Palio di Siena
- IL PREMIO PER I MIGLIORI ALFIERI DI PIAZZA DEL PALIO DEL 16 AGOSTO 2018 -

Il Premio per la migliore Coppia di Alfieri al Palio del 16 agosto 2018 è offerto dalla Contrada della Selva e realizzato da Paolo Penko


Presentazione del premio per i migliori Alfieri di Piazza del Palio del 16 agosto 2018, realizzato da Paolo Penko e offerto dalla Contrada della Selva


Il fruscio della seta che si muove nell’aria. Questo è uno dei suoni più familiari ai senesi, soprattutto nei periodi antecedenti al Palio, quando già monta l’emozione per la carriera incipiente e gli alfieri si allenano per entrare in Piazza.
Il volteggiare multicolore delle bandiere in aria evoca, nei senesi e nei contradaioli, delle emozioni ancestrali.
Fatta per giocare con il vento, per dare indicazioni e senso di appartenenza agli uomini; si avvolge voluttuosa sospinta da un refolo di vento guidata dall’abile maestria dell’alfiere che muove un’asta piombata come se fosse leggerissima. E’ lei, la bandiera, che sventola imperterrita da centinaia di anni tra le nostre mani, intrisa di colori.
Ogni periodo storico è stato caratterizzato da elementi che hanno lasciato il loro segno in molteplici aspetti della nostra vita. Anche le bandiere delle Contrade di Siena, nel corso degli anni, sono state influenzate dagli ambienti culturali che le circondava. Così come, sul finire dell’Ottocento, risentirono di quel periodo così tormentato della storia d’Italia, quando fu ordinato alle Contrade di non fare bandiere a liste orizzontali e verticali, ogni qual volta i loro colori coincidevano con quelli di bandiere civili e militari.
L’arte di sbandierare è molto antica. Esiste un trattato del 1638 intitolato “La bandiera”, scritto dal maestro d’arme Francesco Ferdinando Alfieri che si pone un po’ come l’inventore delle figure da fare con la bandiera dove, immagini in bianco e nero, corredano l’opera scritta, con un paggio che esegue movimenti eleganti e leggeri.
Ma il gioco della bandiera è sicuramente più antico e nella nostra città se ne ha testimonianza fin dal 1355. All’inizio, nei cortei delle Contrade che entravano in Piazza, vi era solamente un alfiere chi girava la bandiera con movimenti semplici. Per vedere apparire anche il secondo alfiere bisognerà aspettare gli inizi dell’Ottocento quando la Magistratura Civica decise di regolamentare e uniformare il corteo storico. E così ciascuna comparsa ebbe il suo tamburino e due alfieri, prima con bandiere diverse tra loro, in cui uno spiegava la bandiera mentre l’altro gli faceva da complemento, tenendo la bandiera ferma. Successivamente, agli inizi del Novecento, e si arriva ai giorni nostri, due alfieri con bandiere identiche coronano, con i loro vessilli, la passeggiata storica che precede la corsa, con una sincronia di movimento e ordinata compostezza.
Sappiamo tutti cosa è il gioco della bandiera: consiste nel roteare il drappo di seta intorno al proprio corpo e nell’aria. I due alfieri si muovono insieme compiendo, simmetricamente, le medesime figure detti fioretti, con grazia e leggiadria e il tutto ritmato dai colpi del tamburo che varia il suo suono e ritmo a seconda dei momenti. La maggior parte dei fioretti sono da lungo tempo codificati, passaggio di vita, di collo, di gambe, la buttata, la rosa, la manciata, l’ancalena, il salto del fiocco, fino all’alzata che segna la fine della sbandierata, ma possono esserne inventate anche di nuove.
In quei momenti gli alfieri sono l’orgoglio della propria Contrada, la loro eleganza e maestria nel girare la bandiera riempie di gioia i cuori dei contradaioli, ma guai all’onta di far cadere l’asta con il drappo multicolore!
Nel corso degli anni molti scrittori che transitarono per Siena, specialmente per le scadenze estive, dedicarono dei versi alla giostra paliesca.
Tra questi Eugenio Montale, Vasco Pratolini, e il poeta futurista Farfa - al secolo Osvaldo Tommasini – a cui sono particolarmente affezionata, che scrisse, per la cronaca nella notte tra il 16 e il 17 agosto del 1937, un Poema del Palio dedicato allo scrittore senese Luigi Bonelli. In versi liberi, pur con qualche rima e assonanza, il vivace Farfa si fa incantare dalle sinuose evoluzioni delle bandiere:

“Le bandiere delle nazioni d’oggi
tagliano l’aria
quelle delle Contrade la seguono
in arcobalenanti incroci
Ecco due sbandieratori
Giocolieri di vento e di colori
Maestri d’eleganza e poesia
Mai saprò ridir a suon di versi
le traiettorie, gli otto, le impennate
delle sbandierate”.


