Quercegrossa (Ricordi e memorie)
CAPITOLO X - SCUOLA
Racconto Periccioli
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Introduzione e Indice Scuola
Il cuore dei nostri bimbi
Un racconto della maestra Periccioli, stile libro “Cuore”, scritto al tempo del suo insegnamento a Scorgiano durante la Prima guerra mondiale.
Piove! E' una pioggiarella fina, fitta noiosa accompagnata da qualche raro fiocco di neve trasportato dalla bora pungente dai monti vicini; il cielo è di un colore plumbeo che sembra gravare sulla desolata campagna in questa triste giornata novembrina.
Nella stanza adibita a scuola rurale, un lieve focherello acceso sul camino posto in un angolo serve a riscaldare la bassa temperatura, e ... a rischiarare di una luce rossastra l'ambiente e le magre suppellettili formanti gli arredi scolastici; sono circa le nove del mattino, ora nella quale i miei piccoli allievi hanno la consuetudine di venire ad apprendere la loro lezione giornaliera; ma in questa mattina non pochi sono i ritardatari, forse non ultima causa la cattiva stagione.
Giungono alla spicciolata, avvolti in larghe e pesanti sciarpe di lana nelle quali, con amorosa cura sono stati quasi asserragliati dalle mamme affettuose al loro uscire di casa; giungono con i loro panierini contenenti la loro scarsa refezione, stretti in una mano che è divenuta paonazza dal freddo e con l'altra sprofondata nella tasca del pastranino, così come li han posti la mamma. Ve ne sono taluni che hanno dovuto percorrere qualche chilometro per venire alla scuola; le loro scarpe più o meno infangate è un indice sicuro della distanza dovuta superare.
Un cicalio che quasi assomiglia al cinguettare degli uccelli in un bel giorno di sole, annuncia l'arrivo di qualche nucleo più numeroso; di solito sono risa argentine, grida di giubilo, schiamazzi dei più vivaci; ma in questa mattina di un triste novembre sembra che l'allegria e la spensieratezza abituali siansi dipartite dall'animo dei miei piccoli allievi e tutto si limita a un bisbiglio timido e confuso, bisbiglio che si prolunga e continua anche dopo la loro entrata in scuola.
E' un parlare sommesso nelle orecchie dall'uno all'altro, un comunicarsi di una qualche notizia che su taluni lascia un segno visibile di sconforto sui tratti della piccola faccia; è un tutto di mistero che impressiona la mia vigile attenzione di maestra; attenzione che cerca scrutare e di indovinare quale sia il motivo di quella insolita mancanza alla disciplina, a questa quasi insubordinazione che mi irrita.
La lezione, essendo cominciata come di consueto con la chiama degli alunni, ho un bel richiamare al dovere ed al silenzio questi recalcitranti, perché ottenendolo per un momento, il bisbiglio riprende dopo poco più tenace, più insistente che mai.
Allorché giungo al nome di Magrini Carletto, scorgo un movimento generale di stupore angoscioso sul volto di tutti gli alunni e un correre di parole sommesse intercedersi fra loro come a comunicarsi qualche cosa di misterioso. Allarmata da questo modo di procedere, tanto più che il Carletto fino a quel giorno uno dei più assidui e diligenti frequentatori delle lezioni, risultava assente; dopo aver imposto il silenzio con autorità inusitata domandai in modo imperioso il motivo di tanto orgasmo.
Si fà un'improvviso silenzio; il rumore di prima si converte in un muto volger degli occhi l'uno verso l'altro quale un tacita interrogazione a che dovesse parlare.
Rinnuovo la domanda aggiungendo una minaccia di punizione se non mi si spiega immediatamente il motivo dei loro cicalii e dei loro atti indisciplinati.
Da uno degli ultimi banchi si fà allora avanti e viene a piccoli passi uno fra i più grandicelli, un tipo di bimbo intelligente dagli occhi lucenti e vivaci, e: "Signora maestra", con voce tremante dall'emozione e, con incerto accento continua "Non sà ella la disgrazia toccata al nostro compagno Carletto?". “No”, rispondo. “Quale disgrazia adunque ha potuto mai colpirlo?”. "Gli hanno ammazzato il babbo alla guerra; la notizia è giunta ieri sera per mezzo del brigadiere dei carabinieri che la comunicò alla sua povera mamma. Ecco il perché della nostra mancanza".
A tale notizia mi sento quasi un groppo alla gola e mio malgrado una involontaria lacrima scende fino al fondo della mia guancia imponendomi una calma che non ho in cuore, dico con voce concitata: "Ciò mi spiega il motivo di un vostro primo bisogno di comunicarvi la infausta notizia, ma non mi spiego affatto il prosieguo dei cicalecci che per molto tempo si sono aggirati tra voi. Da cosa ciò derivava? Signora maestra, replica allor il fanciullo dagli occhi belli e intelligenti, noi cercavamo il mezzo di venire in aiuto al nostro compagno Carletto che ormai privato del maggior bene che un bambino possa agognare nel mondo: dei baci e delle carezze del babbo suo che più non rivedrà, e si proponeva che ognuno di noi dasse quel poco che potrà in favore del compagno derelitto. La emozione prodotta in me da queste parole e sii grande che non posso fare a meno di abbracciare e baciare il caro fanciullo e poscia esclamare: Ragazzi! il vostro agire merita lode sotto ogni aspetto ed io di buon grado approvo la vostra iniziativa con cinque lire; ognuno di voi porti domani quel poco che potrà, ma che l'atto vostro non sia l'atto umiliante della lemosina al poverello, ma invece sia quello più nobile e più degno della esaltazione e del riconoscimento del merito a chi per il bene di tutti ha sacrificato sé stesso e con sé i suoi più cari affetti alla Patria e alla Umanità.
Si fa adesso il più assoluto silenzio; la pioggiarella si è ora trasformata in diluvio, la raffica fa sbattere sui vetri della finestra a ondate l'acqua impetuosamente, e la lezione prosegue indisturbata fino al suo termine.
Il giorno di poi niuno mancò al proprio impegno; furono piccole in genere le oblazioni, in tutto si raggiunsero quindici lire. Ma quanta altezza e nobiltà di cuore in questa spontanea dimostrazione di solidarietà nel dolore, quanta delicatezza di animo e di sentire nei nostri cari bimbi.
Etra Petreni Periccioli
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