Quercegrossa (Ricordi e memorie)
CAPITOLO II - FAMIGLIE DEL '900
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Indice Famiglie del '900
MORI ARTURO (1927-1933/34); mezzadri; Maciallina.
A Maciallina nell’anno 1927 entra una famiglia Mori proveniente da Pietrafitta di Castellina. Si può credere che in quell’anno mantenga ancora la residenza nella vecchia parrocchia perché al battesimo di Remo di Arturo Mori e Teresa Martinucci nella Pieve di S. Leonino si indica Pietrafitta come parrocchia di appartenenza pur dimorando la famiglia a Maciallina. Di Arturo Mori, oltre la provenienza, si conosce il nome del babbo Dionisio e di alcuni familiari come la sorella Dina sposata a Quercegrossa nel 1931 con Gino Nesti di Castellina, del fratello Luigi, e dei figli Rino e Renata battezzati a Basciano nel 1930 e 1932. Probabilmente partirono alla fine del 1933 in concomitanza dell’inizio dei lavori di ristrutturazione a Maciallina.
MORI FRANCESCO (1931-1940); mezzadri; Arginanino;
da Cavallarino di Pietrafitta.
Oggi conosciamo questa famiglia Mori in quanto il figlio di Francesco, Giuliano, abita nella vicina Ripa, ma avevano lasciato il popolo di Quercegrossa da più di sessanta anni. Entrarono all’Arginanino nel 1931 provenienti da Cavallarino in Comune di Radda e, dopo una permanenza di nove anni, ripartirono nel 1940. Costituivano un nucleo di cinque persone comandato da Giuseppe del fu Francesco e della fu Fine Rugi, nato nel 1876 che, con la moglie Alessandra Sandrelli del 1879, viveva insieme ai figli Gino di 17 anni e Francesco nato a Castellina in Chianti il 29 ottobre 1900, quest’ultimo già sposato con Maria Butini di Angelo, del 1907. Era già nato il loro figlio Alessandro, battezzato a Pietrafitta, al quale fece compagnia il già nominato Giuliano. L’unico dato anagrafico lasciato in quei nove anni all’Arginanino è la registrazione della morte del piccolo Marino, figlio di Francesco, nato il 26 dicembre del 1936, battezzato a Basciano e morto il 1 febbraio successivo all’Arginanino. Ma sei anni dopo la loro partenza ecco che Gino, colono di Mucenni, luogo dove probabilmente si era diretta la famiglia nel 1940, in età di 32 anni rientra a Quercegrossa il 27 aprile 1946 per sposarvi Annunziata Stazzoni di 27 anni figlia di Pasquale. Da questo matrimonio nascerà Marcella l’anno successivo. Un fratello di Giuseppe, Ettore Mori, nato nel 1882 viveva al Caggiolo di S. Leonino negli anni anteguerra con la moglie Arduina Pianigiani e quattro figli.
MORI OLINTO (1925 ca. - 1930 ca.).
Olinto Mori dimorò a Quercegrossa in luogo sconosciuto tra gli anni 1925 e 1930. I dati anagrafici relativi alla sua famiglia si riferiscono al battesimo del figlio Fortunato a S. Leonino il 17 aprile 1926 e al matrimonio della sorella Sestilia che il 19 febbraio 1927 sposa Primo Cavaciacchi di Castellina in Chianti. Partono da Quercegrossa intorno al 1930 e si dirigono al Caggio dove nascerà Armando di Olinto l’8 marzo 1932. Il capoccio era nato a Radda nel 1891, figlio di Fortunato e la moglie Gioconda Provvedi di Attilio era nata a Castellina nel 1901 e il 22 maggio del 1922 si erano sposati. Aldo e Marianna gli altri figli. Olinto morì nella parrocchia di S. Leonino, probabilmente al Caggio, il 15 marzo 1951.
MORI RAFFAELLO (1916 - Residenti); possidenti/industriali; Quercegrossa;
da Vignale di S. Leonino.
