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“Nunc est bibendum!”. Il celebre verso del poeta Orazio nel corso dei secoli si è ripetuto infinite volte e abbiamo già visto che a molti protagonisti dei nostri racconti, di fronte a un siffatto invito, è parso sconveniente tirarsi indietro.
Francesco Grazzi detto Stecco, ”treccone di professione, domiciliato ad Asinalunga”, che dal 1826 al 1834 aveva corso 14 Palii, vincendone uno nel Leocorno, il 2 luglio 1835, amareggiato per non aver trovato la monta, aveva cercato di affogare il dispiacere fermandosi in diverse bettole prima di andare in Piazza, dove fu protagonista di un episodio assolutamente singolare che raccontiamo con le parole di un cronista anonimo autore di un prezioso manoscritto pubblicato nel 1982 a cura di Antonio Zazzeroni.
“In questo Palio accadde un fatto del tutto nuovo, e fu che un certo Stecco, fantino stato, ma che non correva e stava spettatore, montò sul cavallo della Civetta dalla quale era caduto il fantino e lo cavalcò con i propri abiti da Contadino e fece una intera girata assieme agli altri fantini e andò in S.Martino ove cadde così malamente da non dare segni di vita, per cui fu portato allo Spedale, dal quale due giorni dopo fu portato in carcere, e le fu dato per gastigo che in tempo di Palio non potesse mettere piede dentro la Piazza”.
La fonte ufficiale ci informa che Stecco rimase “tramortito al suolo, e trasportato dagli astanti nell’atrio dell’Osteria Socini, accorse immantinente la Venerabile Confraternita della Misericordia, insieme al suo Cappellano Sig. Palagi, e siccome il Grazzi era alquanto sopraffatto dal vino quantunque per la caduta fatta non li fosse causate che lievi offese, ed un’escoriazione nella canna nasale, tuttavolta non rendeva di sé veruna ragione, per cui le fù precedentemente amministrato il Sacramento dell’Estrema Unzione, e quindi collocato nel cataletto fù trasportato in questo Regio Spedale onde esservi assistito”.
Per questa specie di “appropriazione indebita” del cavallo scosso della Civetta a Stecco fu vietato di entrare in Siena dal 20 giugno al 20 agosto di ogni anno.
La pena era severissima e non prevedeva scadenza. Per Stecco era difficile, come lo sarebbe ancor più per ciascuno di noi, rassegnarsi all’idea di non vedere più il Palio per tutto il resto della sua vita. La nostalgia ebbe il sopravvento sul dovere di obbedienza al precetto ricevuto. Nel 1840 tornò a Siena in tempo di Palio e, riconosciuto a passeggiare in Piazza del Campo, venne arrestato e condannato a tre giorni di carcere.
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