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UN POPOLO INTELLIGENTE

Il Nuovo Corriere Senese pubblicò nel supplemento al n. 33 del 13 agosto 1989, un racconto di Ugo Periccioli. Bisogna pertanto considerare i riferimenti temporali rapportati al 1989 e non ad oggi.

"Nasce in Vallepiatta un indefinito numero di anni fa, ed appena diciassettenne è già consigliere nella Contrada.
E' il primo passo di una lunga "carriera" di una vita dedicata alla Selva con una passione incommensurabile messa nel difficile lavoro di dirigente, ma soprattutto di capillare "scuola" e ricerca del buon contradaiolo e del buon dirigente di Contrada.
Dirigente lui stesso, prima come pro priore, poi consigliere del Capitano, poi Capitano ed infine come Priore.
Adesso è Priore Onorario e dopo aver lasciato ogni incarico ufficiale intorno agli anni '70, si è dedicato al difficile quanto importante impegno di "restauratore" della chiesa della Contrada e della società.
Il commendator Ugo Periccioli, artefice di tante vittorie, ricorda gli anni difficili, quelli del "digiuno" ripagato poi da una catena di drappelloni appesi nelle stanze della Selva.
"A diciannove anni comincio a entrare nelle funzioni del vicariato, dopodiché ho sempre sostenuto le parti di Priore o Capitano. Ho avuto una soddisfazione grande: quella di avere un popolo, quello di Vallepiatta, che è stato molto intelligente.
Dopo una lunga astinenza di Palio - è stata 34 anni con la cuffia e so io le sofferenze per guidare una Contrada dopo 34 anni di digiuno! - con assegnazioni di cavalli di secondo piano e con l'accanirsi di contrarietà di ogni tipo.
Se penso che anche oggi ci sono Contrade che non vincono da anni ed anni, capisco le loro pene di contradaioli delusi.
La gioia della vittoria è troppo grande.
Nel momento acuto della corsa, in quel minuto e dodici secondi, che sono ore di fuoco, il cuore ti schianta.
Se la corsa continuasse un'ora si morirebbe tutti d'infarto.
Quando è scoppiato il mortaretto e si rimane o secondi, o terzi o quarti, è tristissimo.
Quante delusioni ho avuto. Ricordo dopo 34 anni il 1953 d'agosto, so' stato tre giorni e tre notti non mi so' tolto le scarpe dai piedi per arrivare alla conclusione di una vittoria.
La Selva aveva un cavallo, Mitzi, una purosangue.
Fece soltanto una corsa, era infortunata: il Palio.
Ma Il Biondo, il fantino, cercava di superare l'Istrice, con Mezz'etto, ma non ce la fece, cadde a San Martino.
Meno male che s'arrivò primi perché ci tirarono un tamburo, un'asta, ci presero per le briglie…
Certo, l'entusiasmo dopo 34 anni era tanto. Una vittoria credo che non ci sono denari che possano ripagare questa gioia, almeno per un senese.
L'esultanza per quella serata fu tanta che fecero 72 cene, come 72 colonnini di piazza, per festeggiarla.
Fu una cosa grande. Ed auguro alle contrade che sono di lunga vittoria, che raggiungano la meta e provino un'esplosione di gioia forte.
C'è troppa gente che torna alla patria superiore e non hanno visto la sua contrada vincere.
La Torre ha perso un grande proprio poco tempo fa: il Savelli. Non è giusto.
La Selva è stata fortunata! Dal 53 s'è vinto 11 volte.
Io avevo chiesto di vedere vincere 12 Palii e poi rendere l'anima a Dio.
All'undicesimo ci sono arrivato!
Ma ora ho richiesto un'altra proroga: di arrivare al quattordicesimo! Speriamo, ma non siamo sazi".