Contadini del Chianti di Castellina per secoli, la famiglia Mori seppe affrancarsi dalla sua condizione di coloni grazie alla laboriosità e una certa ingegnosa iniziativa che li portò a diventare industriali e possidenti. Nell'Ottocento dimoravano a Vignale, un podere a Est di Fonterutoli in parrocchia di S. Leonino, ed è negli ultimi decenni di quel secolo che i Mori avviarono un'attività agricolo-industriale assai redditizia che consentì loro di elevarsi economicamente e di acquistare la proprietà Andreucci in Quercegrossa nel 1916-1919. Qui si trasferirono per potenziare e dare maggiore rilievo alla loro attività industriale; attività che li rese per diversi anni la famiglia più in vista di Quercegrossa. La loro storia segue rigorosamente le vicende dell'agricoltura, settore al quale diressero tutte le loro risorse di uomini e mezzi e al quale furono strettamente legati. Per questo, nel dopoguerra furono travolti nella crisi della mezzadria e, nonostante i tentativi fatti fino all'ultimo per salvare il salvabile, le difficoltà crescenti li costrinsero a cessare ogni attività e alienare parte della proprietà, dividendo tra i fratelli ed eredi il rimanente. Mentre i "vecchi" continuarono a vivacchiare nei loro ridotti possessi i numerosi nipoti si indirizzarono alle più disparate attività sia come commercianti o artigiani che dipendenti. Gli undici cugini, tre maschi e otto femmine, nati dal ceppo di Raffello, sono rimasti, con un'unica eccezione, tutti a Quercegrossa. Nel settore agricolo e nel recente passato, grazie alle mutate condizioni economiche, si sono avuti diversi casi di cessioni di poderi direttamente dai padroni ai contadini ma, ai primi del Novecento queste condizioni favorevoli erano del tutto inesistenti nel mondo della mezzadria e rarissimi e non di quella consistenza furono i passaggi di proprietà fra le due classi. Per questo l'acquisizione da parte dei Mori di una antica proprietà da una illustre famiglia, con relativa villa, podere e fattoria, rappresentò un evento che ebbe dello straordinario e che oggi merita di essere ricordato e raccontato, restando purtroppo nei limiti imposti dalla carente disponibilità di notizie, ma certamente sfruttando appieno i pochi documenti rimasti. Sono fatti che hanno avuto il loro peso nella vita economica sociale e civile di Quercegrossa, basti pensare ai vantaggi offerti sul piano occupazionale dalle floride stagioni della trebbiatura ai diversi interessi per la scuola, il dopolavoro e altro che nel corso di mezzo secolo i Mori hanno rivolto a Quercegrossa. Prima di addentrarsi nel vivo della loro esperienza, torniamo indietro di quattro secoli per conoscere, attraverso gli antenati, il cammino che li porterà nel nostro popolo. Dalla certezza dei documenti ricaviamo che la famiglia in questione nell'intervallo di tempo di circa quattrocento anni ha dimorato soltanto in tre luoghi diversi: Casavico di Castellina, Vignale di S. Leonino e Quercegrossa. Questa ridotta mobilità, di fronte al fenomeno generale del cambio frequente di podere, può essere stata tra le cause che favorirono l'emancipazione economica della famiglia.
Casavico
Percorso circa un chilometro sulla strada che da Castellina porta a S. Donato, proprio alla fine dell'erta in prossimità di Macia Morta, sulla destra si trova l'agglomerato di Casavico. E' in questo luogo che intorno al 1680, a "Casavico di Sopra del Sig. Ugolini", viveva il colono Niccolò Mori del fu Santi con la moglie Margherita e il fratello Lorenzo. Curiosa situazione a Castellina in quegli anni: sono presenti quattro famiglie Mori sul territorio e se si escludono quelli di Cellole le restanti dovrebbero esser spuntate dallo stesso ceppo, vista la somiglianza dei nomi di famiglia. Un fatto assai importante era riproporre continuamente i nomi dei genitori o di stretti parenti ai propri figli e questo rappresentava un segno di appartenenza alla stessa famiglia. Ora, al podere Monte di Sopra vi era l'altra famiglia Mori con il vecchio patriarca Santi ancora in vita e il figlio Niccolò come capoccio a capo di undici persone. Una curiosa combinazione con due Niccolò figli entrambi di un Santi che non è però la stessa persona. Dai registri di quella parrocchia appare chiaro che i Mori di Casavico fanno la loro comparsa a Castellina intorno al 1620 dove si registrano diverse nascite tra cui quella di Santi il padre del sopraccitato Niccolò, figlio a sua volta di Niccolò di Santi. Abbiamo quindi una chiara genealogia dove per alcune generazioni si alternano i capifamiglia Santi/Niccolò. Col sopraggiungere del Settecento, nella famiglia dei Mori di Quercegrossa il nome Santi scompare per sempre, ma non quello di Niccolò che troveremo a Vignale fino al secolo XX, e sarà appunto un Niccolò figlio di Giorgio che sposerà Maria Ermini, vissuta in casa Mori fino al 1955 circa, e nota come la "zia Maria". Oggidì, per un puro caso, il nome di Niccolò è rispuntato tra i discendenti Mori ed è portato dal figlio di Giacomo di Raffaello, trasferitosi a Fonterutoli; è la 14esima generazione documentata. L'altro ramo dei Mori presente a Castellina nel 1680, vi si era trasferito circa quaranta anni prima proveniente da Pietrafitta, con i dati più antichi risalenti al 1618. A questo nucleo apparteneva anche Marco Mori di Niccolò separato dalla famiglia e abitante in S. Bartolomeo. La comunanza dei nomi tra le due famiglia, come vediamo nell'immagine, ci convince della loro stessa comune origine, ma non siamo in grado di stabilirne per ora la provenienza. Vediamo solo che a Castellina nel 1595 in "villa detta S. Bartolomeo" abita Lorenzo Mori di Antonio con la giovane moglie di vent'anni e due figlie delle quali una chiamata Santa: niente a che fare con i nostri Mori.
