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Chiocciola 1924: il primo inno di contrada

Spesso mi sono chiesto come si sia affacciata ai nostri predecessori l’idea di comporre un inno di contrada. Che, se ci pensiamo bene, è come un orologio che scandisce il tempo contradaiolo, cantato e suonato ciclicamente in tutte le occasioni ufficiali. Recentemente l’inno della Chiocciola, il primo tra tutte le contrade, ha compiuto più di cento anni, quindi ho deciso conoscerne la storia, studiando i documenti a disposizione nel nuovo Archivio di contrada.
Tutto ha inizio nel 1924, quando ancora si trascina avanti un dopoguerra lungo e difficile, anche per Siena. In San Marco il capitano è il Marchese Leone De Grolée Virville che, dopo un rodaggio di tre anni, riesce a portare la contrada alla vittoria il 16 agosto. Sono decisive la prontezza in partenza di Angelo Meloni, che cade al primo Casato, ed il carattere della cavallina Giacca, che mantiene la prima posizione fino al bandierino. Esplode l’entusiasmo di una contrada popolosa e desiderosa di festeggiare. Nelle stanze di contrada si pensa ad addobbare il rione, all’organizzazione di ricevimenti, serate danzanti e, naturalmente, alla Cena della vittoria, fissata per il 28 settembre. Per lo stesso giorno è prevista la visita a Siena di Vittorio Emanuele III per l’inaugurazione dell’Asilo Monumento, dedicato ai caduti della guerra. Un gruppo di senesi prova a richiedere un Palio straordinario per l’occasione, ma la Giunta fa sapere che c’è poco da festeggiare di fronte ai lutti del conflitto.
È in questo contesto che si incontrano l’estro e l’ambizione del Maestro cav. Giovanni Bonnoli, musicista di Bagnacavallo di Romagna, e del chiocciolino Bruno Zalaffi. Il primo, capo musica dell’87mo Reggimento di Fanteria e direttore della Società Filarmonica senese, propone al Seggio della Chiocciola un “inno popolare” in 2/4, marziale quanto basta, con una chiara derivazione dalla canzone patriottica. Bruno Zalaffi, contradaiolo dal carattere schivo e riservato e autore anche di stornelli e canzoni come “Il 29 giugno “ (1933) e “La fontanina e il suo cittino” (1947), ci mette lo slancio poetico e l’ebbrezza non ancora sopita per la cavalcata di Giacca scossa. Le parole, nel corso di questo secolo di vita, hanno subito alcune variazioni, come nella migliore tradizione orale, adattandosi ai tempi ed al gusto della contrada. Nel 1936 verrà aggiunta una quarta strofa che inneggia all’impero fascista, ma sarà eliminata nel dopoguerra.
Da metà Ottocento si era assistito ad una fioritura di inni di nazioni, partiti, movimenti ed associazioni. La forma di espressione della canzone permetteva di rafforzare un’identità, qualsiasi fosse, e poteva riunire il canto del popolo, le canzoni a stornello, con l’opera e gli inni religiosi, musica eletta delle classi che dirigevano la società. Con l’inno laico, vera e propria liturgia civile, tutti potevano cantare la propria appartenenza ad una specifica comunità. La composizione bandistica, del resto, era il naturale accompagnamento delle serate musicali e danzanti dell’epoca.
Nel verbale del Seggio della contrada del 15 settembre 1924 il Priore Luigi Bindocci informa che la Banda municipale si è offerta di suonare per la cena della vittoria del 28, ma “d’altra parte, non potendosi disdire su due piedi la musica della R. Filarmonica, verso la quale il seggio ha assunto un impegno morale accettando la proposta del Maestro Bonnoli di musicare un inno popolare dedicato alla nostra contrada”, fa deliberare l’organo direttivo di incaricare il vicario Attenni di trattare con la Banda stessa un compenso di 100 lire per esibirsi ugualmente.
La Banda “Mascagni” era molto richiesta ed amata, anche se viveva sempre sul filo della bancarotta, visto che spesso i concerti erano gratuiti e solo le donazioni ne rimpinguavano le casse cronicamente vuote. La Società Filarmonica, ribattezzata “Giuseppe Verdi”, nata nel 1828 come banda di dilettanti provenienti dalle classi più popolari, era diventata invece un vero e proprio istituto musicale e partecipava a fiere e concorsi, esibendosi come orchestra o come corale.
