Ode a Romeo
Questa ode in onore di Romeo fu letta in una solenne e pubblica adunanza dell'Accademia dei Rozzi dall'autore, l'accademico Pacioso, il domenicano P.Stratico di S.Spirito, che poi fu vescovo di Curzola in Dalmazia.
Ode Olimpionica
A Romeo
vincitore nel circo
STROFE
Carmi dolce sonanti
Qual Eroe canterem? Chi di novella
Letizia asperge il volgo popoloso?
Chi tra il fragor di bellicosi canti
Tutta al Circo raduna l'Arbia bella?
Voi che di tenebroso
Manto cinse fortuna,
E sol del Cancro alla fervente Luna,
O quando Febo più il Leone incende
Sorgete dall'ignobile riposo;
Voi canterò per cui d'Argo, e Micene
Emula l'Arbia mia l'onor sostiene.
ANTISTROFE
Versi pur cieca i doni suoi la sorte
E i molli spirti d'auro, e gemme copra
Nudo apparisce il forte
Né apprestar sdegna il braccio ad umil opra,
Allor virtute adopra
Quando va invitto ad affrontar la morte
E ridendo al perielio
Dalla sua gloria sol prende consiglio.
EPODO
Ecco lo stadio. I corridor son pronti:
Vedi il popol festante; ognuno a gara
Luogo cerca sublime
E al suo Campion prepara
Coi voti, e col clamor le glorie prime
Non a chi più veloce destrier monti,
Ma a chi governa il fren. Mira superbo
Di spesse palme Bastiancin che viene.
Oh della Selva speme
T'arma Gramigna di robusto nerbo,
vano non siati. Oh giovinetto acerbo
L'ardir rinfranca: oscuro e vil sei nato
Ma virtute, e valor ti siede a lato.
STROFE
Già s'alza al Ciel la polve
Ch'il pie' scuote dal suolo. Il suol già senti
Rimbombar di virtute animatore
Che mille voci involve.
Mira i vessilli contrastar coi venti
Ed inspirar ne' molli sen furore.
Ninfa che hai tutta l'anima sugli occhi
Fa' ch'il tuo sguardo scocchi
Dove i voti del cuor vanno più ardenti.
Su, coi bei labbri alla vittoria affretta
Nicchio, Istrice, Monton, Selva, Civetta.
ANTISTROFE
Oh molli amanti, oggi non batte l'ale
Cupido, o s'ei v'è pur, non è più ignudo.
Batticulo immortale
Gli die' l'usbergo, e gli prestò lo scudo.
Pallade il fe' suo drudo
E il dorso preme alla Tartuca, e sale
Vedi in aria terribile, e guerriera
Chiocciola gareggiar seco, e Pantera.
EPODO
Quel tenero fanciul, che par dimesso
Ed a fiacco destrier tormenta il dorso
Ed al volto avvilito
Appena par che si cimenti al corso
Chi è mai? Perché smarrito
Nel Circo appare? Ah forse è ingiusto eccesso
Che la mal ferma età pugni coi forti.
Oh di baldanza vuoti
Miei Nicchiaiuoli, ed in tristezza assorti
Voi non osate d'animar coi voti
La vittoria felice
E ingiuria par d'aspro destino, e reo
Un destrier tardo, e per fantin Romeo.
STROFE
Ma in duro petto, e grave
Peso di membra virtù forse ha sede?
Né di tenero sen mai si compiace?
Ah stolto è ben chi pave,
O le cifre svelar del Fato crede,
E nel fosco avvenir penetra audace.
Sa il saggio dagli eventi
Partito trar: non sono i germi spenti
Di speme ove brillar valor si vede:
Tal par torbida notte, e tempestosa,
Ma poi a que' nembi, e a quell'aspetto reo
Lucido segue il dì: spera Romeo.
ANTISTROFE
Serva il fiero Monton di nave ad Helle,
Desti Giraffa nelle selve guerra,
Salga Aquila alle stelle,
E Tartuca carpon rada la terra.
Quanta baldanza serra
Quel che con vil mercede
Il tranquillo valore, insulta, e scherne,
Misero, non discerne
La vicina vergogna. Ecco si vede
Cupido di nuove palme, e belle
L'ardito Sorba, e intrepido Tordino:
Ma si guerreggia invan contro il destino.
EPODO
Ecco declina il Sol. Cavo metallo
Annunzia il segno: oh Corridor volate
Or le gare alternar non è più scerzo.
A chi le stelle irate
L'ultimo luogo dier, chi è primo, o terzo
Corra s'adatti: ormai delitto è il fallo.
Giudici, taccia ogni privato affetto.
Ohimè mi balza in petto
Il cuor: già grido, già la voce esalto
Proteggete il Campion Numi dall'alto,
Io vuo' svenarvi un hirco, un agnelletto;
Ma i destrier caldi più non soffron morso,
Ecco il canape cade, eccoli al corso.
STROFE
Bastiancin, Castagnino
Primi voi foste. Ah fortunato Ariete!