Niccolò
Comunque sia, il Niccolò Mori di Casavico è quello che ci interessa perché da lui discenderanno i Mori di Quercegrossa. Ammogliatosi con Margherita intorno al 1679 avrà ben presto una numerosa nidiata composta da Bartolomea (1683), Maria, Santi (1685), Anastasia e Giuseppe (1695 ca.). Questi sono i nomi dei figli conosciuti e ora con un bel salto ci spostiamo di quasi mezzo secolo al 1738, dove al podere Casavico dimora ancora Giuseppe figlio di Niccolò che comanda una famiglia di nove persone. Giuseppe ha sposato Maria dalla quale sono nati M. Angiola (1720), Francesco (1721), Niccolò, Rosa e Bartolomeo. Ospitano anche la piccola Bartolomea, garzona dello Spedale di Siena. Dieci anni più tardi, nel 1758, abbiamo l’ultimo stato delle anime di Castellina per il Settecento. La situazione è notevolmente mutata. Giuseppe è vedovo e tra le figlie è rientrata Margherita di 24 anni ed è partita M. Angiola coniugata Balli. Bartolomea dello Spedalino è già una ragazzetta di 14 anni. Francesco, il maggiore con 28 anni, aspetterà ancora qualche anno a prender moglie e i suoi figli nasceranno sia a Casavico che a Vignale dove si trasferirà nel 1762.
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Vignale
Non fu certamente un caso il trasferimento a Vignale, basti considerare che il padrone era un certo Sig. Ugolini, proprietario anche del podere di Casavico. Con quattro uomini nel pieno delle forze, Francesco di 42 anni, Niccolò di 37, Pietro di 35 e Bartolommeo di 26, la famiglia Mori si è notevolmente irrobustita e il nuovo podere si presta alle sue ambizioni. Non era troppo esteso, circa otto ettari, ma consentiva ogni tipo di coltivazione e allevamento e le sue terre erano fertilissime. Abbandonato il paese, i Mori si ritrovarono nei pressi di Fonterutoli, nel popolo di S. Leonino in un ambiente isolato, ma questo non rappresentò certamente un problema se vi rimasero per circa 160 anni.
Valentino
Il piccolo Valentino di Francesco entra a Vignale all’età di due anni e presto le due sorelle Taliani, Francesca e Caterina, consorti rispettivamente di Niccolò e Francesco, gli daranno la compagnia di una decina tra fratelli e cuginetti. Valentino crebbe e prese in moglie Alessandra Gambassi l'8 settembre del 1784 all'età di 24 anni e i suoi discendenti saranno gli unici Mori che troveremo a Vignale nel 1822: nessuna traccia dei figli dello zio Niccolò. Le nascite si susseguono regolari e di Valentino e Alessandra sopravvissero Lorenzo (1792), Pellegrino (1798), Maria Maddalena (1799), Maria Annunziata (1803), Niccolò (1806), Angelo (1808) e Francesco (1811). Sono dodici le persone che vivono a Vignale nel 1822, data del primo elenco completo della famiglia. Valentino detto Valente è dato di 60 anni e Alessandra di 57, ambedue moriranno entro breve tempo: Valentino alla fine di quello stesso anno il 15 dicembre e Alessandra il 9 novembre successivo. Sono registrati due "guardiane" e un anziano garzone: Margherita Lapini di 20, la sorella Caterina di 15 e Tommaso della Scala di Siena di 65 anni. Questa presenza di garzoni e guardiani di bestie sarà una costante nella famiglia Mori: nel 1828 saranno cinque, un numero difficilmente riscontrabile da altre parti.
Niccolò
Alla morte di Valente diventa capoccio il figlio Pellegrino, ma la continuità alla famiglia sarà data da Niccolò che sposerà Annunziata Cicali e da Angiolo che prenderà in moglie Maria Mattei. Se Pellegrino rimase celibe i suoi due fratelli si sfidarono in una battagli demografica senza precedenti. Per venti anni, dal 1824 al 1843, la cicogna scese venti volte a Vignale per portarvi altrettanti pargoli, divisi equamente fra maschi e femmine. La parte del leone la fece Niccolò che sopravanzò Angiolo per dodici a otto. Se tra i dodici figli di Nicolò abbiamo notizia di un solo decesso infantile molto peggio andò ad Angiolo e Maria che persero subito quattro degli otto figli compresi i due gemellini Faustina e Ferdinando "spirati" a distanza di pochi giorni dalla nascita. Infatti fra il 1841 e il 1845 la famiglia conta tra i diciassette e diciotto componenti più i due giovani garzoni Silvio e Annunziata dello Spedale di Siena. Sono undici i ragazzi ma il maggiore Valentino di Niccolò ha già 18 anni. Ci sono Alessandra di 16, che porta il nome della nonna e altre sorelle alle quali si accompagnano i maschietti Serafino, Federico di 2 anni e Luigi nato il 28 febbraio 1841. Assente Giorgio del 1832, che ricomparirà più tardi ed è probabilmente avviato a qualche mestiere. Intanto dal 1836 risulta proprietaria di Vignale la famiglia Minucci. Il 6 febbraio del 1851 si sposa Alessandra. Ha 21 anni e prende per marito un Lodovico di Sterzi dell'antico ceppo dei Mori: lascia a Vignale diciannove parenti e quattro garzoni. Col trascorrere dei decenni ci avviciniamo a quella che sarà la generazione di Quercegrossa.