Nel frattempo si diffonde nel rione la voce che per la Cena della vittoria avrebbe suonato la “G. Verdi” e subito si polemizza su di una presunta mancata convocazione della Banda, sinonimo di festa. Il Priore è costretto a riunire nuovamente il Seggio il 19 settembre per mettere a conoscenza del risultato delle trattative del vicario Attenni: un compenso di 250 lire alla Mascagni, 50 delle quali il Presidente della stessa avrebbe donato alla contrada come sottoscrizione. Si stabilisce quindi di chiamare entrambi i corpi musicali ed Alberto Comucci propone salomonico che gli orari di esibizione siano: Banda municipale dalle 19:30 alle 21, Filarmonica Verdi nella forma di Massa Corale dalle 21 alle 24.
È qui che dai documenti salta fuori un terzo protagonista: il maestro cav. Ugo Mattii, direttore della Banda ed autore di uno “squillo” delle chiarine di palazzo che ancora è nel repertorio. Sono sue molte delle trascrizioni conservate ancora oggi nell’archivio della Banda Città del Palio. Mattii collabora col maestro Bonnoli in modo che il programma musicale della serata venga condiviso fra le due bande ed opera una trascrizione dell’inno che è ancora conservata nell’archivio di contrada, insieme agli spartiti. Scritta a penna c’è la dedica “alla nobil contrada della Chiocciola” e la data 24 settembre 1924. Sopra al testo di Bruno Zalaffi si legge l’appunto: “le aggiunte sottolineate sono state fatte per comodità di ritmo musicale”. Ci si riferisce ad alcune ripetizioni nel testo, ma soprattutto vengono inseriti gli squilli iniziali della Marcia del Palio, a segnare un legame originario con quello che era diventato il vero e proprio inno del Palio e della città.
Nella cronaca della Cena fatta dai giornali locali si elogiano le scenografie luminose allestite dalla ditta Fantappiè di Firenze e si dice che per la gioia della dirigenza, degli ospiti e dei 300 commensali “la banda cittadina diretta dal M.o Mattii ed i cori della corale Verdi eseguirono […] un inno alla Chiocciola con parole di Bruno Zalaffi e musica del maestro Mattii”(“L’Intervenuto”, 5/10/1924). Insomma, se Bonnoli e Zalaffi sono gli autori, a mettere in musica l’inno è proprio Ugo Mattii, di cui purtroppo nella memoria chiocciolina non si trova traccia dopo il 1924 (già negli inni stampati per la vittoria del 1925 si legge solo il nome di Bonnoli).
L’inno viene subito apprezzato, sull’onda della serie incredibile di vittorie della Chiocciola del “Marchese”, di cui è rimasto come colonna sonora. Da quel momento in poi si identifica e diventa tutt’uno con la fase storica in cui il Palio diventa simile a quello che viviamo ancora ai nostri giorni e assume ritualità caratteristiche ed una musicalità riconoscibile e ormai tradizionale. Non è un caso se la seconda contrada a dotarsi di un inno, la Contrada Capitana dell’Onda, nel 1928, si sia giovata anch’essa della musica del maestro Giovanni Bonnoli, stavolta sul testo del poeta-giornalista Ezio Felici. Lo stesso Bruno Zalaffi, molti anni dopo, sarà interpellato per scrivere il testo dell’inno della Contrada della Pantera.
Quando, nel 1965, Silvio Gigli organizza una rassegna musicale degli inni delle contrade ed alcune di queste ultime si attivano per comporne uno, l’opera di Bonnoli-Zalaffi-Mattii ha già compiuto i suoi 40 anni.
“Viva viva! Le nostre bandiere” ha quindi inaugurato una tradizione, e se a qualcuno potrà suonare un po’ antiquato, rappresenta comunque un’eco magnifica delle voci che l’hanno cantato prima di noi, come Italo Calvino fa dire a Kublai Khan: “e ascolto dalla tua voce le ragioni invisibili di cui le città vivevano e per cui, forse, dopo morte rivivranno.”
Un ringraziamento a Giorgio Prosperi per l’Archivio della Contrada della Chiocciola e ad Andrea Vittorio Valenti nonché a Massimiliano Senesi per l’Archivio della Banda Città del Palio.
Fonti:
· Archivio Contrada della Chiocciola, Deliberazioni di Seggio
· Archivio Contrada della Chiocciola, anno 1924
· Archivio Contrada della Chiocciola, Memorie Alberto Comucci, quaderno Palio 16/08/1924
· Archivio Banda Città del Palio
· Victor Hugo Zalaffi, “La Contrada della Chiocciola, la sua storia e le sue canzoni”
· Luca Luchini, “Siena dei nonni”
· Stefano Pivato, “Bella ciao. Canto e politica nella storia d’Italia”
· Tommaso Buccianti, “I 3 inni dell’Istrice”, da “L’Aculeo” ottobre 2021
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