Archivio di Stato di Siena - Cancelleria Criminale - Filza V - n. 6 - anno 1824 ![]() Nel 1826 più o meno tutti i componenti della famiglia Pettini, si ritrovarono accusati di aver rubato alcuni oggetti ad una donna che si era suicida gettandosi dentro un pozzo di via del Re (attuale via Cecco Angiolieri), un'ora dopo mezzo giorno del 4 novembre 1824. La povera donna che pure rifiutò di aggrapparsi ad una corda che i primi soccorritori le avevano gettato con la speranza di salvarla, fece il disperato gesto perchè era venuta a conoscenza che il suo amante si era innamorato di un'altra donna e perciò stava per essere abbandonata. Curiosa è la lettura di come si svolsero i fatti relativi alla sottrazione degli oggetti. ![]() Fin dal Novembre dell'anno 1817 un tal Francesco Vieri di Monte Guidi, Vicariato di Casole, ma da molti anni domiciliato in questa Città, di condizione allora fornajo, ed attualmente servitore in casa della vedova Sig.ra Giuditta Fortini, si unì in matrimonio con la giovine Caterina Sanatelli di questa Città. Erano appena passati due mesi dal dì del contratto matrimoniale che potè avvedersi che la sua moglie aveva la pratica, e relazione con Niccolò Pacchiani uomo ammogliato, e con figli, e di condizione negoziante, il quale frequentava la di lui casa quando egli era assente, e trovavasi occupato nell'esercitare il suo mestiere di fornaio avvertì egli la moglie a troncare una tal relazione, ed essa promise di farlo ma non mantenne la sua parola. Difatti quattro mesi circa dopo il suo matrimonio essendo tornato a casa verso le ore 10 da mattina per prendere un fiasco, trovò la porta serrata con stanghetta dalla parte interna, così che essendo inutile la chiave gli convenne bussare. Dopo qualche tempo gli comparve il Pacchiani scamiciato, e sudato, e nella camera ritrovò la moglie scesa da letto e con la sola camicia. Un tal ritrovamento diede motivo ad un diverbio tra esso e la moglie, che arrabbiata gli fece conoscere di non volere in modo alcuno abbandonare l'amicizia del Pacchiani da loro intrapresa fino da quando era ragazza. Il Pacchiani dopo quel giorno non si fece più vedere nella sua casa, ma la tresca continuò, mentre potè egli sapere da più persone che la sua moglie ed il Pacchiani si vedevano giornalmente in casa di soggetti che ad essi tenevano di mano. Ne rimproverò egli la moglie, ma essa negò costantemente un tal fatto ed annojata dai di lui rimproveri, gli rispose malamente. Per evitare il pericolo in cui lo poneva la condotta immorale della moglie di commettere un qualche eccesso credè conveniente abbandonarla lasciandole tutto ciò che aveva comprato per il bisognevole della sua casa, ed anche quello che aveva riavuto da lei in dote. Appena ebbe egli abbandonata la propria moglie il Pacchiani le fece variare quartiere e circa a sei, o cinque anni sono, ne prese uno a pigione in casa del Sig. Alfonzo Staderini a cui essa pagava la pigione. Nel dì quattro Novembre ultimo scorso la Caterina sua moglie cadde, o si gettò nel pozzo della sua casa ove cessò di vivere. Informato di questo fatto non ebbe il coraggio di trasferirsi alla di lei casa, e forse non vi sarebbe andato se non vi fosse stato tradotto dal Gabbrielli caporale degli Esecutori che venne a ricercarlo. Arrivato che vi fù verso le ore quattro pomeridiane il tenente di Polizzia questi disse: tutta questa cosa che si trova in questa casa appartiene a voi, fatevi dunque consegnare le chiavi dalla serva, e guardate che non vi sia portato via nulla. La Maria Pettini che era la serva di sua moglie passò nelle di lui mani tutte le chiavi, e dopo avere egli preso nota di alcuni oggetti di biancheria se ne partì, e ritornò al suo servizio; lasciando ivi la detta serva, ed altre donne destinate a soccorrere la sua moglie Caterina nel caso che avesse dato qualche segno di vita. Nel giorno successivo trasportato che fù il cadavere della sua moglie alla Chiesa, un ministro del Tribunale Civile appose i sigilli a tutte le stanze componente il quartiere della defonta suddetta ad istanza del Sig. Niccolò Pacchiani che supponeva di essere mallevadore di alcuni mobili appartenuti al suddetto Alfonzo Staderini, e di avere dei diritti sui varj oggetti di biancheria ed altro. Dopo tale apposizione seguì un accomodamento tra esso, ed il soprannominato Pacchiani e al medesimo ne fù fatto l'atto conveniente. Rimossi i sigilli divenne Egli al riscontro agli oggetti che esistevano nella casa di sua moglie e si accorse allora che dalla detta casa erano stati portati via due vestiti, una canna da lavativi? una scatola di denari che doveva esistere nel canterano e ripiena di lire nuove ignorandone il quantitativo, mancava altresì il di lei vezzo di corallo, altro vezzo di perle scaramazze a sei fila un lenzuolo a tre teli di panno, una sopraccoperta di cui ignora il colore, diverse argenterie da tavola, varj oggetti di vestiario come scarpe, calze, tre lumine di ottone, tre boccie di cristallo, due vassoi di lamiera a fiori, una quantità di tazze di porcellana, e varj bicchieri di cristallo fatti a bussolotto, dei cucchiaini d'argento da caffè dei quali ignora il numero, ed il prezzo, due imperiali da finestre non avendone trovato che i soli gonnellini, così che egli ne fece in questo Tribunale sotto il dì 17 Dicembre il conveniente rifiuto, in cui suppone che i sopra descritti oggetti fossero stati portati via da Luisa Giardi fornaia nella piazza di Provenzano, da Isabella Pettini, ed altri componenti la famiglia Pettini. Dietro un tal referto, il Pubblico Querelante nel dì 23 Dicembre ultimo decorso presentò in questa Cancelleria Criminale una comparsa contro Michele e Apollonia Pettini, e contro Maria ed Isabella loro figlie e contro Luisa Giardi addebitandole di avere esse unitamente a detto Pettini sottratto gli oggetti enunciati nel sopraindicato referto di Francesco Vieri dopo la morte di Caterina Vieri sua moglie, e prima che gli fossero consegnate le chiavi dalla serva Maria Pettini. ![]() |