margherita ai Tufi nel 1509. Nel 1510 venne ad
esse accordata per opera del medesimo patrono l'abbadia della SS. Trinità di Alfiano con la clausola
voluta dal pontefice Giulio II di un canone da pagare alla camera apostolica e di un'annua pensione
a favore del cardinale diacono di S. Eustachio commendatario. Nel 1526 il governo decise di
abbattere il monastero per timore che potesse servire da rifugio ai nemici e le religiose, accolte per
un anno nel palazzo Petrucci, ottennero l'avito fabbricato con orto, chiesa di S. Marta e abitazioni
denominate il Noviziato di S. Agostino, luogo in cui secondo la tradizione avrebbero risieduto
anticamente i principi e gli imperatori di passaggio in Siena con le loro corti. Qui, il 17 giugno
1539, le monache iniziarono la costruzione della loro sede spendendo l'ingente somma di scudi
fiorentini sedicimila. Il demolito complesso della Maddalena si trovava nella giurisdizione della
parrocchia di S. Agata il cui territorio si estendeva originariamente dalla porta detta l'Arco di
S. Agostino fino alla zona dove intorno al 1325 furono erette le mura che inclusero il borgo
omonimo. Nel comprensorio della parrocchia dei Tufi, vicino al piano della Tressa, un piccolo
oratorio oggi dedicato a S. Bernardino ricorda la sua vocazione all'ordine francescano. Cadente per
vetustà, venne restaurato nel 1727 e nel 1795 fu dato a mantenere ai Martelli, proprietari della
vicina villa detta il Borghetto dove è presente una cappella privata intitolata a S. Ubaldo.
G. MERLOTTI cit., pp. 484-492; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 122, 149, 191.
87. UOPINI Parrocchia dei SS. Marcellino, Pietro ed Erasmo
(Comune di Monteriggioni)
Vicaria foranea Casciano delle Masse
Forania attuale: Siena nord
La chiesa, una delle più antiche della diocesi, nel 1171 dipendeva dal priore della canonica di
S. Michele Arcangelo del Bozzone, al quale Alessandro III papa aveva concesso la nomina del
rettore. Il giuspatronato passò dal Quattrocento, per privilegi ed eredità, a varie famiglie nobili quali
i Pieri di Grosseto, i Marinelli di Siena, i Bichi Ruspoli e i Grottanelli de' Santi fino a che nel 1860
la parrocchia fu dichiarata di patronato regio. I suoi titolari sono conosciuti a partire dal 1249;
disponeva di diversi beni stabili divisi in più appezzamenti di terreno, per la maggior parte situati
lontano da essa, che i parroci nel prosieguo del tempo permutarono con altre proprietà più comode o
vendettero per reinvestirne il ricavato nei restauri delle fabbriche. Questi furono condotti nel 1680
da Cristoforo Bizzarri e in seguito ai terremoti del 1798 e del 1859. Sistemata nuovamente nel 1947,
è ancora attiva come centro parrocchiale compreso nella forania di Siena nord.
Ad essa era annessa la chiesa già curata di S. Maria Maddalena di Santo Nuovo detta del Castagno
presso la villa di Montarioso, ii cui rettori ci sono noti dal 1283 al 1358. Rientrò nella giurisdizione
della canonica di S. Michele Arcangelo del Bozzone per privilegio conferito dal vescovo Ranieri
nel 1151, fino alla sua soppressione da collocare alla seconda metà del Trecento. Nel 1575 il
visitatore apostolico la trovò talmente degradata da ordinare l'immediato ripristino; altri restauri
vennero effettuati nel 1861 in concomitanza ai lavori intrapresi nella parrocchiale di Uopini da cui
dipendeva. Faceva parte del territorio lo Spedaletto di Cacciavolpe voluto dal beato Giovanni
Colombini sotto il titolo di S. Leonardo. Distrutto durante la guerra del 1554, fu ricostruito nella
seconda metà del secolo con l'oratorio dedicato al fondatore. Nell'Ottocento, divenutone
proprietario il professore Francesco Nenci direttore della Scuola di Belle Arti, venne restaurato e
abbellito. La villa detta del Colombaio, già appartenuta ai Sansedoni aveva annesso l'oratorio
ancora esistente dedicato a S. Giulia sul quale nel 1721 era stata fondata una perpetua uffiziatura
dalla nobildonna Giulia Pinocci vedova di Scipione Bandinelli, con i proventi del podere ad essa
spettante. Sempre nella zona la famiglia Grottanelli de’ Santi possedeva una cappella gentilizia
all’interno del proprio palazzo.