Luigi
In quella metà dell'Ottocento tra i figli di Niccolò c'è Luigi, nome già portato da un cugino del nonno Valente e che verrà ancora riproposto tra i suoi nipoti fino ai tempi nostri. E' nato il 28 febbraio 1842 e verso il 25esimo anno di età si sposa con Emilia Gori. Prima di lui però si erano maritate tutte le ragazze di casa lasciando la famiglia quasi priva di donne. Infatti, il 16 gennaio 1856 sposa Giuditta di Niccolò, di 25 anni, con Giovanni Vanni di Gaggiola, della parrocchia di Basciano, avendo per testimonio il padrone Francesco Minucci e il matrimonio venne celebrato nella cappellina di Vignale dedicata a S. Francesco. In quegli anni alla famiglia Mori, per la detta cappella, spettava il pagamento di metà beneficio al pievano di S. Leonino che vi doveva celebrare dodici messe all’anno. Breve matrimonio fu quello di Giuditta. Dopo aver partorito nel settembre 1856 una bambina chiamata Gioconda, il 1° dicembre dello stesso anno la piccola moriva e il giorno successivo la seguiva Giuditta, stroncate senz'altro dal medesimo morbo in quel di Gaggiola. Due settimane dopo Giuditta, il 31 gennaio, sposa Prassede di Angiolo, di 25 anni, a S. Leonino, con Serafino Bernini di Quercegrossa. Il 28 gennaio del 1858 è il turno di Carolina di Niccolò di 22 anni con Gagliardi Pasquale di S. Fedele. Il quarto matrimonio di fila è quello di Rosa di Niccolò che a 22 anni sposa Giuseppe Casprini di Vagliagli. Ancora tavole imbandite a Vignale per Giuseppa di Angiolo, anch'essa di 22 anni, che si unisce a Pellegrino Midollini di Vagliagli nel 1861. Chiude la stagione degli sposalizi il 22 luglio 1865 Clementina di Angiolo, di 21 anni, che si marita con Pasquale Raveggi di S. Paterniano alle Tolfe. A questi matrimoni si aggiunge quello di Giorgio il fratello di Luigi che si sposa verso il 1860 con Angiola Landi. Ma tuttavia non bastano le partenze delle donne per indebolire la famiglia e ben presto vedremo che la consistenza è sempre la stessa. Infatti, nel 1875 sono diciannove i Mori di Vignale con due garzoni. Sono sempre vivi il patriarca Pellegrino, ultra 80enne e il fratello Francesco di 68 anni. Alla scomparsa di Niccolò, del quale ignoriamo il giorno, il comando è passato al figlio Giorgio che ora ha 43 anni e con la moglie Angiola cresce le sue tre figliole Ersilia, Anna e Filomena, e un maschio che ha ereditato il nome di Niccolò. Sono inoltre presenti i suoi fratelli Emilio, Serafino, Federigo e Luigi. I primi tre sono celibi mentre Luigi ormai di 33 anni ha avuto da Emilia quattro figli. Due di questi saranno i futuri proprietari di Quercegrossa: Lorenzo nato il 9 dicembre 1871 e Raffello il 15 agosto 1869. Così si presenta il suo nucleo: Annunziata ha 9 anni, Alessandro 8, nato il 19 agosto 1867 , Raffello 6 , Lorenzo 4 ed Erminia due anni. Di costei, evidentemente morta poco dopo non c'è rimasta notizia. Completa la famiglia la vedova di Angiolo e suo figlio Valente. Assunta Manganelli e Assunta Midollini sono le garzone che hanno rispettivamente 30 e 25 anni. Dei tre citati fratelli di Luigi, che sono definiti celibi, ritroveremo in famiglia Serafino ed Emilio, qust'ultimo esce di famiglia nel 1900 all'età di 50 anni per trasferirsi a Siena come barrocciaio. La sorella Annunziata, nata il 14 aprile 1869, si sposa all’età di 20 anni circa con Giovanni Barbieri di Tregole e, dopo aver avuto la figlia Antonia detta Tonina, nata il 14 aprile 1890, e Gesuina nel 1896, sopraggiunge la morte del marito. Rimasta vedova la ritroviamo abitare verso il 1930 a Cambolli di Tregole in casa del colono Sabatino di Angelo Tracchini, il marito della figlia Antonia sposata nel 1909. Sempre a Cambolli abita l’altra figlia Gesuina (1890-1968), coniugata a Tregole con Gesualdo (1884-1934) di Francesco Mori. Sono nati dal suo matrimonio Alberto (1910), Ezio (1913), Dorina (1915) e Olga (1924).
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La famiglia Barbieri registrata nello Stato delle anime della parrocchia di Tregole del 1930 ca. Abbiamo più volte constatato i numerosi errori di trascrizione delle date anagrafiche da parte dei parroci e spesso l'ignoranza delle famiglie nel rammentarle; qui ne abbiamo un chiaro esempio e la contraddizione delle date ci lascia perplessi. Gesuina e data battezzata il 14 novembre 1896 mentre la sua pietra tombale riporta la data di nascita 4 maggio 1890.
