Poesia di un anonimo scrittore dedicata al Palio del 2 luglio 1827
1
Di Siena io canto la famosa giostra
mai sempre degna d'alta ammirazione
in cui le diciassette vaga mostra,
colà del Campo, nel grandioso agone
fan di se stesse, in ordinata schiera,
spiegata la distinta lor bandiera.
2
Dieci son destinate il corso a sciorre
per quello: Istrice, Selva, Oca e Montone
Drago, Giraffa, Unicorno, Torre,
Tartuca, Lupa, a cui poi si dispone
un capace ronzin, del quale il morso
esperto giostrator regola il corso.
3
Bello è il veder, nell'agonale arena
le variate ondeggiar vaghe bandiere
di mille e mille spettator ripiena,
alla cui vista moti di piacere
sentosi in petto risvegliare, e insieme
di dubbio, di timor, di dolce speme.
4
Già dell'araldo il cenno in ordin pone
le schiere, e i capitan per lo steccato,
d'elmo cinta la fronte e il piè di sprone,
di nerbo il braccio, e il cor d'ardire armato
fa di sé mostra per il Campo intorno
ogni fantin di sua divisa adorno.
5
Riunito il drappel dei forti intanto
Niccolo giostratore assai distinto
sul Monton vedi, e sull'Oca il cotanto
decantato Bonin di meriti cinto,
e sulla Selva pieno d'ardimento
del primo il figlio, alla vittoria intento.
6
Dell'Unicorno il giovine Stecchino
il dorso preme giostrator novello
e della Lupa il piccolo fantino
nomato il risoluto Campanello,
della Giraffa Pescio, nel cui petto
di vincer mai la brama ebbe ricetto.
7
Dell'Istrice il corsier guida Piaccino
benchè canuto, campion soprano
e della Torre il fren regge Brandino,
del Drago Ghiozzo, suo minor germano
che diero entrambi in agonal cimento
prove ognor di fortezza e d'ardimento.
8
D'audacia pieno il Gobbo Saragiolo
sprona della Tartuca il corridore,
d'ogni altro a fronte star crede, non solo,
ma d'ottener la palma ha fisso il core
in sue forze non già, sempre al volere
della sorte affidato ed al potere.
9
Vanno i campioni al destinato posto
del mortaro frattanto al colpo fiero
e pria del tempo ogn'ordine scomposto
spinge il Gobbo l'ardente suo destriero;
ma respinto dal canapo, ripieno
di vergogna, rovescia sul terreno.
10
Squilla la tromba, e per il Campo
ratto l'Istrice allor vola primiero;
Montone il segue, presso più che lampo
e in un della Tartuca il Gobbo altero
ma d'invidia colonna, all'urto orrendo
cade, e perde ogni speme egli cadendo.
11
Avversa sorte il misero Piaccino
precipita nel suol ferito e pesto,
il suo corsiero sprona il pio Bonino
e a trionfar si mostra, ansioso e presto,
della Tartuca intanto afferra il morso
il fiero Ghiozzo, e ne rattiene il corso.
12
Primo più che balen muove veloce
dagl'emoli il Bonino seguitato,
da cui percosso con maniera atroce
si difende con braccio disperato
e a quei dimostra, quanto in esso sia
di valor, di coraggio e gagliardia.
13
Selva, Torre, Monton, Lupa, Unicorno
impavidi mai sempre il seguitaro,
di passarlo anelanti, ad onta e scorno
del suo poter, ma indarno lo tentaro
i più famosi, a cui tolse l'onore
della palma il novello giostratore.
14
L'Oca già vincitrice si credea,
l'inesperto Stecchin non visto accanto
allorchè coi rivali combattea
cui tutti superar ell'ebbe vanto
e persuasa ormai della vittoria
coperta si credea d'immortal gloria.
15
Ma allor quando il drappel dei forti irato
del vincer contrastavasi l'onore
Stecchino in modo strano avea spronato
il suo quasi negletto corridore
e a quegli il debil fianco così punse,
che pria dell'Oca alla gran meta giunse.
16
E intanto evviva l'Oca in ogn'intorno
lo spettator deluso grida ansante
e a un tempo stesso: "Evviva l'Unicorno"
esclamare s'ascolta, e giubbilante
di tal Contrada il popolo distinto
grida "Viva Stecchin, che il palio ha vinto".
17
Infra gl'applausi, il vincitore altero
è di questa guidato pei confini,
chi lo abbraccia, chi il bacia e chi al destriero
trionfante palpeggia il petto e i crini:
viva tutti dicendo l'Unicorno,
la vittoria, Stecchino e un sì bel giorno.
18
Ma, ov'è il Boni, che fa? Oh! di rossore
tinto il vegg'io fissar le luci al suolo!
Ergi la fronte, e non del tuo valore
della volubil Dea ti lagna solo,
giovane eroe, ma ad onta del suo sdegno,
fosti, e sempre sarai, di vincer degno.
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