G. MERLOTTI cit., pp. 525-529; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 123, 149, 192, 198.
88. VAGLIAGLI Parrocchia di S. Cristoforo
(Comune di Castelnuovo Berardenga)
Vicaria foranea di Canonica a Cerreto
Forania attuale: Siena nord
Dipendente dalla canonica di S. Fedele a Paterno nel secolo XIV, rimanda le sue origini ad epoche
più antiche. E' citata in un atto di cessione del 1227 come confinante con un terreno che il Comune
di Siena doveva acquistare. Ancora nel 1412 il priore di Paterno ser Guido Squarcialupi ricevette
l'incarico dell'assistenza spirituale del popolo per le scarse risorse economiche che non
permettevano la nomina di un rettore autonomo. Il 24 maggio 1565 l'arcivescovo Francesco Bandini
Piccolomini la riunì a Marciano affidando al correttore della Confraternita laicale della Visitazione
e ad altri parroci delle limitrofe chiese il disimpegno delle funzioni religiose. Per non disattendere ai
decreti del Concilio di Trento il cardinale Francesco Maria Tarugi rimise ordine nella cura
associandole nel 1598 S. Bartolomeo a Coschine, già riunita a S. Maria di Chieci, e costituendo così
un beneficio in grado di sopperire al mantenimento del titolare. Attualmente attiva come centro
parrocchiale, è compresa nella forania di Siena nord. Ad essa annesso è l'oratorio della Compagnia
della Visitazione eretta nel 1585 e soppressa nel 1785, ma ripristinata sotto lo stesso titolo come
Compagnia di carità. L'antica chiesa di S. Bartolomeo a Coschine apparteneva alle Benedettine di
Montecellesi nel secolo XII. Divenuta di giuspatronato di Pievasciata nel Trecento, passò nel
Quattrocento a costituire una nuova unità con S. Maria a Chieci, poi affidata al decanato del
Capitolo metropolitano. Definitivamente annessa a Vagliagli con i suoi beni nel 1648, nel corso del
secolo successivo subì il depauperamento delle proprietà vendute dai parroci per rinvestirne il
ricavato nella conduzione della primaziale. S. Maria a Chieci fu per volontà del pontefice Niccolò V
unita a S. Miniato a Noceto a sua volta incorporata a Cellole di Pontignano. Ridotto a semplice
beneficio ecclesiastico fin dal 1408, nel 1449 fu separata da Coschine per essere inclusa nei possessi
della Certosa fino a che nel 1648 Ascanio Piccolomini l'assegnò alla prebenda decanale. Faceva
parte del distretto anche la chiesa di S. Lorenzo a Cagliano, parrocchia nel sec. XIII. Nel 1410 la
sua popolazione era stata affidata al titolare di Selvole e sussisteva il solo beneficio che i documenti
ricordano anche nel secolo successivo.
G. MERLOTTI cit., pp. 492-498; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 124, 149, 192, 198, 369.
89. VAL DI PUGNA Parrocchia di S. Tommaso
(Comune di Siena) Vicaria foranea del Bozzone
Forania attuale: Siena centro
Nel 1189 il pontefice Clemente III confermò il diritto di patronato del tempio, allora dedicato a S.
Maria, al vescovo Buono. Il secolo successivo non appare più dai documenti la prima titolazione,
ma quella dell'attuale chiesa che dipendeva dall'abbazia di Alfiano. Unita per le scarse rendite alla
pieve di S. Giovanni Battista di Siena nei primi decenni del Trecento, tornò ad essere autonoma
intorno al 1356. Nella seconda metà del Cinquecento le furono accorpate le popolazioni di S. Maria
a Bulciano e della SS. Trinità di Alfiano ed essa stessa risultò, pur per un breve periodo, annessa a
Presciano. Di nuovo disgiunta, fu sede parrocchiale, come lo è ai nostri giorni, compresa nella
forania di Siena centro.