Antonia, però, che in un altro registro segue Gesuina, le è assegnata la data di battesimo del 14 aprile 1890. Ora ci domandiamo: chi è nato nel 1890? E' mai possibile che Gesuina avendo un figlio nel 1910 da Gesualdo abbia avuto 14 anni al parto? Tutto è possibile! Ma è ragionevole pensare che la sua data di nascita 4.05.1890 sia quella esatta mentre l'errore riguarderebbe la sorella Antonia non più nata nel 1890, come da registro, ma nel 1896. Saremo di fronte ad una inversione di date. Però abbiamo la sua data di matrimonio contratto nel 1909; se fosse nata nel 1896 Antonia sarebbe andata sposa a 13 anni, quasi impossibile, è quindi più plausibile la sua nascita nel 1890. Anche Gesualdo Mori (nessuna parentela documentata con i Mori di Vignale) segnato battezzato il 12 dicembre 1888 risulta nato nella sua pietra tombale il 17 novembre 1884, quest'ultimi probabili dati comunali. Forse si riconduce tutto al parroco distratto nel trascrivere le date.
Dopo le prime quattro nascite la famiglia di Luigi si appresta a crescere ancora e il 3 ottobre 1875 arriva Giuseppe, il "Beppe" di Quercegrossa, il sordomuto che per le sue condizioni avrà un ruolo secondario nella famiglia. Ma non è ancora finita, il 21 febbraio 1882 Emilia mette al mondo Torello del quale abbiamo notizie soltanto fino al 1890, e nel 1885 Adele, la settima e ultima nata. Nel registro di quell'anno 1882 appare che Federico ha già lasciato Vignale per Radda "Fattore a Radda" e che la massaia, "capoccia" come scrive il pievano, era Maria Mattei la vedova di Angiolo che ora ha 71 anni. Desta meraviglia ancora la presenza di Pellegrino giunto in età di 88 anni, l'unico superstite nato nel Settecento di tutta la parrocchia di S. Leonino. Da segnalare anche la presenza di Ermini Torello un garzone di 32 anni e Assunta Manganelli, liberi entrambi. Con loro sono ventuno persone che vivono a Vignale. Gli anni seguenti sono turbati da una serie di lutti, alcuni previsti altri del tutto inaspettati. Se ne vanno, infatti, Pellegrino e la quasi 80enne Maria Mattei; muore anche inaspettatamente Assunta Manganelli a 44 anni, donna di famiglia più che una garzona, ma soprattutto c'è la scomparsa di Alessandro a 20 anni, il primogenito maschio di Luigi, deceduto forse per malattia. Si arriva al 1890 e c'è solo la variante di una garzona, Giulia Losi di dodici anni che si aggiunge a Torello Ermini e Leolino Pescini. Crescono i Mori e Raffaello a 23 anni sposa a S. Leonino il 17 novembre 1892 la 18enne Annunziata dei Fontani di Frassi, figlia di Giuseppe e di Maria Porciatti. Nata il 15 agosto del 1874, di cinque anni più giovane del marito, era abituata alle famiglie numerose avendone lasciata una composta da venti elementi.
La zia Maria Ermini, vedova di Niccolò Mori, ripresa alla peschiera dell’orto: anno 1951.
Tre anni dopo (1895) anche il cugino Niccolò, il figlio di Giorgio, si sposerà. La presenza di Torello Ermini come garzone deve avergli dato la possibilità di conoscere Maria Ermini, forse sua cugina, ed è finita che si sono sposati e la piccola Erminia già sgambetta a Vignale (Erminia, nata il 21 aprile 1896, si sposerà nel 1920 con il vedovo Sabatino Dei di Casciano Masse). Nel 1900 arriverà anche Nazzareno morto prematuramente, poi Dario verso il 1903 e infine Alessandra nata il 21 agosto 1912, battezzata il 24 da don Posticci, della quale non abbiamo notizie e probabilmente deceduta di pochi giorni o mesi. La "zia Maria" morirà a Quercegrossa verso il 1955 dopo aver svezzato tutti i nipoti fra i quali il sottoscritto. Secondo un’antica pratica ammorbidiva in bocca le pappine e poi ce le dava. Delle tre sorelle di Niccolò niente sappiamo di Anna mentre Ersilia si era sposata nel 1886 con Odoardo Bucci del podere Sasso di Basciano e Filomena, nata nel 1866, aveva preso nel 1892 per marito Pietro di Luigi Ticci di Riccieri, parente dei Ticci di Quercegrossa (Filomena morirà a Siena il 23 giugno 1917, in età di 51 anni, nella parrocchia di S. Cristoforo).