La stessa grazia, la stessa eleganza di questi versi si ritrovano nell’opera di Paolo Penko, artista fiorentino ma di origini senesi e selvaiole, che si è adoperato nella creazione di questa straordinaria scultura.
LA SELVA PER GIANCARLO GALARDI E PER L’ARTE DELLA BANDIERA: è questa la dedica che si staglia sul cartiglio che fa da base alle due figure di alfieri sul ventaglio della Piazza del Campo.
In quest’opera, magistralmente realizzata da Paolo Penko, si riassumono la vita e il grande amore che Giancarlo Galardi ha avuto per Siena e per la sua Selva.
Nel 2016 chiesi a Giancarlo di scrivere un ricordo del Palio del 1953 in un libro che curai per la nostra Contrada.
“Ero allora alfiere di Piazza con Giuliano Stefanelli” scrisse Giancarlo. E continuava: “Sul Campo, quando Mitzi passò per la terza volta davanti al palco delle comparse … ci gettammo in pista in modo sconsiderato, tanto da arrivare al verrocchio insieme ai primi tre cavalli”.
I ricordi di Giancarlo di quel 16 agosto del 1953, quando la Selva aspettava la vittoria da ben 34 anni, si sommano ad altri suoi mille ricordi: i ricordi di Giancarlo alfiere di Piazza per numerosi Palii ancora, di Giancarlo selvaiolo, di Giancarlo senese, di Giancarlo Presidente del Comitato Amici del Palio.
Scultore, orafo, designer, Paolo Penko, nel suo atelier dietro Piazza del Duomo a Firenze, realizza opere d’arte richiamandosi alla tradizione fiorentina, sia per quel che riguarda l’ispirazione che trae dagli antichi gioielli rinascimentali, sia per le tradizionali tecniche dell’arte orafa come il traforo, il cesoro, l’incisione a bulino, il niello e l’agèmina.
La sua bravura lo avvicina ai grandi maestri del Rinascimento fiorentino, il suo stile si può definire classico-contemporaneo.
Una volta diplomatosi con il massimo dei voti all’Istituto d’Arte di Firenze, comincia a studiare intensamente l’arte del XV e XVI secolo, di cui diventa profondo conoscitore e che è fonte di ispirazione per le sue sculture.
Nella sua bottega, oltre a realizzare prestigiosi gioielli per committenze private, vengono creati anche pregiati premi e riconoscimenti in oro e argento per importanti eventi culturali fiorentini a carattere internazionale.
In questa scultura il modellato delle figure e l’equilibrio composito e concettuale sono elementi sicuramente tratti dall’antichità. La compostezza classica è evidente, le figure sfruttano l’equilibrio per assumere un andamento sinuosamente raffinato che si conclude con le pose tipiche degli alfieri. Il movimento dei drappi di seta è già un capolavoro, mentre la prospettiva approfondisce lo spazio narrativo.
La doratura “a missione” in oro a 24 carati, eseguita secondo l’antica tradizione, è stata magistralmente fatta dalla Bottega d’Arte Maselli di Firenze con la quale Paolo Penko da numerosi anni collabora, e fa risaltare sullo sfondo le due figure, uniche con finitura dorata, esaltandone la linea e l’eleganza. L’abile cesellatura delle superfici eseguita dall’artista, crea un eccezionale effetto materico simile alla seta.
Le bandiere sono rese con una misurata luminosità delle superfici, le cesellature danno l’effetto del tessuto che si muove con il vento, un effetto che brilla da lontano. Gli alfieri sono rappresentati nella loro tipica postura nell’atto di girare la bandiera durante la Passeggiata Storica, impugnata con forza e orgoglio.
Penko ferma tutto questo nello spazio, delimitato nella parte superiore dalla Piazza del Campo con i suoi nove spicchi in bronzo brunito, finemente particolareggiati dai mattoni rettangolari e nella parte inferiore dal cartiglio che, altro non è, se non il tufo giallo della pista in cui Penko, con rapidi colpi di martello, ha reso le impronte lasciate dai passi dei monturati.
Una particolarità di quest’opera è che le immagini degli alfieri sono doppie e sovrapposte, tenute insieme da un “chiodo” che rievoca i preziosi gioielli del rinascimento senese, in maniera tale che, una volta assegnato il premio, le due immagini superiori verranno staccate e consegnate agli alfieri vittoriosi, mentre tutta l’opera andrà nel Museo della Contrada.
Due lupe sorvegliano la scena, facendo da spettatrici alla Passeggiata Storica.
Al centro della composizione, accanto alla balzana senese e allo stemma del Comitato Amici del Palio, di cui Giancarlo Galardi fu Presidente per lungo tempo, spicca un rametto di verbena in argento, la piantina spontanea il cui nome ricorre nella tipica canzone senese intonata dai contradaioli. Il suo portamento eretto sostiene 17 fiori, che simboleggiano le Contrade, realizzati con pietre preziose di varie tonalità del rosa.
Una ghirlanda di bandiere fa da base a tutta la composizione, portando alla mente il caleidoscopio dei colori delle bandiere delle 17 Contrade nella sbandierata finale, quel magico momento in cui tutti gli alfieri si schierano di fronte al Palazzo Pubblico con il loro tamburino, per fare il loro ultimo atto, prima dell’uscita dei cavalli dall’entrone.


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