L'antica parrocchia di S. Maria a Bulciano, di cui i documenti ricordano i rettori a partire dal 1225,
fu nei primi anni del Trecento riunita alla prebenda dell'Arcidiaconato del Capitolo della
Metropolitana. Visitata nel 1665 e trovata in pessimo stato, ne venne decretata la demolizione. Il
monastero dell'abbazia di Alfiano, fondato da Pagano di Rolando nel secolo XII in onore della SS.
Trinità, venne ceduto il 4 luglio 1124 ai Vallombrosani di Passignano. Ad esso era unita la cura
sotto il medesimo titolo in seguito annessa a Bulciano. Nel 1510 i beni dell'abbazia, già commenda
ecclesiastica, passarono per intervento di Pandolfo Petrucci alle monache agostiniane di Santa
Maria Maddalena dimoranti nei pressi della porta Tufi, le quali lasciarono al parroco di Val di
Pugna le decime di quel distretto per le uffiziature.
G. MERLOTTI cit., pp. 498-501; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 125, 149, 192, 201.
90. VALLERANO Parrocchia di S. Donato
(Comune di Murlo) Vicaria foranea di Murlo
Il luogo è ricordato nel diploma dell'imperatore Enrico III della metà del secolo XI con cui
confermava al vescovo di Siena il possesso dei luoghi del Vescovado acquistati legittimamente o
pervenuti tramite donazione. Nel 1130 Antolino di Giovanni donò la chiesa al Capitolo dei canonici
e nel 1189 il pontefice Clemente III la riconobbe al vescovo Buono il quale, nei primi decenni del
secolo successivo, ne incrementò le rendite. Nel Trecento cominciò la decadenza della parrocchia di
cui le fonti non riportano i nominativi dei rettori dopo il 1341. Nel 1412 fu riunita a S. Lorenzo a
Merse e dal 1468 al 1547 a Montepescini. Nel 1554 subì pesanti danni dalle armate imperiali, ma
non per questo cessò la propria funzione di cura d'anime, essendo conferita il 24 settembre dello
stesso anno ad un nuovo titolare. L'edificio sorge in prossimità del fossato ricco di massi di marmo
nero venato di verduggiolo con i quali a suo tempo fu fabbricato il Duomo di Siena e decorata la
Collegiata di Provenzano. Secondo il Benvoglienti tra le rocce si vedevano ancora nella sua epoca
filoni d'argento.
Soppressa definitivamente nel 1986, la chiesa, ormai prossima al crollo, è stata attualmente
sottoposta dai proprietari ad un radicale intervento di ricostruzione.
G. MERLOTTI cit., pp. 502-503; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 125, 150, 160, 192, 273.
91. VALLI Parrocchia di S. Mamiliano
(Comune di Siena) Vicaria foranea di Casciano delle Masse
Forania attuale: Siena centro
La chiesa nel XIII secolo era posta, con il monastero annesso di religiose camaldolesi, sotto la
direzione del priore dell'ordine e il cappellano esercitava la cura d'anime delle popolazioni della
zona. Passato il giuspatronato al popolo di Valli nel 1415, i sindaci della comunità poterono
acquisire il diritto di nomina dei titolari confermati dal vescovo e dall'abate camaldolese. Le
monache si erano stabilite nel luogo fin dal Duecento; accolsero nel 1263 le religiose provenienti da
S. Maria Maddalena del distrutto castello di Poggibonsi e aumentarono le loro rendite fondiarie
ricevendo nel 1370 la soprintendenza dello Spedale di S. Pietro, detto dei SS. Filippo e Giuliano
d'Altopascio, sito nel fabbricato lungo la via Romana denominato nell'Ottocento la locanda della
Campana. Il medesimo, citato nel Costituto senese fin dal 1292, era amministrato dalle donne
ospitaliere di Altopascio e venne fondato probabilmente da un componente della famiglia dei
Tolomei come si rileva dal testamento del 1298 di Biagio della nobile prosapia, in cui stabiliva che
l'istituto avrebbe dovuto assumere il giuspatronato dei quattro spedali da lui voluti a Corsignano,
Buonconvento, Monteroni e Isola, in caso di cessazione della propria discendenza diretta. Nel 1409
al monastero di S. Mamiliano furono accorpate le Camaldolesi di S. Giorgio a Lapi che rientrò da
allora nelle sue pertinenze e vi restò fino al 1437, quando l'abbadessa vi rinunciò a favore degli
eremiti di S. Mustiola della Rosa. Infine, nel 1507, ridotte a poche unità, con bolla del pontefice
Giulio II, le religiose vennero trasferite in S. Maria Maddalena ai Tufi e la loro chiesa divenne
parrocchiale come rimane attualmente, compresa nella forania di Siena centro.