Ah felice Giraffa! Ohimè qual gara
Orgogliosi rivali in sul cammino
Spegne della vittoria in voi la sete?
Quanto poi siavi amara
L'ira importuna! Impetuoso passa
Il magnanimo Sorba, urta, trapassa,
Né col nerbo crudel sia, ch'altri inquiete.
Selva hai già vinto. Ormai ripiglia il fasto,
Ma l'invitto Tordin ti fa contrasto.
ANTISTROFE
Incauta man, perché del fren la cura
La mal guardata cura oggi ti priva
Della quasi sicura
Fronda gentil dell'onorata uliva?
Chi di tuo scorno arriva
L'eccesso a misurar, quando l'oscura
Caduta festi di rossor pieno?
E tu che lento il freno
Volgesti, e fuor di meta il buon destriero
Più non sentì l'impero
Della man ch'il guidò fuor del recinto,
E primo fu quello che apparve il quinto?
EPODO
Ombre del gran Capanna, e del Carnaccia
Dalle tombe ignorate oggi sorgete
E del prisco valor l'immagin nuova
Giunga al di là dal Lete.
Né te la Fama cent'alata taccia
Oh vincitor d'ogni più dura prova,
Famoso Pettinaro,
D'arbiaco stadio corridor possente.
E di Strega, e di voi sen viene al paro
Romeo picciol garzon prode, e valente,
E le memorie spente
Rinnova, ei che passò con arte bella
S.Martin, la Svoltata, e la Cappella.
STROFE
L'Atleta veterano,
Al cui vigor sempre vittoria rise,
Ministro, il valoroso, il capo inalza.
Che temi, Atleta antico?
È al prode Corridor Gradivo amico.
Sa l'altrui fren fermar su lo steccone,
Ma ad uopo tal pari non ha nemico,
Il ratto correr suo prosegue, e passa,
Vili, e tardi son quei che indietro ei lassa.
ANTISTROFE
Nobili Genj che tutela, e fido
Aiuto al volgo a voi rivolto siete
Ed al sicuro lido
La mal cauta plebea nave spingete,
Generosi reggete
L'impegno popolar. Già il lieto grido
Annunzia il vincitor. Nicchio ha corona
E il nome di Romeo per l'etra suona.
EPODO
Nicchio ognun grida; e il vecchierel per festa
Non sente il peso della grave etade,
Nicchio la donzelletta
Con sottil voce annunzia alle contrade,
E la madre importuna al Nicchio affretta;
Là il cittadin si presta,
Là volge il volgo clamoroso i passi:
Senza contegno schivo
La vergine, e il garzon par, che si ammassi,
E baci cambi, ed abbracciar giulivo.
Odi suono festivo
De' cavi bronzi. Scintillar vedresti
Fiamme; ma alto poter vien, che le arresti.
STROFE
Né di letizia è parco
Quel che a Minerva i sacri studi porge,
E del lauro febeo s'orna la fronte.
Anzi sul dolce plettro incurva l'arco,
Ed il vetusto secolo risorge.
Al lieto canto delle Muse pronte
Senti la cetra altera
Istmo, Olimpia cantar, Nicchio, Pantera
Sorba, Esarmosto, Bastiancin, Hieronte
Romeo, Poliperconte,
E in grato suon di lire, e cetre, e avene
Mescolarsi coll'Arbia Argo, ed Atene.
ANTISTROFE
Voi cui beltà diede natura in sorte
Premio al nostro desir, Ninfe gentili,
Voi coronate il forte,
E disprezzate le abiette alme, e vili.
Ha poche a voi simili
L'Arbia di senno, o nicchiajuole accorte.
La premiatrice del garzon Romeo
Scriva ne' patrii annali il mio Chiasseo.
EPODO
Vieni Glaucoma dalle chiome bionde,
Presbia, ch'hai brune le vive pupille,
Saggia Leucotoe, e grave,
Scorrano in mille cuor le tue scintille,
A' vostri sguardi ogn'anima risponde
In suon lieto, e soave.
Tutto nel mondo è ugual; l'etade antica
Cangia nome alle cose: e l'uom lo stesso.
Di robustezza amica
Fu sempre alma che alberga in debil sesso;
Ignoti nomi adesso
Son quei, che in Tebe il gran Cantor distinse,
Ed appena il fanciul ne' libri impara
Chi vinse il corso in Sparta, ed in Megara.
CONCLUSIONE
Canzon, la tarda etade
A te forse dovrà nobil memoria
D'Atleti e di Contrade,
Su cui sudi il sapiente, e tessa istoria.
Così cangia il mortal sovente idea,
E quel, che si credea
Di risa oggetto, al fin grave diviene.
Chi sa, chi sa, che un giorno
Di te non sian le dotte carte piene,
E il Vate tuo d'alto commento adorno
Studiar non veda dall'Elisia riva,
"Romeo vinse lo Stadio: il Nicchio evviva"?
(Da "I quaderni del Griccioli" della Nobil Contrada dell'Aquila)
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