A fine secolo rientra in famiglia Alessandra, sorella di Giorgio e Luigi, che evidentemente è rimasta vedova di Lodovico Mori. Ma ciò non basta perché nel 1894 si toccherà il più basso numero di componenti: tredici persone e tre garzoni. Col nuovo secolo si deve esser fatta più intensa l'attività economica della famiglia con la maturità dei figli di Luigi, il quale prenderà la guida della famiglia alla morte di Giorgio, avvenuta verso il 1903/04. Intanto a Radda il fattore Federigo, che cura gli interessi dei Minucci, ammogliato una prima volta è rimasto vedovo per risposarsi il 18 gennaio 1907 con Ulivieri Olimpia a Radda. Deceduta anche Olimpia il fattore riprese moglie per la terza volta, ovvero cercò una compagna per l'imminente vecchiaia sposando Carolina Bartuccini, un'anziana signora ultrasettantenne. Infatti, nel 1920 vediamo che Federigo è in età di 60 anni, lei di 78 anni. Non trascorreranno molto tempo insieme perché Federigo muore il 20 aprile 1921.
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Qui approfitto per rimediare all’errore compiuto nella storia della famiglia Mori nel primo volume. Un errore indottomi dal parroco di Radda che nello stato delle anime del 1921 inequivocabilmente scrive che Carolina Bertuccini è moglie del fattore Federigo Mori fu Niccolò, mentre in realtà Olimpia e sempre viva e vegeta ed erediterà alla morte di Federigo; errore del parroco o mistero da chiarire?
Se Federico fece tanto da vivo per la famiglia molto di più fece da morto. Alla sua dipartita lasciò eredi i nipoti Lorenzo e Raffaello di una importante eredità senza dimenticarsi generosamente della moglie e di altri parenti e anche amici come appare dal resoconto notarile rimasto tra le carte di famiglia.
Dal 1902 erano iniziate e continuate con regolarità le nascite a Raffello e Annunziata e alla prima femmina Dina nata nel 1902 erano seguiti cinque maschi con Umberto il 3 dicembre 1904, Elio il 23 febbraio 1907, Alessandro il 17 novembre 1909, Dino l8 febbraio 1911 e Luigi il 16 ottobre 1913. Da parte del fratello Lorenzo si registra il suo matrimonio con Maria Carrai a Radda il 28 gennaio 1903 e la subitanea morte della moglie il 30 luglio 1904, senza lasciargli figli. La vedovanza di Lorenzo ebbe breve durata perché il 6 ottobre 1906 si risposava a Quercegrossa con Isolina dei Fabbri di Belvedere. Isolina, nata il 3 novembre 1887 da Giuseppe e Regina Barbi aveva 19 anni quando prese marito, ma anche lei non darà eredi a Lorenzo. Questo matrimonio era stato preceduto nel 1905 da quello della sorella Adele andata sposa a Crespino Fabbri di Belvedere di Petroio e potrebbe essere stata questa l'occasione della conoscenza tra il vedovo Lorenzo Mori e Isolina, sorella di Crespino. A questo punto avvenne lo storico trasferimento a Quercegrossa e da contadini divennero padroni acquistando le case e i terreni della famiglia Andreucci.
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Isolina Fabbri, moglie di Lorenzo Mori, col nipote Alessandro di Raffaello. Essendo la coppia senza figli, se lo erano “affigliolato”. Foto 1916 ca.
Tutto avvenne in due tempi: nel 1916 vennero acquistate le terre con una provvisoria dimora nel Palazzaccio e nel 1919 la villa. Lorenzo con Isolina precedette la famiglia andando ad abitare nel Palazzaccio il 4 settembre del 1917. Raffaello con i ragazzi lo raggiunse l’8 maggio del 1920. Due mesi dopo, Ferdinando Andreucci si sposava il 26 luglio e il 31 lasciò la villa ai Mori che vi si trasferirono. Il cambio di residenza era stato preceduto dalla morte del 70enne babbo Luigi fra il 1914 e il 1915 (Luigi Mori morì a Vignale alle ore 20 del 13 ottobre 1911) e Lorenzo, il minore, ereditò il titolo di capoccio. A Quercegrossa vennero fatti notevoli cambiamenti alla villa e al Palazzaccio e l'attività industriale prese il via a gonfie vele e i Mori divennero una famiglia importante. Ma improvvisamente per un ictus alla porta di casa sopraggiunge la morte di Lorenzo il 4 luglio 1924. Il funerale verso S. Leonino è ancora ricordato e tutti correvano a vedere il solenne trasporto di questo "signorone" di Quercegrossa mentre la vedova osservò la partenza del corteo funebre da una finestra del palazzo.
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La morte di Lorenzo venne a turbare la pace della famiglia. Infatti la vedova Isolina non esitò a risposarsi l'anno successivo col fattore del Castellare Alfredo Porciani di 29 anni con matrimonio celebrato a Quercegrossa il 23 luglio 1925, a un anno esatto dalla morte del marito. Ciò creo tensioni in famiglia per la liquidazione dell'eredita. Isolina preso il nuovo marito si trasferì presso di lui nella sua abitazione al Castellare e da lì nella casa acquistata a Bucciano nei dintorni di Siena dove morì nel dopoguerra dopo una lunga vita. Il Porciani, nativo di Cecina, era nato nel 1896 ed era
nove anni più giovane di Isolina e a lei sopravvisse per poi ritornare a morire presso i parenti a Cecina negli anni Settanta.
