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Il primogenito di Campanino, Leopoldo Bianchini detto Piccolo Campanino, ereditò dal padre il soprannome, il mestiere di fantino del Palio e per giunta l’istinto ribelle alle imposizione della Dogana, come si legge in un rapporto che porta la data del 27 novembre 1870.
“Questa sera si presentò a questo uffizio della Porta S.Viene un tal Bianchini Leopoldo sopracchiamato Campanino insieme ad un altro individuo del quale non riuscì saperne il nome, con un barroccio carico di erba da rodere per le bestie. Lo stradiere Sig. Socrate Mutti prima di intraprendere il riscontro cosa ritenessero da dazio oltre l'erba che ben si vedeva, gli fu risposto non esservi che erba. Nel visitare detta erba sentì che il fuso non si approfondava quanto avrebbe dovuto, domandò nuovamente agli introduttori cosa vi fosse che impediva all'arnese d'introdursi ed elli risposero non esservi che erba, e che il fuso aveva incontrato un'ostacolo qualunque, frattanto cercavano di molestare il cavallo acciocché dei movimenti onde rendere impossibile l'esattezza del riscontro. Fatto accorto di ciò lo stradiere Mutti, e veduto che non si veniva a capo di nulla si rivolse a due Militari che per caso transitavano presso questa porta, richiedendoli del loro appoggio, e contemporaneamente chiamò pure il sottoscritto. I contribuenti veduto questo vennero a patti più miti, e si accinsero scaricare il barroccio siccome lo stradiere gli aveva ordinato. Su tale operazione resultò il ritrovo di un barile di vino il quale posto al peso resultò contenere litri 44 di liquido. Il sottoscritto inflisse la penale del quintuplo ai contravventori alla legge sui dazi di consumo, e ciò a forma del regolamento. Al seguito di ciò i contravventori incominciarono ad imprecare contro gl'impiegati e a radunar gente per la maggior parte loro amici o partitanti, per cui trascese ad ingiurie e minacce allo stradiere Mutti, e perfino a delle vie di fatto perché venne assalito da diversi individui che se non era il sottoscritto che lo avesse sottratto dal pericolo sarebbero nate delle serie conseguenze. Fra i tumultuanti si era fatto capo un tal Salvetti venditore di vino presso la Porta Ovile, il quale si fece lecito d'ingiuriare il servizio dicendo fra le altre cose - badate di non inasprire la popolazione perché fra pochino saremo alla fine - ed altre cose di simil genere, di poi nell'allontanarsi prese ad inveire contro il detto stradiere Mutti dicendoli - Ruffiano, Becco eccetera -. Da tutto questo parapiglia nacque la sparizione del barile del vino in questione senza sapere l'esito”.
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