Il Cinquecento
Un secolo determinante per le sorti della Repubblica senese, privata della sua libertà e annessa al ducato fiorentino. Di conseguenza il secolo si può dividere in due periodi ben distinti e diversissimi fra di loro: dall’inizio alla caduta di Siena nel 1555, il primo, e da quella data fino alla fine del secolo, il secondo.
Le date importanti da rievocare per Quercegrossa nel primo Cinquecento si riferiscono soltanto a fatti militari nei quali il nemico ha cagionato danni notevoli, ma per fortuna sono poche queste azioni per la buona sorte della gente di quei tempi tra i quali conosciamo i mezzaioli Porcelli all’Arginano. La prima data è relativa all’anno 1526 con l’assedio di Siena e la battaglia di Camollia che vede la presenza di circa 10.000 fiorentini e pontifici accampati fuori porta Camollia, e quindi razzie nel contado con la susseguente sconfitta delle truppe attaccanti e la loro disordinata fuga verso il Palazzo dei Diavoli e le strade per Firenze non esclusa la nostra. Risale a quest’anno la notizia che i fiorentini danneggiarono l’acquedotto Quetole - Fontebecci. La seconda data è il 1555 che vede la città di Siena arrendersi alle truppe spagnole e fiorentine dopo un assedio durato mesi e una lotta di quattro anni. La resa segnerà la fine della Repubblica senese a seguito della pace del 1559 fra l’Impero e la Francia e tutti si ritroveranno sudditi del duca Cosimo nonostante le illusioni senesi di mantenere l’indipendenza.
Negli anni di guerra tra il 1552 e 1555 le campagne intorno alla città subirono dei guasti enormi dalle truppe spagnole e alleate. Le perdite umane dei coloni furono alte, e tante le violenze subite con impiccagioni in serie per chi riforniva la città. Le distruzioni di case, ville, chiese e castelli non si contarono e in pratica tutto un sistema economico di piccoli possessi e tenute collassò, tanto che le monache proprietarie a Petroio
“a causa della passata guerra” non erano più in grado di stabilire le proprietà dell’omonima chiesa. Vennero saccheggiati e rasi al suolo il monastero di Lecceto e la chiesa di S. Colomba, dove la crudeltà degli spagnoli raggiunse l’apice: il prete, che resisteva con i contadini, finì accoltellato e impiccato insieme a sette di loro già morti, mentre una ventina di coloni portati a Siena furono impiccati dal Marignano, e altri mutilati. Tutti i castelli furono presi dagli spagnoli, alcuni dopo eroica resistenza dei difensori, altri, come Monteriggioni si arresero senza combattere. Per il nostro territorio l’unica nota ritrovata riguarda la rocca della Ripa a Santo Stefano, di proprietà Marco Manzi, per la quale Scipione Vieri dal castello di Monteriggioni, il 16 marzo 1553, chiede al Governo di Siena se la rocca si debba difendere o abbattere affinchè non cada in mano nemica. Alla vigilia della battaglia detta di Marciano, il comandante Marignano si portò a Basciano dove tenne il consiglio di guerra, e dove evidentemente erano accampate truppe. Si ricorda inoltre che la chiesa di Lornano venne incendiata dalla soldataglia e vi rimasero poche muraglie. Ogni oro e argento venne razziato e ogni angolo anche il più nascosto fu visitato dai ladroni spagnoli e fiorentini, mentre gli abitanti fuggivano terrorizzati vittime di gratuite e inspiegabili violenze. Anche Quercegrossa e i suoi poderi patirono danni e distruzioni e il paese divenne probabilmente tutta una maceria come ricaviamo dai lavori successivi di restauro all’osteria, e più ancora si riscontra da una relazione di don Adriano Panducci rettore dello Spedale che alla fine del Cinquecento parla di ruderi in paese:
"Vicino alla hostaria, che vi si trova, si vedevano certe muraglie antiche scoperte in forma di chiesa o vestigia di essa o di palazzo o casa e quello si diceva parimenti per tradizione che fusse il detto spedale o sua chiesa".
Poi la resa e finalmente la pace. Lo “Stato nuovo”, da distinguersi da quello vecchio di Firenze, cominciò quindi a pagare le tasse al nuovo padrone e così fecero a Quercegrossa signori e contadini, col vantaggio che da quel momento cessò ogni minaccia di guerra, non certamente la carestia e la peste che si ripresentarono più volte fino a metà Seicento, compresa la micidiale epidemia di manzoniana memoria del 1630. La popolazione diminuì e per diversi decenni fu crisi in una generale decadenza, e ce ne volle prima che le campagne rifiorissero.
Ma il tempo sanò le ferite; la quieta vita del mondo agricolo prese lentamente il sopravvento caratterizzando i due secoli successivi, rotti soltanto da sporadici casi di cronaca, dai cambi nelle proprietà e dalla novità della parrocchia di Quercegrossa che sostituì l’antica di Petroio. Alcune nuove famiglie senesi apparvero nella proprietà terriera, aggiungendosi alle antiche, e nella seconda metà del Cinquecento si registrano, tra gli altri, i rilevanti arrivi dei Credi (Petroio), degli Andreocci (Belvedere), degli Amidei (Quercegrossa), dei Cinuzzi (Macialla) e dei De Vecchi (Mulino); famiglie che trascorrevano i mesi estivi al fresco delle loro ville o vi trattavano i loro affari. Il piccolo borgo di Quercegrossa, col passare dei decenni, si rifà il trucco, togliendosi di dosso le macerie della guerra, assumendo quell’aspetto di piccolo centro agricolo dove l’osteria sulla strada principale serve i pochi passanti sulla via Castellina - Siena: si fa bottega e invita al gioco e al bicchiere di vino contadini e salariati nei momenti di riposo e di festa. La nuova parrocchia di Quercegrossa si propone come centro di aggregazione con i suoi riti, la sua Compagnia e i suoi parroci che con la loro presenza daranno un senso e una identità alle quattro case del paese. I campi d’intorno, sotto la nuova lena dei contadini poderani, si ricoprono di messi, di ulivi e viti per una economia al cento per cento agricola, e tale resterà fino al Novecento.
Chiudo ora queste pagine di particolare storia locale per presentare nelle prossime righe, in un breve excursus storico, quelli che sono stati i governi e i governanti sotto i quali hanno vissuto gli abitanti di Quercegrossa dal 1559 ai giorni nostri, cercando di cogliere i momenti di forte cambiamento politico e sociale. Non mancano le novità sulle divisioni amministrative del territorio in quei periodi, e il tutto accompagnato da notizie sulla popolazione e le loro occupazioni.
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