Una Suora, forse la stessa che lo seguirà con affetto per tutta la sua vita, o il capo infermiere come usava, gli impose un nome scelto a caso, e di solito facevano coincidere le iniziali del nome e del cognome come avvenne per alcuni orfani che vissero a Quercegrossa: Florindo Florindi, Niccodemo Nocciarelli, Petronio Petrazzi e Riversi Ruggero per parlare di quelli del Novecento.
Vasco e la suora dell’orfanotrofio rimasero in contatto e in amicizia fino alla morte di lei. Egli si recava spesso a trovarla conducendo con sé la figlia Elina e nei momenti di difficoltà negli anni '50 la religiosa aiutò questo ragazzo, ormai diventato uomo, regalandogli pacchi di prodotti alimentari. Questa suora si chiamava suor Giulia e chissà alla sua morte quanti segreti dell'orfanotrofio si portò dietro.
Vasco è uno dei tanti orfani capitati a Quercegrossa e la loro presenza è notevole fin dai primi documentati affidamenti alle famiglie contadine e pigionali che, come detto, se ne servivano per i lavori di guardiania e agricoli. Spogliando i documenti della parrocchia abbiamo la registrazione completa degli esposti consegnati alle donne del popolo di Quercegrossa dal 1815 al 1851.
Il meticoloso schema in due pagine di don Pratesi, in cui riporta anche il numero di matricola di ogni bambino, elenca 83 nominativi, ma alcuni si ripetono anche tre volte allora si può calcolare in circa 75 gli esposti ritirati dalle famiglie di Quercegrossa con una media di poco superiore a due all’anno, ma con punte di sei nel 1834 e 1849. Da ricordare che l’assegnataria era la moglie, mai il marito. Dai nominativi si comprende quanto si sbizzarrisse la fantasia del capo infermiere nel battezzare gli esposti con cognomi stravaganti come Svegliati Teodora, Barcameni Cesareo, Sventurati Eleonora. Poi, dal 1830 circa, si comincia ad assegnare con assiduità nomi e cognomi con la stessa lettera iniziale che facilmente li identifica (e pensare che il Granduca aveva emanato precise disposizioni contrarie) come ad esempio Cantieri Caterina, Venati Venanzio, Sandali Salustio, Ambri Ambrogio, Rovinati Rogato, Diciannovi Domenico, Torroni Telesforo e Offeri Onesifero. La lista ci fornisce alcuni interessanti movimenti riguardanti gli esposti e vediamo che Gistri Giuseppe, indicato col codice
“A 124” è dato il 26 marzo 1834 a Teresa Bernini moglie di Luigi abitante a Petroio, e restituito dopo il periodo dell’allattamento. Il 23 dicembre dello stesso anno è preso da Guideri Celeste dell’Erede, ma il 30 aprile 1835 ritorna in casa Bernini a Petroio. Tutte le variazioni passavano obbligatoriamente attraverso l’amministrazione ospedaliera ed era assolutamente vietato cedere ad altri i bambini o di cambiare il nome all’esposto avuto in consegna. Stessa sorte di Giuseppe capita a Napoleoni Napoleone
(H 2785), preso a balia il 17 novembre 1841 da Sestigiani Teresa, pigionale a Belvederino madre di quattro figli, con l’ultima, Luigia, nata da un anno il 17 ottobre 1840, e appare evidentissimo l’intento di incassare il sussidio, e restituito dopo pochi mesi, ma il 1 agosto 1842 si ritrova nuovamente nei dintorni di Quercegrossa a Barberino di Passeggeri preso da Teresa Guiggiani, anch’essa pigionale e madre di tre figli con l’ultimo nato da un anno, e presso di lei resterà due anni e mezzo fino all’11 novembre del 1844 quando rientra all’ospedale.
Vasco Volpini viene dunque allattato e svezzato da Ersilia Rossi che riceve del denaro, e delle pezze di stoffa necessarie per vestire e custodire il piccolo e una culla di vimini. La liquidazione del sussidio a balie e famiglie tenutarie avveniva all’ospedale in due rate, a gennaio e a luglio, secondo un preciso tariffario, che probabilmente in quel 1915 era poco superiore a quello in vigore a fine Ottocento, al quale mi riferisco. Prevedeva per le balie di campagna una somma mensile di lire 7,56 per il primo anno
“per l’allattamento e il custodimento del bambino”; lire 4,20 al mese dal 3° al 5° anno e lire 5,25 dal 5° al 10°. Oltre al denaro era loro consegnato annualmente il vestiario come da elenco:
Vestiario per l'allattamento:
Pezzeline metri 6,42 / Pezzelane m. 2,33 / fasce m. 9,48 / Culle n° 1.
Vestiario per il primo anno compiuto:
Mezzalana m. 1,75 / Panno canapino m. 3,50 / Calze para 1 / Scarpe para 1.
Vestiario per il secondo anno:
Mezzalana metri 1,75 / Panno canapino m. 3,50 / Calze para 1 e calze para 1.
