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Sul palio di Lucca del 1757
di Alessandro Ferrini e Orlando Papei

Dagli atti processuali presenti all'Archivio di Stato di Siena, in un faldone che conserva i carteggi del Capitano di Giustizia, è emerso che il 24 settembre 1757 venne corso un palio a Lucca.
Fino ad oggi sapevamo che vi fosse stata disputata soltanto una carriera con gli stessi personaggi del Palio di Siena: il 14 settembre 1756. Essa vide protagonisti alcuni fantini e contrade della nostra città e fu vinta dal Montone con il cavallo baio scuro montato da Francesco Tansini tetto Tansino.
Alla contrada vincitrice, venne corrisposto un premio in denaro e un drappellone, oggi esposto nel museo delle vittorie di via dei Servi. Nel dipinto compare uno stemma di una città diversa da Siena, quindi nel posto di onore in alto dove solitamente troneggia la figura della Santa Vergine troviamo il Crocifisso, più in basso a sinistra un fascio con un'ascia, a destra una tromba, sotto lo stemma azzurro con la scritta in oro "Libertas" dell'antica Repubblica che corrispondeva a quello della Repubblica Senese.
Tale arma era allora assente nei drappelloni offerti alle contrade di Siena, perchè la città era sottoposta ai Medici e quindi ai Lorena: è invece dipinta in questo drappo perchè svoltosi nella libera e repubblicana città di Lucca.
Ai lati del dipinto troviamo due pantere, emblemi della Repubblica di Lucca, il tutto su fondo bianco ed ornato d'intorno di una fronda verde.


il Palio vinto dal Valdimontone a Lucca

Sia il palio coi cavalli del 1756 che quello dell'anno successivo, vennero corsi nell'ambito delle manifestazioni promosse nel mese di settembre per celebrare le festività di Santa Croce, dedicata alla venerazione dell'immagine del SS.Crocifisso, patrono di Lucca, conosciuto con il titolo del Volto Santo.
Tali giostre si svolgevano nel cosidetto "Prato del Marchese" (attuale piazzale Verdi) residenza estiva dei marchesi di Tuscia e dal quale il luogo trasse il nome. Anticamente la zona contrassegnata da questo nome arrivava fino al Ponte del Marchese, l'odierno ponte San Pietro. La porzione di Prato del Marchese che si trovava all'interno dell'ultima cerchia di mura, e che ancora conservava questo nome sino ai primi del 1900, fu utilizzata nei secoli XXVIII e XIX come luogo di spettacoli e corse, tanto che vi fu costruito un anfiteatro in legno, in seguito abbattuto.
Questo anfiteatro era di forma ellittica, con l'asse maggiore che misurava 163 metri, e l'asse minore di 78. La pista era lunga 404 metri e nelle corse la si doveva percorrere per quattro volte. Poteva contenere circa 3.500 persone, ma in casi di particolare affluenza, le persone potevano trovare posto anche al centro.
Da altre fonti e secondo quanto appare su alcune stampe dell'epoca, si apprende che corse di cavalli si svolgevano pure nella centralissima piazza dell'Anfiteatro che, come è noto, sorge sui resti di un anfiteatro romano di cui ricalca perfettamente il perimetro di forma ellettica.

Le mura di Lucca

Mentre al palio del 1756 vi presero parte alcune contrade e fantini di Siena, nel 1757 vi partecipò un solo fantino senese, senza però rappresentare alcuna contrada.
Era Vincenzo Biondi detto Cappellaino, che in seguito fu costretto a rivolgersi al Tribunale della nostra città perchè gli venisse riconosciuto ciò che reclamava: il saldo per la vittoria riportata.
Il manoscritto riporta che "...nel mese di settembre scorso fù richiesto da Giuseppe Vichi merciaro di questa Città, se (Vincenzo Biondi) volesse andare a correre un Palio a Lucca, e l'Esponente si rese pronto ad andarvi, quando li fossero state accordate per sua mercede Lire dieci, più altre 10 in caso di vincita più due lire per andare a Lucca.
L'esponente si partì da questa città nel dì 10 del detto Mese, ed arrivato a Lucca nel giorno destinato fece la corsa del Palio cogl'altri, e li sortì di arrivare alla meta il primo, e così di vincere il Palio d'importanza di circa Scudi sessanta".
Il fantino disse ancora che "come vinto il Palio ritornandosene a Siena assieme con un certo Giulio cognato di detto Vichi, dal medesimo poco lontano da Poggibonzi ricevè Lire diciotto a buon conto, e del viaggio e della mercede convenuta. E siccome tornato a Siena, avendo richiesto più volte al detto Vichi del "residuo del pagamento dovutoli..." ebbe da costui un netto rifiuto, al Biondi non rimase altro che rivolgersi al Tribunale.
Anche se nei libri che trattano del palio di Siena non compare il nome di Vincenzo Biondi, non è azzardato supporre che egli ne sia stato un protagonista, tanto da guadagnarsi la fiducia di personaggi che gli proposero di andare a correre a Lucca¹.
La filza del processo non fornisce purtroppo molte altre informazioni. Possiamo soltanto aggiungere che il fantino aveva corso quel palio con un cavallo di proprietà del fattore dei Degl'Innocenti di Empoli² e che nei pressi di quella città, la sera del 28 settembre, nell'osteria di Levanella (probabile nomignolo dell'Ostessa), ricevette da tal Giulio Maestrelli alcune monete in oro e argento "a forma del patto firmato dal Sig.re Giuseppe Vichi di Siena".
Il Tribunale comunque dette credito alla versione del Biondi, tanto che, con sentenza del 14 aprile 1758, condannò Giuseppe Vichi a pagargli il resto della mercede convenuta.

Piazza dell'Anfiteatro di Lucca

¹ Dovremo aspettare 100 anni esatti per ritrovare le contrade di Siena a correre in un'altra città, ossia quando la Chiocciola vinse il 28 settembre 1856 a Firenze.

² Le cronache di Empoli ci informano che tale fattoria fosse molto importante e che si trovasse a fianco della Porta Pisana, l'attuale via Spartaco Lavagnini.




(ASS, Capitano di Giustizia 890, proc. 151, 27 gennaio 1758 - altre notizie storiche ricavate www.valdimontone.it)