Nella società della vecchia Europa e comunque fino agli inizi del XVIII secolo, avere a che fare con le epidemie significava principalmente aver a che fare con la peste. Nel confrontarsi con essa, già durante l'epidemia della peste nera si svilupparono metodi per la profilassi e la protezione, metodi nei quali si confidò fino al XIX secolo. A dire il vero questi metodi avevano un fatale denominatore comune: erano poco efficaci. Prescindendo da alcuni processi di autoapprendimento che riguardavano principalmente la messa in quarantena dei sospetti e l'isolamento dei malati, anche nei secoli successivi la vita quotidiana durante la peste non era di molto diversa da quella del XIV secolo.

Numerose sono state le vittime di colera, tifo, vaiolo, difterite, poliomielite o pericolose epidemie d'influenza ma, a confronto della peste che nel 1348 travolse praticamente l'intera Europa, esse hanno avuto soltanto un significato regionale. Al contrario, i periodi di epidemia e di guerra mostrarono sempre numerosi aspetti comuni. La crudeltà della peste nera portò a un imbarbarimento degli uomini come in una guerra civile, la paura del contagio vinse le leggi della morale e il senso di responsabilità.
La peste, di cui tra gli anni 1347 e 1351 fu vittima circa un terzo della popolazione dell'Europa di allora (venti milioni di persone su una popolazione totale di circa 60 milioni, con sensibili variazioni del quoziente di mortalità tra una città e l'altra e con punte massime situate attorno al 60%), rivelò nel più terribile dei modi i limiti della capacità umana di sopportazione e tolleranza. Nel momento del pericolo e di fronte alla paura della morte solo in pochi sparuti casi l'educazione, la cultura, la tradizione e la religione furono in grado di impedire reazioni di panico e comportamenti spietati.
In tempo di guerra e durante le pestilenze, il distacco dal prossimo, la mancanza di pietà e il panico trovano spiegazione nella paura della morte di fronte alla quale gli ordinamenti tramandati e le istituzioni soccombono allo stesso modo dei meccanismi collaudati di aiuto e delle concezioni cristiane dei valori. Senza dubbio la paura della morte aveva le sue ragioni d'essere. Ma la psicopatologia della peste nera deve dar da pensare, anzi deve addirittura inquietare, l'Uomo di oggi. Durante la seconda guerra mondiale, tenendo anche conto delle vittime dell'olocausto e dei profughi, morì il 5% circa degli europei. È vero che a questo punto potrebbe essere sollevata l'obiezione che in senso assoluto il numero delle vittime dell'ultimo conflitto mondiale è sensibilmente più elevato rispetto a quello riferito al periodo 1348-1351 (circa 60 milioni contro 20 milioni) e anche che la sofferenza umana non può mai essere misurata con le percentuali, ma a buon diritto le conseguenze psicosociali ed economiche della peste sono paragonabili agli stravolgimenti epocali del nostro tempo.
Anche se la reazione della società alle globali minacce di morte dipende non da ultimo dalle condizioni storiche del momento, malgrado tutta la curiosità storica, rimane aperta anche la questione: come reagirebbero gli uomini del nostro tempo, come reagiremmo noi se all'improvviso fossimo messi di fronte a un'epidemia paragonabile alla peste del XIV secolo, cioè se dall'oggi al domani la morte si trasmettesse come un'influenza o un raffreddore? L'esperienza della immunodeficienza dell'AIDS, che per quanto riguarda il pericolo di contagio è addirittura inoffensiva se confrontata alla peste, non lascia immaginare nulla di buono. Il tema e la storia dell'epidemia, in particolar modo, acquistano allora un nuovo significato estremamente attuale.
Un altro nodo irrisolto è quello della scomparsa della peste ed il fatto che in paesi attuali del Terzo Mondo essa non abbia mai fatto la sua comparsa. In nessun caso esistono spiegazioni dovute all'uso terapeutico di antibiotici o all'aumento dei "ratti buoni", le chiaviche, di cui si è parlato in precedenza. Inquietante infine resta il fatto che i microbiologi non possono escludere affatto per il futuro il verificarsi di ondate catastrofiche come quella del 1347-1351. Inutile dire che eventuali mutazioni dei germi, per non parlare dell'impiego di armi batteriologiche da parte di chicchessia avrebbero anche oggi conseguenze disastrose.
- Introduzione -
- Origine e diffusione -
- Trasmissione dell'infezione e quadro clinico -
- Teorie sulla peste nel tardo medioevo -
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