Faceva parte del territorio lo Spedaletto dei lebbrosi con la chiesa annessa di S. Lazzaro, citato dalle
fonti fin dal 1176. Ingrandito a spese del Comune nel 1292 e nel 1514, subì la distruzione nella
guerra del 1554. Venne in seguito ricostruito grazie ai finanziamenti pubblici e privati e ampliato
nel 1675, ma nel 1754, in ossequio alla legge granducale che riuniva tutti gli Spedaletti del contado
al S. Maria della Scala, fu incorporato al medesimo e alienato in seguito a particolari, avendo
cessato la sua funzione. Nei paraggi si trova l'antica chiesa di S. Maria di Betlem detta
popolarmente di Bellemme che la tradizione volle edificata nell'XI secolo. Secondo il Gigli nel
Trecento appartenne ai vescovi betlemitani con lo Spedaletto annesso di S. Guglielmo. Nel 1464 il
pontefice Pio II la concesse alla sua famiglia come prebenda canonicale in favore dei figli e
discendenti di Laudomia Piccolomini. Rientrava nel territorio l'oratorio della Madonna della Neve
della Compagnia di Valli fondata il 24 agosto 1486. I suoi capitoli, approvati dal cardinale
Piccolomini nel 1492, furono riformati nel 1614. Secondo il Buondelmonti nel 1630 vi avrebbe
avuto origine la Congregazione dei Sette Dolori di Maria Vergine poi eretta nella basilica dei Servi.
Andata soggetta alla legge della soppressione del 1785, come le altre compagnie della Toscana, fu
ripristinata nel 1792 ma l'oratorio venne venduto e trasformato in abitazioni.
Nel distretto parrocchiale si trova la chiesa di S. Maria degli Angeli nel luogo in cui era stato
fondato nel sec. XIV un asceterio per otto suore dell'ordine dei Servi di Maria da Neri di Domenico
di Gabriello Piccolomini. Tale istituzione, approvata da Gregorio XI ad istanza del vescovo
Azzolino Malavolti, viene ricordata come romitorio di S. Maria de' Piccoli o delle Picciole e rimase
attiva fino al 1433, anno in cui le religiose furono accorpate alle Agostiniane del Santuccio. Nel
1434, su istanza di Pietro di Paolo da Siena dell'ordine dei Canonici Regolari di S. Salvatore che
abitavano lo Spedaletto di S. Niccolò, già palazzo Gucci de' Siri, presso Camollia, il vescovo Carlo
Bartali concesse in perpetuo gli edifici richiesti di cui due anni dopo presero solenne possesso in
Bologna dai Commissari della Santa sede. Accresciuti nel prosieguo del tempo e ottenute varie
prerogative di giuspatronato su diversi immobili, i Canonici stabilirono di ingrandire la loro chiesa
che fu portata a termine nella seconda metà del Quattrocento e nella quale rimasero fino alla
soppressione del 1780.
G. MERLOTTI cit., pp. 503-512; G. CATONI - F. FINESCHI cit., pp. 31, 126, 150, 160, 188.
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