
IO, LUI E MONTAPERTI
Tratto da "Per forza e per amore" Numero Unico edito dall'Imperiale Contrada della Giraffa in occasione della vittoria del 16 agosto 1983
Era una vita che si spirava di vedere il Palio in palco.
La spesa non era indifferente per un calzolaio con moglie e tre figlioli ("hai voglia di risola' e fa i tacchi") ma una volta, forse l'unica nella vita, non era poi la fine del mondo.
La sua contrada non correva e quindi poteva stare tranquillo in santa pace.
Era il 16 agosto del 1913 e Nello, questo era il nome del calzolaio, dopo essersi messo il "vestito bono", l'orologio con catena al panciotto ed il sigaro in bocca, si era avviato al Chiasso Largo per sedersi finalmente nel tanto desiderato palco a godersi il Palio.
Aveva preso posto per tempo nel palco del Burroni, in piena curva di San Martino e mentre si godeva lo spettacolo della piazza gremita di gente, gongolava, con una punta di ambizione, per quelli che da piazza potevano vederlo.
Poco prima che finissero di fare pulito, erano salite in palco altre persone e tra queste un gobbetto di una certa età che il caso volle venisse sistemato tra le gambe del calzolaio.
Il gobbetto (per modo di dire perché in realtà aveva una gobba così sporgente da costringere Nello a stare con le gambe spalancate da scosciarsi), dopo essersi qualificato per fiorentino aveva dichiarato che era la prima volta che veniva a Siena per vedere il Palio.
Era già iniziata la passeggiata storica e tutto si stava svolgendo nel migliore dei modi con piena soddisfazione di Nello.
Che spettacolo veder passare sotto di lui tutte quelle comparse nei loro meravigliosi costumi!
E che bellezza quelle sbandierate e quegli incroci cadenzati dai tamburi e dai rintocchi del campanone.
Il gobbo fiorentino, dopo mezz'ora di adattamento nel posto del palco, forse anche per la sua infermità e per il caldo, aveva cominciato ad agitarsi e tutte le volte che si muoveva creava dei problemi non indifferenti al calzolaio che doveva continuamente cambiare posizione.
Non solo, era anche cominciata la critica a quasi tutto quello che vedeva: il rullo dei tamburi era sempre lo stesso, le sbandierate l'annoiavano, i figuranti del popolo con quelle parrucche gli sembravano tanti buconi, i bovi del carroccio erano gialli e sporchi, gli armigeri erano così goffi che facevano ridere e che invece i figuranti in costume di Palazzo Vecchio erano tanto più belli ed i trombetti suonavano meglio di quelli di Siena.
Nello il calzolaio, non ne poteva più.
Alla sfortuna del posto in palco ed alla posizione scomoda s'era rassegnato, ma tutte quelle critiche proprio non le sopportava.
Finita la passeggiata storica e collocato il Palio nel palco dei capitani erano intanto usciti i cavalli dall'entrone.
Ed anche qui critiche a non finire: i cavalli senza sella, i fantini con il bastone in mano e l'elmetto di ferro in testa, ecc. ecc. e nel dire questo si muoveva di continuo creando ormai anche al calzolaretto un'agitazione ed un disagio a non finire.
Nello non sentiva più le gambe, il sudore della gobba gli s'era appiccicato alle cosce tanto da dargli la nausea, ma erano soprattutto le critiche a fargli rabbia.
A sentire il gobbo fiorentino solo la corsa poteva riscattare tutta la "sceneggiata".
Qui scattò la vendetta di Nello il calzolaio di Via delle Vergini, senese puro sangue, discendente da quella razza di uomini che nel 1260 a Montaperti "fecero l'Arbia colorata in rosso".
Con tutta la forza che aveva tappò con le mani gli occhi del fiorentino e lo tenne così avvinghiato a sé per tutti i tre giri impedendogli di vedere la corsa.
Il gobbo fiorentino urlava, Nello urlava, la piazza urlava.
Terminata la corsa, Nello lasciò la presa, soddisfatto di aver fatta vendetta, scese dal palco tutto indolenzito, accese il sigaro ed andò a commentare il Palio nella Giraffa.
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