Giuseppe
Poco prima della morte di Lorenzo erano state avviate in famiglia le pratiche per la divisione dei beni e per la parte che Giuseppe pretendeva. Furono stipulati due atti notarili datati maggio 1923 il primo e il secondo del 25 maggio 1924, quaranta giorni prima della morte di Lorenzo.
Venne nominato un curatore nella persona del Sig. Egidio Bucci, il fattore, per assistere Giuseppe e si addivenne ad un accordo finale che prevedeva la liquidazione di Giuseppe con la somma di lire 45.000 e la sua rinuncia ad ogni proprietà e uso dei beni di Quercegrossa con la rimanenza in comune solamente della casa di Radda ricevuta in eredità dallo zio Federigo.
La zia Alduina, vedova di Giuseppe Mori, con in braccio Mariangela.
Intanto Giuseppe si era sposato con Alduina Terzuoli, “la zia Arduina” come veniva chiamata, una giovane proveniente da Montalcino ma nata a S. Giovan d'Asso il 30 settembre 1888. La cerimonia ebbe luogo in Siena nella chiesa di S. Pellegrino alla Sapienza il 24 novembre 1923. Lo sposo aveva 43 anni la sposa 35. Due anni più tardi Giuseppe e Alduina acquistata una casa a Carpineto di Vagliagli vi si trasferirono il 3 marzo 1926. Non erano soli, ma avevano preso una bambina di quattro anni, Gilda, orfana della madre Olga Dainelli e di padre sconosciuto. La tennero alcuni anni, ma come figlia illegittima non legalmente riconosciuta furono obbligati a restituirla alla nonna materna nel 1933 e messa in collegio a Siena. Dopodiché Giuseppe e Alduina rientrarono a Quercegrossa e abitarono in famiglia nella camera a loro riservata. Il primo dato anagrafico dei figli di Raffaello è il matrimonio di Dina che lascia così la famiglia. Si sposò il 13 marzo 1927 a Quercegrossa con Dante Oretti, della conosciuta famiglia di ex bottegai di Quercegrossa, proveniente da Siena, abitante nella parrocchia di S. Petronilla. Dante e Dina rientreranno a Quercegrossa nella loro nuova abitazione sopra l'appalto nel 1937, avuta come parte di eredita da Dina. Il 5 giugno 1934 sopraggiungeva la morte di Raffaello a 65 anni e i figli continuano l'attività industriale con Elio che assume la direzione amministrativa dell’azienda. Una famiglia ridottissima di numero con Annunziata e i cinque figli, considerando anche che Luigi frequenta l'Università Gregoriana di Roma ed sempre assente. Due donne di servizio danno una mano nei lavori di casa: Gina dei Rossi del Palazzaccio e una certa Elvira, bellissima donna, e si ricorda che nottetempo i giovani Mori facevano la fila davanti alla porta della sua camera. Due anni dopo si festeggia Alessandro che sposa Anna Petri, la figlia di Serafino, con cerimonia a Pontignano il 17 settembre 1936. Serafino, coniugato a Caterina Mori figlia di Tobia di S. Leonino svolgeva la professione di barrocciaio e il suo lavoro lo conduceva anche a Quercegrossa dove si fermava a salutare i parenti. Si registra ora la morte della mamma Annunziata il 31 dicembre 1937 all'età di 63 anni, rimasta in coma due giorni per un ictus. In un crescendo di battesimi e matrimoni la famiglia comincia a prendere consistenza fino a raggiungere nel dopoguerra le venti unità. Il 15 novembre 1937 nasce Bianca di Alessandro e il 27 agosto 1938 anche Dino prende moglie e sposa a Quercegrossa Settimia Brogi, la figlia del commerciante Carlo, e il 7 febbraio 1939 nasce Annunziata, il nome della nonna, ma chiamata da tutti "Nunzia". Ancora un matrimonio nel 1940 con Alberto che il 26 dicembre, in età di 36 anni, sposa a Quercegrossa Dina Anichini una parente dei Tatini di Casapera. Dina era nata nei dintorni di S. Donato in Poggio nell’anno 1922 e l’11 settembre 1935 passava a cresima nella pieve di S. Pietro in Bossolo, essendo della parrocchia di S. Antonio a Bonazza di quel Comune. Il babbo Giuseppe Anichini si era unito in matrimonio con una giovane di Castellina in Chianti, Giuseppa Franci, ma la sua prematura scomparsa costrinse la vedova Giuseppa a entrare a servizio presso un facoltoso orefice di S. Donato, Giovanni Chiappi, il quale, dopo poco tempo, nel 1935, si trasferì definitivamente a Genova, dove aveva i suoi affari, portandosi dietro le due donne. Dina rimase in quella città fino al marzo 1940, poi in età di 18 anni, nell’aprile 1940, preferì rientrare in Toscana andando ad abitare presso la zia Raffaella Anichini, coniugata Tatini, a Casapera. Infine la conoscenza di Umberto Mori e il matrimonio otto mesi dopo cui fece seguito la nascita della prima figlia Maria Luisa il 16 ottobre 1941. L’anno successivo in casa Mori vide la luce anche Raffaello di Sandro il 7 aprile 1942.