Seconda età dal principio dell'anno terzo fino a termine dell'anno quinto:
Vestiario come sopra.
Terza età - dal principio del sesto al decimo:
Mezzalana 2,33 / Panno canapino 2,33 / Calze e scarpe para 1.v
Tra le tante provvidenze a beneficio degli esposti nelle famiglie, rientravano le visite gratis da parte dei medici di condotta, e la fornitura, altrettanto gratis, di medicinali e vaccini, rimborsati poi dall’ospedale o dal comune, a medici e farmacisti. Alle famiglie che mantenevano gli esposti fino al 18° anno d’età i maschi e al 25° le femmine, e riscosso fino al 10° anno il sussidio e avevano insegnato loro un mestiere, lo Spedale pagava un premio di fedeltà una tantum di 58,80 lire (70 lire a metà Ottocento).
Ricostruendo il cammino di Vasco, sappiamo che a un certo punto Ersilia rinuncia all’adozione e senz’altro la scelta coincide con il trasferimento della famiglia Rossi presso la canonica di S. Fedele nel novembre 1915. Come tutte le mamme, Ersilia si era affezionata al piccolo e quando dei signori vennero a prenderlo in carrozza (non rientrò quindi all'orfanotrofio) lei pianse tanto, ma non poteva fare in altro modo.
Nella memoria di Vasco c'è l’immagine di una famiglia a Lucignano in Val di Chiana e il ricordo di un difficile ambientamento: piange continuamente e ha delle crisi di nervi. Ma, nonostante la pazienza di quei genitori adottivi, non c'è niente da fare, allora lo restituiscono all'orfanotrofio e Vasco ritorna un senza famiglia. Questa mamma adottiva che gli aveva voluto bene l'avrebbe poi ricercato dopo tanti anni per avere sue notizie. Si dovrebbe qui aprire una parentesi per parlare del disagio psicologico e delle carenze affettive di questi bambini sballottati qua e là, ma anche il più distratto dei lettori avrà intuito che queste erano le maggiori difficoltà da superare per queste sfortunate creature nelle loro mutevoli vicende personali. Vasco lo ritroviamo giovinetto di 9/10 anni adottato al Capanno di S. Leonino e poi a Casa Frassi. Fa naturalmente il garzone e al podere Capanno vive da un parente dei Manganelli di Pietralta, e quest'ultimo lo chiamerà poi a stare con lui nel 1935, sempre come garzone. Grama doveva essere l'esistenza di Vasco a Casa Frassi che si riassume in un suo efficace ricordo:
"Quando passai a comunione mangiai un merlo perché l'avevo cavato dal nido". Poi il trasferimento a Pietralta e successivamente a Quercegrossa dove mette su casa, come descritto alla famiglia “Volpini”, e col tempo nessuno darà più peso al fatto che Vasco era un orfanello dell’ospedale:
cambiavano i tempi. Abbiamo narrato del percorso di Vasco come esposto, come esempio del cammino di questi trovatelli, ma abbiamo poi la storia di Vasco come componente per mezzo secolo della comunità di Quercegrossa e quest’appartenenza fu caratterizzata da una presenza fattiva ed è ricordato come persona socievole e disponibile. Alcuni lo rammentano nel 1936 militare di leva a Firenze insieme con Otello Mencherini, quando avranno poi anche Gino Bartali come camerata. E' in aviazione e nelle licenze mostra la sua nuova fiammante divisa d’aviere con fierezza, anzi non la toglie mai come da regolamento; gira impettito per il paese con la bustina infilata sulla spalla destra. Perfino alla messa domenicale si mette al centro della chiesa, bene in vista. Fu questa divisa il suo primo vero abito. Spesso lo trovammo cameriere all'Hotel Garden e in tante feste a servire per comunioni e matrimoni. Con la moglie Teresa aveva anche gestito il bar della Società. Di grande disponibilità aiutava chiunque avesse bisogno e si prestava con lavoretti diversi: rinnovava porte e finestre, inverniciava persiane ecc. Misurato nel comportamento, rispettoso, ma non servile, calmo, allegro quanto bastava, affrontò i disagi e le miserie della vita con forza d'animo e tanta pazienza. Impegnato nella politica locale con la sezione socialista, diede il suo contributo in tutte quelle iniziative popolari degli anni 1970/80 prese per migliorare il livello di vita del nostro paese. Si industriò fino al quel 2 dicembre 1983, quando se ne andò, sofferente fino all'ultimo e assistito dalle sue donne nella clinica ospedaliera dove era ricoverato per un improvviso quanto mortale malaccio. Aveva 68 anni. E' ricordato da tutti con affetto familiare, specialmente dai Rossi dei quali si dichiarava fratello di latte.
L’esperienza di vita dei “gettatelli” dell’ospedale poteva avvenire ovunque, secondo il destino. Vasco approdò a Quercegrossa e credo che non si sia mai pentito di ciò perchè vi trovò compagni e amici.
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