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A differenza di Livornese, becco e bastonato, chi non si rassegnò affatto all’infedeltà della moglie fu Cilla. Venuto a conoscenza di esser tradito, reagì in modo tanto violento da procurarsi grossi guai con la giustizia, in aggiunta a quelli coniugali, come si legge nel seguente rapporto giornaliero del Capitano di Polizia del 30 maggio 1838.
“Certo Agostino Viligiardi fantino dimorante in via dei Maestri essendo rimasto informato dell’infedeltà della moglie Regina Battagli diedesi la sera del 30 Maggio decorso a barbaramente percuoterla non senza discacciarla dal tetto Maritale.
Questo pessimo soggetto motivò in quella contrada una significante scandalosa pubblicità inquantoché voleva ad ogni patto uccidere la propria moglie e non essendo stati bastanti ad’acquietarlo i suoi vicini abbisognò che accorresse la Polizia per sedare, siccome fece un tanto inconveniente, e per il momento riunì i coniugi Viligiardi, ma nella mattina appresso il summenzionato Agostino tornò a ripercuotere la moglie, che fu cauta di nascondersi in altra abitazione per evitare ulteriori percosse.
Il fatto seguito a pubblico e le Bestemmie Ereticali proferite in tal riscontro dal Viligiardi, e la esternata derisa volontà di disfarsi della moglie in qualche modo criminoso mi hanno indotto a presentare stamane al Tribunale analogo rapporto affinché sia preso in proposito un pronto e serio provvedimento a scanso di un delitto”.
La vita di coppia dei coniugi Viligiardi fu un disastro. La sventurata Regina Battagli, anche ammettendo per vera la sua iniziale infedeltà, pagò con salati interessi la sua colpa. Costretta dal marito sregolato e manesco alla sottomissione e alla povertà, il 4 febbraio 1841 trovò il coraggio di reagire presentando il seguente esposto:
“Comparisce Regina Battagli, moglie di Agostino Viligiardi detto Cilla, abitante ai Pispini, ed espone come il di Lei marito per la seconda volta le à venduto il letto, e quant'altro si trovavano in casa, sì di masserizie, e vestiario, maltrattandola, e percuotendola continuamente, non portandoli nè pure il necessario mantenimento, rompendole ancora tutte le vie di poterselo guadagnare con la propria industria di tessitrice.
Un misero saccone giacente sù la terra, una panca, e un tavolino, sono le masserizie restateli. Erano tre notti che il medesimo non era tornato a casa, e tornatoci la decorsa notte circa le ore dodici, e trovatola quella chiusa, giacché l'Esponente, era stata raccattata per commiserazione, dalla Sig.na Caterina di Vincenzo Castellini, e dopo varie bestemmie, a detto di volerla uccidere quando la trovava.
L'esponente dubita, che tale strana condotta del detto suo marito possa derivare dall'amicizia, che il medesimo tiene con la donna Carolina Mangani in via dei Maestri, come dai testimoni sotto notati.
L'Esponente desidera che dal Tribunale siano pigliate quelle misure opportune per sicurezza della sua vita per potersi guadagnare il necessario alimento, o con la sua professione di tessitrice, o con potersi mettere ad un domestico servizio, o sia proceduto contro la detta Mangani. Nomina dei testimoni:
- Per la cattiva condotta
Antonia vedova Savoi
Andrea Pasquini legnaiolo alla fonte dei Pispini
Margherita Brandani
- Per la pratica
Teresa Fagiolini, in via dei Maestri
Barbera Machi, bottegaia in detta via
Maria N. locandiera in detta via”.
Quando nel 1838 aggredì la moglie, Cilla aveva 19 anni e aveva già corso un Palio, ma fin da adolescente si era fatto conoscere per il suo carattere trasgressivo che lo aveva spinto fino al punto di picchiare il babbo e la mamma.
Il 21 maggio 1836 il Tribunale di Siena condannava per molestie “Agostino Viligiardi di anni 16 detto Scillino, rilasciando al Viligiardi formale precetto di non molestare Luigi Brandani, Luigi Picchi e Maria ed Angelo Casagli in alcun luogo, tempo e per qualunquesiasi causa, di adattarsi stabilmente ad un mestiere, di astenersi dal torpiloquio, e bestemmie”.
Come fantino Cilla ebbe una carriera tutt’altro che disprezzabile: corse dodici Palii e ne vinse uno, quello del 2 luglio 1852 nella Giraffa che era a digiuno da 45 anni.



Il peccato originale ha condannato tutti noi, figli di Eva, a subire le tentazioni del demonio. Il figlio di Eva, Agostino Viligiardi detto Cilla, fu indotto in tentazione dalle attraenti forme di una fanciulla che giaceva in un letto di ospedale.
Pertanto venne processato “Agostino di Pietro Viligiardi sopracchiamato Cilla d’anni 20, coniugato, senza figli, facchino e fantino di mestiere - dimorante in Siena - per atti disonesti praticati verso la fanciulla Eva del fu Antonio Belatti per contegno irregolare praticato nel Regio Spedale della Scala di Siena.
Attesoché emergeva dagli atti che l’imputato nel dì 17 Febbrajo 1839 si permettesse d’introdursi nello Spedale preaccennato, e precisamente nella stanza delle detenute, e prendere l’uscio che era solamente dalla parte esterna chiuso con catorcio, e veduta giacente sul letto la nominata Eva Belatti si facesse lecito di rimuovere i panni che la coprivano fino a lasciarla affatto ignuda, e avere la compiacenza di osservare le forme ed i contorni della di lei persona; che altro contegno simile avesse praticato nei giorni precedenti...”.
Fra le tante meraviglie che si possono ammirare all’interno del S.Maria della Scala, Cilla aveva scelto un nudo femminile. Ci saremmo stupiti molto di più se si fosse soffermato ad ammirare gli affreschi del Pellegrinaio.



Tratto da FANTINI BRAVA GENTE di E.Giannelli, M.Picciafuochi, A.Ferrini e O.Papei - Betti Editore, Siena 2014