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I sei fratelli Mori in un quadretto degli anni Quaranta dove figurano anche gli ovali dei genitori (rimossi), come si usava nelle famiglie. In alto da sinistra: Elio, Dina e Umberto. In basso da sinistra: Alessandro, Luigi e Dino.
Frattanto, all’inizio del 1940, Luigi Mori è ordinato sacerdote a Roma il 23 marzo 1940 e una settimana dopo celebra la sua prima Messa a Quercegrossa in un clima festoso e commosso. Sul finire della guerra anche l'ultimo fratello scapolo prende moglie ed Elio a 38 anni sposa a Quercegrossa la 23enne Maria Rossi, la figlia di Egisto, con matrimonio del 27 marzo 1945. Sul finire di quell'anno, il 14 novembre se ne va l'anziano zio Giuseppe in età di 70 anni lasciando la vedova Alduina in casa Mori. Ella per venti anni darà una mano alle donne di casa e prima della sua morte avvenuta il 14 novembre 1966 per un paio di anni sarà tenuta, a rotazione con turni di un mese, da ciascuna delle quattro famiglie Mori. Le nascite ora si susseguono costanti con Lorenza (1945) e Lorenzo (1947) di Elio; Lucia (1947) e Laura (1952) di Berto; Paola (1949) di Alessandro; Raffaella (1946), Roberto (1950) e Maria Angela (1955), l’ultima nata in casa Mori, di Dino. Gli anni Cinquanta sono vissuti in pieno con tutte le contraddizioni e lotte di una economia agricola in declino e da qui inizia il lento decadere della famiglia che sembra anche perdere quell'unità indispensabile per lottare di fronte alle avversità. Infatti nel 1955 si avvia la ristrutturazione del piano terra con la divisione della grande cucina e la realizzazione di quattro ambienti, uno per famiglia a cui fa seguito qualche anno dopo la sofferta decisione di cessare ogni attività agricola e industriale, che si concretizzò nel 1965, e dividere la proprietà rimasta dopo che i contadini erano stati allontanati e per due anni dato la terra in affitto. A quegli anni risale la morte prematura di Berto avvenuta all'Ospedale di Siena il 29 marzo 1962 per attacco cardiaco. In conseguenza della divisione della proprietà la vedova Dina si trasferì con le figlie nel Palazzaccio, Dino e Alessandro rimasero nel Palazzo ed Elio tornò per alcuni anni nel vecchio locale della scuola prima di trasferirsi nella nuova abitazione di fronte alla chiesa. Da ricordare la scelta fatta dallo zio Sandro e la zia Anna che rilevarono l'appalto e il ristorante S. Pietro e iniziarono una attività commerciale che dura tuttora. I ragazzi di casa Mori, ormai cresciuti, trovarono sistemazioni professionali diverse e col passare degli anni misero su famiglia, mantenendo la residenza a Quercegrossa, con l’eccezione di Mariangela che sposata con Claudio Bicci tornò a Siena. Prese il via anche la girandola di matrimoni. La prima a lasciare casa Mori fu Lorenza nel 1963 moglie di Bernardino Castagnini e tre anni dopo Annunziata sposatasi a Quercegrossa con Armando Losi il 21 giugno 1965. Seguirono poi i matrimoni di Maria Luisa con Franco Carusi, di Raffello con Graziana Brogi, di Lorenzo con Fiorella Guarducci, di Raffella con Locatelli Fabio, di Bianca con Mauro Biglieri, di Paola con Silvano Rinaldi, di Roberto con Liliana Ciampoli e infine Laura con Giuseppe Fontani. Mentre si formavano le nuove famiglie e nascevano i pronipoti, la vecchia generazione di Vignale cominciò a perdere colpi e nel 1982 Alessandro moriva dopo una brutta malattia e la moglie Anna lo seguì nel 1987 dopo aver patito della privazione della vista per alcuni anni. Gli anni Novanta segnarono la fine di Elio (1992) e nel 1994 se ne andarono Dino, la sorella Dina e l'altra Dina vedova di Berto. L'ultimo dei fratelli Mori fu don Luigi morto serenamente all'ospedale di Siena nel 1997 circondato dai nipoti. Oggi le cognate Settimia Brogi e Maria Rossi sono le uniche sopravvissute a farci ricordare i tempi migliori della famiglia Mori.
Nel 1940 si festeggia a Quercegrossa la prima Messa di don Luigi. Sopra, parenti e amici riuniti nel giardino della villa. Si riconoscono in ginocchio Alfiero Oretti con la 12enne Lea e la bambina Pierina Rossi. In piedi Dante Oretti e dietro, il fattore Tacconi, il fattore Porciani con accanto Isolina, Settimia Brogi con Annunziata in braccio e Anna con Bianca. All’angolo della casa fa capolino Brunetto Rossi. Sotto, i sei fratelli Mori. Dalla sinistra: Sandro, Dino, Dina, Gigi, Berto ed Elio. I genitori Raffaello e Annunziata erano deceduti da alcuni anni.
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