Quercegrossa (Ricordi e memorie)
CAPITOLO I - LUOGHI E PODERI
(GAGGIOLA)
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GAGGIOLA
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Il podere di Gaggiola, visto da Quercegrossa, tra campi, vigne e i boschi di Passeggeri
Podere della fattoria di Larginano la cui nascita è di difficile collocazione nel tempo, ma dovrebbe risalire all’Alto Medioevo e il suo significato potrebbe derivare dal vocabolo germano barbarico “gagio” = dono o, più facilmente, dall’altro vocabolo longobardo germanico “gahagi” che sta a significare un recinto, una bandita. Gaggiola è ricordata anche come “Caggiola a Quercia Grossa” in un contratto mezzadrile del Trecento, stipulato a Siena il 2 febbraio 1354. Nei suoi campi si trova una struttura sotterranea in cotto, resti di una medioevale fornace. Agli inizi del Seicento, in pochi anni, si alternano tre proprietari prima del suo passaggio alle Monache della Madonna di Siena: Asdrubale Credi nel 1611, Bastiano Borselli nel 1615 e gli eredi di Benedetto Granai nel 1617. Dopodiché, in un anno imprecisato intorno al 1650, le Monache che già posseggono Larginano e Viareggio ne acquisiscono la proprietà che manterranno per quasi due secoli fino alla soppressione del monastero del 1808. L’acquisto da parte del Bruschi dell’intera fattoria delle Monache fa sì che i tre poderi resteranno indivisi fino agli ultimi anni della mezzadria. Per i passaggi di proprietà dall’Ottocento vedi l’Arginano. Il podere di Gaggiola era raggiungibile da Quercegrossa prendendo la strada di Petroio e continuando a diritto alla fine della discesa della chiesa, passando di fronte al Casino che rimaneva sulla sinistra. Seguitando la strada tra campi coltivati e vigneti e attraversato il borro si saliva a Gaggiola, ma questo era un passaggio di comodo, una scorciatoia da percorrersi a piedi, mentre la strada principale era quella che la collegava alla fattoria, cioè a Larginano, che poi continuando a nord, verso Petroio, trovava Viareggio e quindi la possibilità di sfruttare anche la strada della Catena con la quale si incrociava.
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Il podere di Gaggiola
L’edificio di Gaggiola sembra formato dall’unione di tre diverse strutture evidenziate dalla difformità dei loro tetti. La più antica sulla sinistra è sorretta, nel lato esposto a sud, da una formidabile e alta struttura con arco all’ingresso e logge soprastanti che le danno un aspetto di grande solidità. L’ingresso immette in un chiostro che dà adito ai diversi servizi agricoli e porta all’abitazione disposta su tutto il primo piano. Gli ambienti di servizio comprendevano il forno, una stanza per il bucato, il castro dei maiali e la stalletta delle capre (a Gaggiola i Sestini non tenevano pecore). Vi era inoltre l’accesso alla cantina e al pollaio e un passaggio alla soprastante stalla. La parte centrale della facciata nord, rinforzata da uno sperone in pietra, potrebbe aver fatto corpo con l’originale edificio, mentre appare chiara la successiva aggiunta della parte di destra. L’ampio ingresso ad arco a sesto abbassato, per la stalla, e gli altri elementi architettonici contribuiscono a dare a Gaggiola un aspetto antico. Soltanto la capanna resta distaccata, a pochi metri di distanza, attigua all’aia e alla parata che la univa al podere. Il catasto del 1825 ci dà la casa colonica di 936 bq. (318 mq.). Negli ultimi 150 anni Gaggiola è stata dimora di un solo contadino mentre nei periodi antecedenti ha visto la presenza contemporanea di un colono e un pigionale, ma saltuariamente, e soltanto nel 1822 si hanno registrate due famiglie di mezzadri: quella di Marco Mori e di Giovanni Battista Bonci. Nel 1765 risulta disabitata e non è da escludere che sia a causa di lavori al fabbricato. Tra i primi nominativi di coloni che possediamo appare il 15 marzo 1580 Pavolo Bizzelli, mezzaiolo deceduto in Gaggiola. Nel 1633 insieme ai Burroni, contadini abitanti nel podere, viene segnata in "Gaggiola edibus" Elisabetta vedova, con due figlie. Essa appartiene alla famiglia Porcelli, i precedenti mezzadri partiti da poco, ed è chiaro che lei è rimasta e le hanno concesso due stanze per viverci il poco tempo che gli resta fino al 31 gennaio 1634 giorno della sua morte a 45 anni. Dovrebbe essere stata lasciata perché malata. Nel Sei/Settecento si susseguono tante famiglie con permanenze massime di vent’anni: Viligiardi, Nencini, Riccucci, Cristofani, Fineschi, Cinuzzi, ecc. Soltanto nell’Ottocento, con l’arrivo della famiglia Vanni dimorante dal 1860 ca. al 1896, si raggiungeranno i quaranta anni. I Vanni nel 1890 erano in quindici. A loro fecero seguito una famiglia Masti, proveniente da Castellina, che rimase solo tre anni, alla quale subentrarono i Pedrazzi e poi i Porciatti dal 1904. Dopo di loro gli Anichini e nel 1931 vi abita Angiolo Lorenzetti, e, per finire, l’ultima famiglia, i Sestini dal 1935 al 1965. Come Larginano anche Gaggiola fece parte della parrocchia S. Stefano alla Ripa e poi di Basciano fino al 1884. Il podere, che abbracciava circa diciotto ettari di terre e bosco, confinava col Bozzone e i poderi della fattoria di Petroio. Ai tempi dei Sestini la produzione era ottima e quella del grano oscillava tra i 150 e i 200 ql. annui. Poco vino ma "parecchio" olio: 12 ql. La grande stalla era piena di capi: diciotto fra vacche, bovi e vitelli, ma i primi tempi ebbero fino a venticinque bestie. Per i suini anche diverse razze di scrofe e ammazzavano un maiale. Podere privo di elettricità: "La luce non c’era, gli ultimi tempi col gas, prima col lume a olio e acetilene a carburo".
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